La luce piove dall'alto, da un lucernario, creando sottilissimi e suggestivi effetti. La solitudine, La quiete, lo scorrere del tempo, la fatica, la successione delle cose sempre uguali: Crespi inventa uno straordinario brano di poesia da un momento di vita qualunque, perché sa trasformare la quotidianità, con il suo corredo di cose vere ma banali, in una questione universale.
Come un Vermeer nostrano ma più dimesso, attento a quella dignitosa povertà che era più nostra che dei Paesi Bassi; con la stessa visione o speranza, di un mondo forse diverso da come era. Crespi qui non cerca il bello, e forse nemmeno il vero, ma si fa sublime esploratore di vita, questa sì autentica, esaltato dal suo modo diverso di guardare al mondo con suprema attenzione alle cose concrete.
Perché con Crespi stiamo avvicinandoci ai piani alti del secolo dei lumi. L'artista non narra, ne ammicca, ne ridere: guarda, osserva. Ma bisogna saper guardare, e l'animo sensibile attento di Crespi sa svolgere proprio nelle piccole cose, che spesso agli altri non generano che indifferenza o peggio, fanno sorridere il senso dell'esistenza.
Egli affida un valore particolare agli oggetti: in questo dipinto assumono l'importanza fondamentale perché sanno dirci molto della vita in quella fase in quel tempo; ci sono solo poche cose, ma sono quelle essenziali con cui si può vivere dignitosamente. e poi dalla brace viene quel po' di calore, che oltre agli uomini si gustano anche gli animali.