Petronio, Satyricon: 01 - 15

Petronio, Satyricon: 01 - 15

Latino: dall'autore Petronio, opera Satyricon parte 01 - 15
[I] 'Num alio genere Furiarum declamatores inquietantur, qui clamant: 'Haec vulnera pro libertate publica excepi; hunc oculum pro vobis impendi: date mihi ducem, qui me ducat ad liberos meos, nam succisi poplites membra non sustinent'

Haec ipsa tolerabilia essent, si ad eloquentiam ituris viam facerent

Nunc et rerum tumore et sententiarum vanissimo strepitu hoc tantum proficiunt ut, cum in forum venerint, putent se in alium orbem terrarum delatos
1 Sono forse di un altro tipo le smanie che tormentano i declamatori quando affermano: 'Queste ferite me le sono procurate per la libertà del paese; quest'occhio l'ho perso per voi; datemi una guida che mi guidi dai miei figli perché i garretti recisi non mi reggono più in piedi'

Sproloqui come questi sarebbero di per sé sopportabili se facilitassero la strada a quelli che vogliono darsi all'oratoria

Ma a forza di tirate piene di niente e frasi berciate a vanvera, il solo effetto che ne deriva è di farli sentire in un altro mondo non appena mettono piede nel foro
Et ideo ego adulescentulos existimo in scholis stultissimos fieri, quia nihil ex his, quae in usu habemus, aut audiunt aut vident, sed piratas cum catenis in litore stantes, sed tyrannos edicta scribentes quibus imperent filiis ut patrum suorum capita praecidant, sed responsa in pestilentiam data, ut virgines tres aut plures immolentur, sed mellitos verborum globulos, et omnia dicta factaque quasi papavere et sesamo sparsa

[II] 'Qui inter haec nutriuntur, non magis sapere possunt quam bene olere qui in culina habitant

Pace vestra liceat dixisse, primi omnium eloquentiam perdidistis

Levibus enim atque inanibus sonis ludibria quaedam excitando, effecistis ut corpus orationis enervaretur et caderet

Nondum iuvenes declamationibus continebantur, cum Sophocles aut Euripides invenerunt verba quibus deberent loqui
Ed è per questo, a parer mio, che nelle scuole i ragazzi rimbecilliscono perché non vedono e non sentono niente di quello che abbiamo sotto mano, ma solo pirati che tendono agguati sulle spiagge con tanto di catene, tiranni che emettono editti con l'ordine ai figli di tagliare la testa ai propri padri, responsi di oracoli che impongono di immolare tre o più verginelle per placare un'epidemia, o ancora bolle di parole in salsa di miele e tutti quei fatti e detti che sono come conditi col sesamo e il papavero

2 Chi va avanti nutrendosi di questa roba, non può avere gusto più di quanto non profumino quelli che vivono in cucina

Lasciatemelo dire, vi prego, ma l'eloquenza siete stati voi retori i primi a rovinarla

Grazie ai vostri giochetti deliranti con suoni vacui e inutili svolazzi, avete snervato il corpo del discorso facendolo crollare a terra

I giovani non si erano ancora impastoiati nelle declamazioni, quando Sofocle o Euripide trovarono le parole con le quali dovevano esprimersi
Nondum umbraticus doctor ingenia deleverat, cum Pindarus novemque lyrici Homericis versibus canere timuerunt

Et ne poetas quidem ad testimonium citem, certe neque Platona neque Demosthenen ad hoc genus exercitationis accessisse video

Grandis et, ut ita dicam, pudica oratio non est maculosa nec turgida, sed naturali pulchritudine exsurgit

Nuper ventosa istaec et enormis loquacitas Athenas ex Asia commigravit animosque iuvenum ad magna surgentes veluti pestilenti quodam sidere adflavit, semelque corrupta regula eloquentia stetit et obmutuit

Ad summam, quis postea Thucydidis, quis Hyperidis ad famam processit

Ac ne carmen quidem sani coloris enituit, sed omnia quasi eodem cibo pasta non potuerunt usque ad senectutem canescere

Pictura quoque non alium exitum fecit, postquam Aegyptiorum audacia tam magnae artis compendiariam invenit'
e il maestro in naftalina non aveva ancora danneggiato gli ingegni, quando Pindaro e i nove lirici rinunciarono a cantare sui ritmi di Omero

E per non citare soltanto i poeti, a quanto ne so, né Platone né Demostene si diedero mai a questo genere di esercizi

L'oratoria grande e - mi verrebbe da dire - onesta non vive di trucchi né di gonfiature, ma svetta per bellezza naturale

da poco che questa logorrea tutta vuoti e turgori si è abbattuta dall'Asia su Atene, e come una stella del male ha invasato le menti delle giovani promesse, così che, una volta corrotti i princìpi, l'eloquenza è rimasta basita nel suo silenzio

Insomma, chi è più riuscito a uguagliare la fama di un Tucidide o di un Iperide

Ma neppure la poesia ha più avuto un bell'aspetto, e tutti i suoi generi, come se si fossero nutriti dello stesso cibo, non sono riusciti a invecchiare fino ad avere i capelli bianchi

Alla pittura è toccata la stessa sorte, quando quegli sfrontati degli Egizi hanno trovato la scorciatoia per un'arte tanto eccelsa

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Petronio, Satyricon: 61-75
Petronio, Satyricon: 61-75

Latino: dall'autore Petronio, opera Satyricon parte 61-75

[III] Non est passus Agamemnon me diutius declamare in porticu, quam ipse in schola sudaverat, sed: 'Adulescens, inquit, quoniam sermonem habes non publici saporis et, quod rarissimum est, amas bonam mentem, non fraudabo te arte secreta

nimirum in his exercitationibus doctores peccant qui necesse habent cum insanientibus furere

Nam nisi dixerint quae adulescentuli probent, ut ait Cicero, 'soli in scolis relinquentur'

Sicut ficti adulatores cum cenas divitum captant, nihil prius meditantur quam id quod putant gratissimum auditoribus fore -- nec enim aliter impetrabunt quod petunt, nisi quasdam insidias auribus fecerint -- sic eloquentiae magister, nisi tanquam piscator eam imposuerit hamis escam, quam scierit appetituros esse pisciculos, sine spe praedae morabitur in scopulo

[IV] 'Quid ergo est
3 Ad Agamennone non andò a genio che io declamassi nel portico più a lungo di quanto lui non avesse sudato a scuola e disse: Giovanotto, visto che la tua tirata non incontra il gusto della gente e, cosa davvero insolita, hai del sale in zucca, voglio svelarti i segreti del mestiere

In questi esercizi la colpa non è di certo dei maestri: passando il tempo coi dementi, finiscono per diventare dementi anche loro

Infatti se non insegnassero quello che aggrada ai ragazzini, come dice Cicerone 'a scuola ci rimarrebbero solo loro'

Prendi gli adulatori da commedia: per scroccare pranzi ai ricchi rimuginano tra sé e sé solo quello che a loro parere manderà in visibilio l'uditorio - e infatti non riescono mai a ottenere quel che desiderano se non tendono qualche trabocchetto alle orecchie -Stessa cosa per il maestro di eloquenza: come il pescatore, se non attacca all'amo l'esca che piace ai pesciolini, resterà sullo scoglio senza che abbocchi mai nulla

4 E allora che fare
Parentes obiurgatione digni sunt, qui nolunt liberos suos severa lege proficere

Primum enim sic ut omnia, spes quoque suas ambitioni donant

Deinde cum ad vota properant, cruda adhuc studia in forum impellunt, et eloquentiam, qua nihil esse maius confitentur, pueris induunt adhuc nascentibus

Quod si paterentur laborum gradus fieri, ut sapientiae praeceptis animos componerent, ut verba atroci stilo effoderent, ut quod vellent imitari diti audirent, sibi nihil esse magnificum quod pueris placeret: iam illa grandis oratio haberet maiestatis suae pondus

Nunc pueri in scholis ludunt, iuvenes ridentur in foro, et quod utroque turpius est, quod quisque perperam didicit, in senectute confiteri non vult
coi genitori che bisogna prendersela perché non vogliono che i loro rampolli facciano progressi sottostando a severa disciplina

Tanto per cominciare sacrificano tutto, ivi incluse le proprie aspettative, all'ambizione

In secondo luogo, pur di centrare in fretta gli obiettivi, buttano nel foro dei ragazzotti immaturi, e imbottiscono di retorica - che a loro detta non ha eguali - dei bambinetti appena nati

Se invece lasciassero allo studio uno sviluppo graduale, permettendo così ai giovani di modellare le proprie menti sui precetti della filosofia, di migliorare lo stile con rigore impietoso, e di soffermarsi a lungo sui modelli da imitare, convincendosi che non è affatto una gran cosa quello che piace ai bambini, allora sì che la grande oratoria ritroverebbe tutto il prestigio della sua maestà

Ma al giorno d'oggi a scuola i ragazzi passano il tempo a giocare, nel foro i giovani si rendono ridicoli e - cosa ben più umiliante - i vecchi non hanno il coraggio di ammettere di aver studiato in passato soltanto boiate

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Petronio, Satyricon: 31-45
Petronio, Satyricon: 31-45

Latino: dall'autore Petronio, opera Satyricon parte 31-45

Sed ne me putes improbasse schedium Lucilianae humilitatis, quod sentio, et ipse carmine effingam: [V] 'Artis severae si quis ambit effectusmentemque magnis applicat, prius moresfrugalitatis lege poliat exacta

Nec curet alto regiam trucem vultu cliensve cenas inpotentium captet, nec perditis addictus obruat vino mentis calorem; neve plausor in scenam sedeat redemptus histrioniae addictus

Sed sive armigerae rident Tritonidis arces,seu Lacedaemonio tellus habitata colonoSirenumque domus, det primos versibus annos Maeoniumque bibat felici pectore fontem

Mox et Socratico plenus grege mittat habenas liber, et ingentis quatiat Demosthenis arma

Hinc Romana manus circumfluat, et modo Graio exonerata sono mutet suffusa saporem

Interdum subducta foro det pagina cursum,et fortuna sonet celeri distincta meatu
Ma perché tu non debba pensare che io ce l'ho con le improvvisazioni alla buona alla maniera di Lucilio, eccoti la mia opinione in versi:5 Chi punta agli effetti di un'arte austera e rivolge la mente a grandi cose, depuri innanzitutto i suoi costumi con princìpi severi

Sdegni con viso aperto la reggia truce,non punti a mense ricche da cliente di signori, non si mescoli alla feccia svilendo nel vino la fiamma del talento, né sieda in teatro a fare da claque al soldo di un istrione

Ma sia che gli sorrida la rocca di Pallade in armi, o la terra abitata dal colono spartano o la dimora delle Sirene, dedichi ai versi i suoi primi anni e beva con animo lieto al fonte Meonio

Poi, dopo aver pascolato col gregge di Socrate,spazi pure libero a briglie sciolte brandendo le possenti armidi Demostene

Lo circondi quindi la massa dei Romani, e libera dai ritmi greci lo infonda di inediti aromi

Talora lasci il Foro la penna e fugga via nel vento,e la Sorte risuoni scandita da un ritmo veloce
Dent epulas et bella truci memorata canore,grandiaque indomiti Ciceronis verba minentur

Hi animum succinge bonis: sic flumine largoplenus Pierio defundes pectore verba'

[VI] Dum hunc diligentius audio, non notavi mihi Ascylti fugam

Et dum in hoc dictorum aestu in hortis incedo, ingens scolasticorum turba in porticum venit, ut apparebat, ab extemporali declamatione nescio cuius, qui Agamemnonis suasoriam exceperat

Dum ergo iuvenes sententias rident ordinemque totius dictionis infamant, opportune subduxi me et cursim Ascylton persequi coepi

Sed nec viam diligenter tenebam quia nec quo loco stabulum esset sciebam
Diano pure lo spunto conflitti cantati da truce cantore,solenni tuonino le parole dell'indomito Cicerone

Adòrnati l'animo di queste bellezze: invaso da simili acque feconde, verserai dal tuo petto parole degne delle Muse

6 Occupato com'ero ad ascoltarlo, non mi rendo conto che Ascilto se l'era squagliata

E mentre passeggiavo in giardino nell'imperversare di quel mare di parole, arriva sotto il portico una gran massa di studenti, reduci, lo si capiva benissimo, dalla declamazione estemporanea di un pincopallino che aveva attaccato a parlare dopo l'esibizione di Agamennone

Così, mentre quei giovani se la ridevano dei temi trattati e criticavano l'intera struttura del discorso, prendo la palla al balzo e me la svigno, buttandomi di corsa sulle tracce di Ascilto

Non seguivo però un percorso preciso, né mi ricordavo dove fosse la mia locanda

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Petronio, Satyricon: 132-141
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Latino: dall'autore Petronio, opera Satyricon parte 132-141

Itaque quocumque ieram, eodem revertabar, donec et cursu fatigatus et sudore iam madens accedo aniculam quandam, quae agreste holus vendebat et: [VII] 'Rogo, inquam, mater, numquid scis ubi ego habitem

Delectata est illa urbanitate tam stulta et: 'Quidni sciam

inquit, consurrexitque et coepit me praecedere

Divinam ego putabam et subinde ut in locum secretiorem venimus, centonem anus urbana reiecit et: 'Hic, inquit, debes habitare'

Cum ego negarem me agnoscere domum, video quosdam inter titulos nudasque meretrices furtim spatiantes

Tarde, immo iam sero intellexi me in fornicem esse deductum

Execratus itaque aniculae insidias operui caput et per medium lupanar fugere coepi in alteram partem, cum ecce in ipso aditu occurrit mihi aeque lassus ac moriens Ascyltos: putares ab eadem anicula esse deductum
E così, dovunque mi dirigessi, continuavo a ritrovarmi al punto di partenza, finché, sfinito dalla corsa e ormai fradicio di sudore, mi accosto a una vecchietta che vendeva verdure dei campi e le chiedo:7 Senti un po', nonnina, sai mica dove abito

Divertita dalla demenza della mia battuta: Lo so sì

Risponde, si alza e comincia a farmi strada

Io credevo fosse un'indovina e dopo un po' arriviamo in una zona fuori mano: lì quello spasso di vecchietta scosta una tenda color birulò e fa: Mi sa che abiti qua

E mentre io le ripetevo che quella casa non l'avevo mai vista, vedo dei tizi che si aggirano furtivi in mezzo a delle scritte invitanti e a prostitute senza niente addosso

Capisco allora, anche se è ormai troppo tardi, di essermi lasciato trascinare in un bordello

Così, imprecando contro il tiro giocatomi dalla vecchia, mi copro la testa e, attraversando il bordello, me la dò a gambe verso la parte opposta, quando ecco che proprio sulla porta mi imbatto in Ascilto pure lui stanco morto come me
Itaque ut ridens eum consalutavi, quid in loco tam deformi faceret quaesivi

[VIII] Sudorem ille manibus detersit et: 'Si scires, inquit, quae mihi acciderunt

Quid novi'

inquam ego

At ille deficiens: 'Cum errarem, inquit, per totam civitatem nec invenirem quo loco stabulum reliquissem, accessit ad me pater familiae et ducem se itineris humanissime promisit

Per anfractus deinde obscurissimos egressus in hunc locum me perduxit, prolatoque peculis coepit rogare stuprum

Iam pro cella meretrix assem exegerat, iam ille mihi iniecerat manum et nisi valentior fuissem, dedissem poenas

adeo ubique omnes mihi videbantur satureum bibisse iunctis viribus molestum contempsimus

[IX] Quasi per caliginem vidi Gitona in crepidine semitae stantem et in eundem locum me conieci
Probabile che lì ce l'avesse trascinato la stessa nonnina; perciò lo saluto con una risata e gli chiedo che cosa ci fa in un buco tanto laido

8 Lui si asciuga il sudore con le mani ed esclama: Se solo sapessi cosa m'è capitato

E come faccio a saperlo

gli faccio io

Ma lui, con un filo di voce, aggiunge: Mentre stavo girando la città in lungo e in largo senza trovare dove avevo lasciato il nostro alloggio, mi si accosta un tipo stile padre di famiglia e gentilissimo promette di farmi strada lui

Poi però, attraverso una serie di vicoli uno peggio dell'altro, mi ha trascinato fino qua e, tirando fuori di tasca i soldi, ha iniziato a insistere perché cedessi alle sue voglie

La tenutaria si era già presa i soldi della stanza, quello aveva già iniziato a mettermi le mani addosso, e se non fossi stato più grosso di lui, l'avrei pagata cara

A tal punto mi sembrava che tutti lì intorno avessero tracannato satirio; unendo le forze ci sbarazzammo di quel rompipalle

9 [ENCOLPIO] Come se fosse avvolto dalla nebbia, vidi Gitone in piedi sul marciapiedi di un vicolo e mi precipitai a razzo da quella parte

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Cum quaererem numquid nobis in prandium frater parasset, consedit puer super lectum et manantes lacrumas pollice extersit

Perturbatus ego habitu fratris, quid accidisset quaesivi

Et ille tarde quidem et invitus, sed postquam precibus etiam iracundiam miscui: 'Tuus, inquit, ist frater seu comes paulo ante in conductum accucurrit, coepitque mihi velle pudorem extorquere

Cum ego proclamarem, gladium strinxit et 'Si Lucretia es, inquit, Tarquinium invenisti''

Quibus ego auditis intentavi in oculos Ascylti manus et: 'Quid dicis, inquam, muliebris patientiae scortum, cuius ne spiritus purus est'

Inhorrescere se finxit Ascyltos, mox sublatis fortius manibus longe maiore nisu clamavit: 'Non taces, inquit, gladiator obscene, quem de ruina harena dimisit
Mentre mi informavo se il fratellino ci aveva preparato qualcosa da mettere sotto i denti, il povero ragazzo si venne a sedere sul letto, asciugandosi col pollice le lacrime che gli inondavano la faccia

E io, colpito dallo stato del piccolo, gli chiesi che cosa fosse successo

Lui, diciamocelo, dopo un bel po' e senza troppo entusiasmo, e solo quando dalle preghiere ero passato alle maniere forti, disse: Il tuo bel fratellino, o degno compare che sia, un attimo fa si è scaraventato qui e ha iniziato a fare di tutto per attentare al mio pudore

E quando io ho attaccato a strillare, lui ha tirato fuori la spada e mi ha detto: 'Se giochi a fare Lucrezia, allora eccoti qua il tuo Tarquinio

A sentire queste cose, saltai agli occhi di Ascilto pronto a prenderlo a cazzotti e gli urlai: Cos'hai da dire tu, culattone passivo che di pulito non hai nemmeno il fiato

Ascilto finse di andare in bestia e, agitando più forte i pugni, gridò con più voce ancora: Ma piantala tu, schifoso di un gladiatore scampato al massacro del circo

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