Seneca, Lettere a Lucilio: Libri 14-15 Parte 01, pag 4

Seneca, Lettere a Lucilio: Libri 14-15 Parte 01

Latino: dall'autore Seneca, opera Lettere a Lucilio parte Libri 14-15 Parte 01
'Democritus' inquit 'invenisse dicitur fornicem, ut lapidum curvatura paulatim inclinatorum medio saxo alligaretur

' Hoc dicam falsum esse

necesse est enim ante Democritum et pontes et portas fuisse, quarum fere summa curvantur

Excidit porro vobis eundem Democritum invenisse quemadmodum ebur molliretur, quemadmodum decoctus calculus in zmaragdum converteretur, qua hodieque coctura inventi lapides in hoc utiles colorantur

Ista sapiens licet invenerit, non qua sapiens erat invenit; multa enim facit quae ab inprudentissimis aut aeque fieri videmus aut peritius atque exercitatius

Quid sapiens investigaverit, quid in lucem protraxerit quaeris
Affermano che Democrito inventò l'arcodice Posidonio, in cui la pietra centrale tiene ferme le altre che gradualmente si inclinano

Ma è falso

Già prima di Democrito c'erano necessariamente ponti e porte che sono in genere curvi alla sommità

Vi sfugge, inoltre, che sempre Democrito inventò il modo di lavorarel'avorio, di tramutare in smeraldo una pietruzza, sottoponendola a un forte calore, sistema con cui, anche oggi, si colorano le pietre adatte aquesto scopo

Saranno pure scoperte di un saggio, ma non in quanto tale: egli, difatti, fa molte cose che vediamo fare o nello stesso modo o con più abilità e più pratica da gente del tutto ignorante

Vuoi conoscere le ricerche e le scoperte del saggio
Primum verum naturamque, quam non ut cetera animalia oculis secutus est, tardis ad divina; deinde vitae legem, quam universa derexit, nec nosse tantum sed sequi deos docuit et accidentia non aliter excipere quam imperata

Vetuit parere opinionibus falsis et quanti quidque esset vera aestimatione perpendit; damnavit mixtas paenitentia voluptates et bona semper placitura laudavit et palam fecit felicissimum esse cui felicitate non opus est, potentissimum esse qui se habet in potestate

Non de ea philosophia loquor quae civem extra patriam posuit, extra mundum deos, quae virtutem donavit voluptati, sed de illa quae nullum bonum putat nisi quod honestum est, quae nec hominis nec fortunae muneribus deleniri potest, cuius hoc pretium est, non posse pretio capi
Per prima cosa, ha studiato la verità e la natura, che non ha indagato con occhi tardi a comprendere la realtà divina, come gli altri esseri animati; poi, la legge dell'esistenza, che ha regolato secondo l'ordine universale e ha insegnato non solo a conoscere, ma anche a obbedire agli dèi e ad accogliere gli eventi della vita come comandi

Ha impedito che si seguissero false credenze e ha attribuito a ogni oggetto il suo valore facendone una stima precisa; ha condannato i piaceri, cui si mescola il pentimento, lodato i beni, fonte di perpetua soddisfazione, e ha dimostrato che l'uomo piùfelice è quello che non ha bisogno della felicità e il più potente quello che ha il dominio di se stesso

Non mi riferisco a quella filosofia che ha posto i cittadini fuori dallo stato, gli dèi fuori dal mondo, che ha messo la virtù in balia del piacere, ma a quella che giudica l'onestà il solo bene, che non si lascia sedurre dai doni degli uomini o della fortuna e il cui valore è di essere incorruttibile
Hanc philosophiam fuisse illo rudi saeculo quo adhuc artificia deerant et ipso usu discebantur utilia non credo

Sicut aut fortunata tempora, cum in medio iacerent beneficia naturae promiscue utenda, antequam avaritia atque luxuria dissociavere mortales et ad rapinam ex consortio docuere discorrere

non erant illi sapientes viri, etiam si faciebant facienda sapientibus

Statum quidem generis humani non alium quisquam suspexerit magis, nec si cui permittat deus terrena formare et dare gentibus mores, aliud probaverit quam quod apud illos fuisse memoratur apud quos nulli subigebant arva coloni; ne signare quidem aut partiri limite campum fas erat: in medium quaerebant, ipsaque tellus omnia liberius nullo poscente ferebat

Quid hominum illo genere felicius
Non credo che questa filosofia esistesse in quell'età rozza quando non c'erano ancòra i mestieri e l'esperienza stessa insegnava ciò che era utile

Credo, invece, che venne dopo quei tempi fortunati, quando i beni della natura erano in comune e tutti potevano farne uso insieme, prima che l'avidità e il lusso dividessero gli uomini e insegnassero a passare dalla comunanza al ladrocinio

Non erano saggi, quelli, anche se facevano quello che devono fare i saggi

Nessuno potrebbe guardare con più ammirazione un'altra condizione umana e se anche dio permettesse a qualcuno di dare ordine alla terra e costumi ai popoli, non potrebbe giudicare opportuna altra condizione che quella esistente al tempo in cui nessun colono lavorava i campi; e non si poteva nemmeno contrassegnare o dividere il terreno con linee di confine: il raccolto era comune ed era la terra ad offrire i suoi beni spontaneamente, senza che nessuno li ricercasse

Ci può essere generazione di uomini più felice di quella

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Seneca, Lettere a Lucilio: Libri 14-15 Parte 02
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Latino: dall'autore Seneca, opera Lettere a Lucilio parte Libri 14-15 Parte 02

In commune rerum natura fruebantur; sufficiebat illa ut parens in tutelam omnium; haec erat publicarum opum secura possessio

Quidni ego illud locupletissimum mortalium genus dixerim in quo pauperem invenire non posses

Inrupit in res optime positas avaritia et, dum seducere aliquid cupit atque in suum vertere, omnia fecit aliena et in angustum se ex inmenso redegit

Avaritia paupertatem intulit et multa concupiscendo omnia amisit

Licet itaque nunc conetur reparare quod perdidit, licet agros agris adiciat vicinum vel pretio pellens vel iniuria, licet in provinciarum spatium rura dilatet et possessionem vocet per sua longam peregrinationem: nulla nos finium propagatio eo reducet unde discessimus

Cum omnia fecerimus, multum habebimus: universum habebamus

Terra ipsa fertilior erat inlaborata et in usus populorum non diripientium larga
Insieme godevano i prodotti della natura che, come una madre, bastava al sostentamento di tutti, e, senza pericolo, possedevano le ricchezze in comune

Perché non dovrei definire ricchissimi quegli uomini tra cui non avresti potuto trovare un solo povero

L'avidità fece breccia in quelle eccellenti condizioni di vita e mentre desiderava sottrarre dei beni e farli suoi, fu privata di tutto e da una ricchezza smisurata si ridusse inristrettezze

L'avidità portò la miseria: desiderando troppo, perse ogni cosa

Si sforzi pure, adesso, di recuperare ciò che ha perduto, aggiunga campi su campi, scacciando il vicino col denaro o con la violenza, estenda le campagne a intere province e la parola possesso significhi un lungo viaggio attraverso le proprie terre: nessun ampliamento di confini ci riporterà al punto di partenza

Facciamo tutto il possibile: avremo molto; ma prima avevamo tutto

40 Anche la terra, senza lavorarla, era più fertile e generosa verso le necessità degli uomini che non si contendevano i suoi frutti
Quidquid natura protulerat, id non minus invenisse quam inventum monstrare alteri voluptas erat; nec ulli aut superesse poterat aut deesse: inter concordes dividebatur

Nondum valentior inposuerat infirmiori manum, nondum avarus abscondendo quod sibi iaceret alium necessariis quoque excluserat: par erat alterius ac sui cura

Arma cessabant incruentaeque humano sanguine manus odium omne in feras verterant

Illi quos aliquod nemus densum a sole protexerat, qui adversus saevitiam hiemis aut imbris vili receptaculo tuti sub fronde vivebant, placidas transigebant sine suspirio noctes

Sollicitudo nos in nostra purpura versat et acerrimis excitat stimulis: at quam mollem somnum illis dura tellus dabat
Era un piacere sia trovare i prodotti della terra, sia mostrarli agli altri; nessuno poteva avere troppo o troppo poco: si divideva in pieno accordo

Il più forte non aveva ancòra messo le mani sul più debole, l'avaro non aveva ancòra tolto anche lo stretto necessario al prossimo, nascondendo il capitale inutilizzato: ognuno aveva la stessa cura di sé e degli altri

Non si combatteva e le mani, senza spargere sangue umano, riversavano tutta la loro aggressività sulle fiere

Quegli uomini che si riparavano dal sole nel fitto di un bosco, che per sfuggire l'inclemenza dell'inverno e della pioggia vivevano al sicuro in un umile rifugio sotto le fronde, passavano notti tranquille senz'ansia

Ora in preda all'angoscia noi ci rivoltiamo nei nostri letti lussuosi e ci pungolano aspri tormenti; su quella terra dura, invece, che placidi sonni per loro

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Non inpendebant caelata laquearia, sed in aperto iacentis sidera superlabebantur et, insigne spectaculum noctium, mundus in praeceps agebatur, silentio tantum opus ducens

Tam interdiu illis quam nocte patebant prospectus huius pulcherrimae domus; libebat intueri signa ex media caeli parte vergentia, rursus ex occulto alia surgentia

Quidni iuvaret vagari inter tam late sparsa miracula

At vos ad omnem tectorum pavetis sonum et inter picturas vestras, si quid increpuit, fugitis attoniti
Non li sovrastavano soffitti intagliati, ma giacevano all'aperto mentre sul loro capo scorrevano le stelle e, straordinario spettacolo delle notti, l'universo si muoveva rapido, compiendo in silenzio una così grande opera

Sia di giorno che di notte si apriva loro la vista di questa splendida dimora; era un piacere contemplare il declino delle stelle in mezzo al cielo e il sorgere di altre da un buio segreto

Non era piacevole vagare fra tante meraviglie sparse per ogni dove

Voi, invece, tremate di paura a ogni rumore della casa e fra i vostri affreschi fuggite spaventati al minimo suono
Non habebant domos instar urbium: spiritus ac liber inter aperta perflatus et levis umbra rupis aut arboris et perlucidi fontes rivique non opere nec fistula nec ullo coacto itinere obsolefacti sed sponte currentes et prata sine arte formosa, inter haec agreste domicilium rustica politum manu haec erat secundum naturam domus, in qua libebat habitare nec ipsam nec pro ipsa timentem: nunc magna pars nostri metus tecta sunt

Sed quamvis egregia illis vita fuerit et carens fraude, non fuere sapientes, quando hoc iam in opere maximo nomen est

Non tamen negaverim fuisse alti spiritus viros et, ut ita dicam, a dis recentes; neque enim dubium est quin meliora mundus nondum effetus ediderit

Quemadmodum autem omnibus indoles fortior fuit et ad labores paratior, ita non erant ingenia omnibus consummata

Non enim dat natura virtutem: ars est bonum fieri
Non possedevano case grandi come città: l'aria e il suo libero soffio per gli spazi aperti, l'ombra leggera di una rupe o di un albero, fonti e ruscellitrasparenti che l'uomo non aveva ancora deturpato con dighe, tubi, o deviandone il corso, ma che scorrevano naturalmente, e prati belli senza artificio, e in mezzo a un tale scenario una rustica dimora abbellita da mani semplici era questa la casa secondo natura, in cui era bellovivere, senza aver paura di essa o per essa: ora la casa costituisce gran parte delle nostre paure

Certo, condussero una vita perfetta e pura, ma non furono saggi: questo è un nome che ormai indica l'attività più nobile

Non nego, tuttavia, che avessero un animo elevato e fossero, per così dire, usciti proprio allora dalle mani degli dèi; sicuramente il mondo, non ancora esausto, produceva esseri migliori

Ma se avevano un carattere più forte e più disposto alle fatiche, non tutti, però erano dotati di una intelligenza perfetta

La virtù non è un dono naturale: diventare virtuosi è un'arte

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Illi quidem non aurum nec argentum nec perlucidos lapides in ima terrarum faece quaerebant parcebantque adhuc etiam mutis animalibus: tantum aberat ut homo hominem non iratus, non timens, tantum spectaturus occideret

Nondum vestis illis erat picta, nondum texebatur aurum, adhuc nec eruebatur

Quid ergo est Ignorantia rerum innocentes erant; multum autem interest utrum peccare aliquis nolit an nesciat

Deerat illis iustitia, deerat prudentia, deerat temperantia ac fortitudo

Omnibus his virtutibus habebat similia quaedam rudis vita: virtus non contingit animo nisi instituto et edocto et ad summum adsidua exercitatione perducto

Ad hoc quidem, sed sine hoc nascimur, et in optimis quoque, antequam erudias, virtutis materia, non virtus est

Vale

Quelli non cercavano oro, argento e pietre preziose nelle viscere della terra e risparmiavano anche gli animali: non si concepiva nemmeno che un uomo uccidesse un proprio simile, non per ira, né per timore, ma solo per il gusto di vederlo morire

Non avevano ancòra vestiti variopinti, non tessevano l'oro, anzi nemmeno l'estraevano

E allora Erano innocenti per ignoranza: ma c'è molta differenza fra chi non vuole e chi non sa agire male

Non avevano giustizia, prudenza, temperanza, fortezza

Somigliava un po' a queste virtù quella vita primitiva: ma solo l'animo profondamente istruito ed elevato al più alto grado di perfezione da un costante esercizio raggiunge la virtù

Per essa nasciamo, ma senza di essa, e anche negli uomini migliori, prima che vengano istruiti, c'è materia di virtù, non virtù

Stammi bene

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