Seneca, Lettere a Lucilio: Libri 14-15 Parte 01, pag 3

Seneca, Lettere a Lucilio: Libri 14-15 Parte 01

Latino: dall'autore Seneca, opera Lettere a Lucilio parte Libri 14-15 Parte 01
Simplici cura constant necessaria: in delicias laboratur

Non desiderabis artifices: sequere naturam

Illa noluit esse districtos; ad quaecumque nos cogebat instruxit

'Frigus intolerabilest corpori nudo

' Quid ergo

non pelles ferarum et aliorum animalium a frigore satis abundeque defendere queunt

non corticibus arborum pleraeque gentes tegunt corpora

non avium plumae in usum vestis conseruntur

non hodieque magna Scytharum pars tergis vulpium induitur ac murum, quae tactu mollia et inpenetrabilia ventis sunt

Quid ergo non quilibet virgeam cratem texuerunt manu et vili obliverunt luto, deinde de stipula aliisque silvestribus operuere fastigium et pluviis per devexa labentibus hiemem transiere securi

'Opus est tamen calorem solis aestivi umbra crassiore propellere

' Quid ergo
Procurarsi il necessario non richiede un impegno particolare: per i piaceri, invece, ci si affanna

Non c'è bisogno di artigiani: segui la natura

Essa non ha voluto che ci occupassimo di troppe cose ci ha fornito il necessario per affrontare le prove alle quali ci costringeva

Quando si è nudi, il freddo è insopportabile

Ebbene

La pelle delle fiere e di altri animali non può difenderci più che a sufficienza dal freddo

Tanti popoli non si coprono il corpo con la corteccia degli alberi

Non si intrecciano piume di uccelli per farne vestiti

Anche oggi la gran parte degli Sciti non indossa pelli di volpi e di martore, morbide al tatto e impenetrabili ai venti

E gli uomini non intrecciavano a mano un graticcio di vimini e lo spalmavano di fango e poi coprivano il tetto di paglia e di rami e passavano tranquilli l'inverno mentre le piogge scivolavano sugli spioventi del tetto

Però, bisogna respingere la calura estiva creando più ombra

Ebbene
non vetustas multa abdidit loca quae vel iniuria temporis vel alio quolibet casu excavata in specum recesserunt

Quid ergo non in defosso latent Syrticae gentes quibusque propter nimios solis ardores nullum tegimentum satis repellendis caloribus solidum est nisi ipsa arens humus

Non fuit tam iniqua natura ut, cum omnibus aliis animalibus facilem actum vitae daret, homo solus non posset sine tot artibus vivere; nihil durum ab illa nobis imperatum est, nihil aegre quaerendum, ut possit vita produci

Ad parata nati sumus: nos omnia nobis difficilia facilium fastidio fecimus

Tecta tegimentaque et fomenta corporum et cibi et quae nunc ingens negotium facta sunt obvia erant et gratuita et opera levi parabilia; modus enim omnium prout necessitas erat
Con gli anni nonsi sono formati molti anfratti che, scavati dalla corrosione del tempo o da qualsiasi altro fenomeno, divennero caverne

Non si rifugianosottoterra i popoli della Sirte e quelli che, per l'eccessivo ardore del sole, non hanno nessuna copertura sufficientemente valida per respingereil caldo, se non la stessa terra riarsa

La natura, che ha dato a tutti gli altri animali una vita facile, non è stata ingiusta al punto che solol'uomo non potesse vivere senza tante arti; non ci ha imposto niente di gravoso, niente da ricercare con fatica per prolungare la vita

Fin dalla nascita abbiamo avuto tutto a portata di mano: ci siamo, però, resi tutto difficile per ripugnanza delle cose facili

Le case, i vestiti, i medicinali, il cibo e quanto ora è diventato fonte di grandi difficoltà, erano a portata di mano, gratuiti ed era possibile procurarseli con poca fatica; la misura di tutto era determinata dalla necessità: noi abbiamo reso questa roba preziosa, straordinaria e frutto di molte e importanti arti
nos ista pretiosa, nos mira, nos magnis multisque conquirenda artibus fecimus

Sufficit ad id natura quod poscit

A natura luxuria descivit, quae cotidie se ipsa incitat et tot saeculis crescit et ingenio adiuvat vitia

Primo supervacua coepit concupiscere, inde contraria, novissime animum corpori addixit et illius deservire libidini iussit

Omnes istae artes quibus aut circitatur civitas aut strepit corpori negotium gerunt, cui omnia olim tamquam servo praestabantur, nunc tamquam domino parantur

Itaque hinc textorum, hinc fabrorum officinae sunt, hinc odores coquentium, hinc molles corporis motus docentium mollesque cantus et infractos

Recessit enim ille naturalis modus desideria ope necessaria finiens; iam rusticitatis et miseriae est velle quantum sat est

Incredibilest, mi Lucili, quam facile etiam magnos viros dulcedo orationis abducat a vero
La natura basta a soddisfare i suoi bisogni

Il lusso si è scostato dalla natura

si incita da sé giorno per giorno, cresce attraverso le generazioni e alimenta i vizi con l'intelligenza

Dapprima ha cominciato col desiderare le cose superflue, poi quelle dannose, infine ha assoggettato l'anima al corpo, comandandole di servire le sue voglie

Tutte queste arti che mettono in movimento o riempiono di strepito lecittà fanno gli interessi del corpo: un tempo gli si dava tutto come a uno schiavo, ora glielo si offre come a un padrone

Ecco, dunque, qua le botteghe dei tessitori, là quelle dei fabbri, gli odori delle cucine, le scuole dove si insegnano molli danze e canti languidi ed effeminati

scomparsa quella naturale misura che limitava i desideri alle necessità; ormai è segno di grossolanità e di miseria volere solo quanto basta

incredibile, Lucilio mio, con quanta facilità la suggestione della parola distolga anche i grandi uomini dalla verità

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Seneca, Lettere a Lucilio: Libri 14-15 Parte 02

Latino: dall'autore Seneca, opera Lettere a Lucilio parte Libri 14-15 Parte 02

Ecce Posidonius, ut mea fert opinio, ex iis qui plurimum philosophiae contulerunt, dum vult describere primum quemadmodum alia torqueantur fila, alia ex molli solutoque ducantur, deinde quemadmodum tela suspensis ponderibus rectum stamen extendat, quemadmodum subtemen insertum, quod duritiam utrimque conprimentis tramae remolliat, spatha coire cogatur et iungi, textrini quoque artem a sapientibus dixit inventam, oblitus postea repertum hoc subtilius genus in quo tela iugo vincta est, stamen secernit harundo, inseritur medium radiis subtemen acutis, quod lato paviunt insecti pectine dentes

Quid si contigisset illi videre has nostri temporis telas, in quibus vestis nihil celatura conficitur, in qua non dico nullum corpori auxilium, sed nullum pudori est
Ecco Posidonio, a mio avviso, uno degli uomini che hanno dato un grandissimo apporto alla filosofia; egli vuole descrivere prima come si ritorcano alcuni fili, come altri siano tratti da una massa morbida e lenta; poi come il telaio tenga dritto l'ordito per mezzo di pesi attaccati, come con la spatola siraccolgano e uniscano i fili inseriti per ammorbidire la durezza della trama che preme sui due lati; afferma poi che anche la tessitura è stata inventata dai saggi, dimenticando che, in sèguito, si è trovato questo sistema più ingegnoso in cui la tela è legata al subbio, il pettine separa i fili dell'ordito, con la spola appuntita si inserisce fra mezzo la trama, e i denti intagliati nel largo pettine la battono

Che avrebbe pensato se avesse potuto vedere i tessuti di oggi con cui si confezionano vestiti completamente trasparenti, che non servono né al corpo, né al pudore
Transit deinde ad agricolas nec minus facunde describit proscissum aratro solum et iteratum quo solutior terra facilius pateat radicibus, tunc sparsa semina et collectas manu herbas ne quid fortuitum et agreste succrescat quod necet segetem

Hoc quoque opus ait esse sapientium, tamquam non nunc quoque plurima cultores agrorum nova inveniant per quae fertilitas augeatur

Deinde non est contentus his artibus, sed in pistrinum sapientem summittit; narrat enim quemadmodum rerum naturam imitatus panem coeperit facere

'Receptas' inquit 'in os fruges concurrens inter se duritia dentium frangit, et quidquid excidit ad eosdem dentes lingua refertur; tunc umore miscetur ut facilius per fauces lubricas transeat; cum pervenit in ventrem, aequali eius fervore concoquitur; tunc demum corpori accedit
Posidonio passa quindi ai contadini: con la stessa eloquenza descrive come venga arato più volte il terreno perché le radici penetrino più facilmente nella terra morbida, poi descrive la semina e l'estirpazione a mano delle erbacce perché non spunti qualcosa a caso o qualche pianta selvatica che faccia morire il raccolto

Pure quest'opera la attribuisce ai saggi, come se i contadini non trovassero anche oggi moltissimi sistemi nuovi per accrescere la produttività

Poi, non ancora contento di queste arti, egli infila il saggio anche nei mulini e racconta come incominciò a fare il pane imitando la natura

I denti con la loro durezza, afferma, spezzano i cereali che mettiamo in bocca e quanto sfugge, la lingua lo riporta di nuovo ai denti; poi il tutto viene mescolato con la saliva perché scivoli più facilmente per la gola; quando arriva allo stomaco, è digerito dal suo calore uniforme; infine, viene assorbito dal corpo

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Seneca, Lettere a Lucilio: Libri 05-06 Parte 01

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Hoc aliquis secutus exemplar lapidem asperum aspero inposuit ad similitudinem dentium, quorum pars immobilis motum alterius expectat; deinde utriusque adtritu grana franguntur et saepius regeruntur donec ad minutiam frequenter trita redigantur; tum farinam aqua sparsit et adsidua tractatione perdomuit finxitque panem, quem primo cinis calidus et fervens testa percoxit, deinde furni paulatim reperti et alia genera quorum fervor serviret arbitrio

' Non multum afuit quin sutrinum quoque inventum a sapientibus diceret

Omnia ista ratio quidem, sed non recta ratio commenta est

Hominis enim, non sapientis inventa sunt, tam mehercules quam navigia quibus amnes quibusque maria transimus, aptatis ad excipiendum ventorum impetum velis et additis a tergo gubernaculis quae huc atque illuc cursum navigii torqueant
Qualcuno, seguendo questo esempio, pose due pietre ruvide l'una sull'altra a somiglianza dei denti, di cui una parte sta ferma e l'altra si muove; poi con l'attrito delle due pietre spezzò ichicchi, e ripeté più volte l'operazione fino a ridurli triturati in farina; poi bagnò la farina, la impastò lavorandola a lungo e fece il pane, che all'inizio fu cotto al calore della cenere e in un vaso di argilla rovente, quindi nei forni inventati col tempo e con altri sistemi a calore regolabile

Per poco non disse che anche il mestiere di calzolaio l'hanno inventato i saggi

La ragione, non la retta ragione, ha escogitato tutte queste attività

Sono scoperte dell'uomo, non del saggio, come, appunto, le navi con cui attraversiamo fiumi e mari, dopo aver sistemato le vele per sfruttare la forza del vento e collocato a poppa il timone per indirizzare la nave su rotte diverse
Exemplum a piscibus tractum est, qui cauda reguntur et levi eius in utrumque momento velocitatem suam flectunt

'Omnia' inquit 'haec sapiens quidem invenit, sed minora quam ut ipse tractaret sordidioribus ministris dedit

' Immo non aliis excogitata ista sunt quam quibus hodieque curantur

Quaedam nostra demum prodisse memoria scimus, ut speculariorum usum perlucente testa clarum transmittentium lumen, ut suspensuras balneorum et inpressos parietibus tubos per quos circumfunderetur calor qui ima simul ac summa foveret aequaliter

Quid loquar marmora quibus templa, quibus domus fulgent

quid lapideas moles in rotundum ac leve formatas quibus porticus et capacia populorum tecta suscipimus quid verborum notas quibus quamvis citata excipitur oratio et celeritatem linguae manus sequitur

Vilissimorum mancipiorum ista commenta sunt
L'esempio è stato preso dai pesci che regolano i loro movimenti con la coda e si dirigono rapidamente con un guizzo da una parte o dall'altra

Tutte queste scoperte, egli afferma, le fece proprio il saggio, ma poiché erano troppo poco importanti per occuparsene lui stesso, le ha passate a più umili esecutori

E invece, queste arti sono state escogitate proprio da quegli stessi che, ancor oggi, le praticano

Certe invenzioni, lo sappiamo, sono recenti: l'uso dei vetri, che con illoro materiale trasparente lasciano filtrare la luce nella sua luminosità, le volte dei bagni e i tubi attaccati ai muri che emanano un calore omogeneo per tutta la stanza sopra e sotto

E che dire dei marmi di cui risplendono i templi, le case

E le enormi colonne di pietra levigata chesostengono porticati ed edifici atti a contenere una gran quantità di gente, e della tachigrafia, grazie alla quale si possono trascrivere anchediscorsi rapidi e seguire con la mano la velocità della lingua

Queste sono invenzioni degli schiavi più umili

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Seneca, Lettere a Lucilio: Libro 02 Parte 02

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sapientia altius sedet nec manus edocet: animorum magistra est

Vis scire quid illa eruerit, quid effecerit

Non decoros corporis motus nec varios per tubam ac tibiam cantus, quibus exceptus spiritus aut in exitu aut in transitu formatur in vocem

Non arma nec muros nec bello utilia molitur: paci favet et genus humanum ad concordiam vocat

Non est, inquam, instrumentorum ad usus necessarios opifex

Quid illi tam parvola adsignas

artificem vides vitae

Alias quidem artes sub dominio habet; nam cui vita, illi vitae quoque ornantia serviunt: ceterum ad beatum statum tendit, illo ducit, illo vias aperit

Quae sint mala, quae videantur ostendit; vanitatem exuit mentibus, dat magnitudinem solidam, inflatam vero et ex inani speciosam reprimit, nec ignorari sinit inter magna quid intersit et tumida; totius naturae notitiam ac sui tradit
la saggezza sta più in alto, insegna agli animi, non alla mano

Vuoi sapere che cosa ha scoperto, che cosa ha prodotto

Non i movimenti aggraziati del corpo, o la diversa melodia della tromba o del flauto, che ricevono il fiato e durante il passaggio o all'uscita dallo strumento lo trasformano in suono

Non fabbrica armi, fortificazioni o arnesi da guerra: favorisce la pace, e il genere umano lo invita alla concordia

Non è - ripeto - l'artefice di strumenti per le necessità pratiche

Perché le assegni attività così meschine

Tu hai davanti l'artefice della vita

Ella ha il dominio sulle altre arti: è signora della vita e signora di ciò che è ornamento della vita: ma tende a uno stato di felicità, a quella mèta ci conduce e ci spiana il cammino

Ci mostra i mali veri e quelli apparenti; libera la mente da ogni vanità, dà la grandezza autentica e reprime quella tronfia, fatta di vuote apparenze, vuole che sappiamo la differenza tra grandezza e superbia; ci fa conoscere se stessa e la totalità della natura
Quid sint di qualesque declarat, quid inferi, quid lares et genii, quid in secundam numinum formam animae perpetitae, ubi consistant, quid agant, quid possint, quid velint

Haec eius initiamenta sunt, per quae non municipale sacrum sed ingens deorum omnium templum, mundus ipse, reseratur, cuius vera simulacra verasque facies cernendas mentibus protulit; nam ad spectacula tam magna hebes visus est

Ad initia deinde rerum redit aeternamque rationem toti inditam et vim omnium seminum singula proprie figurantem

Tum de animo coepit inquirere, unde esset, ubi, quamdiu, in quot membra divisus

Deinde a corporibus se ad incorporalia transtulit veritatemque et argumenta eius excussit; post haec quemadmodum discernerentur vitae aut vocis ambigua; in utraque enim falsa veris inmixta sunt
Ci rivela l'essenza e le qualità degli dèi, che cosa siano gli inferi, i lari, i genii, le anime che sopravvivono sotto forma di divinità secondarie, la loro sede, la loro attività, il loro potere e volontà

Questa è l'iniziazione attraverso la quale essa ci schiude non il sacrario di una città, ma il vasto tempio di tutti gli dèi, l'universo stesso, di cui ha offerto all'esame dell'intelligenza l'immagine vera, il vero aspetto:l'occhio umano è debole per spettacoli così grandi

ritornata, poi, ai princip delle cose, alla ragione eterna immanente nell'universo e alla forza di tutti i semi che dà ai singoli esseri una propria forma

Ha cominciato a indagare sull'anima, sulla sua origine, la sua sede, la suadurata, e sulle parti in cui è divisa

poi passata dal corporeo all'incorporeo e ha esaminato la verità e le prove della verità; ha, quindi, mostrato come si possono distinguere le ambiguità nella vita e nelle parole, perché in entrambe vero e falso sono confusi insieme

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Seneca, Lettere a Lucilio: Libro 01

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Non abduxit, inquam, se ut Posidonio videtur ab istis artibus sapiens, sed ad illas omnino non venit

Nihil enim dignum inventu iudicasset quod non erat dignum perpetuo usu iudicaturus; ponenda non sumeret

'Anacharsis' inquit 'invenit rotam figuli, cuius circuitu vasa formantur

' Deinde quia apud Homerum invenitur figuli rota, maluit videri versus falsos esse quam fabulam

Ego nec Anacharsim auctorem huius rei fuisse contendo et, si fuit, sapiens quidem hoc invenit, sed non tamquam sapiens, sicut multa sapientes faciunt qua homines sunt, non qua sapientes

Puta velocissimum esse sapientem: cursu omnis anteibit qua velox est, non qua sapiens

Cuperem Posidonio aliquem vitrearium ostendere, qui spiritu vitrum in habitus plurimos format qui vix diligenti manu effingerentur

Haec inventa sunt postquam sapientem invenire desimus
Secondo me il saggio non è che si sia allontanato da queste occupazioni, come sostiene Posidonio; non vi si è mai applicato

Per il saggio non sarebbe stata meritevole di invenzione una cosa che non giudicasse meritevole di un uso perpetuo; non avrebbe intrapreso un'opera che poi doveva lasciare

Anacarsi, afferma, inventò il tornio, che ruotando permette di foggiare i vasi

E, poiché in Omero si parla del tornio, si è preferito ritenere falsi i suoi versi invece della notizia diPosidonio

Io non contesto il fatto che Anacarsi fu l'inventore del tornio; in questo caso fu certo un saggio a fare questa scoperta, ma non come tale: i saggi compiono molte azioni in quanto uomini, non in quanto saggi

Supponi che un saggio sia velocissimo nella corsa: supererà tuttiperché è veloce, e non perché è saggio

Vorrei mostrare a Posidonio un vetraio, che soffiando foggia il vetro in molteplici forme: una mano precisa stenterebbe a modellarlo

Queste scoperte furono fatte quando si smise di trovare i saggi

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