Svetonio, Vite dei dodici cesari: Libro 02, Par 71 - 101, pag 3

Svetonio, Vite dei dodici cesari: Libro 02, Par 71 - 101

Latino: dall'autore Svetonio, opera Vite dei dodici cesari parte Libro 02, Par 71 - 101
[87] Cotidiano sermone quaedam frequentius et notabiliter usurpasse eum, litterae ipsius autographae ostentant, in quibus identidem, cum aliquos numquam soluturos significare vult, 'ad Kal Graecas soluturos' ait; et cum hortatur ferenda esse praesentia, qualiacumque sint: 'contenti simus hoc Catone'; et ad exprimendam festinatae rei velocitatem: 'celerius quam asparagi cocuntur'; ponit assidue et pro stulto 'baceolum' et pro pullo 'pulleiaceum' et pro cerrito 'vacerrosum' et 'vapide' se habere pro male et 'betizare' pro languere, quod vulgo 'lachanizare' dicitur; item 'simus' pro sumus et 'domos' genetivo casu singulari pro domus

Nec umquam aliter haec duo, ne quis mendam magis quam consuetudinem putet
87 Le sue lettere autografe rivelano che nelle conversazioni quotidiane si serviva spesso di locuzioni curiose, e più di una volta, come ad esempio quando, per indicare debitori che non avrebbero mai pagato, disse che 'avrebbero saldato il conto alle Calende greche'; quando invitava qualcuno a prendere i tempi così come sono, diceva: 'Accontentiamoci del nostro Catone' ; per rendere la velocità con cui un affare era stato concluso diceva: 'In un tempo più breve di quello necessario per cuocere gli asparagi Regolarmente usava 'insensato', invece di stolto, nero invece di lugubre, stupido invece di pazzo, avere dei vapori, invece di star male, essere muto come una bestia, invece di languire, mentre il popolo dice 'essere simile a un legume'; del pari diceva 'simus' in luogo di 'sumus' e 'domos' al genitivo singolare, invece di 'domus'

Queste due parole non le ha mai scritte diversamente ed è evidente che si tratta di un'abitudine e non già di un errore
Notavi et in chirographo eius illa praecipue: non dividit verba nec ab extrema parte versuum abundantis litteras in alterum transfert, sed ibidem statim subicit circumducitque

[88] Orthographiam, id est formulam rationemque scribendi a grammaticis institutam, non adeo custodit ac videtur eorum potius sequi opinionem, qui perinde scribendum ac loquamur existiment

Nam quod saepe non litteras modo sed syllabas aut permutat aut praeterit, communis hominum error est Nec ego id notarem, nisi mihi mirum videretur tradidisse aliquos, legato eum consulari successorem dedisse ut rudi et indocto, cuius manu 'ixi' pro 'ipsi' scriptum animadverterit

Quotiens autem per notas scribit, B pro A, C pro B ac deinceps eadem ratione sequentis litteras ponit; pro X autem duplex A
Per altro nel suo modo di scrivere ho notato soprattutto queste particolarità: non divide mai le parole e se non può mettere certe lettere alla fine della riga, non le riporta alla seguente, ma le scrive sopra la parola, circondandole con un tratto di penna

88 Non rispettava assolutamente l'ortografia, vale a dire quell'arte di scrivere correttamente le parole fondata dai grammatici e sembra che seguisse di preferenza l'opinione di coloro che pensano di dover scrivere come si parla

Infatti spesso invertiva le lettere e le sillabe intere, o addirittura le saltava, ma questi sono errori che commettono un po' tutti e certamente non starei qui a sottolinearli se non fossi rimasto sorpreso nel leggere presso alcuni scrittori che egli fece sostituire un luogotenente consolare quando si accorse che aveva scritto 'ixi' invece di 'ipsi', giudicandolo ignorante e senza cultura

Ogni volta che doveva scrivere usando un cifrario, sostituiva la A con la B, la B con la C e così di seguito per tutte le altre lettere; la X poi la indicava con due A
[89] Ne Graecarum quidem disciplinarum leviore studio tenebatur In quibus et ipsis praestabat largiter magistro dicendi usus Apollodoro Pergameno, quem iam grandem natu Apolloniam quoque secum ab urbe iuvenis adhuc eduxerat, deinde eruditione etiam varia repletus per Arei philosophi filiorumque eius Dionysi et Nicanoris contubernium; non tamen ut aut loqueretur expedite aut componere aliquid auderet; nam et si quid res exigeret, Latine formabat vertendumque alii dabat

Sed plane poematum quoque non imperitus, delectabatur etiam comoedia veteri et saepe eam exhibuit spectaculis publicis
89 Con non minore interesse si dedicava allo studio delle discipline greche: in queste eccelleva veramente, perché aveva avuto come maestro di eloquenza Apollodoro di Pergamo, che aveva condotto con sé, benché fosse già anziano, da Roma ad Apollonia al tempo della sua giovinezza, e più tardi si era arricchito ancor più di una vasta cultura grazie ai continui contatti con il filosofo Areo e con i suoi figli Dionigi e Nicanore; ciò nonostante non riuscì mai a parlare speditamente il greco e non si arrischiò a scrivere in questa lingua: in caso di necessità componeva il suo testo in latino e lo faceva tradurre

Ma non fu digiuno nemmeno di poesia greca, gli piaceva la commedia antica e spesso la fece rappresentare in spettacoli pubblici

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Svetonio, Vite dei dodici cesari: Libro 03, Par 01 - 30
Svetonio, Vite dei dodici cesari: Libro 03, Par 01 - 30

Latino: dall'autore Svetonio, opera Vite dei dodici cesari parte Libro 03, Par 01 - 30

In evolvendis utriusque linguae auctoribus nihil aeque sectabatur, quam praecepta et exempla publice vel privatim salubria, eaque ad ver bum excerpta aut ad domesticos aut ad exercituum provinciarumque rectores aut ad urbis magistratus plerumque mittebat, prout quique monitione indigerent

Etiam libros totos et senatui recitavit et populo notos per edictum saepe fecit, ut orationes Q Metelli 'de prole augenda' et Rutili 'de modo aedificiorum,' quo magis persuaderet utramque rem non a se primo animadversam, sed antiquis iam tunc curae fuisse

Ingenia saeculi sui omnibus modis fovit; recitantis et benigne et patienter audiit, nec tantum carmina et historias, sed et orationes et dialogos
Nelle sue letture greche e latine cercava soprattutto precetti ed esempi utili per la vita pubblica e per quella privata; li ricopiava parola per parola e molto spesso li mandava sia ai suoi di casa, sia ai comandanti delle armate e delle province, sia ai magistrati in Roma, in relazione agli ammonimenti di cui ciascuno abbisognava

Non di rado lesse al Senato o fece conoscere al popolo, per mezzo di un editto, opere intere, come le orazioni di Q Metello 'per l'aumento della prole' e quelle di Rutilio 'sullo sfarzo degli edifici', per dimostrare con più vigore di non essere stato il primo ad occuparsi di queste due questioni ma che già gli antichi vi si erano interessati

Con tutti i mezzi favorì le belle intelligenze del suo tempo: benevolmente e con pazienza ascoltò la lettura non solo di poemi e di opere storiche, ma anche di orazioni e di dialoghi
Componi tamen aliquid de se nisi et serio et a praestantissimis offendebatur, admonebatque praetores ne paterentur nomen suum commissionibus obsolefieri

[90] Circa religiones talem accepimus

Tonitrua et fulgura paulo infirmius expavescebat, ut semper et ubique pellem vituli marini circumferret pro remedio, atque ad omnem maioris tempestatis suspicionem in abditum et concamaratum locum se reciperet, consternatus olim per nocturnum iter transcursu fulguris, ut praediximus

[91] Somnia neque sua neque aliena de se neglegebat
Tuttavia non voleva che lo si prendesse come soggetto di un'opera, se non in tono serio e dagli scrittori più qualificati Per questo raccomandava ai pretori di non permettere che il suo nome venisse avvilito in concorsi letterari

90 Ed ecco ciò che sappiamo a proposito delle sue superstizioni

Provava per i tuoni e per i fulmini un terrore quasi morboso e così, come rimedio, portava con sé, sempre e in ogni luogo, la pelle di una foca e alla più piccola minaccia di temporale si rifugiava in un luogo appartato e fatto a volta, perché già una volta era stato spaventato, durante una marcia notturna, dal passaggio di un fulmine, come abbiamo riferito più sopra

91 Per quanto concerne i sogni non trascurava né i suoi né quelli che gli altri facevano su di lui

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Philippensi acie quamvis statuisset non egredi tabernaculo propter valitudinem, egressus est tamen amici somnio monitus; cessitque res prospere, quando captis castris lectica eius, quasi ibi cubans remansisset, concursu hostium confossa atque lacerata est

Ipse per omne ver plurima et formidulosissima et vana et irrita videbat, reliquo tempore rariora et minus vana

Cum dedicatam in Capitolio aedem Tonanti Iovi assidue frequentaret, somniavit, queri Capitolinum Iovem cultores sibi abduci, seque respondisse, Tonantem pro ianitore ei appositum; ideoque mox tintinnabulis fastigium aedis redimiit, quod ea fere ianuis dependebant

Ex nocturno visu etiam stipem quotannis die certo emendicabat a populo cavam manum asses porrigentibus praebens
Alla battaglia di Filippi, sebbene avesse deciso di non abbandonare la sua tenda, a causa del suo stato di salute, tuttavia ne uscì, ammonito dal sogno di un amico E fu un bene perché quando i nemici si furono impadroniti del suo accampamento, corsero in massa al suo letto, come se vi fosse sdraiato sopra per dormire, lo crivellarono di colpi e lo fecero a pezzi

Egli stesso, per tutta la durata della primavera, era soggetto a visioni terrificanti, vane ed evanescenti, per il resto dell'anno erano più rare e meno consistenti

Quando frequentava assiduamente il tempio che egli aveva dedicato sul Campidoglio a Giove Tonante, sognò che Giove Capitolino si lamentava che gli erano stati sottratti i suoi adoratori e che egli aveva risposto di aver messo Giove Tonante presso di lui come portiere; così subito dopo coronò di campanelli il fastigio del tempio di Giove Tonante perché l'usanza voleva che si appendessero alle porte

Sempre in seguito ad una visione notturna, ogni anno, in un determinato giorno, mendicava un obolo dal popolo, tendendo la mano vuota al popolo che gli offriva piccole monete
[92] Auspicia et omina quaedam pro certissimis observabat: si mane sibi calceus perperam ac sinister pro dextro induceretur, ut dirum; si terra marive ingrediente se longinquam profectionem forte rorasset, ut laetum maturique et prosperi reditus

Sed et ostentis praecipue movebatur

Enatam inter iuncturas lapidum ante domum suam palmam in compluvium deorum Penatium transtulit, utque coalesceret magno opere curavit

Apud insulam Capreas veterrimae ilicis demissos iam ad terram languentisque ramos convaluisse adventu suo, adeo laetatus est, ut eas cum re publica Neapolitanorum permutaverit, Aenaria data

Observabat et dies quosdam, ne aut postridie nundinas quoquam proficisceretur aut Nonis quicquam rei seriae incoharet; nihil in hoc quidem aliud devitans, ut ad Tiberium scribit, quam dysphemian nominis
92 Alcuni auspici o prodigi li considerava infallibili: se al mattino calzava il piede sbagliando, mettendo il sinistro nella scarpa destra, vi vedeva un segno funesto; quando partiva per un lungo viaggio, per terra e per mare, se per caso cadeva la rugiada, era per lui un segno favorevole di felice e rapido ritorno

Ma era anche vivamente impressionato dai prodigi

Fece trasportare nel compluvio, a fianco degli dei Penati, un palmizio che si era aperto la strada fra le pietre davanti alla sua casa, e si prese cura della sua crescita

Quando vide che nell'isola di Capri i rami di un leccio secolare, languenti e già curvati a terra, avevano ripreso vigore al suo arrivo, ne fu tanto lieto che scambiò con la città di Napoli l'isola di Capri contro quella di Enaria

Aveva anche la superstizione di certe date: non si metteva mai in viaggio il giorno successivo a quelli di mercato e non cominciava nessun affare impegnativo il giorno delle none: anzi, come egli stesso scrive a Tiberio, in questo giorno voleva soltanto evitare il 'cattivo presagio' di questa parola

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[93] Peregrinarum caerimoniarum sicut veteres ac praeceptas reverentissime coluit, ita ceteras contemptui habuit

Namque Athenis initiatus, cum postea Romae pro tribunali de privilegio sacerdotum Atticae Cereris cognosceret et quaedam secretiora proponerentur, dimisso consilio et corona circum stantium solus audiit disceptantes

At contra non modo in peragranda Aegypto paulo deflectere ad visendum Apin supersedit, sed et Gaium nepotem, quod Iudaeam praetervehens apud Hierosolyma non supplicasset, conlaudavit

[94] Et quoniam ad haec ventum est, non ab re fuerit subtexere, quae ei prius quam nasceretur et ipso natali die ac deinceps evenerint, quibus futura magnitudo eius et perpetua felicitas sperari animad vertique posset
93 Ebbe il massimo rispetto per i culti stranieri, ma solo per quelli che erano stati consacrati dal tempo, tutti gli altri li disprezzò

Così, ricevuta l'iniziazione ad Atene, quando in seguito a Roma, davanti al suo tribunale si trattò di una questione relativa al privilegio dei sacerdoti della Cerere Ateniese e si cominciò a svelare alcuni segreti, egli congedò il consiglio dei giudici e tutti gli assistenti e da solo seguì il dibattito

Al contrario, quando visitò l'Egitto si guardò bene dal fare la minima deviazione per andare a vedere il bue Api, e lodò vivamente suo nipote Gaio perché, attraversando la Giudea non era andato ad offrire sacrifici a Gerusalemme

94 E dal momento che siamo venuti sull'argomento, non sarà fuori proposito enumerare subito i presagi che, sia prima della sua nascita, sia il giorno stesso in cui nacque, sia in seguito, fecero prevedere e rivelarono la sua futura grandezza e la sua costante fortuna
Velitris antiquitus tacta de caelo parte muri, responsum est eius oppidi civem quandoque rerum potiturum; qua fiducia Veliterni et tunc statim et postea saepius paene ad exitium sui cum populo Romano belligeraverant; sero tandem documentis apparuit ostentum illud Augusti potentiam portendisse

Auctor est Iulius Marathus, ante paucos quam nasceretur menses prodigium Romae factum publice, quo denuntiabatur, regem populo Romano naturam parturire; senatum exterritum censuisse, ne quis illo anno genitus educaretur; eos qui gravidas uxores haberent, quod ad se quisque spem traheret, curasse ne senatus consultum ad aerarium deferretur
Dal tempo remoto in cui un fulmine era caduto su una parte delle mura di Velitre, era stato profetizzato che un giorno un cittadino di quella città si sarebbe impadronito del potere; per questo gli abitanti di Velitre, fiduciosi nella promessa, e allora e in seguito combatterono spesso contro il popolo Romano, fin quasi alla loro rovina Ben più tardi apparve evidente che il prodigio aveva voluto fare riferimento alla potenza di Augusto

Giulio Marato conferma che pochi mesi prima della sua nascita si verificò a Roma, in luogo pubblico, un prodigio per mezzo del quale si comunicava che la natura stava per generare un re al popolo romano; il Senato, spaventato, decretò che non si dovesse allevare nessun fanciullo nato in quell'anno; i senatori però che avevano le mogli gravide e che speravano si riferisse a loro la predizione, si diedero da fare perché il decreto del Senato non fosse depositato al Tesoro

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In Asclepiadis Mendetis Theologumenon libris lego, Atiam, cum ad sollemne Apollinis sacrum media nocte venisset, posita in templo lectica, dum ceterae matronae dormirent, obdormisse; draconem repente irrepsisse ad eam pauloque post egressum; illam expergefactam quasi a concubitu mariti purificasse se; et statim in corpore eius exstitisse maculam velut picti draconis nec potuisse umquam exigi, adeo ut mox publicis balineis perpetuo abstinuerit; Augustum natum mense decimo et ob hoc Apollinis filium existimatum

Eadem Atia prius quam pareret somniavit, intestina sua ferri ad sidera explicarique per omnem terrarum et caeli ambitum

Somniavit et pater Octavius utero Atiae iubar solis exortum
Nei libri delle 'Avventure divine' di Asclepiade di Mende leggo questo racconto Atia, recatasi a mezzanotte ad una cerimonia solenne in onore di Apollo, fece collocare nel tempio la sua lettiga e mentre le altre donne ritornavano a casa, si addormentò; tutto ad un tratto un serpente strisciò fino a lei e subito dopo se ne andò; quando si svegliò Atia si purificò come se uscisse dalle braccia di suo marito E da quel momento portò sul corpo una macchia in forma di serpente che non poté più far sparire, tanto che dovette rinunciare per sempre ai bagni pubblici Augusto nacque nove mesi dopo e per questo fu considerato figlio di Apollo

Atia, inoltre, prima di partorire, sognò che i suoi visceri venivano portati alle stelle e si estendevano per tutta l'ampiezza della terra e del cielo

Dal canto suo anche Ottavio, il padre di Augusto, sognò che dal ventre di Atia era nato un raggio di sole

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