Seneca, De Constantia Sapientis: 10; 01-05

Seneca, De Constantia Sapientis: 10; 01-05

Latino: dall'autore Seneca, opera De Constantia Sapientis parte 10; 01-05
[1] Quoniam priorem partem percucurrimus, ad alteramtranseamus, qua quibusdam propriis, plerisque uero communibus, contumeliam refutabimus [1] Poiché abbiamo esaurita la trattazione della prima parte, passiamo alla seconda, nella quale dimostreremo linconsistenza delloffesa con alcune argomentazioni specifiche e molte generali
Est minor iniuria, quam queri magis quam exequi possumus, quam leges quoque nulla dignam uindicta putaverunt Loffesa è da meno dellingiuria, è cosa di cui possiamo più lamentarci che vendicarci e che neppure le leggi hanno ritenuta degna dalcuna punizione
[2] Hunc adfectum mouet humilitas animi contrahentis se ob dictum factum inhonorificum: 'ille me hodie non admisit, cum alios admitteret', et 'sermonem meum aut superbe auersatus est aut palam risit', et 'non in medio me lecto sed in imo conlocauit', et alia huius notae, quae quid uocem nisi querellas nausiantis animi [2] Il risentirsene deriva dalla bassezza di un animo che si rinchiude in se stesso a motivo di una parola o di un fatto disonorevoli: Quello là, oggi, non mi ha ricevuto, eppure riceveva altri, e: Ha trascurato insolentemente le mie parole, o le ha derise davanti a tutti, e: Non mi ha assegnato il letto di mezzo, ma il più basso, ed altre simili bazzecole, che non saprei qualificare, se non come lagne di uno schizzinoso

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Seneca, De Constantia Sapientis: 01; 01-03

Latino: dall'autore Seneca, opera De Constantia Sapientis parte 01; 01-03

In quae fere delicati et felices incidunt; non uacat enim haec notare cui peiora instant Di solito, ci cade chi è avvezzo agli agi ed al benessere, mentre non ha tempo di badarci chi ha in vista guai più grossi
[3] Nimio otio ingenia natura infirma et muliebria et inopia verae iniuriae lascivientia his commouentur, quorum pars maior constat uitio interpretantis [3] Quando hanno troppo poco da fare, gli uomini deboli per natura, effeminati e resi insolenti dallassenza di vere ingiurie, si lasciano eccitare da codeste bagattelle, la cui consistenza nasce soprattutto da un errore di interpretazione

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Seneca, De Constantia Sapientis: 12; 01-03

Latino: dall'autore Seneca, opera De Constantia Sapientis parte 12; 01-03

Itaque nec prudentiae quicquam in se esse nec fiduciae ostendit qui contumelia adficitur; non dubie enim contemptum se iudicat, et hic morsus non sine quadam humilitate animi euenit supprimentis se ac descendentis Perciò colui che si sente toccato da unoffesa, dimostra di non avere né senso della misura, né carattere; è fuori dubbio che costui si considera sottovalutato e che questo stato di amarezza presuppone un certo grado di meschinità nellanimo che savvilisce e sabbatte
Sapiens autem a nullo contemnitur, magnitudinem suam nouit nullique tantum de se licere renuntiat sibi et omnis has, quas non miserias animorum sed molestias dixerim, non uincit sed ne sentit quidem Il saggio, invece, non si sente mai disprezzato: è conscio della sua grandezza, non notifica a se stesso che qualcuno può tanto contro di lui e non si cura di vincere queste che non chiamerei disgrazie, ma molestie dellanimo, perché non le avverte nemmeno

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Latino: dall'autore Seneca, opera De Constantia Sapientis parte 13; 01-05

[4] Alia sunt quae sapientem feriunt, etiam si non peruertunt, ut dolor corporis et debilitas aut amicorum liberorumque amissio et patriae bello flagrantis calamitas: haec non nego sentire sapientem; nec enim lapidis illi duritiam ferriue adserimus [4] Sono ben altri i guai che colpiscono il saggio, anche se non lo abbattono: la sofferenza fisica, linvalidità, la perdita di amici e figli, le sventure della patria avvampata dalla guerra: queste cose, lo ammetto, fanno soffrire il saggio; non gli vogliamo imporre linsensibilità della pietra o del ferro
Nulla virtus est quae non sentias perpeti E non è virtù sopportare quello che non ti fa soffrire

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Latino: dall'autore Seneca, opera De Constantia Sapientis parte 19; 01-04

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