Seneca, Lettere a Lucilio: Libri 09-10 Parte 01, pag 6

Seneca, Lettere a Lucilio: Libri 09-10 Parte 01

Latino: dall'autore Seneca, opera Lettere a Lucilio parte Libri 09-10 Parte 01
Iurisconsulti negant quicquam publicum usu capi Aut ego te non novi aut Aetna tibi salivam movet; iam cupis grande aliquid et par prioribus scribere

Plus enim sperare modestia tibi tua non permittit, quae tanta in te est ut videaris mihi retracturus ingenii tui vires, si vincendi periculum sit: tanta tibi priorum reverentia est

Inter cetera hoc habet boni sapientia: nemo ab altero potest vinci nisi dum ascenditur

Cum ad summum perveneris, paria sunt; non est incremento locus, statur

Numquid sol magnitudini suae adicit

numquid ultra quam solet luna procedit

Maria non crescunt; mundus eundem habitum ac modum servat

Extollere se quae iustam magnitudinem implevere non possunt: quicumque fuerint sapientes, pares erunt et aequales
7 O io non ti conosco o l'Etna ti fa venire l'acquolina in bocca; e già desideri scrivere qualcosa di grande e allo stesso livello delle opere precedenti

La tua modestia non ti fa sperare di più: è tale che, secondo me, saresti pronto a trattenere le forze del tuo ingegno se ci fosse pericolo di superare gli altri: tanto è il rispetto che nutri per gli scrittori precedenti

La saggezza ha, oltre al resto, anche questo di buono: uno può superare un altro solo durante la salita

Arrivati in cima, si è tutti uguali; non c'è possibilità di avanzare, si sta fermi

Il sole aumenta forse la sua grandezza

E la luna percorre un'orbita più lunga di quella solita

I mari non crescono; l'universo conserva sempre lo stesso aspetto e la stessa estensione

Le cose che hanno raggiunto le dovute dimensioni non possono ingrandirsi: tutti coloro che raggiungeranno la saggezza saranno uguali e alla pari
Habebit unusquisque ex iis proprias dotes: alius erit affabilior, alius expeditior, alius promptior in eloquendo, alius facundior: illud de quo agitur, quod beatum facit, aequalest in omnibus

An Aetna tua possit sublabi et in se ruere, an hoc excelsum cacumen et conspicuum per vasti maris spatia detrahat adsidua vis ignium, nescio: virtutem non flamma, non ruina inferius adducet; haec una maiestas deprimi nescit

Nec proferri ultra nec referri potest; sic huius, ut caelestium, stata magnitudo est

Ad hanc nos conemur educere

Iam multum operis effecti est; immo, si verum fateri volo, non multum

Nec enim bonitas est pessimis esse meliorem: quis oculis glorietur qui suspicetur diem

Cui sol per caliginem splendet, licet contentus interim sit effugisse tenebras, adhuc non fruitur bono lucis
Ciascuno di loro avrà doti sue proprie: uno sarà più affabile, uno più pronto, uno più spedito nel parlare, uno più eloquente: la virtù, di cui si discute e che rende felici, è uguale in tutti

Non so se il tuo Etna possa crollare e precipitare su se stesso o se l'azione violenta e continua del fuoco possa corrodere questa alta vetta, visibile su un largo tratto di mare: ma né le fiamme, né un crollo possono trascinare in basso la virtù; è l'unica dignità che non conosce diminuzioni

Non può avanzare e nemmeno indietreggiare; la sua grandezza è fissa come quella dei corpi celesti

Cerchiamo di innalzarci fino a essa

Si è fatto già molto; anzi, a dire il vero, non molto

La bontà non consiste nell'essere migliori dei peggiori: chi potrebbe vantarsi della propria vista, se scorge appena la luce del giorno

Se uno vede splendere il sole attraverso una fitta nebbia, benché sia lieto di essere per il momento sfuggito alle tenebre, non gode ancora del bene della luce
Tunc animus noster habebit quod gratuletur sibi cum emissus his tenebris in quibus volutatur non tenui visu clara prospexerit, sed totum diem admiserit et redditus caelo suo fuerit, cum receperit locum quem occupavit sorte nascendi

Sursum illum vocant initia sua; erit autem illic etiam antequam hac custodia exsolvatur, cum vitia disiecerit purusque ac levis in cogitationes divinas emicuerit

Hoc nos agere, Lucili carissime, in hoc ire impetu toto, licet pauci sciant, licet nemo, iuvat

Gloria umbra virtutis est: etiam invitam comitabitur

Sed quemadmodum aliquando umbra antecedit, aliquando sequitur vel a tergo est, ita gloria aliquando ante nos est visendamque se praebet, aliquando in averso est maiorque quo serior, ubi invidia secessit

Quamdiu videbatur furere Democritus

Vix recepit Socraten fama
Allora l'anima nostra potrà congratularsi con se stessa quando, uscita dalle tenebre in cui è avvolta, scorgerà la luce, non con vista debole, ma accoglierà tutto lo splendore del giorno e sarà restituita al suo cielo, quando riprenderà il posto assegnatole dalla sorte al momento della nascita

Le sue origini la chiamano in alto e ci arriverà anche prima di liberarsi dalla prigionia del corpo, se disperderà i vizi, e pura e leggera si innalzerà a pensieri divini

bello, mio carissimo Lucilio, perseguire questo scopo, e tendervi con tutto il nostro slancio, anche se pochi, o nessuno, sono in grado di farlo

La gloria è l'ombra della virtù: la seguirà anche contro il suo volere

Ma come l'ombra a volte precede, a volte segue, oppure è alle spalle, così certe volte la gloria è davanti a noi, visibile, certe altre è dietro ed è più grande quanto più tardi arriva, una volta scomparsa l'invidia

Per quanto tempo Democrito fu considerato pazzo

A fatica Socrate divenne famoso

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Quamdiu Catonem civitas ignoravit

respuit nec intellexit nisi cum perdidit

Rutili innocentia ac virtus lateret, nisi accepisset iniuriam: dum violatur, effulsit

Numquid non sorti suae gratias egit et exilium suum complexus est

De his loquor quos inlustravit fortuna dum vexat: quam multorum profectus in notitiam evasere post ipsos

quam multos fama non excepit sed eruit

Vides Epicurum quantopere non tantum eruditiores sed haec quoque inperitorum turba miretur: hic ignotus ipsis Athenis fuit, circa quas delituerat

Multis itaque iam annis Metrodoro suo superstes in quadam epistula, cum amicitiam suam et Metrodori grata commemoratione cecinisset, hoc novissime adiecit, nihil sibi et Metrodoro inter bona tanta nocuisse quod ipsos illa nobilis Graecia non ignotos solum habuisset sed paene inauditos
Per quanto tempo i concittadini ignorarono Catone

Lo respinsero e ne compresero il valore solo dopo la sua morte

L'integrità e la virtù di Rutilio non sarebbero emerse se non avessero subìto un'ingiustizia: l'oltraggio le fece risplendere

Non fu forse grato alla sua sorte e non accettò volentieri l'esilio

Parlo di uomini che la fortuna ha reso celebri mentre ne subivano le angherie: ma di quanti vennero alla luce i meriti solo dopo la morte

Quanti la fama non accolse subito, ma li trasse poi fuori dall'oblio

Vedi quanto è ammirato Epicuro non solo dai più dotti, ma anche dalla massa degli ignoranti: Eppure egli che viveva in disparte nei dintorni di Atene, in Atene stessa era sconosciuto

Molti anni dopo che Metrodoro era morto, celebrò in una lettera con un ricordo grato la sua amicizia con lui; alla fine aggiunse che, fra i tanti beni di cui avevano goduto, né per sé, né per Metrodoro era stato un danno che la celebre Grecia non solo non li avesse conosciuti, ma quasi non li avesse sentiti nominare
Numquid ergo non postea quam esse desierat inventus est

numquid non opinio eius enituit

Hoc Metrodorus quoque in quadam epistula confitetur, se et Epicurum non satis enotuisse; sed post se et Epicurum magnum paratumque nomen habituros qui voluissent per eadem ire vestigia

Nulla virtus latet, et latuisse non ipsius est damnum: veniet qui conditam et saeculi sui malignitate conpressam dies publicet

Paucis natus est qui populum aetatis suae cogitat

Multa annorum milia, multa populorum supervenient: ad illa respice

Etiam si omnibus tecum viventibus silentium livor indixerit, venient qui sine offensa, sine gratia iudicent

Si quod est pretium virtutis ex fama, nec hoc interit

Ad nos quidem nihil pertinebit posterorum sermo; tamen etiam non sentientes colet ac frequentabit
Non fu scoperto forse dopo la sua morte

Non rifulse la sua fama

Anche Metrodoro in una lettera confessa che lui ed Epicuro non erano abbastanza noti, ma che dopo di loro avrebbero ottenuto grande e immediata fama gli uomini che avessero voluto calcare le loro stesse orme

La virtù non rimane mai sconosciuta e l'essere stata sconosciuta non la danneggia: verrà il giorno che la riporterà alla luce dalle tenebre in cui era stata seppellita e compressa dall'invidia dei contemporanei

Chi si dà pensiero degli uomini del suo tempo, è nato per pochi

Seguiranno migliaia di anni, migliaia di generazioni: guarda a loro

Anche se l'invidia ridurrà al silenzio tutti i tuoi contemporanei, verranno i posteri a giudicarti senza risentimenti o compiacenze

Se dalla fama deriva un premio alla virtù, neppure questo andrà perduto

Non ci toccherà quello che i posteri diranno di noi; tuttavia ci onoreranno e ci celebreranno anche se non potremo sentirli

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Nulli non virtus et vivo et mortuo rettulit gratiam, si modo illam bona secutus est fide, si se non exornavit et pinxit, sed idem fuit sive ex denuntiato videbatur sive inparatus ac subito

Nihil simulatio proficit; paucis inponit leviter extrinsecus inducta facies: veritas in omnem partem sui eadem est

Quae decipiunt nihil habent solidi

Tenue est mendacium: perlucet si diligenter inspexeris

Vale

Hodierno die non tantum meo beneficio mihi vaco sed spectaculi, quod omnes molestos ad sphaeromachian avocavit

Nemo inrumpet, nemo cogitationem meam inpediet, quae hac ipsa fiducia procedit audacius

Non crepabit subinde ostium, non adlevabitur velum: licebit tuto vadere, quod magis necessarium est per se eunti et suam sequenti viam

Non ergo sequor priores
La virtù ricompensa tutti o da vivi o da morti, purché la seguiamo con lealtà, senza fregiarcene o adornarcene, ma rimanendo sempre gli stessi, sia che sappiamo di essere visti, sia che veniamo colti di sorpresa, impreparati

Fingere non serve; una maschera superficiale può ingannare solo pochi: la verità è uguale in ogni sua parte

L'inganno non ha solide basi

La menzogna è uno schermo sottile: se guardi con attenzione, è trasparente

Stammi bene

Oggi sono libero: non tanto per merito mio, ma di uno spettacolo di pugilato che ha fatto da richiamo a tutti gli scocciatori

Nessuno farà irruzione a casa mia, nessuno verrà a interrompere le mie riflessioni, che, proprio fidando in questo, procedono più ardite

La porta non cigolerà improvvisamente, nessuno alzerà la tenda della mia stanza: potrò procedere in tutta tranquillità, e questo è necessario soprattutto per chi cammina da solo e percorre una sua strada

Non seguo, dunque, le orme dei miei predecessori
facio, sed permitto mihi et invenire aliquid et mutare et relinquere; non servio illis, sed assentior

Magnum tamen verbum dixi, qui mihi silentium promittebam et sine interpellatore secretum: ecce ingens clamor ex stadio perfertur et me non excutit mihi, sed in huius ipsius rei contemplationem transfert

Cogito mecum quam multi corpora exerceant, ingenia quam pauci; quantus ad spectaculum non fidele et lusorium fiat concursus, quanta sit circa artes bonas solitudo; quam inbecilli animo sint quorum lacertos umerosque miramur

Illud maxime revolvo mecum: si corpus perduci exercitatione ad hanc patientiam potest qua et pugnos pariter et calces non unius hominis ferat, qua solem ardentissimum in ferventissimo pulvere sustinens aliquis et sanguine suo madens diem ducat, quanto facilius animus conroborari possit ut fortunae ictus invictus excipiat, ut proiectus, ut conculcatus exsurgat
Sì, ma mi permetto di trovare, di cambiare, di tralasciare qualcosa; condivido le loro idee, senza, però esserne schiavo

Ho parlato troppo, tuttavia, quando mi ripromettevo silenzio e solitudine senza scocciatori: ecco, alte grida arrivano dallo stadio: non mi distolgono dai miei pensieri, ma mi portano a esaminare proprio questo fatto

Penso tra me e me quanti sono gli uomini che esercitano il corpo e quanto pochi quelli che esercitano la mente; quanta gente accorre a un passatempo inconsistente e vano, e che deserto intorno alle scienze; che animo debole hanno quegli atleti di cui ammiriamo i muscoli e le spalle

E soprattutto penso a questo: se con l'esercizio il corpo può arrivare a sopportare pugni e calci, e non di un uomo solo, se un individuo può passare un giorno intero sotto un sole a picco nella polvere rovente, perdendo sangue, quanto sarebbe più facile rinforzare l'animo in modo che riceva senza piegarsi i colpi della fortuna, che si risollevi anche atterrato e calpestato

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Corpus enim multis eget rebus ut valeat: animus ex se crescit, se ipse alit, se exercet

Illis multo cibo, multa potione opus est, multo oleo, longa denique opera: tibi continget virtus sine apparatu, sine inpensa

Quidquid facere te potest bonum tecum est

Quid tibi opus est ut sis bonus

velle

Quid autem melius potes velle quam eripere te huic servituti quae omnes premit, quam mancipia quoque condicionis extremae et in his sordibus nata omni modo exuere conantur

Peculium suum, quod comparaverunt ventre fraudato, pro capite numerant: tu non concupisces quanticumque ad libertatem pervenire, qui te in illa putas natum

Quid ad arcam tuam respicis

emi non potest

Itaque in tabellas vanum coicitur nomen libertatis, quam nec qui emerunt habent nec qui vendiderunt: tibi des oportet istud bonum, a te petas
Il corpo ha bisogno di molte cose per star bene: l'animo cresce da sé, alimenta ed esercita se stesso

Gli atleti hanno bisogno di molto cibo, molte bevande, molto olio e, infine, di un lungo esercizio: tu, invece, raggiungerai la virtù senza preparativi, senza spesa

Tutto quello che può renderti virtuoso lo hai con te

Di che cosa hai bisogno per diventare virtuoso

Della volontà

Ma che cosa puoi volere di meglio che sottrarti a questa schiavitù che opprime tutti, che persino gli schiavi di infimo stato, nati in questa abiezione, tentano in ogni modo di scuotersi di dosso

Loro, per avere la libertà, sborsano quei risparmi che hanno accumulato privandosi del cibo: e tu, che ritieni di essere nato libero, non desidererai raggiungere a ogni costo la libertà

Perché guardi la cassaforte

La libertà non puoi comprarla

Perciò è inutile scrivere sui documenti la parola libertà: non si può comprarla, né venderla: questo bene te lo devi donare tu stesso, devi chiederlo a te stesso
Libera te primum metu mortis illa nobis iugum inponit, deinde metu paupertatis

Si vis scire quam nihil in illa mali sit, compara inter se pauperum et divitum vultus: saepius pauper et fidelius ridet; nulla sollicitudo in alto est; etiam si qua incidit cura, velut nubes levis transit: horum qui felices vocantur hilaritas ficta est aut gravis et suppurata tristitia, eo quidem gravior quia interdum non licet palam esse miseros, sed inter aerumnas cor ipsum exedentes necesse est agere felicem

Saepius hoc exemplo mihi utendum est, nec enim ullo efficacius exprimitur hic humanae vitae mimus, qui nobis partes quas male agamus adsignat
Liberati prima di tutto dalla paura della morte, che ci impone il suo giogo, e poi dalla paura della povertà

Nella povertà non c'è niente di male; per rendertene conto confronta tra loro il volto dei poveri e quello dei ricchi: il povero ride più spesso e più di cuore, non ha nessuna preoccupazione nel suo intimo e, anche se gli capita qualche cruccio, passa come una nube leggera: ma l'allegria di quegli uomini che vengono definiti felici è simulata oppure gravata e corrotta da un'intima tristezza, ed è tanto più penosa perché certe volte non possono mostrare apertamente la loro infelicità, ma devono fingersi lieti anche se gli affanni rodono loro il cuore

Dovrei servirmi più spesso di questo esempio, perché esprime, più efficacemente di qualsiasi altro, questa farsa della vita umana, dove ci viene assegnata una parte che recitiamo male

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Ille qui in scaena latus incedit et haec resupinus dicit, en impero Argis; regna mihi liquit Pelops, qua ponto ab Helles atque ab Ionio mari urguetur Isthmos, servus est, quinque modios accipit et quinque denarios

Ille qui superbus atque inpotens et fiducia virium tumidus ait, quod nisi quieris, Menelae, hac dextra occides, diurnum accipit, in centunculo dormit

Idem de istis licet omnibus dicas quos supra capita hominum supraque turbam delicatos lectica suspendit: omnium istorum personata felicitas est

Contemnes illos si despoliaveris

Equum empturus solvi iubes stratum, detrahis vestimenta venalibus ne qua vitia corporis lateant: hominem involutum aestimas
L'attore che avanza impettito sulla scena e a testa alta recita queste battute: Ecco comando su Argo; Pelope mi lasciò in eredità quei luoghi dove l'Istmo è battuto dall'Ellesponto e dal mare Ionio, è uno schiavo, la sua paga è di cinque moggi di farina e cinque denari

Quell'altro che superbo e tracotante, fiduciosamente orgoglioso della sua potenza, dice: Se non stai quieto, Menelao, perirai per mia mano, è pagato a giornata e dorme su un pagliericcio

Lo stesso si può dire di tutti questi effeminati che in lettiga avanzano sopra una folla di teste: la loro felicità è una commedia

Se li spogli, li disprezzerai

Quando compri un cavallo vuoi che gli tolgano la gualdrappa: gli schiavi messi in vendita li fai svestire perché non nascondano qualche difetto fisico: e giudichi un uomo tutto paludato

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