[154] Plastae laudatissimi fuere Damophilus et Gorgasus, iidem pictores, qui Cereris aedem Romae ad circum maximum utroque genere artis suae excoluerant, versibus inscriptis Graece, quibus significarent ab dextra opera Damophili esse, ab laeva Gorgasi ante hanc aedem Tuscanica omnia in aedibus fuisse auctor est Varro, et ex hac, cum reficeretur, crustas parietum excisas tabulis marginatis inclusas esse, item signa ex fastigiis dispersa [155] fecit et Chalcosthenes cruda opera Athenis, qui locus ab officina eius Ceramicos appellatur M Varro tradit sibi cognitum Romae Possim nomine, a quo facta poma et uvas nemo posset aspectu discernere a veris idem magnificat Arcesilaum, L |
[154] Modellatori molto famosi furono Damofilo e Gorgaso, gli stessi pittori, che evaveno ornato il tempio di Cerere a Roma preso il circo massimo e con entrambi i generi della loro arte, con versi incisi in greco, con cui indicavano che i lavori da destra erano di Damofilo, da sinistra di Gorgaso Varrone è testimone che prima di questo tempio tutte le cose nei templi erano tuscaniche, e dopo questo, quando era finito, che i rivestimenti delle pareti tagliati erano inclusi con i quadri orlati, disperse anche le statue dai frontoni [155] Anche Calcostene fece opere in argilla cruda ad Atene, luogo che è detto dal suo laboratorio Ceramico M Varrone dice aver conosciuto a Roma uno col nome Possi, nessuno poteva distinguere dall'aspetto dai veri, frutti e grappoli realizzati da questo Lo stesso loda Arcesilao, protettore di L |
Luculli familiarem, cuius proplasmata pluris venire solita artificibus ipsis quam aliorum opera; [156] ab hoc factam Venerem Genetricem in foro Caesaris et, priusquam absolveretur, festinatione dedicandi positam; eidem a Lucullo HS |X| signum Felicitatis locatum, cui mors utriusque inviderit; Octavio equiti Romano cratera facere volenti exemplar e gypso factum talento laudat et Pasitelen, qui plasticen matrem caelaturae et statuariae scalpturaeque dixit et, cum esset in omnibus iis summus, nihil umquam fecit ante quam finxit |
Lucullo, i cui bozzetti soliti vendersi agli artisti stessi a più che i lavori degli altri; [156] fatta da costui una Venere Genitrice nel foro di Cesare e per la fretta dell'inaugurazione, collocata prima che fosse finita; commissionata a lui stesso da Lucullo una statua della Felicità per 1 milione di sesterzi, la morte di entrambi glielo impedì; per Ottavio cavaliere romano che voleva fare vasi realizzato un modello col gesso per un talento Loda anche Pasitele, che definì il modellare la madre della cesellatura e della statuaria e, essendo sommo in tutte queste, non fece mai nulla prima che modellasse |
[157] praeterea elaboratam hanc artem Italiae et maxime Etruriae; Vulcam Veis accitum, cui locaret Tarquinius Priscus Iovis effigiem in Capitolio dicandam;a fictilem eum fuisse et ideo miniari solitum; fictiles in fastigio templi eius quadrigas, de quibus saepe diximus; ab hoc eodem factum Herculem, qui hodieque materiae nomen in urbe retinet hae enim tum effigies deorum erant lautissimae, nec paenitet nos illorum, qui tales eos coluere; aurum enim et argentum ne diis quidem conficiebant [158] durant etiam nunc plerisque in locis talia simulacra; fastigia quidem templorum etiam in urbe crebra et municipiis, mira caelatura et arte suique firmitate, sanctiora auro, certe innocentiora |
[157] Inoltre (dice) quest'arte elaborata in Italia e soprattutto in Etruria; Tarquinio Prisco (cita) Vulca chiamato da Veio, a cui commissionava un'immagine di Giove da dedicare nel Campidoglio; (dice) che esso era d'argilla e perciò solito essere tinto col minio; d'argilla le quadrighe sul frontone del suo tempio, di cui spesso abbiamo parlato; da questo stesso realizzato un Ercole, che ancora oggi in città conserva il nome della materia Infatti allora queste immagini di divinità erano molto sontuose, e non ci dispiacciono quelli, che li venerarono tali; infatti neppure per gli dei lavoravano certo l'oro e l'argento [158] Restano anche ora tali simulacri in diversi luoghi; certo parecchi i frontoni dei templi anche in città e nei municipi, meravigliosi per cesellatura ed arte e per la loro solidità, più venerabili dell'oro, certo più innocui |
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Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 02, Paragrafi 14-29
Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 02, Paragrafi 14-29
In sacris quidem etiam inter has opes hodie non murrinis cystallinisve, sed fictilibus prolibatur simpulis, inenarrabili Terrae benignitate, si quis singula aestimet, [159] etiam ut omittantur in frugum, vini, pomorum, herbarum et fruticum, medicamentorum, metallorum generibus beneficia eius, quae adhuc diximus neque adsiduitate satiant figlinarum opera, * doliis ad vina excogitatis, ad aquas tubulis, ad balineas mammatis, ad tecta *imbricibus*, coctilibus laterculis fundamentisque aut quae rota fiunt, propter quae Numa rex septimum collegium figulorum instituit [160] quin et defunctos sese multi fictilibus soliis condi maluere, sicut M Varro, Pythagorio modo in myrti et oleae atque populi nigrae foliis maior pars hominum terrenis utitur vasis Samia etiam nunc in esculentis laudantur |
Certo anche fra queste ricchezze oggi nei riti sacri non si offre con bicchieri di fluorite o di cristalli, ma d'argilla, con indicibile benevolenza della Terra, se qualcuno considera uno per uno, [159] anche per tralasciare nei generi delle messi, del vino, dei frutti, delle erbe e degli arbusti, dei medicamenti, dei metalli i suoi benefici, che abbiamo citato finora E non soddisfano per abbondanza i lavori delle argille, con orci realizzati per i vini, con le condotte per le acque, i laterizi per i bagni, gli embrici per i tetti, con i mattoni cotti per le pareti e le fondamenta o quelle cose che si fanno con il tornio, a causa delle quali il re Numa istituì la settima corporazione dei vasai [160] Anzi molti preferirono anche che essi una volta morti fossero sepolti in sepolcri d'argilla, come M Varrone, al modo pitagorico su foglie di mirto e d'ulivo e di pioppo nero La maggior parte degli uomini usa vasi di terra Anche ora sono apprezzati quelli di Samo per i cibi |
retinent hanc nobilitatem et Arretium in Italia et calicum tantum Surrentum, Hasta, Pollentia, in Hispania Saguntum, in Asia Pergamum [161] habent et Trallis ibi opera sua et in Italia Mutina, quoniam et sic gentes nobilitantur et haec quoque per maria, terras ultro citro portantur, insignibus rotae officinis Erythris in templo hodieque ostenduntur amphorae duae propter tenuitatem consecratae discipuli magistrique certamine, uter tenuiorem humum duceret Cois ea laus maxima, Hadrianis firmitas, nonnullis circa hoc severitatis quoque exemplis [162] Q Coponium invenimus ambitus damnatum, quia vini amphoram dedisset dono ei, cui suffragii latio erat |
Conservano questo pregio in Italia anche Arezzo e solo il calice Sorrento, Asti, Pollenza, in Spagna Sagunto, in Asia Pergamo [161] Qui anche a Tralli hanno i suoi prodotti e in Italia Modena, poiché anche così i popoli sono apprezzati e queste cose sono trasportate qui e là anche per mari, terre, con le famose officine del tornio In un tempio di Eritre anche oggi sono esposte due anfore destinate per la sottigliezza in una gara di un discepolo e un maestro, chi dei due rendesse la terra più sottile Massimo vanto questo per quelli di Cos, la robustezza per quelli di Adria, riguardo a questo anche alcuni esempi di severità [162] Scopriamo che Q Coponio condannato di corruzione, perché aveva dato un'anfora di vino in dono a colui, per il quale c'era ampiezza di suffragio |
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atque ut e luxu quoque aliqua contingat auctoritas figlinis: tripatinium, inquit Fenestella, appellabatur summa cenarum lautitia; una erat murenarum, altera luporum, tertia mixti piscis, inclinatis iam scilicet moribus, ut tamen eos praeferre Graeciae etiam philosophis possimus, siquidem in Aristotelis heredum auctione septuaginta patinas venisse traditur [163] nos cum unam Aesopi tragoediarum histrionis in natura avium diceremus HX C stetisse, non dubito indignatos legentes at, Hercules, Vitellius in principatu suo |X| HS condidit patinam, cui faciendae fornax in campis exaedificata erat, quoniam eo pervenit luxuria, ut etiam fictilia pluris constent quam murrina |
E affinché anche dal lusso derivi qualche autorità per le argille: il servizio di tre piatti, dice Fenestella, era chiamato somma delizia delle portate; uno era di murene, l'altro di spigole, il terzo di pesce misto, certo quando i costumi già decadevano, cosicchè però possiamo preferirli alla Grecia anche per i filosofi, se in un'asta degli eredi di Aristotele si dice essere venduti settanta piatti [163] Non dubito indignati i lettori dicendo noi sulla natura degli uccelli che un solo (piatto) di Esopo attore di tragedie aveva ottenuto 100 000 sesterzi, Ma, per Ercole, Vitellio nel suo principato fece un piatto per 1 milione di sesterzi, per la cui realizzazione era stata costruita una fornace nei campi, perché a questo giunse il lusso, che anche le argille costano più della fluorite |
[164] propter hanc Mucianus altero consulatu suo in conquestione exprobravit patinarum paludes Vitelli memoriae, non illa foediore, cuius veneno Asprenati reo Cassius Severus accusator obiciebat interisse convivas CXXX [165] nobilitantur his quoque oppida, ut Regium et Cumae Samia testa Matris deum sacerdotes, qui Galli vocantur, virilitatem amputare nec aliter citra perniciem, M Caelio credamus, qui linguam sic amputandam obiecit gravi probro, tamquam et ipse iam tunc idem Vitellio malediceret quid non excogitat vita fractis etiam testis utendo, sic ut firmius durent, tunsis calce addita, quae vocant Signina quo genere etiam pavimenta excogitavit [166] Verum et ipsius terrae sunt alia commenta |
[164] A proposito di questo Muciano nell'altro suo consolato in una discussione rinfacciò alla memoria di Vitellio le paludi dei piatti, non più disonorevole di quello, col cui veleno l'accusatore Cassio Severo rinfacciava al reo Asprenate al colpevole essere morti 130 invitati [165] Anche per queste cose sono apprezzate le città, come Reggio e Cuma I sacerdoti della Madre degli dei, che sono chiamati Galli, tagliare con un coccio di Samo la parte virile e così non altro danno oltre, se crediamo a M Celio, che obiettò che bisognava tagliare così la lingua per la grave ingiuria, sebbene anche lui stesso già allora maledicesse lo stesso Vitellio Cosa non escogita la vita con l'usare anche cocci pestati, affinchè durino più saldamente, tritati con calce aggiunta, che chiamano segnina Col quale procedimento realizzò anche i pavimenti [166] Ma anche altri sono i ritrovati della terra stessa |
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quis enim satis miretur pessumam eius partem ideoque pulverem appellatam in Puteolanis collibus opponi maris fluctibus, mersumque protinus fieri lapidem unum inexpugnabilem undis et fortiorem cotidie, utique si Cumano misceatur caemento [167] eadem est terrae natura et in Cyzicena regione, sed ibi non pulvis, verum ipsa terra qua libeat magnitudine excisa et demersa in mare lapidea extrahitur hoc idem circa Cassandream produnt fieri, et in fonte Cnidio dulci intra octo menses terram lapidescere ab Oropo quidem Aulida usque quidquid attingitur mari terrae mutatur in saxa non multum a pulvere Puteolano distat e Nilo harena tenuissima sui parte, non ad sustinenda maria fluctusque frangendos, sed ad debellanda corpora palaestrae studiis [168] inde certe Patrobio, Neronis principis liberto, advehebatur |
Infatti chi si meraviglia sufficientemente che la sua parte scadente e perciò detta polvere sui colli di Pozzuoli viene opposta ai flutti del mare, e sommersa diventa subito una pietra inattaccabile dalle onde e ogni giorno più forte, specie se viene mescolata con pietrisco di Cuma [167] Uguale è la caratteristica della terra anche nella regione di Cizico, ma qui non la polvere, ma la terra stessa tagliata i quale grandezza si voglia e messa nel mare si estrae di pietra Questa stessa cosa dicono avvenire intorno a Cassandrea, e che a Cnido in una fonte dolce la terra si pietrifica entro otto mesi Addirittura da Oropo fino in Aulide qualunque cosa della terra sia toccata dal mare è mutata in roccia Non differisce molto dalla polvere di Pozzuoli la sabbia del Nilo nella sua parte più sottile, non per affrontare i mari e infrangere i flutti, ma per domare i corpi con gli esercizi della palestra [168] Certo era importata da lì per Patrobio, liberto dell'imperatore Nerone |
quin et Cratero, Leonnato ac Meleagro, Alexandri Magni ducibus, solitum hoc portari cum reliquis militaribus commerciis reperio, plura de hac parte non dicturus, non, Hercules, magis quam de terrae usu in ceromatis, quibus exercendo iuventus nostra corporis vires perdit animorum [169] quid non in Africa Hispaniaque e terra parietes, quos appellant formaceos, quoniam in forma circumdatis II utrimque tabulis inferciuntur verius quam struuntur, aevis durant, incorrupti imbribus, ventis, ignibus omnique caemento firmiores spectat etiam nunc speculas Hannibalis Hispania terrenasque turres iugis montium inpositas hinc et caespitum natura castrorum vallis accommodata contraque fluminum impetus aggeribus inlini quidem crates parietum luto et lateribus crudis exstrui quis ignorat |
Anzi anche per Cratero, Leonnato e Meleagro, comandanti di Alessandro Magno, trovo solita essere trasportata con le altre merci militari, non mi accingo a dire altre cose su questo punto, non, per Ercole, più che sull'uso della terra nelle palestre, in cui la nostra gioventù con l'esercitare le forze dei corpi perde (quella) degli animi [169] E che In Africa e Spagna non sono riempite più esattamente che costruite pareti di terra, che chiamano muri d'argilla, perché in una forma con tavole circondate da entrambe le due parti, durano nei tempi, inattaccabili dalle piogge, dai venti, dagli incendi e più solide di ogni cemento Si vede anche ora in Spagna gli osservatori di Annibale e le torri di terra fatte sui gioghi dei monti Da qui anche la zolla con la struttura adattata alle valli degli accampamenti e agli argini contro gli impeti dei fiumi Inoltre chi ignora che i graticci delle pareti sono spalmati col fango e sono costruiti con mattoni crudi |
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Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 28, Paragrafi 15-29
[170] Lateres non sunt ex sabuloso neque harenoso multoque minus calculoso ducendi solo, sed e cretoso et albicante aut ex rubrica vel etiam e sabulo, masculo certe finguntur optime vere, nam solstitio rimosi fiunt aedificiis non nisi bimos probant, quia et intritam ipsam eorum, priusquam fingantur, macerari oportet [171] genera eorum fiunt tria: Lydio, quo nos utimur, longum sesquipedem, latum pedem, alterum teradoron, tertium pentadoron Graeci enim antiqui δωρον palmum vocabant et ideo δωρα munera, quia manu darentur; ergo a quattuor et quinque palmis, prout sunt, nominantur eadem est et latitudo minore privatis operibus, maiore in publicis utuntur in Graecia Pitanae in Asia et in ulteriore Hispania civitatibus Maxilua et Callet fiunt lateres, qui siccati non erguntur in aqua |
[170] I mattoni non devono ricavarsi da un terreno sabbioso né arenoso e tanto meno sassoso, ma da uno cretaceo e biancastro o da terra rossa o anche dal sabbione, purché maschile Si ricavano ottimamente a primavera, infatti col solstizio diventano franosi Per gli edifici non servono se non di due anni, perché occorre che anche l'impasto stesso sia macerato, prima che siano formati [171] Si fanno tre tipi di essi: col lidio, che noi usiamo, uno lungo un piede e mezzo, largo un piede, l'altro il teradoron, terzo il pentadoron Infatti gli antichi Greci chiamavano doron il palmo della mano e perciò dora i doni, perché erano dati con la mano; quindi sono denominati, da quattro e cinque palmi, secondo come sono La stessa cosa è anche la larghezza In Grecia usano uno più piccolo per gli edifici privati, maggiore per quelli pubblici A Pitana in Asia e nella Spagna ulteriore nelle città di Massilia e Callet fanno mattoni, che seccati non si sollevano in acqua |