Cogitat itaque per quem sibi horum usus fructusque contingat, per quem non ad arma illum nec ad servandas vigilias nec ad tuenda moenia et multiplex belli tributum publica necessitas vocet, agitque gubernatori suo gratias Hoc docet philosophia praecipue, bene debere beneficia, bene solvere; interdum autem solutio est ipsa confessio Confitebitur ergo multum se debere ei cuius administratione ac providentia contingit illi pingue otium et arbitrium sui temporis et imperturbata publicis occupationibus quies O Meliboee, deus nobis haec otia fecit;namque erit ille mihi semper deus Si illa quoque otia multum auctori suo debent quorum munus hoc maximum est, ille meas errare boves, ut cernis, et ipsumludere quae vellem calamo permisit agresti, quanti aestimamus hoc otium quod inter deos agitur, quod deos facit |
Il saggio pensa pertanto per opera di chi gli è possibile usufruire con vantaggio di questi beni, per opera di chi la situazione dello Stato è tale da non chiamarlo alle armi, o a fare i turni di guardia, o a difendere le mura e a pagare i molteplici tributi di guerra ed è grato nei confronti di chi lo governa La filosofia insegna soprattutto a sentirsi debitori per i benefici ricevuti e a ripagarli; a volte l'ammettere il proprio debito è già un pagamento Ammetterà, dunque, di dovere molto all'uomo che con il suo saggio governo gli permetta di godere di un ritiro fecondo, di disporre del suo tempo e di vivere un'esistenza tranquilla, non turbata da occupazioni pubbliche O Melibeo, un dio mi ha concesso questo ozio; certo, per me egli sarà sempre un dio Se si deve molto a chi rende possibili quegli ozi che portano questo come massimo dono: egli, come vedi, ha permesso che i miei buoi pascolassero liberi e che io suonassi sull'agreste zampogna le mie melodie preferite, quanto dobbiamo apprezzare questa vita ritirata che si conduce tra gli dèi, che ci rende dèi |
Ita dico, Lucili, et te in caelum compendiario voco Solebat Sextius dicere Iovem plus non posse quam bonum virum Plura Iuppiter habet quae praestet hominibus, sed inter duos bonos non est melior qui locupletior, non magis quam inter duos quibus par scientia regendi gubernaculum est meliorem dixeris cui maius speciosiusque navigium est Iuppiter quo antecedit virum bonum diutius bonus est: sapiens nihilo se minoris aestimat quod virtutes eius spatio breviore cluduntur Quemadmodum ex duobus sapientibus qui senior decessit non est beatior eo cuius intra pauciores annos terminata virtus est, sic deus non vincit sapientem felicitate, etiam si vincit aetate; non est virtus maior quae longior |
Certo, Lucilio, ti chiamo in cielo per la via più rapida Sestio diceva spesso che Giove non è più potente di un uomo virtuoso Giove può fare agli uomini più doni, ma tra due individui onesti non è migliore il più ricco, come tra due timonieri ugualmente esperti non puoi definire migliore chi ha l'imbarcazione più bella e più grande In che cosa Giove è superiore a un uomo buono buono più a lungo, ma il saggio non si ritiene menomato perché la sua virtù è circoscritta in un arco di tempo più breve Tra due saggi chi muore più vecchio non è più felice dell'altro la cui vita virtuosa si è conclusa in un numero inferiore di anni, così dio non supera in felicità il saggio, anche se lo supera nella durata del tempo; la virtù non si misura in base alla sua durata |
Iuppiter omnia habet, sed nempe aliis tradidit habenda: ad ipsum hic unus usus pertinet, quod utendi omnibus causa est: sapiens tam aequo animo omnia apud alios videt contemnitque quam Iuppiter et hoc se magis suspicit quod Iuppiter uti illis non potest, sapiens non vult Credamus itaque Sextio monstranti pulcherrimum iter et clamanti 'hac itur ad astra, hac secundum frugalitatem, hac secundum temperantiam, hac secundum fortitudinem' Non sunt dii fastidiosi, non invidi: admittunt et ascendentibus manum porrigunt Miraris hominem ad deos ire Deus ad homines venit, immo quod est propius, in homines venit: nulla sine deo mens bona est |
Giove è signore dell'universo, ma ne ha dato ad altri il possesso: l'uso che egli può farne è solo questo: concederne l'uso a tutti; il saggio guarda con serenità e con disprezzo, come Giove, i beni posseduti dagli altri, ma è più degno di ammirazione, perché Giove non può farne uso, mentre il saggio non vuole Crediamo, perciò a Sestio: ci indica una strada bellissima e grida: Di qua si sale alle stelle, di qua seguendo la frugalità, la temperanza, il coraggio Gli dèi non sono altezzosi, né invidiosi: accolgono tutti e tendono la mano a chi sale Ti stupisci che l'uomo salga fino agli dèi Dio scende in mezzo agli uomini, anzi, più esattamente, scende dentro gli uomini: non esiste saggezza senza dio Semi divini sono stati sparsi nel corpo dell'uomo e, se a riceverli è un buon coltivatore, si sviluppano simili alla loro origine e crescono uguali all'essere da cui sono derivati |
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Seneca, Lettere a Lucilio: Libro 01
Latino: dall'autore Seneca, opera Lettere a Lucilio parte Libro 01
Semina in corporibus humanis divina dispersa sunt, quae si bonus cultor excipit, similia origini prodeunt et paria iis ex quibus orta sunt surgunt: si malus, non aliter quam humus sterilis ac palustris necat ac deinde creat purgamenta pro frugibus Vale Epistula tua delectavit me et marcentem excitavit; memoriam quoque meam, quae iam mihi segnis ac lenta est, evocavit Quidni tu, mi Lucili, maximum putes instrumentum vitae beatae hanc persuasionem unum bonum esse quod honestum est Nam qui alia bona iudicat in fortunae venit potestatem, alieni arbitrii fit: qui omne bonum honesto circumscripsit intra se felix est Hic amissis liberis maestus, hic sollicitus aegris, hic turpibus et aliqua sparsis infamia tristis; illum videbis alienae uxoris amore cruciari, illum suae; non deerit quem repulsa distorqueat; erunt quos ipse honor vexet |
Ma se è un buono a nulla, li fa morire, come fa la terra sterile e paludosa, e poi produce erbacce invece di grano Stammi bene La tua lettera mi ha fatto piacere, mi ha scosso dal torpore e mi ha anche risvegliato la memoria, ormai pigra e tarda Perché, Lucilio mio, non dovresti pensare che il mezzo migliore per raggiungere la felicità sia la convinzione che l'unico bene è la virtù Se uno ritiene che altri siano i beni, cade in balìa della sorte e si sottomette all'arbitrio altrui: solo chi racchiude ogni bene nella virtù prova una felicità tutta interiore Uno è addolorato per la perdita dei figli, un altro si preoccupa perché sono malati, un terzo si affligge perché sono disonesti e si sono coperti di vergogna; Tizio lo vedrai soffrire per amore della donna di un altro, Caio per amore della sua; non mancherà chi si tormenta per un insuccesso elettorale; o chi, invece, è angustiato da una carica pubblica |
Illa vero maxima ex omni mortalium populo turba miserorum quam exspectatio mortis exagitat undique impendens; nihil enim est unde non subeat Itaque, ut in hostili regione versantibus, huc et illuc circumspiciendum est et ad omnem strepitum circumagenda cervix; nisi hic timor e pectore eiectus est, palpitantibus praecordiis vivitur Occurrent acti in exsilium et evoluti bonis; occurrent, quod genus egestatis gravissimum est, in divitis inopes; occurrent naufragi similiave naufragis passi, quos aut popularis ira aut invidia, perniciosum optimis telum, inopinantis securosque disiecit procellae more quae in ipsa sereni fiducia solet emergere, aut fulminis subiti ad cuius ictum etiam vicina tremuerunt |
Ma la massa più numerosa di infelici è quella tormentata dall'attesa della morte che incombe da ogni lato: non c'è parte da cui non possa arrivare Perciò come soldati che attraversano un territorio nemico, devono guardarsi intorno qua e là e voltare la testa a ogni rumore; se uno non scaccia questa intima paura, vive col batticuore Troverai uomini cacciati in esilio e spogliati di ogni bene; troverai, ed è il genere di povertà più terribile, individui poveri nella loro ricchezza; incontrerai naufraghi o gente che è passata per un'esperienza analoga: il furore o l'invidia popolare, arma funesta contro i migliori, li ha inaspettatamente travolti, come tempesta che si scatena quando il cielo è sereno e rassicurante, o come fulmine improvviso che, là dove colpisce, fa tremare anche i dintorni |
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Nam ut illic quisquis ab igne propior stetit percusso similis obstipuit, sic in his per aliquam vim accidentibus unum calamitas opprimit, ceteros metus, paremque passis tristitiam facit pati posse Omnium animos mala aliena ac repentina sollicitant Quemadmodum aves etiam inanis fundae sonus territat, ita nos non ad ictum tantum exagitamur sed ad crepitum Non potest ergo quisquam beatus esse qui huic se opinioni credidit Non enim beatum est nisi quod intrepidum; inter suspecta male vivitur Quisquis se multum fortuitis dedit ingentem sibi materiam perturbationis et inexplicabilem fecit: una haec via est ad tuta vadenti, externa despicere et honesto esse contentum Nam qui aliquid virtute melius putat aut ullum praeter illam bonum, ad haec quae a fortuna sparguntur sinum expandit et sollicitus missilia eius exspectat |
Se uno si trova troppo vicino al fulmine rimane attonito come chi è stato colpito, così nelle disgrazie provocate da un atto di violenza uno solo subisce il danno, gli altri sono preda della paura, e si angustiano al pari della vittima per la possibilità di subire la stessa sorte I mali improvvisi che toccano agli altri preoccupano tutti Gli uccelli sono spaventati anche dal sibilo di una fionda vuota: nello stesso modo ci agitiamo noi, non soltanto per il colpo, ma per il rumore Uno non può essere felice se si abbandona a questi timori infondati felice solo chi non ha paura; si vive male tra i sospetti Se uno si attacca troppo ai beni fortuiti, si crea smisurati e insormontabili motivi di turbamento: una sola è la strada per chi vuole mettersi al sicuro: disprezzare i beni esteriori e appagarsi della virtù Se pensiamo che ci sia qualcosa di meglio della virtù o un bene al di là di essa, finiremo per aprire l'animo ai beni che la sorte distribuisce e aspetteremo ansiosi i suoi doni |
Hanc enim imaginem animo tuo propone, ludos facere fortunam et in hunc mortalium coetum honores, divitias, gratiam excutere, quorum alia inter diripientium manus scissa sunt, alia infida societate divisa, alia magno detrimento eorum in quos devenerant prensa Ex quibus quaedam aliud agentibus inciderunt, quaedam, quia nimis captabantur, amissa et dum avide rapiuntur expulsa sunt: nulli vero, etiam cui rapina feliciter cessit, gaudium rapti duravit in posterum Itaque prudentissimus quisque, cum primum induci videt munuscula, a theatro fugit et scit magno parva constare Nemo manum conserit cum recedente, nemo exeuntem ferit: circa praemium rixa est |
Immagina ora che la fortuna organizzi dei giochi e sulla gente ad essi convenuta riversi onori, ricchezze, favori; una parte di questi donativi si riduce in pezzi tra le mani di quanti se li disputano, un'altra viene spartita con soci malfidati, un'altra si risolve in un gran danno per chi se l'era vista piombare addosso e l'aveva afferrata Ci sono dei beni che cadono su chi si cura d'altro, dei beni afferrati con troppa foga vanno perduti e sfuggono di mano proprio nel momento in cui si tenta di afferrarli: nessuno, però anche se è riuscito a impadronirsene, gioisce a lungo del suo bottino Per questo gli uomini più assennati, appena vedono comparire dei piccoli doni, fuggono dal teatro sapendo che quei beni di poco valore costano molto Nessuno viene alle mani con chi si allontana, nessuno colpisce chi va via: la lotta si ingaggia intorno al bottino |
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Idem in his evenit quae fortuna desuper iactat: aestuamus miseri, distringimur, multas habere cupimus manus, modo in hanc partem, modo in illam respicimus; nimis tarde nobis mitti videntur quae cupiditates nostras irritant, ad paucos perventura, exspectata omnibus ire obviam cadentibus cupimus; gaudemus si quid invasimus invadendique aliquos spes vana delusit; vilem praedam magno aliquo incommodo luimus aut de fallimur Secedamus itaque ab istis ludis et demus raptoribus locum; illi spectent bona ista pendentia et ipsi magis pendeant Quicumque beatus esse constituet, unum esse bonum putet quod honestum est; nam si ullum aliud existimat, primum male de providentia iudicat, quia multa incommoda iustis viris accidunt, et quia quidquid nobis dedit breve est et exiguum si compares mundi totius aevo |
Lo stesso accade per i beni che la fortuna ci getta dall'alto: noi miseri ci agitiamo, ci affanniamo, desidereremmo avere molte mani, guardiamo ora da una parte, ora dall'altra; quei doni che accendono i nostri desideri ci sembra che la sorte tardi troppo a mandarli: tutti li aspettano, ma arriveranno a pochi Vorremmo afferrarli già mentre cadono; siamo contenti se ne agguantiamo qualcuno e se altri rimangono delusi nella vana speranza di catturarli; un magro bottino lo paghiamo con gravi fastidi, oppure rimaniamo delusi Allontaniamoci da questi giochi e facciamo largo ai predatori; guardino questi beni sospesi su di loro e loro stessi stiano ancora più in sospeso Se uno vuole essere felice, si convinca che l'unico bene è la virtù; se pensa che ce ne sia qualche altro, prima di tutto giudica male la provvidenza, perché agli uomini onesti capitano molte disgrazie e perché tutti i beni che essa ci ha concesso sono insignificanti e di breve durata, se paragonati all'età dell'universo |
Ex hac deploratione nascitur ut ingrati divinorum interpretes simus: querimur quod non semper, quod et pauca nobis et incerta et abitura contingant Inde est quod nec vivere nec mori volumus: vitae nos odium tenet, timor mortis Natat omne consilium nec implere nos ulla felicitas potest Causa autem est quod non pervenimus ad illud bonum immensum et insuperabile ubi necesse est resistat voluntas nostra quia ultra summum non est locus Quaeris quare virtus nullo egeat Praesentibus gaudet, non concupiscit absentia; nihil non illi magnum est quod satis Ab hoc discede iudicio: non pietas constabit, non fides, multa enim utramque praestare cupienti patienda sunt ex iis quae mala vocantur, multa impendenda ex iis quibus indulgemus tamquam bonis |
Conseguenza di questi lamenti è che non manifestiamo gratitudine per i benefici divini: deploriamo che non ci capitino sempre, che siano scarsi, incerti e caduchi Ne deriva che non vogliamo vivere, né morire: odiamo la vita, temiamo la morte Ogni nostro disegno è incerto e non siamo mai pienamente felici Il motivo, Non siamo arrivati a quel bene immenso e insuperabile dove la nostra volontà necessariamente si arresta: oltre la vetta non c'è niente Chiedi perché la virtù non provi nessun bisogno Gode di quello che ha, non desidera quello che le manca; per essa è grande quanto le basta Abbandona questo criterio e verranno a cadere il sentimento religioso, la lealtà: chi vuole mantenere l'uno e l'altra deve sopportare molti dei cosiddetti mali, rinunciare a molte cose di cui si compiace come se fossero beni |
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Perit fortitudo, quae periculum facere debet sui; perit magnanimitas, quae non potest eminere nisi omnia velut minuta contempsit quae pro maximis vulgus optat; perit gratia et relatio gratiae si timemus laborem, si quicquam pretiosius fide novimus, si non optima spectamus Sed ut illa praeteream, aut ista bona non sunt quae vocantur aut homo felicior deo est, quoniam quidem quae cara nobis sunt non habet in usu deus; nec enim libido ad illum nec epularum lautitia nec opes nec quicquam ex his hominem inescantibus et vili voluptate ducentibus pertinet Ergo aut credibile est bona deo deesse aut hoc ipsum argumentum est bona non esse, quod deo desunt Adice quod multa quae bona videri volunt animalibus quam homini pleniora contingunt |
Scompare la forza d'animo, che deve mettere se stessa alla prova; scompare la magnanimità, che non può emergere se non disprezza come cose di poco conto tutti quei beni che la massa desidera e tiene nella massima considerazione; scompaiono la gratitudine e i rapporti di gratitudine, se temiamo la fatica, se pensiamo che ci sia qualcosa di più prezioso della lealtà, se non miriamo al meglio Ma lasciamo perdere; o questi cosiddetti beni non sono tali, o l'uomo è più fortunato di dio, poiché dio non può usufruire di quei piaceri a noi cari; non la lussuria, né i lauti pranzi, né le ricchezze, niente di quello che alletta gli uomini e li trascina con promesse di vili piaceri lo riguarda Quindi, o è verosimile che a dio manchino dei beni, o il fatto stesso che manchino a dio è la prova che non sono beni E poi, molti beni presunti toccano più numerosi agli animali che all'uomo |