Seneca, Lettere a Lucilio: Libri 07-08 Parte 02, pag 4

Seneca, Lettere a Lucilio: Libri 07-08 Parte 02

Latino: dall'autore Seneca, opera Lettere a Lucilio parte Libri 07-08 Parte 02
Quod quaeris a me liquebat mihi - sic rem edidiceram - per se; sed diu non retemptavi memoriam meam, itaque non facile me sequitur

Quod evenit libris situ cohaerentibus, hoc evenisse mihi sentio: explicandus est animus et quaecumque apud illum deposita sunt subinde excuti debent, ut parata sint quotiens usus exegerit

Ergo hoc in praesentia differamus; multum enim operae, multum diligentiae poscit

Cum primum longiorem eodem loco speravero moram, tunc istud in manus sumam

Quaedam enim sunt quae possis et in cisio scribere, quaedam lectum et otium et secretum desiderant

Nihilominus his quoque occupatis diebus agatur aliquid et quidem totis

Numquam enim non succedent occupationes novae: serimus illas, itaque ex una exeunt plures
Mi interroghi su un problema che mi era di per sé chiaro, perché lo conoscevo a fondo; ma è tanto che non ci ritorno sopra, perciò non mi è facile ricordarlo

Capita che le pagine dei libri si attacchino tra loro per un prolungato disuso: mi accorgo che a me è capitata la stessa cosa: la mente va messa a punto e tutte le cognizioni che vi si sono depositate vanno ripetutamente passate in rassegna per essere pronte ogni volta che occorre usarle

Dunque, tralasciamo per ora l'argomento: richiede molto lavoro e molta attenzione

Lo riprenderò in mano non appena potrò fermarmi per un certo tempo nello stesso posto

Di talune questioni si può scrivere anche in carrozza, altre richiedono un divano, tranquillità e solitudine

E tuttavia, anche in queste giornate in cui sono totalmente assorbito da mille impegni, devo fare qualcosa

Si susseguono sempre nuove occupazioni: noi le seminiamo e perciò da una ne nascono molte
Deinde ipsi nobis dilationem damus: 'cum hoc peregero, toto animo incumbam' et 'si hanc rem molestam composuero, studio me dabo'

Non cum vacaveris philosophandum est, sed ut philosopheris vacandum est; omnia alia neglegenda ut huic assideamus, cui nullum tempus satis magnum est, etiam si a pueritia usque ad longissimos humani aevi terminos vita producitur

Non multum refert utrum omittas philosophiam an intermittas; non enim ubi interrupta est manet, sed eorum more quae intenta dissiliunt usque ad initia sua recurrit, quod a continuatione discessit

Resistendum est occupationibus, nec explicandae sed summovendae sunt

Tempus quidem nullum est parum idoneum studio salutari; atqui multi inter illa non student propter quae studendum est

'Incidet aliquid quod impediat
Poi ci concediamo una proroga: Quando avrò concluso questa faccenda, mi applicherò con tutto me stesso, oppure: Se avrò sistemato questa faccenda fastidiosa, mi dedicherò allo studio

Alla filosofia non devi dedicarti quando hai tempo libero, ma aver tempo libero per dedicarti alla filosofia; dobbiamo tralasciare tutto il resto e applicarci ad essa: anche se la vita va dalla fanciullezza alla vecchiaia più avanzata, il tempo che le dedichiamo non è mai abbastanza

Non cambia molto se la filosofia la trascuri del tutto o ne interrompi lo studio; non rimane al punto in cui hai interrotto, ma, come una corda che tesa si rompe, ritorna al punto di partenza poiché è venuta a mancare la continuità

Non bisogna cedere agli impegni; non sbrigarli, liberatene

Non c'è un periodo poco adatto a uno studio proficuo; eppure c'è gente che non vi si applica, mentre lo richiederebbero proprio le cose in cui è immersa

Ma qualche ostacolo salta sempre fuori
' Non quidem eum cuius animus in omni negotio laetus atque alacer est: imperfectis adhuc interscinditur laetitia, sapientis vero contexitur gaudium, nulla causa rumpitur, nulla fortuna; semper et ubique tranquillus est

Non enim ex alieno pendet nec favorem fortunae aut hominis exspectat

Domestica illi felicitas est; exiret ex animo si intraret: ibi nascitur

Aliquando extrinsecus quo admoneatur mortalitatis intervenit, sed id leve et quod summam cutem stringat

Aliquo, inquam, incommodo afflatur; maximum autem illud bonum fixum est

Ita dico, extrinsecus aliqua sunt incommoda, velut in corpore interdum robusto solidoque eruptiones quaedam pustularum et ulcuscula, nullum in alto malum est
Certamente non per un individuo costantemente contento e pronto in ogni sua attività: la contentezza viene meno se uno non ha raggiunto la perfezione, ma la gioia del saggio è costante, non c'è causa, non c'è rovescio di fortuna che la interrompa; egli è sereno sempre e dovunque

Non dipende da altri, non aspetta il favore della sorte o degli uomini

La sua felicità è interiore; potrebbe venir meno se provenisse dal di fuori: e invece gli nasce dentro

A volte interviene qualche fattore esterno che gli ricorda la sua mortalità, ma ha scarso peso e lo tocca solo superficialmente

è sfiorato, insomma, da qualche fastidio, ma il sommo bene è radicato in lui

Allo stesso modo certe malattie sono superficiali, come un'eruzione cutanea o una piccola ulcera su un fisico sano e robusto: il male non ha radici profonde

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Seneca, Lettere a Lucilio: Libro 01

Latino: dall'autore Seneca, opera Lettere a Lucilio parte Libro 01

Hoc, inquam, interest inter consummatae sapientiae virum et alium procedentis quod inter sanum et ex morbo gravi ac diutino emergentem, cui sanitatis loco est levior accessio: hic nisi attendit, subinde gravatur et in eadem revolvitur, sapiens recidere non potest, ne incidere quidem amplius

Corpori enim ad tempus bona valetudo est, quam medicus, etiam si reddidit, non praestat - saepe ad eundem qui advocaverat excitatur: animus semel in totum sanatur

Dicam quomodo intellegas sanum: si se ipse contentus est, si confidit sibi, si scit omnia vota mortalium, omnia beneficia quae dantur petunturque, nullum in beata vita habere momentum

Nam cui aliquid accedere potest, id imperfectum est; cui aliquid abscedere potest, id imperpetuum est: cuius perpetua futura laetitia est, is suo gaudeat
Tra il saggio e il neofita c'è la stessa differenza che tra un uomo sano e uno che esca da una lunga e grave malattia: a costui un attacco più leggero sembra già salute, Ma quest'ultimo, se non fa attenzione, subito si aggrava e ha una ricaduta, il saggio, invece, non può avere ricadute e neppure ammalarsi ancora

La salute del corpo è momentanea: il medico, anche se la restituisce, non può garantirla e spesso viene chiamato al capezzale di quella stessa persona che lo aveva fatto venire in precedenza: lo spirito, invece, guarisce una volta per tutte

Ecco come puoi capire se è sano: se basta a se stesso, se confida in se stesso, se si rende conto che tutti i desideri degli uomini, tutti i benefici concessi e richiesti non contano per avere la felicità

Quello a cui può aggiungersi qualcosa è imperfetto; quello a cui può venire a mancare qualcosa non è eterno: chi vuole godere di una gioia perpetua gioisca del suo
Omnia autem quibus vulgus inhiat ultro citroque fluunt: nihil dat fortuna mancipio

Sed haec quoque fortuita tunc delectant cum illa ratio temperavit ac miscuit haec est quae etiam externa commendet, quorum avidis usus ingratus est

Solebat Attalus hac imagine uti: 'vidisti aliquando canem missa a domino frusta panis aut carnis aperto ore captantem

quidquid excepit protinus integrum devorat et semper ad spem venturi hiat

Idem evenit nobis: quidquid exspectantibus fortuna proiecit, id sine ulla voluptate demittimus statim, ad rapinam alterius erecti et attoniti

' Hoc sapienti non evenit: plenus est; etiam si quid obvenit, secure excipit ac reponit; laetitia fruitur maxima, continua, sua
Tutti i beni su cui la gente getta avidamente l'occhio vanno e vengono: la fortuna non concede il diritto di proprietà su niente

Ma quando li regola e li contempera la ragione, anche questi beni fortuiti possono dare gioia; è la ragione a conferire valore anche ai beni che provengono dall'esterno: un uso smodato finisce per essere spiacevole

Attalo usava di solito questo paragone: Hai mai visto un cane azzannare con le fauci spalancate i pezzi di pane o di carne gettati dal padrone

Divora sùbito tutto intero quello che riesce ad afferrare e se ne sta sempre a bocca aperta sperando in un successivo boccone

A noi capita lo stesso: stiamo lì in attesa, e ogni bene che ci getta la fortuna lo buttiamo giù subito senza gustarlo, attenti e ansiosi di afferrarne un altro

Al saggio questo non capita: è sazio; anche se dalla fortuna gli viene qualche dono, lo prende e lo mette da parte con calma; gode di una gioia grandissima, continua, tutta sua

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Habet aliquis bonam voluntatem, habet profectum, sed cui multum desit a summo: hic deprimitur alternis et extollitur ac modo in caelum allevatur, modo defertur ad terram

Imperitis ac rudibus nullus praecipitationis finis est; in Epicureum illud chaos decidunt, inane sine termino

Est adhuc genus tertium eorum qui sapientiae alludunt, quam non quidem contigerunt, in conspectu tamen et, ut ita dicam, sub ictu habent: hi non concutiuntur, ne defluunt quidem; nondum in sicco, iam in portu sunt

Ergo cum tam magna sint inter summos imosque discrimina, cum medios quoque sequatur fluctus suus, sequatur ingens periculum ad deteriora redeundi, non debemus occupationibus indulgere

Excludendae sunt: si semel intraverint, in locum suum alias substituent

Principiis illarum obstemus: melius non incipient quam desinent
C'è qualcuno che ha buona volontà, fa progressi, ma è ancòra molto lontano dalla cima: costui attraversa alternativamente momenti di depressione e di esaltazione, e ora si innalza fino al cielo, ora precipita a terra

Per gli uomini ignoranti e rozzi non c'è fine alla loro caduta: precipitano nel famoso caos epicureo, un vuoto senza confini

C'è poi una terza categoria: quelli che si accostano alla saggezza; non l'hanno ancora raggiunta, ci sono però davanti e la tengono, per così dire, sotto tiro: costoro non si turbano, e neppure si lasciano andare; non sono ancora approdati, ma sono ormai in porto

C'è, dunque, una grande differenza tra gli uomini che sono arrivati alla vetta della saggezza e quelli che stanno in basso; anche chi è a mezza strada è trascinato dalla corrente e corre un serio pericolo di ritornare a una situazione peggiore; è per questo che non dobbiamo dar spazio alle nostre occupazioni

Chiudiamole fuori: una volta dentro, altre ne verranno al loro posto

Stronchiamole sul nascere: meglio non farle cominciare, che doverle eliminare
Vale

Errare mihi videntur qui existimant philosophiae fideliter deditos contumaces esse ac refractarios, contemptores magistratuum aut regum eorumve per quos publica administrantur

Ex contrario enim nulli adversus illos gratiores sunt, nec immerito; nullis enim plus praestant quam quibus frui tranquillo otio licet

Itaque ii quibus multum ad propositum bene vivendi confert securitas publica necesse est auctorem huius boni ut parentem colant, multo quidem magis quam illi inquieti et in medio positi, qui multa principibus debent sed multa et imputant, quibus numquam tam plene occurrere ulla liberalitas potest ut cupiditates illorum, quae crescunt dum implentur, exsatiet

Quisquis autem de accipiendo cogitat oblitus accepti est, nec ullum habet malum cupiditas maius quam quod ingrata est
Stammi bene

Per me sbaglia chi pensa che i veri filosofi siano arroganti e indocili e disprezzino i magistrati o i sovrani o chi amministra lo stato

Al contrario non c'è nessuno più riconoscente di loro verso gli uomini politici, e giustamente: questi dànno di più proprio ai filosofi, ai quali permettono di vivere una vita tranquilla e ritirata

Per i filosofi la pace pubblica è determinante al loro proposito di vivere virtuosamente, di conseguenza venerano come un padre chi assicura questo bene, certo molto più di quanto facciano quegli uomini turbolenti e sempre a mezzo, che devono molto ai sovrani, ma attribuiscono loro anche molte colpe: nemmeno la liberalità più generosa può saziare le loro voglie che crescono a mano a mano che vengono soddisfatte

Se uno pensa ai benefici che deve ricevere, ha già dimenticato quelli ricevuti: il male peggiore dell'avidità è l'ingratitudine

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Adice nunc quod nemo eorum qui in re publica versantur quot vincat, sed a quibus vincatur, aspicit; et illis non tam iucundum est multos post se videre quam grave aliquem ante se

Habet hoc vitium omnis ambitio: non respicit

Nec ambitio tantum instabilis est, verum cupiditas omnis, quia incipit semper a fine

At ille vir sincerus ac purus, qui reliquit et curiam et forum et omnem administrationem rei publicae ut ad ampliora secederet, diligit eos per quos hoc ei facere tuto licet solusque illis gratuitum testimonium reddit et magnam rem nescientibus debet

Quemadmodum praeceptores suos veneratur ac suspicit quorum beneficio illis inviis exit, sic et hos sub quorum tutela positus exercet artes bonas

'Verum alios quoque rex viribus suis protegit

' Quis negat
Inoltre, non il numero delle persone che supera, ma gli individui da cui è superato interessano al politico, e per lui vedere molti dietro di sé è piacevole, ma non quanto è penoso vedere qualcuno davanti a sé

Ogni tipo di ambizione ha questo grave difetto: non guarda indietro

Instabile non è soltanto l'ambizione, ma anche ogni forma di avidità, perché ricomincia dove dovrebbe finire

Ma l'uomo sincero e onesto che ha lasciato il senato, il foro e ogni carica pubblica per dedicarsi in solitudine a questioni più importanti, ama quelli che gli permettono di farlo tranquillamente, è il solo a rendere una testimonianza spontanea e si considera debitore di chi nemmeno lo sa

Egli venera e rispetta costoro sotto la cui tutela può dedicarsi alla filosofia, come venera e rispetta i suoi maestri, grazie ai quali è uscito dall'intrico in cui era

Ma il re protegge anche gli altri con le sue forze

Nessuno lo nega
Sed quemadmodum Neptuno plus debere se iudicat ex iis qui eadem tranquillitate usi sunt qui plura et pretiosiora illo mari vexit, animosius a mercatore quam a vectore solvitur votum et ex ipsis mercatoribus effusius ratus est qui odores ac purpuras et auro pensanda portabat quam qui vilissima quaeque et saburrae loco futura congesserat, sic huius pacis beneficium ad omnis pertinentis altius ad eos pervenit qui illa bene utuntur

Multi enim sunt ex his togatis quibus pax operosior bello est: an idem existimas pro pace debere eos qui illam ebrietati aut libidini impendunt aut aliis vitiis quae vel bello rumpenda sunt

Nisi forte tam iniquum putas esse sapientem ut nihil viritim se debere pro communibus bonis iudicet
E tuttavia come tra le persone che hanno navigato con mare calmo, si considera più obbligato a Nettuno chi ha trasportato per mare prodotti più preziosi e in maggiore quantità, e ai voti fatti adempie con più slancio il mercante che il passeggero, e tra gli stessi mercanti si mostra grato con più larghezza chi trasportava profumi, porpora e altri oggetti di valore, di quello che aveva riempito la nave di merce di scarsissimo pregio per fare zavorra; così il beneficio di questa pace, che pure riguarda tutti, tocca maggiormente coloro che ne fanno buon uso

Ci sono molti cittadini i quali hanno più da fare in pace che in guerra: o pensi forse che abbiano un identico obbligo di riconoscenza per la pace gli individui che la spendono nell'ubriachezza o nel sesso o in altri vizi che dovrebbero essere stroncati persino con la guerra

A meno che tu non giudichi il saggio tanto ingiusto da ritenere di non essere personalmente debitore per beni che divide con altri

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Soli lunaeque plurimum debeo, et non uni mihi oriuntur; anno temperantique annum deo privatim obligatus sum, quamvis nihil in meum honorem discripta sint

Stulta avaritia mortalium possessionem proprietatemque discernit nec quicquam suum credit esse quod publicum est; at ille sapiens nihil magis suum iudicat quam cuius illi cum humano genere consortium est

Nec enim essent ista communia, nisi pars illorum pertineret ad singulos; socium efficit etiam quod ex minima portione commune est

Adice nunc quod magna et vera bona non sic dividuntur ut exiguum in singulos cadat: ad unumquemque tota perveniunt

E congiario tantum ferunt homines quantum in capita promissum est; epulum et visceratio et quidquid aliud manu capitur discedit in partes: at haec individua bona, pax et libertas, ea tam omnium tota quam singulorum sunt
Io devo moltissimo al sole e alla luna, eppure non sorgono per me solo; sono personalmente obbligato al succedersi delle stagioni e a dio che le regola, sebbene non siano stati fissati affatto in mio onore

Gli uomini, nella loro stupida avarizia, distinguono il possesso e la proprietà e non giudicano propri i beni pubblici; ma il saggio invece giudica suo soprattutto quello che possiede in comune con l'umanità intera

Questi beni non sarebbero di tutti, se ai singoli individui non ne spettasse una parte: una cosa che è in comune anche in minima parte rende soci

Per di più, i veri grandi beni non sono divisi in maniera che al singolo tocchi una piccola quantità: pervengono a ciascuno globalmente

Di una elargizione ognuno prende quanto è stato stabilito a testa; un banchetto e una distribuzione pubblica di carne e qualsiasi altro bene tangibile vengono divisi in parti: ma i beni indivisibili, la pace e la libertà, appartengono a tutti e ai singoli nella loro interezza

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