Seneca, Lettere a Lucilio: Libro 02 Parte 01

Seneca, Lettere a Lucilio: Libro 02 Parte 01

Latino: dall'autore Seneca, opera Lettere a Lucilio parte Libro 02 Parte 01
Multum tibi esse animi scio; nam etiam antequam instrueres te praeceptis salutaribus et dura vincentibus, satis adversus fortunam placebas tibi, et multo magis postquam cum illa manum conseruisti viresque expertus es tuas, quae numquam certam dare fiduciam sui possunt nisi cum multae difficultates hinc et illinc apparuerunt, aliquando vero et propius accesserunt

Sic verus ille animus et in alienum non venturus arbitrium probatur; haec eius obrussa est

Non potest athleta magnos spiritus ad certamen afferre qui numquam suggillatus est: ille qui sanguinem suum vidit, cuius dentes crepuere sub pugno, ille qui subplantatus ad versarium toto tulit corpore nec proiecit animum proiectus, qui quotiens cecidit contumacior resurrexit, cum magna spe descendit ad pugnam
So che hai molto coraggio; anche prima che temprassi il tuo spirito con insegnamenti salutari e utili per superare le avversità della vita, eri già piuttosto soddisfatto del tuo atteggiamento di fronte alla sorte e ancor più lo sei ora dopo averla affrontata con decisione e aver provato le tue forze; in queste non si può mai confidare con sicurezza finché non si presentino numerose, e talvolta incalzanti, difficoltà da ogni parte

Così si sperimenta il coraggio vero, che non è sottoposto all'arbitrio altrui: è la prova del fuoco

Un atleta non può combattere con accanimento se non è già livido per le percosse: chi ha visto il proprio sangue e ha sentito i denti scricchiolare sotto i pugni, chi è stato messo a terra e schiacciato dall'avversario e, umiliato, non si è perso d'animo, chi si è rialzato più fiero, dopo ogni caduta, va a combattere con buone speranze di vittoria
Ergo, ut similitudinem istam prosequar, saepe iam fortuna supra te fuit, nec tamen tradidisti te, sed subsiluisti et acrior constitisti; multum enim adicit sibi virtus lacessita

Tamen, si tibi videtur, accipe a me auxilia quibus munire te possis

Plura sunt, Lucili, quae nos terrent quam quae premunt, et saepius opinione quam re laboramus

Non loquor tecum Stoica lingua, sed hac summissiore; nos enim dicimus omnia ista quae gemitus mugitusque exprimunt levia esse et contemnenda

Omittamus haec magna verba, sed, di boni, vera: illud tibi praecipio, ne sis miser ante tempus, cum illa quae velut imminentia expavisti fortasse numquam ventura sint, certe non venerint

Quaedam ergo nos magis torquent quam debent, quaedam ante torquent quam debent, quaedam torquent cum omnino non debeant; aut augemus dolorem aut praecipimus aut fingimus
Quindi, per continuare con questo paragone, molte volte ormai hai subito l'assalto del destino; tu, però non ti sei arreso, ma sei balzato in piedi e hai resistito con maggior fermezza: il valore, quando è sfidato, si moltiplica

Tuttavia, se credi, accetta le armi di difesa che ti offro

Sono più le cose che ci spaventano di quelle che ci minacciano effettivamente, Lucilio mio, e spesso soffriamo più per le nostre paure che per la realtà

Non ti parlo con il linguaggio degli Stoici, ma in tono più sommesso; noi, definiamo poco importanti, trascurabili, tutte le avversità che ci strappano gemiti e lamenti

Tralasciamo queste parole magnanime, ma, buon dio, vere; ti raccomando solo di non essere infelice anzitempo: le disgrazie che hai temuto imminenti, forse non arriveranno mai, o almeno non sono ancora arrivate

Certe cose ci tormentano più del dovuto, certe prima del dovuto, certe assolutamente senza motivo; quindi, o accresciamo la nostra pena o la anticipiamo o addirittura ce la creiamo
Primum illud, quia res in controversia est et litem contestatam habemus, in praesentia differatur

Quod ego leve dixero tu gravissimum esse contendes; scio alios inter flagella ridere, alios gemere sub colapho

Postea videbimus utrum ista suis viribus valeant an imbecillitate nostra

Illud praesta mihi, ut, quotiens circumsteterint qui tibi te miserum esse persuadeant, non quid audias sed quid sentias cogites, et cum patientia tua deliberes ac te ipse interroges, qui tua optime nosti, 'quid est quare isti me complorent

quid est quod trepident, quod contagium quoque mei timeant, quasi transilire calamitas possit

est aliquid istic mali, an res ista magis infamis est quam mala

' Ipse te interroga, 'numquid sine causa crucior et maereo et quod non est malum facio

' 'Quomodo' inquis 'intellegam, vana sint an vera quibus angor
Il primo punto per il momento rimandiamolo: il problema è controverso e c'è una discussione in corso

Quei mali che io avrò definito trascurabili, tu li giudicherai gravissimi; certi ridono sotto i colpi di frusta, altri, invece, gemono per un pugno

Vedremo in seguito se quei mali hanno forza per loro stessi o per la nostra debolezza

Se chi ti sta intorno vorrà persuaderti della tua infelicità, promettimi di badare non a quello che ascolti, ma a quello che provi e di decidere in base alla tua fermezza; chiedi a te stesso, che ti conosci meglio di tutti:Perché costoro mi compiangono

Perché stanno in allarme, perché hanno paura anche di toccarmi, quasi che le disgrazie fossero contagiose

veramente un male o, più che di un male, si tratta di una valutazione errata

Chiediti: Forse mi cruccio e mi affliggo senza motivo e mi creo un male che non esiste

In che modo,domandi, posso capire se mi angustio a torto o a ragione

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Latino: dall'autore Seneca, opera Lettere a Lucilio parte Libro 01

' Accipe huius rei regulam: aut praesentibus torquemur aut futuris aut utrisque

De praesentibus facile iudicium est: si corpus tuum liberum et sanum est, nec ullus ex iniuria dolor est, videbimus quid futurum sit: hodie nihil negotii habet

'At enim futurum est

' Primum dispice an certa argumenta sint venturi mali; plerumque enim suspicionibus laboramus, et illudit nobis illa quae conficere bellum solet fama, multo autem magis singulos conficit

Ita est, mi Lucili: cito accedimus opinioni; non coarguimus illa quae nos in metum adducunt nec excutimus, sed trepidamus et sic vertimus terga quemadmodum illi quos pulvis motus fuga pecorum exuit castris aut quos aliqua fabula sine auctore sparsa conterruit
Eccoti una norma per stabilirlo: o ci tormentiamo per il presente o per il futuro o per entrambi

Del presente è facile giudicare: se sei libero, sano e non subisci dolorose violenze, guarderemo al futuro: oggi non c'è motivo di crucciarsi

Ma ci sarà

Innanzi tutto considera se ci sono sicuri indizi di un male prossimo: il più delle volte, infatti, stiamo in ansia solo per sospetti e ci facciamo gabbare da quelle dicerie che riescono a determinare la sorte di una guerra e che a maggior ragione determinano la sorte dei singoli

così, mio caro: crediamo facilmente alle supposizioni; non mettiamo a fuoco le cause delle nostre paure e non ce le scuotiamo di dosso; ci agitiamo e voltiamo le spalle come soldati che abbandonano l'accampamento per il polverone sollevato da un branco di pecore in fuga o come quelle persone che si lasciano spaventare da racconti di cose prive di fondamento e di cui non è noto nemmeno l'autore
Nescio quomodo magis vana perturbant; vera enim modum suum habent: quidquid ex incerto venit coniecturae et paventis animi licentiae traditur

Nulli itaque tam perniciosi, tam inrevocabiles quam lymphatici metus sunt; ceteri enim sine ratione, hi sine mente sunt

Inquiramus itaque in rem diligenter

Verisimile est aliquid futurum mali: non statim verum est

Quam multa non exspectata venerunt

quam multa exspectata nusquam comparuerunt

Etiam si futurum est, quid iuvat dolori suo occurrere

satis cito dolebis cum venerit: interim tibi meliora promitte

Quid facies lucri

tempus

Multa intervenient quibus vicinum periculum vel prope admotum aut subsistat aut desinat aut in alienum caput transeat: incendium ad fugam patuit; quosdam molliter ruina deposuit; aliquando gladius ab ipsa cervice revocatus est; aliquis carnifici suo superstes fuit
Non so perché le paure infondate turbino di più; quelle fondate hanno un loro limite: tutto ciò che è incerto è in balia delle congetture e dell'arbitrio di un animo terrorizzato

Perciò niente è così dannoso, così irrefrenabile come il panico; le altre forme di timore sono irrazionali, questa è dissennata

Esaminiamo, perciò attentamente, la questione

verosimile che in futuro accada qualche male: ma non è proprio sicuro

Quanti eventi inaspettati sono accaduti

E quanti, attesi, non si sono mai verificati

E se anche capiterà, a che giova andare incontro al dolore

Ti dorrai a sufficienza quando il male arriverà: frattanto augurati il meglio

Che ci guadagnerai

Tempo

Possono intervenire molti fattori per cui un pericolo vicino oppure ormai prossimo si ferma o cessa o piomba addosso a un altro; spesso in un incendio si è offerta una possibilità di fuga; qualcuno è uscito illeso da un crollo; a volte la spada è stata ritirata proprio al momento dell'esecuzione; altri è sopravvissuto al suo carnefice

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Habet etiam mala fortuna levitatem

Fortasse erit, fortasse non erit: interim non est; meliora propone

Nonnumquam, nullis apparentibus signis quae mali aliquid praenuntient, animus sibi falsas imagines fingit: aut verbum aliquod dubiae significationis detorquet in peius aut maiorem sibi offensam proponit alicuius quam est, et cogitat non quam iratus ille sit, sed quantum liceat irato

Nulla autem causa vitae est, nullus miseriarum modus, si timetur quantum potest

Hic prudentia prosit, hic robore animi evidentem quoque metum respue; si minus, vitio vitium repelle, spe metum tempera

Nihil tam certum est ex his quae timentur ut non certius sit et formidata subsidere et sperata decipere

Ergo spem ac metum examina, et quotiens incerta erunt omnia, tibi fave: crede quod mavis
Anche la sfortuna è mutevole

Forse sarà, forse non sarà, nel frattempo non è; tu spera nel meglio

Talora, benché non ci siano segni manifesti che preannuncino qualche disgrazia, l'animo si crea mali immaginari: o travisa in peggio una parola ambigua o ingigantisce un'offesa ricevuta e pensa non a quanto l'altro è in collera, ma a quanto è lecito a chi è in collera

Ma non c'è nessun motivo di vivere, nessun limite alle sventure, se si teme tutto quello che può accadere

Qui giova essere savi: respingi con forza d'animo la paura anche se motivata; se no, scaccia una debolezza con un'altra: modera il timore con la speranza

Gli eventi temuti non si verificano e quelli sperati deludono: è una verità più certa di tutte le nostre paure

Considera, quindi, speranza e timore e quando tutto sarà incerto, favorisci te stesso: credi ciò che preferisci
Si plures habebit sententias metus, nihilominus in hanc partem potius inclina et perturbare te desine ac subinde hoc in animo volve, maiorem partem mortalium, cum illi nec sit quicquam mali nec pro certo futurum sit, aestuare ac discurrere

Nemo enim resistit sibi, cum coepit impelli, nec timorem suum redigit ad verum; nemo dicit 'vanus auctor est, vanus [est]: aut finxit aut credidit'

Damus nos aurae ferendos; expavescimus dubia pro certis; non servamus modum rerum, statim in timorem venit scrupulus

Pudet me ibi sic tecum loqui et tam lenibus te remediis focilare

Alius dicat 'fortasse non veniet': tu dic 'quid porro, si veniet

videbimus uter vincat; fortasse pro me venit, et mors ista vitam honestabit'

Cicuta magnum Socratem fecit

Catoni gladium assertorem libertatis extorque: magnam partem detraxeris gloriae
Anche se il timore avrà più argomenti, scegli la speranza e metti fine alla tua angoscia; rifletti che la maggior parte degli uomini si arrovella e si agita, benché non ci siano mali presenti né certezza di mali futuri

Nessuno resiste a se stesso quando ha cominciato ad essere inquieto e non riconduce i suoi timori alla verità; nessuno dice: Mente chi sostiene questo, mente: o se l'è inventato o crede a dicerie

Ci lasciamo trascinare dal vento; temiamo l'incerto come se fosse certo; non abbiamo il senso della misura, subito un dubbio si trasforma in timore

Mi vergogno di parlarti così e di rincuorarti con rimedi tanto deboli

Un altro dica pure: Forse non accadrà,tu di': E se accadrà

Vediamo chi dei due avrà la meglio; forse si risolverà a mio favore e una morte come questa darà decoro alla mia vita

La cicuta rese grande Socrate

Togli a Catone l'arma con cui rivendicò la sua libertà: gli toglierai una gran parte di gloria

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Nimium diu te cohortor, cum tibi admonitione magis quam exhortatione opus sit

Non in diversum te a natura tua ducimus: natus es ad ista quae dicimus; eo magis bonum tuum auge et exorna

Sed iam finem epistulae faciam, si illi signum suum in pressero, id est aliquam magnificam vocem perferendam ad te mandavero

'Inter cetera mala hoc quoque habet stultitia: semper incipit vivere

' Considera quid vox ista significet, Lucili virorum optime, et intelleges quam foeda sit hominum levitas cotidie nova vitae fundamenta ponentium, novas spes etiam in exitu inchoantium

Circumspice tecum singulos: occurrent tibi senes qui se cum maxime ad ambitionem, ad peregrinationes, ad negotiandum parent

Quid est autem turpius quam senex vivere incipiens
Ora ti sto facendo troppe esortazioni, mentre tu hai bisogno più di essere ammonito che esortato

Non ti spingo a un comportamento diverso dalla tua indole: sei disposto per natura a quello di cui parliamo; tanto più, dunque, accresci ed esalta il bene che c'è in te

Posso ormai concludere la lettera, se le imprimo il suo sigillo, se le affido, cioè, una bella massima da riferirti

Lo stolto, tra gli altri mali, ha anche questo: incomincia sempre a vivere

Considera il significato di questa frase, mio ottimo Lucilio, e comprenderai quanto sia vergognosa la leggerezza di quegli uomini che ogni giorno pongono nuove fondamenta alla loro vita, che nutrono speranze anche in punto di morte

Guardali uno per uno: vedrai persone anziane che hanno mire ambiziose e si danno ai viaggi, agli affari

Niente è più sconcio di un vecchio che voglia ricominciare a vivere
Non adicerem auctorem huic voci, nisi esset secretior nec inter vulgata Epicuri dicta, quae mihi et laudare et adoptare permisi

Vale

Fateor insitam esse nobis corporis nostri caritatem; fateor nos huius gerere tutelam

Non nego indulgendum illi, serviendum nego; multis enim serviet qui corpori servit, qui pro illo nimium timet, qui ad illud omnia refert

Sic gerere nos debemus, non tamquam propter corpus vivere debeamus, sed tamquam non possimus sine corpore; huius nos nimius amor timoribus inquietat, sollicitudinibus onerat, contumeliis obicit; honestum ei vile est cui corpus nimis carum est

Agatur eius diligentissime cura, ita tamen ut, cum exiget ratio, cum dignitas, cum fides, mittendum in ignes sit
Non aggiungerei il nome dell'autore di questa frase, se non fosse troppo poco conosciuta: non fa parte di quelle più note di Epicuro che io mi sono permesso di apprezzare e di fare mie

Stammi bene

Riconosco che è innato in noi l'amore del nostro corpo e riconosco che ne abbiamo la tutela

Non dico che non bisogna averne riguardo, dico che non bisogna esserne schiavi: se uno è schiavo del proprio corpo e teme troppo per esso e fa tutto in sua funzione, sarà schiavo di molti

Comportiamoci non come se dovessimo vivere per il corpo, ma consci che non possiamo vivere senza, Se lo amiamo più del necessario, siamo tormentati dai timori, oppressi dalle preoccupazioni, esposti agli oltraggi, Colui al quale è troppo caro il proprio corpo, tiene in poco conto la virtù

Abbiamone, dunque, la massima cura, tanto, però da essere pronti a gettarlo nel fuoco quando lo richiedano la ragione, la dignità, la lealtà

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Nihilominus quantum possumus evitemus incommoda quoque, non tantum pericula, et in tutum nos reducamus, excogitantes subinde quibus possint timenda depelli

Quorum tria, nisi fallor, genera sunt: timetur inopia, timentur morbi, timentur quae per vim potentioris eveniunt

Ex his omnibus nihil nos magis concutit quam quod ex aliena potentia impendet; magno enim strepitu et tumultu venit

Naturalia mala quae rettuli, inopia atque morbus, silentio subeunt nec oculis nec auribus quicquam terroris incutiunt: ingens alterius mali pompa est; ferrum circa se et ignes habet et catenas et turbam ferarum quam in viscera immittat humana

Cogita hoc loco carcerem et cruces et eculeos et uncum et adactum per medium hominem qui per os emergeret stipitem et distracta in diversum actis curribus membra, illam tunicam alimentis ignium et illitam et textam, et quidquid aliud praeter haec commenta saevitia est
Nondimeno, per quanto possibile, evitiamo anche i disagi, non solo i pericoli, e mettiamoci al sicuro, pensando di volta in volta come si possano allontanare i casi più temibili

Questi, se non sbaglio, sono di tre tipi: si teme la povertà, le malattie, la violenza dei più forti

Tra tutte queste ad atterrirci maggiormente è la minaccia del potere altrui, poiché si presenta con grande strepito e fragore

I mali naturali cui ho accennato, la povertà e le malattie, si insinuano silenziosamente e non spaventano: non li vediamo, né li sentiamo giungere: il male che ci viene dagli altri, invece, arriva con un grande apparato: ferro, fuoco, catene, branchi di fiere per fare scempio delle vittime

Pensa ora al carcere, alla croce, al cavalletto, all'uncino, al palo ficcato nel corpo fino a uscire dalla bocca, alle membra lacerate dai carri lanciati in direzioni opposte, alla tunica intrisa e intessuta di materiale infiammabile e a tutte le torture che la ferocia umana ha escogitato

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