Seneca, Lettere a Lucilio: Libri 09-10 Parte 01, pag 5

Seneca, Lettere a Lucilio: Libri 09-10 Parte 01

Latino: dall'autore Seneca, opera Lettere a Lucilio parte Libri 09-10 Parte 01
In ipsis positus difficultatibus dicat, forsan et haec olim meminisse iuvabit

Toto contra ille pugnet animo; vincetur si cesserit, vincet si se contra dolorem suum intenderit: nunc hoc plerique faciunt, adtrahunt in se ruinam cui obstandum est

Istud quod premit, quod inpendet, quod urguet, si subducere te coeperis, sequetur et gravius incumbet; si contra steteris et obniti volueris, repelletur

Athletae quantum plagarum ore, quantum toto corpore excipiunt

ferunt tamen omne tormentum gloriae cupiditate nec tantum quia pugnant ista patiuntur, sed ut pugnent: exercitatio ipsa tormentum est

Nos quoque evincamus omnia, quorum praemium non corona nec palma est nec tubicen praedicationi nominis nostri silentium faciens, sed virtus et firmitas animi et pax in ceterum parta, si semel in aliquo certamine debellata fortuna est
Proprio quando uno sta male deve dire, Forse un giorno mi riuscirà gradito anche il ricordo di queste sofferenze

Combatta con tutto se stesso; se si arrende, sarà sconfitto, ma vincerà se lotterà contro il dolore: E invece, la maggior parte della gente attira su di sé le disgrazie a cui dovrebbe opporsi

Il male che ti incalza, che ti sovrasta, che non ti dà tregua, se cercherai di sottrarti, ti inseguirà e ti piomberà addosso più pesantemente; se rimarrai saldo e opporrai resistenza, riuscirai a respingerlo

Quanti colpi prendono gli atleti sulla faccia, su tutto il corpo

E tuttavia sopportano ogni sofferenza per desiderio di gloria, non solo durante i combattimenti, ma anche quando si preparano ai combattimenti: l'allenamento stesso è già sofferenza

Vinciamo anche noi ogni male: il premio non è una corona o una palma o un banditore che impone il silenzio per proclamare il nostro nome, ma la virtù e la fermezza d'animo e la pace conquistata in ogni altro campo, se vinciamo una volta un combattimento con la fortuna
'Dolorem gravem sentio

' Quid ergo

non sentis si illum muliebriter tuleris

Quemadmodum perniciosior est hostis fugientibus, sic omne fortuitum incommodum magis instat cedenti et averso

'Sed grave est

' Quid

nos ad hoc fortes sumus, ut levia portemus

Utrum vis longum esse morbum an concitatum et brevem

Si longus est, habet intercapedinem, dat refectioni locum, multum temporis donat, necesse est, ut exsurgat, et desinat: brevis morbus ac praeceps alterutrum faciet, aut extinguetur aut extinguet

Quid autem interest, non sit an non sim

in utroque finis dolendi est

Illud quoque proderit, ad alias cogitationes avertere animum et a dolore discedere
Sento un dolore lancinante

E allora

Non lo senti, se ti comporti come una donnetta

Il nemico è più pericoloso per chi fugge; allo stesso modo una disgrazia dovuta al caso preme di più su chi si arrende e volge le spalle

Ma è lancinante

E come

Siamo forti solo per portare pesi leggeri

Preferisci una malattia lunga oppure breve e violenta

Se è lunga ha degli intervalli, lascia un po' di respiro, concede molto tempo e necessariamente, come comincia, finisce; una malattia breve e violenta presenta due alternative: o si estingue o estingue

Che differenza c'è se vengo meno io o la malattia

In entrambi i casi finisce la sofferenza

Gioverà anche volgere lo spirito ad altri pensieri e staccarsi dal dolore
Cogita quid honeste, quid fortiter feceris; bonas partes tecum ipse tracta; memoriam in ea quae maxime miratus es sparge; tunc tibi fortissimus quisque et victor doloris occurrat: ille qui dum varices exsecandas praeberet legere librum perseveravit, ille qui non desiit ridere cum hoc ipsum irati tortores omnia instrumenta crudelitatis suae experirentur

Non vincetur dolor ratione, qui victus est risu

Quidquid vis nunc licet dicas, destillationes et vim continuae tussis egerentem viscerum partes et febrem praecordia ipsa torrentem et sitim et artus in diversum articulis exeuntibus tortos: plus est flamma et eculeus et lamina et vulneribus ipsis intumescentibus quod illa renovaret et altius urgueret inpressum

Inter haec tamen aliquis non gemuit

Parum est: non rogavit

Parum est: non respondit
Ripensa ai tuoi atti di onestà e di coraggio; considerane gli elementi positivi; ricorda le imprese che più hai ammirato; richiama allora alla memoria tutti gli uomini più forti che hanno sconfitto il dolore: quello che ha continuato a leggere un libro mentre si faceva operare di varici, quello che non ha smesso di sorridere mentre i suoi carnefici, rabbiosi proprio per questo, provavano su di lui tutti gli strumenti della loro crudeltà

Quel dolore che il riso è riuscito a vincere, non lo vincerà la ragione

Ora puoi descrivere quello che vuoi, il catarro e la virulenza di una tosse continua che ti fa vomitare anche le viscere, la febbre che ti brucia il petto, la sete, gli arti storpiati dalla deformazione delle articolazioni: sono, però, peggiori il fuoco, il cavalletto, le piastre roventi, tutto quello che viene cacciato dentro le ferite tumefatte per riaprirle e tormentarle più in profondità

Eppure c'è chi tra queste torture non si è lasciato sfuggire un lamento

Ma questo è poco: non ha implorato

poco: non ha risposto

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Seneca, Lettere a Lucilio: Libri 07-08 Parte 02
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Parum est: risit et quidem ex animo

Vis tu post hoc dolorem deridere

'Sed nihil' inquit 'agere sinit morbus, qui me omnibus abduxit officiis

' Corpus tuum valetudo tenet, non et animum

Itaque cursoris moratur pedes, sutoris aut fabri manus inpedit: si animus tibi esse in usu solet, suadebis docebis, audies disces, quaeres recordaberis

Quid porro

nihil agere te credis si temperans aeger sis

ostendes morbum posse superari vel certe sustineri

Est, mihi crede, virtuti etiam in lectulo locus

Non tantum arma et acies dant argumenta alacris animi indomitique terroribus: et in vestimentis vir fortis apparet

Habes quod agas: bene luctare cum morbo

Si nihil te coegerit, si nihil exoraverit, insigne prodis exemplum

O quam magna erat gloriae materia, si spectaremur aegri
poco: ha riso, e di cuore

Vuoi allora ridertela del dolore dopo questi esempi

Ma,si dice, la malattia non mi permette di far niente, mi ha distolto da tutte le mie occupazioni

La malattia colpisce il corpo, non lo spirito

Può impedire i piedi del corridore, impacciare le mani del sarto o del fabbro: ma se tu abitualmente ti servi dello spirito, potrai dare consigli e insegnare, ascoltare e imparare, domandare e ricordare

E dunque

Secondo te non fai niente, se, pur essendo infermo, mantieni un comportamento equilibrato

Dimostrerai che un male si può vincere o almeno sopportare

Credimi, anche in un lettuccio c'è posto per la virtù

Prova di un animo ardente, che la paura non riesce a domare, non possono darla solo le armi e le battaglie: l'uomo forte si rivela anche sotto le coperte

Hai qualcosa da fare: combattere valorosamente contro la malattia

Se non c'è cosa a cui potrà costringerti o indurti, darai un esempio insigne

Che straordinaria occasione di gloria ci sarebbe, se gli uomini ci osservassero quando siamo ammalati
ipse te specta, ipse te lauda

Praeterea duo genera sunt voluptatum

Corporales morbus inhibet, non tamen tollit; immo, si verum aestimes, incitat

Magis iuvat bibere sitientem, gratior est esurienti cibus; quidquid ex abstinentia contingit avidius excipitur

Illas vero animi voluptates, quae maiores certioresque sunt, nemo medicus aegro negat

Has quisquis sequitur et bene intellegit omnia sensuum blandimenta contemnit

'O infelicem aegrum' Quare

quia non vino nivem diluit

quia non rigorem potionis suae, quam capaci scypho miscuit, renovat fracta insuper glacie

quia non ostrea illi Lucrina in ipsa mensa aperiuntur

quia non circa cenationem eius tumultus cocorum est ipsos cum opsoniis focos transferentium
Ma tu osservati e lodati da te

Ci sono, poi, due generi di piaceri

La malattia impedisce i piaceri fisici, ma non li elimina; anzi, a ben guardare, li stimola

Se uno ha sete, bere gli piace di più; il cibo è più gradito a chi ha fame; tutto quello che si riceve dopo un periodo di astinenza, si prende con maggiore avidità

Ma i piaceri dell'animo che sono più grandi e più sicuri, nessun medico li nega all'ammalato

Chi tende a essi e li conosce bene, disprezza tutti gli allettamenti dei sensi

Povero malato E perché

Perché non può sciogliere la neve nel vino

Perché non può mantenere fresca la sua bevanda, preparata in una capace coppa, aggiungendovi pezzi di ghiaccio

Perché non gli vengono aperte proprio sulla tavola le ostriche del lago Lucrino

Perché mentre cena non c'è intorno a lui un trambusto di cuochi che insieme alle pietanze portano i fornelli

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Hoc enim iam luxuria commenta est: ne quis intepescat cibus, ne quid palato iam calloso parum ferveat, cenam culina prosequitur

'O infelicem aegrum

' Edet quantum concoquat; non iacebit in conspectu aper ut vilis caro a mensa relegatus, nec in repositorio eius pectora avium totas enim videre fastidium est congesta ponentur

Quid tibi mali factum est

cenabis tamquam aeger, immo aliquando tamquam sanus

Sed omnia ista facile perferemus, sorbitionem, aquam calidam, et quidquid aliud intolerabile videtur delicatis et luxu fluentibus magisque animo quam corpore morbidis: tantum mortem desinamus horrere

Desinemus autem, si fines bonorum ac malorum cognoverimus; ita demum nec vita taedio erit nec mors timori

Vitam enim occupare satietas sui non potest tot res varias, magnas, divinas percensentem: in odium illam sui adducere solet iners otium
Ormai la dissolutezza ha escogitato anche questo: per evitare che i cibi diventino tiepidi, che il palato ormai indurito li senta poco caldi, la cucina fa da scorta alla cena

Povero malato

Mangerà quanto può digerire: non gli si metterà di fronte un cinghiale, bandito poi dalla mensa come carne poco pregiata, non si ammucchieranno sul piatto da portata petti di uccello vederli interi darebbe il voltastomaco

Che c'è di male

Mangerai come un malato, anzi una buona volta come una persona sana

Ma tutti questi disagi li sopporteremo volentieri, brodini, acqua calda e tutte quelle altre cose che sembrano intollerabili agli schifiltosi snervati dai piaceri e malati più nell'anima che nel corpo: basta non avere più orrore della morte

E non ne avremo più, se conosceremo i confini del bene e del male; allora soltanto non avremo disgusto della vita, né timore della morte

Non può avere nausea della vita uno che esamini tante questioni, diverse, grandi, divine: chi vive pigramente nell'ozio arriva di solito a odiare la vita
Rerum naturam peragranti numquam in fastidium veritas veniet: falsa satiabunt

Rursus si mors accedit et vocat, licet inmatura sit, licet mediam praecidat aetatem, perceptus longissimae fructus est

Cognita est illi ex magna parte natura; scit tempore honesta non crescere: iis necesse est videri omnem vitam brevem qui illam voluptatibus vanis et ideo infinitis metiuntur

His te cogitationibus recrea et interim epistulis nostris vaca

Veniet aliquando tempus quod nos iterum iungat ac misceat; quantulumlibet sit illud, longum faciet scientia utendi

Nam, ut Posidonius ait, 'unus dies hominum eruditorum plus patet quam inperitis longissima aetas'

Interim hoc tene, hoc morde: adversis non succumbere, laetis non credere, omnem fortunae licentiam in oculis habere, tamquam quidquid potest facere factura sit
Se uno scruta la natura, la verità non gli verrà mai a nausea: solo le cose false saziano fino al disgusto

E poi, se la morte arriva e lo chiama, anche se è prematura, anche se tronca la sua vita a metà, egli ha già raccolto i frutti di una lunghissima esistenza

Conosce gran parte della natura; sa che la virtù non cresce col passare del tempo: solo a quegli uomini che misurano la vita in base a piaceri vani e perciò senza limiti, ogni vita sembra necessariamente breve

Rinfrancati con questi pensieri e intanto leggi attentamente le mie lettere

Verrà finalmente un tempo in cui ritorneremo a vivere insieme; per quanto breve sia, il saperlo usare lo renderà lungo

Dice Posidonio: Un solo giorno di un uomo colto è più esteso di una lunghissima esistenza di un uomo ignorante

Intanto tieni ben ferma questa regola: non soccombere ai casi avversi, non fidarsi di quelli propizi, avere presenti gli arbìtr della sorte, come se dovesse attuare tutto quanto è in suo potere

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Quidquid expectatum est diu, levius accedit

Vale

Expecto epistulas tuas quibus mihi indices circuitus Siciliae totius quid tibi novi ostenderit, et omnia de ipsa Charybdi certiora

Nam Scyllam saxum esse et quidem non terribile navigantibus optime scio: Charybdis an respondeat fabulis perscribi mihi desidero et, si forte observaveris dignum est autem quod observes, fac nos certiores utrum uno tantum vento agatur in vertices an omnis tempestas aeque mare illud contorqueat, et an verum sit quidquid illo freti turbine abreptum est per multa milia trahi conditum et circa Tauromenitanum litus emergere

Si haec mihi perscripseris, tunc tibi audebo mandare ut in honorem meum Aetnam quoque ascendas, quam consumi et sensim subsidere ex hoc colligunt quidam, quod aliquanto longius navigantibus solebat ostendi
Ogni evento che si è aspettato a lungo, giunge più sopportabile

Stammi bene

Aspetto tue lettere per sapere che novità hai scoperto girando per tutta la Sicilia e avere notizie più sicure su Cariddi

Infatti, so benissimo che Scilla è uno scoglio e non è pericoloso per i naviganti: desidero, invece, che tu mi scriva esattamente se sono vere le leggende su Cariddi e, se ci hai fatto caso, e certo la cosa merita attenzione, informami se i vortici li provoca un vento in particolare, oppure se tutte le burrasche sconvolgono allo stesso modo quel tratto di mare, e se è vero che ogni relitto strappato via da quel turbinio di correnti viene trascinato sott'acqua per molte miglia ed emerge vicino alla spiaggia di Taormina

Se mi scriverai tutte queste notizie, allora oserò chiederti di salire anche sull'Etna per farmi piacere, Secondo alcuni questo vulcano si sta consumando e abbassando a poco a poco; lo deducono dal fatto che un tempo i naviganti lo scorgevano più da lontano
Potest hoc accidere non quia montis altitudo descendit, sed quia ignis evanuit et minus vehemens ac largus effertur, ob eandem causam fumo quoque per diem segniore

Neutrum autem incredibile est, nec montem qui devoretur cotidie minui, nec manere eundem, quia non ipsum ignis exest sed in aliqua inferna valle conceptus exaestuat et aliis pascitur, in ipso monte non alimentum habet sed viam

In Lycia regio notissima est Hephaestion incolae vocant, foratum pluribus locis solum, quod sine ullo nascentium damno ignis innoxius circumit

Laeta itaque regio est et herbida, nihil flammis adurentibus sed tantum vi remissa ac languida refulgentibus

Sed reservemus ista, tunc quaesituri cum tu mihi scripseris quantum ab ipso ore montis nives absint, quas ne aestas quidem solvit; adeo tutae sunt ab igne vicino
Questo fenomeno può succedere non perché diminuisce l'altezza del monte, ma perché il fuoco è più debole ed esce con minore violenza e in minore quantità e per lo stesso motivo anche il fumo diventa più tenue durante il giorno

Sono due ipotesi plausibili, sia che il monte si stia consumando e abbassando giorno dopo giorno, sia che rimanga tale e quale, perché il fuoco non lo divora, ma si forma in qualche cavità sotterranea, ribolle ed è nutrito da altre sostanze: nel monte non trova alimento: solo una via d'uscita

In Licia c'è una regione notissima, che gli abitanti chiamano Efestione, dove il terreno presenta numerose buche: il fuoco che le circonda è innocuo e non danneggia la vegetazione

La regione è ridente ed erbosa; le fiamme non bruciano niente, semplicemente brillano di una luce debole e fiacca

Ma mettiamo da parte questo argomento per approfondirlo quando mi scriverai a che distanza dal cratere si trova la neve; pur essendo vicina al fuoco, è tanto riparata che non si scioglie nemmeno in estate

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Non est autem quod istam curam inputes mihi; morbo enim tuo daturus eras, etiam si nemo mandaret

Quid tibi do ne Aetnam describas in tuo carmine, ne hunc sollemnem omnibus poetis locum adtingas

Quem quominus Ovidius tractaret, nihil obstitit quod iam Vergilius impleverat; ne Severum quidem Cornelium uterque deterruit

Omnibus praeterea feliciter hic locus se dedit, et qui praecesserant non praeripuisse mihi videntur quae dici poterant, sed aperuisse

Sed Multum interest utrum ad consumptam materiam an ad subactam accedas: crescit in dies, et inventuris inventa non obstant

Praeterea condicio optima est ultimi: parata verba invenit, quae aliter instructa novam faciem habent

Nec illis manus inicit tamquam alienis; sunt enim publica
Non devi, però addebitarmi la fatica della scalata: anche se nessuno te lo avesse chiesto, l'avresti fatto per soddisfare la tua forte curiosità

Non c'è niente che possa distoglierti dal descrivere l'Etna nel tuo poema e dal toccare questo soggetto abituale per tutti i poeti

Il fatto che Virgilio ne avesse parlato diffusamente non impedì a Ovidio di trattare l'argomento; e Virgilio e Ovidio insieme non distolsero neppure Cornelio Severo

Inoltre questo soggetto si è prestato con successo a tutti, e gli scrittori precedenti, secondo me, non hanno portato via agli altri quello che c'era da dire, ma hanno spianato la via

molto diverso accostarsi a un tema ormai esaurito, oppure a uno su cui hanno lavorato altri: questo si sviluppa giorno per giorno e le immagini create non sono di ostacolo a chi ne vorrà creare di nuove

E poi lo scrittore che arriva per ultimo è nella condizione ottimale: trova le parole pronte; basta disporle diversamente e acquistano una fisionomia nuova

Il suo non è un furto: appartengono a tutti

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