Interdum ex re pulcherrima magnum gaudium etiam exiguo tempore ac brevi capitur, et quamvis fructus operis peracti nullus ad defunctum exemptumque rebus humanis pertineat, ipsa tamen contemplatio futuri operis iuvat, et vir fortis ac iustus, cum mortis suae pretia ante se posuit, libertatem patriae, salutem omnium pro quibus dependit animam, in summa voluptate est et periculo suo fruitur Sed ille quoque cui etiam hoc gaudium eripitur quod tractatio operis maximi et ultimi praestat, nihil cunctatus desiliet in mortem, facere recte pieque contentus Oppone etiamnunc illi multa quae dehortentur, dic, 'factum tuum matura sequetur oblivio et parum grata existimatio civium' Respondebit tibi, 'ista omnia extra opus meum sunt, ego ipsum contemplor; hoc esse honestum scio; itaque quocumque ducit ac vocat venio' |
A volte da una nobilissima azione deriva una gioia grande anche se breve; per quanto il frutto dell'impresa non tocchi a chi muore e sia strappato alla vita, tuttavia, fa piacere pensare all'azione che si compirà, e l'uomo forte e giusto, se considera il prezzo del suo sacrificio, cioè la libertà della patria e la salvezza di tutti quegli uomini per i quali si immola, prova una straordinaria gioia e gode del pericolo che affronta Ma anche l'uomo che è privato della gioia data da quel supremo nobilissimo gesto, correrà senza esitare verso la morte, contento di agire secondo giustizia e dovere Opponigli ancora altri argomenti per dissuaderlo; digli: Al tuo gesto seguirà un immediato oblio e l'ingratitudine dei cittadini Ti risponderà: Tutto questo non riguarda la mia impresa, la considero per se stessa; sono convinto che sia onesta e perciò vado dovunque mi conduca e mi chiami |
Hoc ergo unum bonum est, quod non tantum perfectus animus sed generosus quoque et indolis bonae sentit: cetera levia sunt, mutabilia Itaque sollicite possidentur; etiam si favente fortuna in unum congesta sunt, dominis suis incubant gravia et illos semper premunt, aliquando et inludunt Nemo ex istis quos purpuratos vides felix est, non magis quam ex illis quibus sceptrum et chlamydem in scaena fabulae adsignant: cum praesente populo lati incesserunt et coturnati, simul exierunt, excalceantur et ad staturam suam redeunt Nemo istorum quos divitiae honoresque in altiore fastigio ponunt magnus est Quare ergo magnus videtur cum basi illum sua metiris Non est magnus pumilio licet in monte constiterit; colossus magnitudinem suam servabit etiam si steterit in puteo |
Questo, dunque, è l'unico bene e lo avverte non soltanto l'animo perfetto, ma anche l'animo generoso e di indole buona: gli altri beni sono futili e instabili Perciò il loro possesso non dà serenità; anche se la fortuna propizia li ha concentrati in un solo individuo, pesano su chi li possiede, lo opprimono sempre, a volte lo ingannano Nessuno di questi dignitari che vedi è felice, non più di quanto lo siano gli attori ai quali il copione assegna lo scettro e il manto sulla scena: in presenza del pubblico avanzano fieri e alti sui coturni, ma appena escono, se li tolgono e ritornano alla loro statura Non è grande nessuno di quegli uomini che le ricchezze e gli onori mettono in una condizione privilegiata E perché, allora, sembra grande Perché lo misuri insieme al piedistallo Un nano, anche se sta su un monte, non è alto; un gigante mantiene la sua altezza anche in un fosso |
Hoc laboramus errore, sic nobis inponitur, quod neminem aestimamus eo quod est, sed adicimus illi et ea quibus adornatus est Atqui cum voles veram hominis aestimationem inire et scire qualis sit, nudum inspice; ponat patrimonium, ponat honores et alia fortunae mendacia, corpus ipsum exuat: animum intuere, qualis quantusque sit, alieno an suo magnus Si rectis oculis gladios micantes videt et si scit sua nihil interesse utrum anima per os an per iugulum exeat, beatum voca; si cum illi denuntiata sunt corporis tormenta et quae casu veniunt et quae potentioris iniuria, si vincula et exilia et vanas humanarum formidines mentium securus audit et dicit: 'non ulla laborum, o virgo, nova mi facies inopinave surgit; omnia praecepi atque animo mecum ipse peregi Tu hodie ista denuntias: ego semper denuntiavi mihi et hominem paravi ad humana |
Fatalmente commettiamo questo errore: non stimiamo nessuno per quello che è: gli aggiungiamo anche tutti gli orpelli Ma se vuoi fare una valutazione esatta di un uomo e sapere com'è veramente, esaminalo spoglio di tutto; deponga il patrimonio, deponga le cariche e gli altri inganni della fortuna, si spogli anche del corpo: guarda alla qualità e alla grandezza della sua anima, se è grande per beni propri o estranei Stimalo felice, se vede balenare lame davanti ai suoi occhi e non li abbassa né gli importa di rendere l'anima dalla bocca o dalla gola; se minacce di tortura gli vengono dalla sventura o dalla violenza di un potente, se è condannato al carcere o all'esilio o è messo di fronte a circostanze che riempiono di vano terrore l'animo degli uomini e non trema, ma esclama: o vergine, nessuna pena mi giunge nuova o inaspettata; tutto ho previsto, tutto ho considerato nell'animo mio Tu oggi mi annunci queste disgrazie: io le ho sempre annunciate a me stesso e come uomo mi sono preparato al destino umano |
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' Praecogitati mali mollis ictus venit At stultis et fortunae credentibus omnis videtur nova rerum et inopinata facies; magna autem pars est apud inperitos mali novitas Hoc ut scias, ea quae putaverant aspera fortius, cum adsuevere, patiuntur Ideo sapiens adsuescit futuris malis, et quae alii diu patiendo levia faciunt hic levia facit diu cogitando Audimus aliquando voces inperitorum dicentium 'sciebam hoc mihi restare': sapiens scit sibi omnia restare; quidquid factum est, dicit 'sciebam' Vale Subito nobis hodie Alexandrinae naves apparuerunt, quae praemitti solent et nuntiare secuturae classis adventum: tabellarias vocant |
Non è duro il colpo inferto da una disgrazia prevista Ma se uno è sciocco e si affida alla sorte, ogni avvenimento gli sembra nuovo e inaspettato; per gli ignoranti gran parte del male è rappresentato dalla novità Sappi questo: le disgrazie che sembravano loro intollerabili, le sopportano con più coraggio quando ci hanno fatto l'abitudine Perciò il saggio si abitua ai mali futuri e, mentre per gli altri diventano sopportabili dopo una lunga sofferenza, egli li rende tali con una lunga meditazione Certe volte sentiamo dire da un ignorante: Questo me lo aspettavo; il saggio si aspetta tutto; qualunque cosa gli capiti, dice: Me l'aspettavo Stammi bene Oggi sono comparse improvvisamente le navi alessandrine, che di solito precedono la flotta e ne preannunciano l'arrivo: si chiamano navi staffetta |
Gratus illarum Campaniae aspectus est: omnis in pilis Puteolorum turba consistit et ex ipso genere velorum Alexandrinas quamvis in magna turba navium intellegit; solis enim licet siparum intendere, quod in alto omnes habent naves Nulla enim res aeque adiuvat cursum quam summa pars veli; illinc maxime navis urgetur Itaque quotiens ventus increbruit maiorque est quam expedit, antemna summittitur: minus habet virium flatus ex humili Cum intravere Capreas et promunturium ex quo alta procelloso speculatur vertice Pallas, ceterae velo iubentur esse contentae: siparum Alexandrinarum insigne indicium est In hoc omnium discursu properantium ad litus magnam ex pigritia mea sensi voluptatem, quod epistulas meorum accepturus non properavi scire quis illic esset rerum mearum status, quid adferrent: olim iam nec perit quicquam mihi nec adquiritur |
In Campania le vedono arrivare volentieri: tutta la popolazione di Pozzuoli si accalca sul molo e anche in mezzo a tante navi riconosce quelle alessandrine dal tipo di vele: solo a esse è consentito spiegare la vela di gabbia che tutte le navi alzano in alto mare 2 Non c'è niente che favorisca la velocità della nave quanto la parte alta della velatura; è da qui che la nave riceve la spinta maggiore Perciò quando il vento cresce ed è più forte del dovuto, l'antenna viene abbassata: in basso il soffio ha meno forza Quando arrivano in prossimità di Capri e del promontorio da cui Pallade su una cima tempestosa guarda dall'alto, le altre navi devono ridurre la velatura: la vela di gabbia è il segno distintivo delle navi alessandrine Mentre tutti si precipitavano alla spiaggia, ho tratto un enorme piacere dalla mia pigrizia: dovevo ricevere lettere dai miei amministratori e non mi affrettavo per conoscere la situazione dei miei affari laggiù e che notizie mi portassero: già da tempo per me non ci sono né perdite né guadagni |
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Hoc, etiam si senex non essem, fuerat sentiendum, nunc vero multo magis: quantulumcumque haberem, tamen plus iam mihi superesset viatici quam viae, praesertim cum eam viam simus ingressi quam peragere non est necesse Iter inperfectum erit si in media parte aut citra petitum locum steteris: vita non est inperfecta si honesta est; ubicumque desines, si bene desines, tota est Saepe autem et fortiter desinendum est et non ex maximis causis; nam nec eae maximae sunt quae nos tenent Tullius Marcellinus, quem optime noveras, adulescens quietus et cito senex, morbo et non insanabili correptus sed longo et molesto et multa imperante, coepit deliberare de morte Convocavit complures amicos Unusquisque aut, quia timidus erat, id illi suadebat quod sibi suasisset, aut, quia adulator et blandus, id consilium dabat quod deliberanti gratius fore suspicabatur |
Avrei dovuto pensarla così anche se non fossi vecchio e quindi ancor più adesso: per quanto poco io abbia, sono provviste superiori al cammino che mi rimane, soprattutto perché ho imboccato una via che non è necessario percorrere fino in fondo Un viaggio è incompiuto se ci si ferma a mezza strada o prima del punto stabilito; la vita non è incompiuta, se è virtuosa; Dovunque la concludi, se la concludi bene, è completa Spesso poi bisogna farla finita con coraggio per cause che non sono tra le più importanti: del resto non sono importantissimi neppure i motivi che ci tengono in vita Tullio Marcellino, che tu conoscevi molto bene, un ragazzo tranquillo e invecchiato di colpo, colpito da una malattia non inguaribile, ma lunga e fastidiosa e che esigeva molte cure, cominciò a pensare al suicidio Riunì intorno a sé numerosi amici Ognuno, o perché era vile, gli consigliava quello che avrebbe fatto egli stesso, o perché era compiacente e adulatore, gli dava il consiglio che supponeva a lui più gradito |
Amicus noster Stoicus, homo egregius et, ut verbis illum quibus laudari dignus est laudem, vir fortis ac strenuus, videtur mihi optime illum cohortatus Sic enim coepit: 'noli, mi Marcelline, torqueri tamquam de re magna deliberes Non est res magna vivere: omnes servi tui vivunt, omnia animalia: magnum est honeste mori, prudenter, fortiter Cogita quamdiu iam idem facias: cibus, somnus, libido -- per hunc circulum curritur; mori velle non tantum prudens aut fortis aut miser, etiam fastidiosus potest ' Non opus erat suasore illi sed adiutore: servi parere nolebant Primum detraxit illis metum et indicavit tunc familiam periculum adire cum incertum esset an mors domini voluntaria fuisset; alioqui tam mali exempli esse occidere dominum quam prohibere |
Uno stoico mio amico, una personalità fuori dal comune e, per lodarlo con parole degne di lui, un individuo forte e coraggioso, gli rivolse, a mio parere, le parole più opportune Mio caro Marcellino, non tormentarti, gli disse, come se dovessi prendere una decisione fondamentale; vivere non è poi una gran cosa: tutti i tuoi schiavi, tutte le bestie vivono: l'importante è morire con dignità, saggezza e coraggio Pensa da quanto tempo fai sempre le stesse cose: mangi, dormi, fai l'amore un circolo vizioso Desiderare la morte non è solo un segno di saggezza o di coraggio o di infelicità, ma anche di nausea Marcellino non aveva bisogno di uno che lo convincesse, ma di uno che lo aiutasse: I servi si rifiutavano di obbedire Lo stoico intanto li tranquillizzò e mostrò che la servitù si sarebbe trovata in pericolo se fossero nati dubbi sul suicidio del padrone; del resto non era un atto esemplare tanto uccidere il padrone, quanto impedirgli di uccidersi |
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Deinde ipsum Marcellinum admonuit non esse inhumanum, quemadmodum cena peracta reliquiae circumstantibus dividantur, sic peracta vita aliquid porrigi iis qui totius vitae ministri fuissent Erat Marcellinus facilis animi et liberalis etiam cum de suo fieret; minutas itaque summulas distribuit flentibus servis et illos ultro consolatus est Non fuit illi opus ferro, non sanguine: triduo abstinuit et in ipso cubiculo poni tabernaculum iussit Solium deinde inlatum est, in quo diu iacuit et calda subinde suffusa paulatim defecit, ut aiebat, non sine quadam voluptate, quam adferre solet lenis dissolutio non inexperta nobis, quos aliquando liquit animus In fabellam excessi non ingratam tibi; exitum enim amici tui cognosces non difficilem nec miserum Quamvis enim mortem sibi consciverit, tamen mollissime excessit et vita elapsus est |
Allo stesso Marcellino ricordò poi, che sarebbe stato un bel gesto offrire alla fine della vita qualcosa alle persone che per tutta la vita lo avevano servito, come, finita la cena, si dividono gli avanzi tra gli schiavi presenti Marcellino era generoso e liberale, disposto a dare anche del suo; distribuì così piccole somme tra i servi che piangevano e per giunta cercò di consolarli Non ebbe bisogno di un'arma o di una morte cruenta: non mangiò per tre giorni e comandò che nella stanza da letto mettessero una tenda Poi fu portata una tinozza: vi giacque a lungo e a poco a poco mentre versavano l'acqua calda, gli vennero meno le forze, come diceva, non senza un suo piacere, il piacere tipico di quel lieve dissolversi ben noto a me che certe volte perdo i sensi Mi sono dilungato in una narrazione che certo non ti è sgradita; ti renderai ora conto che la morte del tuo amico è stata facile e priva di sofferenza vero che si è dato volontariamente la morte, ma se ne è andato dolcemente, quasi scivolando dalla vita |
Sed ne inutilis quidem haec fabella fuerit; saepe enim talia exempla necessitas exigit Saepe debemus mori nec volumus, morimur nec volumus Nemo tam inperitus est ut nesciat quandoque moriendum; tamen cum prope accessit, tergiversatur, tremit, plorat Nonne tibi videtur stultissimus omnium qui flevit quod ante annos mille non vixerat aeque stultus est qui flet quod post annos mille non vivet Haec paria sunt: non eris nec fuisti; utrumque tempus alienum est In hoc punctum coniectus es, quod ut extendas, quousque extendes Quid fles quid optas perdis operam Desine fata deum flecti sperare precando Rata et fixa sunt et magna atque aeterna necessitate ducuntur: eo ibis quo omnia eunt Quid tibi novi est |
Non ti avrò certo raccontato questo inutilmente; è spesso la necessità a esigere modelli del genere Molte volte dovremmo morire e non vogliamo, oppure moriamo e non vogliamo Nessuno è tanto ignorante da non sapere che un giorno o l'altro dovrà morire; eppure, quando si avvicina l'ora, tergiversa, trema, supplica Secondo te non sarebbe completamente stupido uno che piangesse per non essere vissuto mille anni prima Altrettanto stupido è uno che piange perché non sarà vivo fra mille anni proprio la stessa cosa: in passato non c'eri, non ci sarai in futuro; futuro e passato non ci appartengono Sei stato scaraventato in questo punto del tempo: allungalo pure; fin dove ti riuscirà di allungarlo Cosa piangi a fare Cos'è che vuoi Fatica sprecata Non sperare che per le tue preghiere mutino i disegni divini Sono stati sanciti, sono immutabili, li governa una potente ed eterna necessità: andrai là dove vanno tutti gli esseri Cos'è che ti sembra nuovo |
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Ad hanc legem natus es; hoc patri tuo accidit, hoc matri, hoc maioribus, hoc omnibus ante te, hoc omnibus post te Series invicta et nulla mutabilis ope inligavit ac trahit cuncta Quantus te populus moriturorum sequetur, quantus comitabitur Fortior, ut opinor, esses, si multa milia tibi commorerentur; atqui multa milia et hominum et animalium hoc ipso momento quo tu mori dubitas animam variis generibus emittunt Tu autem non putabas te aliquando ad id perventurum ad quod semper ibas Nullum sine exitu iter est Exempla nunc magnorum virorum me tibi iudicas relaturum puerorum referam Lacon ille memoriae traditur, inpubis adhuc, qui captus clamabat 'non serviam' sua illa Dorica lingua, et verbis fidem inposuit: ut primum iussus est fungi servili et contumelioso ministerio adferre enim vas obscenum iubebatur, inlisum parieti caput rupit |
Tu sei nato sotto questa legge; così è stato per tuo padre, tua madre, i tuoi avi, per tutte le generazioni passate e sarà così per quelle future Una successione ineluttabile, che nessuna forza può infrangere, vincola e trascina ogni cosa Che folla di uomini destinati a morire verrà dopo di te, che folla si accompagna a te Saresti più forte, penso, se insieme a te morissero molte migliaia di individui: eppure, nel preciso momento in cui tu esiti a morire, molte migliaia di uomini e di animali in maniere diverse esalano l'ultimo respiro Ma non pensavi che prima o poi saresti arrivato alla meta del tuo cammino Ogni viaggio ha una sua fine Tu credi che ora mi rifarò a esempi di grandi uomini No, parlerò di ragazzi famoso quel ragazzo spartano ancora imberbe che, fatto prigioniero, gridava nel suo dialetto dorico: Non sarò schiavo mai; e mantenne fede alle sue parole: quando gli ordinarono il primo lavoro umiliante e servile, (portare un vaso da notte, si fracassò la testa sbattendola contro la parete |