Sed cum duplex ratio sit orationis, quarum in altera sermo sit, in altera contentio, non est id quidem dubium, quin contentio orationis maiorem vim habeat ad gloriam ea est enim, quam eloquentiam dicimus; sed tamen difficile dictu est, quantopere conciliet animos comitas adfabilitasque sermonis Extant epistolae et Philippi ad Alexandrum et Antipatri ad Cassandrum et Antigoni ad Philippum filium, trium prudentissimorum sic enim accepimus; quibus praecipiunt, ut oratione benigna multitudinis animos ad benivolentiam alliciant militesque blande appellando sermone deleniant Quae autem in multitudine cum contentione habetur oratio, ea saepe universam excitat gloriam; magna est enim admiratio copiose sapienterque dicentis; quem qui audiunt, intellegere etiam et sapere plus quam ceteros arbitrantur |
Essendo due le specie di discorsi, di cui l'uno è familiare, l'altro oratorio, non vi è dubbio che il discorso oratorio abbia maggiore efficacia nel procurar la gloria è quello che chiamo eloquenza; ma è difficile a dirsi quanto la cordialità e l'affabilità del parlare concilino gli animi Esistono delle lettere di Filippo ad Alessandro, di Antipatro a Cassandro e di Antigono al figlio Filippo, tutti e tre uomini assai avveduti tale, infatti, è la tradizione; in esse consigliano di guadagnare alla benevolenza gli animi della folla con un parlare affabile e di ammansire i soldati con un parlare lusinghiero Quei discorsi solenni che si pronunziano davanti al popolo suscitano spesso la gloria di tutti; è grande, infatti, l'ammirazione per chi parla con facondia e sapienza, e coloro che l'ascoltano lo credono più intelligente e sapiente degli altri |
Si vero inest in oratione mixta modestia gravitas nihil admirabilius fieri potest, eoque magis, si ea sunt in adulescente Sed cum sint plura causarum genera, quae eloquentiam desiderent, multique in nostra re publica adulescentes et apud iudices et apud populum et apud senatum dicendo laudem assecuti sint, maxima est admiratio in iudiciis, quorum ratio duplex est:nam ex accusatione et ex defensione constat, quarum etsi laudabilior est defensio, tamen etiam accusatio probata persaepe est Dixi paulo ante de Crasso;Idem fecit adulescens M Antonius Etiam P Sulpicii eloquentiam accusatio inlustravit, cum seditiosum et inutilem civem, C Norbanum, in iudicium vocavit |
Se vi è nell'orazione una certa gravità mista a moderazione, non vi può esser nulla di più ammirevole,,e tanto più se quelle qualità si riscontrano in un giovane Ma poiché vi sono più generi di cause, che richiedono l'eloquenza, e molti giovani nel nostro Stato hanno conseguito la gloria parlando davanti ai giudici, al popolo e al senato, la più grande ammirazione è rivolta all'eloquenza giudiziaria; due sono le sue specie, d'accusa e di difesa, delle quali, benché sia più degna di lode la difesa, tuttavia molto spesso suscita l'approvazione anche l'accusa Ho parlato poco fa di Crasso; lo stesso fece Marco Antonio da giovane Anche l'eloquenza di Publio Sulpicio trasse lustro da un'accusa, quando chiamò in giudizio quel sedizioso e pericoloso cittadino Gaio Norbano |
Sed hoc quidem non est saepe faciendum nec umquam nisi aut rei publicae causa, ut ii, quos ante dixi, aut ulciscendi gratia, ut duo Luculli, aut patrocinii, ut nos pro Siculis, pro Sardis in Albucio Iulius In accusando etiam M Aquilio L Fufii cognita industria est Semel igitur aut non saepe certe Sin erit, cui faciendum sit saepius, rei publicae tribuat hoc muneris, cuius inimicos ulcisci saepius non est reprehendendum; modus tamen adsit Duri enim hominis, vel potius vix hominis videtur periculum capitis inferre multis Id cum periculosum ipsi est, tum etiam sordidum ad famam committere, ut accusator nominere; quod contigit M Bruto, summo genere nato, illius filio, qui iuris civilis in primis peritus fuit |
Tuttavia questo non si deve fare spesso, né mai se non in difesa dello Stato, come nel caso di quelli di cui ho parlato prima, o per vendicarsi, come nel caso dei due Luculli, o per difendere altri, come nella mia causa in difesa dei Siciliani e come fece Giulio in difesa dei Sardi, nel caso di Albucio Anche nell'accusa contro Manio Aquilio apparve chiara l'operosità di Lucio Fufio Si accusi, dunque, una sola volta o, almeno, non spesso Se invece, c'è qualcuno che debba ricorrere più spesso all'accusa, lo faccia come servizio per la patria; non si deve riprendere, difatti, il punire di frequente i suoi nemici Tuttavia ci vuole misura, perché ci si fa la fama di uomo crudele o piuttosto nemmeno di uomo, nel mettere molti in pericolo mortale E' pericoloso per se stessi ed anche infamante procurarsi la nomea di accusatore; ciò toccò a Marco Bruto, nato da nobilissima famiglia e figlio di quello che fu tra i migliori esperti di diritto civile |
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Atque etiam hoc praeceptum officii diligenter tenendum est, ne quem umquam innocentem iudicio capitis arcessas; id enim sine scelere fieri nullo pacto potest Nam quid est tam inhumanum, quam eloquentiam a natura ad salutem hominum et ad conservationem datam ad bonorum pestem perniciemque convertere Nec tamen, ut hoc fugiendum est, item est habendum religioni nocentem aliquando, modo ne nefarium impiumque defendere ; vult hoc multitudo, patitur consuetudo, fert etiam humanitas Iudicis est semper in causis verum sequi, patroni non numquam veri simile, etiam si minus sit verum, defendere, quod scribere, praesertim cum de philosophia scriberem, non auderem, nisi idem placeret gravissimo Stoicorum Panaetio |
Si deve anche diligentemente osservare questo precetto morale, di non chiamar mai in giudizio capitale un innocente: questa azione non può mai esser compiuta senza un'intenzione colpevole Che cos'è tanto inumano quanto il rivolgere l'eloquenza, data dalla natura per la salvezza degli uomini e per la loro protezione, alla rovina e al danno delle persone oneste E, come si deve evitare una tale macchia, ugualmente non dobbiamo farci scrupolo di difendere qualche volta un colpevole, purché non sia uno scellerato ed un empio: lo vuole il popolo, lo ammette la consuetudine e lo sollecita anche il sentimento d'umanità Il giudice deve seguire sempre il vero nelle cause, avvocato talvolta difendere anche il verosimile, pur se è meno vero;non l'avrei osato scrivere, soprattutto trattando di argomenti filosofici, se non fosse identica l'opinione di Panezio, il più serio degli Stoici |
Maxime autem et gloria paritur et gratia defensionibus, eoque maior, si quando accidit, ut ei subveniatur, qui potentis alicuius opibus circumveniri urgerique videatur, ut nos et saepe alias et adulescentes contra L Sullae dominantis opes pro Sex Roscio Amerino fecimus, quae, ut scis, extat oratio Sed eitis adulescentium officiis, quae valeant ad gloriam adipiscendam, deinceps de beneficentia ac de liberalitate dicendum est, cuius est ratio duplex Nam aut opera benigne fit indigentibus aut pecunia Facilior est haec posterior locupleti praesertim, sed illa lautior ac splendidior et viro forti claroque dignior |
Ma soprattutto le difese procurano gloria e gratitudine, e tanto maggiore, se talora accada di venire in aiuto di qualcuno, che sembra essere assediato ed oppresso dalle ricchezze di un potente, come feci io e molte altre volte e ancora adolescente contro la potenza di Lucio Silla in difesa di Sesto Roscio Amerino; questa orazione, come sai, resta tutt'ora Ma, esposti i doveri dei giovani che servono a conseguire la gloria, si deve poi parlare della beneficenza e della generosità Ne esistono due tipi: o si reca sollievo ai bisognosi con qualche azione o col denaro E' più facile quest'ultima cosa, soprattutto per un uomo ricco, ma la prima è più nobile, più splendida, più degna di un uomo forte ed illustre |
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Quamquam enim in utroque inest gratificandi liberalis voluntas, tamen altera ex arca, altera ex virtute depromitur, largitioque, quae fit ex re familiari, fontem ipsum benignitatis exhaurit; Ita benignitate benignitas tollitur, qua quo in plures usus sis, eo minus in multos uti possis At qui opera, id est virtute et industria, benefici et liberales erunt, primum, quo pluribus profuerint, eo plures ad benigne faciendum adiutores habebunt, dein consuetudine beneficentiae paratiores erunt et tamquam exercitatiores ad bene de multis promerendum Praeclare in epistula quadam Alexandrum filium Philippus accusat, quod largitione benivolentiam Macedonum consectetur: Quae te, malum inquit, ratio in istam spem induxit, ut eos tibi fideles putares fore, quos pecunia corrupisses |
Benché in entrambe vi sia la volontà generosa di far del bene, tuttavia l'una azione scaturisce da uno scrigno, l'altra dalla virtù; inoltre l'elargire mettendo mano al patrimonio familiare esaurisce la fonte stessa della beneficenza: cosi la beneficenza sopprime la beneficenza stessa: quanto più tu ne fai, tanto meno te ne puoi servire nei confronti di molte persone Coloro che, invece, saranno generosi con l'opera, cioè con la virtù e lo zelo, quante più persone avranno beneficato, tanto più troveranno collaboratori nel far del bene; inoltre per l'abitudine di beneficare saranno più preparati e quasi più esercitati a legare a sé molti coi benefici Con parole assai elette Filippo, in una lettera, accusa il figlio Alessandro di volersi procurare la benevolenza dei Macedoni con i donativi: Quale calcolo, diamine, ti indusse a tale speranza, sì da farti credere che ti saranno fedeli quelli che tu hai corrotto col denaro |
An tu id agis, ut Macedones non te regem suum, sed ministrum et praebitorem sperent fore Bene ministrum et praebitorem, quia sordidum regi, melius etiam, quod largitionem corruptelam dixit esse; fit enim deterior, qui accipit, atque ad idem semper expectandum paratior Hoc ille filio, sed praeceptum putemus omnibus Quam ob rem id quidem non dubium est, quin illa benignitas, quae constet ex opera et industria, et honestior sit et latius pateat et possit prodesse pluribus Non numquam tamen est largiendum nec hoc benignitatis genus omnino repudiandum est et saepe idoneis hominibus indigentibus de re familiari impertiendum, sed diligenter atque moderate Multi enim patrimonia effuderunt, inconsulte largiendo Quid autem est stultius quam quod libenter facias, curare ut id diutius facere non possis |
Oppure agisci in modo che i Macedoni sperino di avere in te non il loro re, ma il loro dispensiere e fornitore Disse bene dispensiere e fornitore , perché è vergognoso per un re; meglio ancora il fatto di aver definito corruzione il donativo: infatti colui che lo accetta diventa peggiore ed anche più pronto ad aspettarsela sempre Questo dice Filippo al figlio, ma noi dobbiamo giudicarlo un consiglio valido per tutti Perciò non c'è dubbio che quella beneficenza che consta dell'opera e dello zelo è più onesta e si estende più ampiamente e può giovare a più persone Tuttavia talvolta si devono fare delle elargizioni e questo genere di beneficenza non si deve del tutto evitare, e spesso bisogna far parte delle proprie sostanze a persone bisognose e meritevoli, pur con diligenza e moderazione Molti hanno dilapidato i loro patrimoni col donare sconsideratamente Che cosa c'è di più stolto del fare di tutto per non poter compiere più a lungo ciò che si farebbe volentieri |
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Atque etiam sequuntur largitionem rapinae;cum enim dando egere coeperunt, alienis bonis manus afferre coguntur Ita, cum benivolentiae comparandae causa benefici esse velint, non tanta studia assequuntur eorum, quibus dederunt, quanta odia eorum, quibus ademerunt Quam ob rem nec ita claudenda res est familiaris, ut eam benignitas aperire non possit, nec ita reseranda, ut pateat omnibus; modus adhibeatur isque referatur ad facultates Omnino meminisse debemus id, quod a nostris hominibus saepissime usurpatum iam in proverbii consuetudinem venit, largitionem fundum non habere Etenim quis potest modus esse, cum et idem, qui consueverunt et idem illud alii desiderent |
E le estorsioni tengono dietro alle elargizíoni; quando a forza di dare si incomincia ad aver bisogno, si è costretti a porre mano ai beni altrui Così, pur volendo esser benefici per procacciarsi la benevolenza, non si ottiene tanto l'affetto di quelli ai quali si è elargito, quanto l'odio di quelli ai quali si è tolto Perciò non bisogna, certo, chiudere a chiave il proprio patrimonio, si che non lo possa aprire la beneficenza, né deve essere tanto dischiuso da divenire accessibile a tutti; si adotti una misura, che sia proporzionata alle proprie possibilità economiche Dobbiamo senza dubbio ricordarci di ciò che, ripetuto assai spesso dai nostri uomini, è en trato ormai nell'uso proverbiale: il donare non ha fondo Infatti quale misura potrebbe esserci, quando quelli che vi sono abituati ed altri ancora desiderano la stessa cosa |
Omnino duo sunt genera largorum, quorum alteri prodigi, alteri liberales; prodigi, qui epulis et viscerationibus et gladiatorum muneribus ludorum venationumque apparatu pecunias profundunt in eas res, quarum memoriam aut brevem aut nullam omnino sint relicturi, liberales autem, qui suis facultatibus aut captos a praedonibus redimunt, aut aes alienum suscipiunt amicorum aut in filiarum collocatione adiuvant aut opitulantur vel in re quaerenda vel augenda Itaque miror, quid in mentem venerit Theophrasto, in eo libro, quem de divitiis scripsit, in quo multa praeclare, illud absurde: est enim multus in laudanda magnificentia et apparitione popularium munerum taliumque sumptuum facultatem fructum divitiarum putat Mihi autem ille fructus liberalitatis, cuius pauca exempla posui, multo et maior videtur et certior |
Vi sono, in genere, due classi di donatori, i prodighi ed i generosi; i prodighi elargiscono il loro denaro in banchetti, distribuzioni di carne e giuochi di gladiatori, nell'allestimento di spettacoli di caccia, in tutti quei divertimenti che lasceranno un breve ricordo o addirittura nessun ricordo; invece i generosi riscattano coi loro mezzi finanziari i prigionieri dai briganti o si accollano i debiti degli amici o li aiutano nel sistemare le figlie o danno loro delle sovvenzioni per acquistare un patrimonio o aumentarlo Perciò mi meraviglio di quel pensiero che è venuto in mente a Teofrasto nel suo libro sulle ricchezze, in cui ha detto molte cose egregiamente, ma è assurdo questo: è largo, infatti, di lodi per la magnificenza e lo sfarzo delle feste popolari e ritiene frutto delle ricchezze la possibilità di tali allestimenti A me, invece, quel frutto della generosità di cui ho fornito pochi esempi sembra molto più grande e sicuro |
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Quanto Aristoteles gravius et verius nos reprehendit, qui has pecuniarum effusiones non admiremur, quae fiunt ad multitudinem deleniendam At ii, qui ab hoste obsidentur, si emere aquae sextarium cogerentur mina, hoc primo incredibile nobis videri omnesque mirari, sed cum adtenderint, veniam necessitati dare, in his immanibus iacturis infinitisque sumptibus nihil nos magnopere mirari, cum praesertim neque necessitati subveniatur nec dignitas augeatur ipsaque illa delectatio multitudinis ad breve exiguumque tempus capiatur eaque a levissimo quoque, in quo tamen ipso una cum satietate memoria quoque moriatur voluptatis Bene etiam colligit haec pueris et mulierculis et servis et servorum simillimis liberis esse grata, gravi vero homini et ea, quae fiunt, iudicio certo ponderanti probari posse nullo modo |
Con quale maggiore serietà e verità Aristotele ci mette in guardia perché non ammiriamo questi sperperi di denaro, che non hanno altro scopo che adescare il popolo Dice infatti che se degli assediati dal nemico fossero costretti a comprare un quartino d'acqua al prezzo d'una mina, sulle prime questo ci sembrerebbe incredibile e tutti si meraviglierebbero, ma, ripensandoci, farebbero una concessione alla necessità; noi, invece, non ci meravigliamo affatto di questi eccessivi sprechi e infinite spese, tanto più che così non veniamo incontro ad alcune necessità, e non si accresce la nostra dignità, e quel gran divertimento della moltitudine per breve ed esiguo tempo, ed è goduto dalla gente di rango più basso, in cui, insieme con la sazietà, si spegne anche il ricordo del piacere E conclude anche giustamente: Questo fa piacere ai fanciulli alle donnicciole, agli schiavi e a quegli uomini liberi assai simili agli schiavi; ma dall'uomo serio, che riflette con fermo giudizio su ciò che accade, non possono essere in alcun modo approvate |