Liberalis noster nunc tristis est nuntiato incendio quo Lugdunensis colonia exusta est; movere hic casus quemlibet posset, nedum hominem patriae suae amantissimum Quae res effecit ut firmitatem animi sui quaerat, quam videlicet ad ea quae timeri posse putabat exercuit Hoc vero tam inopinatum malum et paene inauditum non miror si sine metu fuit, cum esset sine exemplo; multas enim civitates incendium vexavit, nullam abstulit Nam etiam ubi hostili manu in tecta ignis inmissus est, multis locis deficit, et quamvis subinde excitetur, raro tamen sic cuncta depascitur ut nihil ferro relinquat Terrarum quoque vix umquam tam gravis et perniciosus fuit motus ut tota oppida everteret Numquam denique tam infestum ulli exarsit incendium ut nihil alteri superesset incendio |
Ora il nostro Liberale è triste: ha saputo dell'incendio che ha distrutto la colonia di Lione; è una disgrazia che commuoverebbe chiunque,a maggior ragione un uomo molto amante della sua patria In questa circostanza ha fatto invano appello alla sua fermezza d'animo: evidentemente l'aveva esercitata per le disgrazie che riteneva possibili In realtà non mi stupisco che non avesse temuto una calamità così imprevedibile e quasi inaudita, poiché non aveva precedenti: incendi hanno devastato molte città, ma non ne hanno mai cancellata nessuna Anchequando il fuoco alle case lo appiccano i nemici, molti focolai si spengono e, sebbene venga ripetutamente attizzato, è raro che divori tutto e non lasci niente alle armi Anche il terremoto fu di rado così grave e disastroso da annientare città intere E poi non divampò mai in nessun luogo un incendio tanto rovinoso che non rimanesse niente per un altro incendio |
Tot pulcherrima opera, quae singula inlustrare urbes singulas possent, una nox stravit, et in tanta pace quantum ne bello quidem timeri potest accidit Quis hoc credat ubique armis quiescentibus, cum toto orbe terrarum diffusa securitas sit, Lugudunum, quod ostendebatur in Gallia, quaeritur Omnibus fortuna quos publice adflixit quod passuri erant timere permisit; nulla res magna non aliquod habuit ruinae suae spatium: in hac una nox interfuit inter urbem maximam et nullam Denique diutius illam tibi perisse quam perit narro Haec omnia Liberalis nostri adfectum inclinant, adversus sua firmum et erectum Nec sine causa concussus est: inexpectata plus adgravant; novitas adicit calamitatibus pondus, nec quisquam mortalium non magis quod etiam miratus est doluit |
bastata una sola notte ad abbattere tante stupende costruzioni, ognuna delle quali avrebbe potuto dare lustro a una città, e in un periodo di pace così completa è accaduto quanto non si potrebbe temere neanche in guerra Chi lo crederebbe Mentre ovunque tacciono le armi e c'è tranquillità nel mondo intero, si cerca invano Lione, vanto della Gallia La fortuna ha sempre concesso a tutte le vittime di una calamità di prevedere i mali che avrebbero subìto; tutto quello che è grande non precipita improvvisamente: in questo caso è intercorsa una sola notte fra l'esistenza di una città grandissima e la sua sparizione Insomma, è scomparsa più rapidamente di quanto te lo racconto Tutti questi avvenimenti abbattono l'animo del nostro Liberale, che pure si è dimostrato saldo e coraggioso di fronte alle sue sventure e a ragione ne è rimasto sconvolto: gli imprevisti gravano maggiormente; l'inatteso rende più pesanti le disgrazie e per tutti gli uomini il doloreè più acuto se sono colti di sorpresa |
Ideo nihil nobis inprovisum esse debet; in omnia praemittendus animus cogitandumque non quidquid solet sed quidquid potest fieri Quid enim est quod non fortuna, cum voluit, ex florentissimo detrahat quod non eo magis adgrediatur et quatiat quo speciosius fulget Quid illi arduum quidve difficile est Non una via semper, ne trita quidem incurrit: modo nostras in nos manus advocat, modo suis contenta viribus invenit pericula sine auctore Nullum tempus exceptum est: in ipsis voluptatibus causae doloris oriuntur Bellum in media pace consurgit et auxilia securitatis in metum transeunt: ex amico fit inimicus, hostis ex socio In subitas tempestates hibernisque maiores agitur aestiva tranquillitas Sine hoste patimur hostilia, et cladis causas, si alia deficiunt, nimia sibi felicitas invenit |
4 Non ci deve essere, perciò per noi niente di imprevisto: è bene considerare ogni eventualità e pensarenon a quello che generalmente accade, ma a quello che può accadere C'è qualcosa che la sorte non possa togliere - basta che lo voglia - quando si è all'apice della prosperità Che non assalga e abbatta con tanta maggiore violenza quanto più è vistoso e splendente Non c'è niente di arduo, niente di difficile per lei Il modo in cui ci assale non è uno solo e nemmeno sempre lo stesso, Ora ci volge contro le nostre stesse mani, ora, paga delle sue forze, ci crea da sola pericoli senza interventi esterni Nessuna circostanza fa eccezione: anche in mezzo ai piaceri nascono motivi di dolore La guerra scoppia mentre regna la pace e quanto ci dava sicurezza si trasforma in paura; l'amico ora è un avversario, l'alleato un nemico Dalla tranquillità estiva si passa a tempeste improvvise e più violente di quelle invernali I mali che subiamo non ci vengono da nemici e i motivi di sventura, se ne mancano altri, l'eccessiva prosperità li trova da sé |
Maybe you might be interested

Seneca, Lettere a Lucilio: Libro 02 Parte 02
Latino: dall'autore Seneca, opera Lettere a Lucilio parte Libro 02 Parte 02
Invadit temperantissimos morbus, validissimos pthisis, innocentissimos poena, secretissimos tumultus; eligit aliquid novi casus per quod velut oblitis vires suas ingerat Quidquid longa series multis laboribus, multa deum indulgentia struxit, id unus dies spargit ac dissipat Longam moram dedit malis properantibus qui diem dixit: hora momentumque temporis evertendis imperis sufficit Esset aliquod inbecillitatis nostrae solacium rerumque nostrarum si tam tarde perirent cuncta quam fiunt: nunc incrementa lente exeunt, festinatur in damnum Nihil privatim, nihil publice stabile est; tam hominum quam urbium fata volvuntur Inter placidissima terror existit nihilque extra tumultuantibus causis mala unde minime expectabantur erumpunt |
La malattia colpisce gli uomini più temperanti, la tisi i più robusti, la punizione i più innocenti, le rivolte quelli che più vivono in disparte; il destino sceglie qualche nuovo sistema per imporre le proprie forze se ce ne fossimo dimenticati Basta un solo giorno a disperdere e distruggere quello che è stato costruito a prezzo di dure fatiche col favore degli dèi in una lunga serie di anni Dire un giorno è dare una scadenza troppo lunga ai mali che ci incalzano: basta un'ora, anzi, un istante per distruggere un impero Sarebbe una consolazione per la nostra debolezza e per i nostri beni se tutto andasse in rovina con la stessa lentezza con cui si produce e, invece, l'incremento è graduale, la rovina precipitosa Non c'è stabilità individuale, e nemmeno collettiva; il destino ha un suo corso sia per gli uomini, che per le città Il terrore nasce nella calma più assoluta e i mali erompono là da dove erano del tutto inaspettati, senza cause apparenti |
Quae domesticis bellis steterant regna, quae externis, inpellente nullo ruunt: quota quaeque felicitatem civitas pertulit Cogitanda ergo sunt omnia et animus adversus ea quae possunt evenire firmandus Exilia, tormenta morbi, bella, naufragia meditare Potest te patriae, potest patriam tibi casus eripere, potest te in solitudines abigere, potest hoc ipsum in quo turba suffocatur fieri solitudo Tota ante oculos sortis humanae condicio ponatur, nec quantum frequenter evenit sed quantum plurimum potest evenire praesumamus animo, si nolumus opprimi nec illis inusitatis velut novis obstupefieri; in plenum cogitanda fortuna est Quotiens Asiae, quotiens Achaiae urbes uno tremore ceciderunt Quot oppida in Syria, quot in Macedonia devorata sunt Cypron quotiens vastavit haec clades Quotiens in se Paphus corruit |
I regni che avevano resistito alle lotte civili e alle guerre crollano senza nessuna spinta: ben poche città hanno mantenuto una prospera condizione Bisogna, quindi, considerare ogni eventualità e rafforzare l'animo contro i possibili mali Pensa all'esilio, alle sofferenze, alle guerre, ai naufragi Un caso potrebbe strappare te alla patria o la patria a te, potrebbe cacciarti inun deserto, un deserto potrebbe diventare perfino questo luogo dove la folla boccheggia Mettiamoci sotto gli occhi ogni aspetto del destino umano: non figuriamoci quanto accade spesso, ma quanto può con grandissima probabilità accadere, se non vogliamo farci schiacciare e rimanere attoniti di fronte a eventi insoliti come se fossero straordinari; la fortuna va considerata nella sua totalità Quante volte città dell'Asia, città della Grecia sono crollate per una sola scossa tellurica Quante città in Siria, quante in Macedonia sono state ingoiate dalla terra Quante volte Cipro è stata devastata da questa calamità Quante volte Pafo è precipitata su se stessa |
Maybe you might be interested

Seneca, Lettere a Lucilio: Libro 01
Latino: dall'autore Seneca, opera Lettere a Lucilio parte Libro 01
Frequenter nobis nuntiati sunt totarum urbium interitus, et nos inter quos ista frequenter nuntiantur, quota pars omnium sumus Consurgamus itaque adversus fortuita et quidquid inciderit sciamus non esse tam magnum quam rumore iactetur Civitas arsit opulenta ornamentumque provinciarum quibus et inserta erat et excepta, uni tamen inposita et huic non latissimo monti: omnium istarum civitatium quas nunc magnificas ac nobiles audis vestigia quoque tempus eradet Non vides quemadmodum in Achaia clarissimarum urbium iam fundamenta consumpta sint nec quicquam extet ex quo appareat illas saltem fuisse |
Abbiamo spesso avuto notizia della rovina di tante città e noi, a cui vengono di frequente annunziate queste disgrazie, che minima parte siamo dell'umanità Leviamoci, dunque, contro i casi fortuiti, consapevoli che la gravità dell'accaduto è inferiore a quanto si va dicendo bruciata una città ricca, fregio delle province di cui faceva parte in posizione di spicco e tuttavia costruita su un solo colle e per giunta non molto grande: il tempo cancellerà anche le tracce di tutte queste città di cui ora senti celebrare la magnificenza e la fama Ma non lo vedi che in Grecia sono ormai corrose le fondamenta di città celebri e non rimane niente che indichi almeno la loro passata esistenza |
Non tantum manu facta labuntur, nec tantum humana arte atque industria posita vertit dies: iuga montium diffluunt, totae desedere regiones, operta sunt fluctibus quae procul a conspectu maris stabant; vasta vis ignium colles per quos relucebat erosit et quondam altissimos vertices, solacia navigantium ac speculas, ad humile deduxit Ipsius naturae opera vexantur et ideo aequo animo ferre debemus urbium excidia Casurae stant; omnis hic exitus manet, sive ventorum interna vis flatusque per clusa violenti pondus sub quo tenentur excusserint, sive torrentium impetus in abdito vastior obstantia effregerit, sive flammarum violentia conpaginem soli ruperit, sive vetustas, a qua nihil tutum est, expugnaverit minutatim, sive gravitas caeli egesserit populos et situs deserta corruperit |
Non decade solo quello che costruiamo con le nostre mani, il tempo nondistrugge soltanto i frutti dell'arte e dell'operosità umana: le vette dei monti si disfano, intere regioni sprofondano, vengono sommersi dalle onde luoghi che erano lontani persino dalla vista del mare; il fuoco, con la sua enorme violenza, ha eroso i colli sui quali risplendeva, e abbassatocime prima altissime, sollievo dei naviganti e punti di vedetta Anche le opere della natura vengono devastate e perciò dobbiamo sopportareserenamente la rovina delle città Si ergono destinate a cadere: questa è la fine che le aspetta tutte, sia che la forza interna dei venti e il loro soffio impetuoso attraverso luoghi chiusi faccia precipitare i muri che li serrano, sia che la furia dei torrenti, più terribile nel sottosuolo, infranga ogni resistenza, sia che la violenza delle fiamme crepi la massa compatta del terreno, sia che la vecchiaia, cui niente scampa, le faccia capitolare a poco a poco, sia che il clima insalubre scacci le popolazioni e la muffa guasti quei luoghi ormai deserti |
Maybe you might be interested

Seneca, Lettere a Lucilio: Libri 09-10 Parte 02
Latino: dall'autore Seneca, opera Lettere a Lucilio parte Libri 09-10 Parte 02
Enumerare omnes fatorum vias longum est Hoc unum scio: omnia mortalium opera mortalitate damnata sunt, inter peritura vivimus Haec ergo atque eiusmodi solacia admoveo Liberali nostro incredibili quodam patriae suae amore flagranti, quae fortasse consumpta est ut in melius excitaretur Saepe maiori fortunae locum fecit iniuria: multa ceciderunt ut altius surgerent Timagenes, felicitati urbis inimicus, aiebat Romae sibi incendia ob hoc unum dolori esse, quod sciret meliora surrectura quam arsissent In hac quoque urbe veri simile est certaturos omnes ut maiora celsioraque quam amisere restituant Sint utinam diuturna et melioribus auspiciis in aevum longius condita Nam huic coloniae ab origine sua centensimus annus est, aetas ne homini quidem extrema |
Tutte le vie del destino sarebbe lungo elencarle Io so solo questo: ogni opera dei mortali è condannata a morte sicura, viviamo fra cose destinate a finire Perciò al nostro Liberale che arde di un amore straordinario per la sua patria - e forse è stata distrutta per risorgere migliore - rivolgo questee altre simili parole di conforto Spesso una disgrazia apre la strada a un destino più felice: molte opere sono risorte più splendide dalla lororovina Timagene, ostile alla fortuna di Roma, diceva che gli incendi di quella città lo facevano soffrire solo perché sapeva che sarebbero sortiedifici migliori di quelli bruciati probabile che anche in questa città tutti faranno a gara per ricostruire edifici più imponenti e grandiosi di prima Voglia il cielo che viva nel tempo e sia edificata con auspici più fausti e durevoli Dalla fondazione di questa colonia sono passati cento anni, che non sono il limite massimo neppure per un uomo |
A Planco deducta in hanc frequentiam loci opportunitate convaluit: quot tamen gravissimos casus intra spatium humanae senectutis Itaque formetur animus ad intellectum patientiamque sortis suae et sciat nihil inausum esse fortunae, adversus imperia illam idem habere iuris quod adversus imperantis, adversus urbes idem posse quod adversus homines Nihil horum indignandum est: in eum intravimus mundum in quo his legibus vivitur Placet: pare Non placet: quacumque vis exi Indignare si quid in te iniqui proprie constitutum est; sed si haec summos imosque necessitas alligat, in gratiam cum fato revertere, a quo omnia resolvuntur Non est quod nos tumulis metiaris et his monumentis quae viam disparia praetexunt: aequat omnis cinis Inpares nascimur, pares morimur Idem de urbibus quod de urbium incolis dico: tam Ardea capta quam Roma est |
Fondata da Planco, ebbe questo aumento demografico per la sua posizione favorevole: ma quante terribili disgrazie ha subìto nello spazio di una vita umana Sappia, dunque, il nostro animo comprendere e sopportare il proprio destino, sappia che la fortuna può osare tutto e ha gli stessi diritti sull'autorità e su chi la detiene e lo stesso potere sulla città e sui cittadini Non indignamoci per questi fatti: sono le leggi cheregolano la vita dell'universo di cui facciamo parte Ti va bene: accettale Non ti va bene: vattene per la via che preferisci Potresti sdegnarti se l'ingiustizia fosse deliberata esclusivamente contro di te; ma se questa è una necessità che vincola tutti, dal più piccolo al piùgrande, riconcìliati col destino, che tutto viola Non giudicare gli uomini dalla diversità dei monumenti funebri e delle tombe che adornano le strade: la cenere rende tutti uguali Nasciamo diversi, moriamo uguali Quanto dico per le città, vale anche per chi le abita: fu conquistata Ardea, fu conquistata Roma |
Maybe you might be interested

Seneca, Lettere a Lucilio: Libri 05-06 Parte 03
Latino: dall'autore Seneca, opera Lettere a Lucilio parte Libri 05-06 Parte 03
Conditor ille iuris humani non natalibus nos nec nominum claritate distinxit, nisi dum sumus: ubi vero ad finem mortalium ventum est, 'discede' inquit 'ambitio: omnium quae terram premunt siremps lex esto' Ad omnia patienda pares sumus; nemo altero fragilior est, nemo in crastinum sui certior Alexander Macedonum rex discere geometriam coeperat, infelix, sciturus quam pusilla terra esset, ex qua minimum occupaverat Ita dico: 'infelix' ob hoc quod intellegere debebat falsum se gerere cognomen: quis enim esse magnus in pusillo potest Erant illa quae tradebantur subtilia et diligenti intentione discenda, non quae perciperet vesanus homo et trans oceanum cogitationes suas mittens 'Facilia' inquit 'me doce' Cui praeceptor 'ista' inquit 'omnibus eadem sunt, aeque difficilia' |
L'autore delle leggi umane ci ha distinto per nascita o per fama solo nell'arco della nostra vita: ma quando giunge lafine per gli uomini, dice: Vattene, ambizione: la legge sia identica per tutti gli esseri che calcano questa terra Siamo uguali di fronte alla sofferenza; nessuno è più debole dell'altro, nessuno è più certo del domani Alessandro, re dei Macedoni, aveva incominciato a studiare la geometria per sapere, infelice, quanto fosse piccola la terra di cui aveva occupato una minima parte Infelice - dico - perché avrebbe dovuto capire che il suo soprannome era sbagliato: chi può essere grande in pochissimo spazio Gli argomenti che gli venivano insegnati erano sottili e bisognavastudiarli con grande attenzione: non era in grado di capirli un pazzo, che indirizzava i suoi pensieri al di là dell'oceano Insegnami nozionifacili, disse Sono le stesse per tutti, ugualmente difficili, gli rispose il precettore |