Hic omnibus titubantibus et de rebus summis desperantibus Eumenes ait, si celeritatem velint adhibere et imperata facere, quod ante non fecerint, se rem expediturum Nam quod diebus quinque hostis transisse posset, se effecturum, ut non minus totidem dierum spatio retardaretur Quare circumirent, suas quisque contraheret copias Ad Antigoni autem refrenandum impetum tale capit consilium Certos mittit homines ad infimos montes, qui obvii erant itineri adversariorum, hisque praecipit, ut prima nocte, quam latissime possint, ignis faciant quam maximos atque hos secunda vigilia minuant, tertia perexiguos reddant et assimulata castrorum consuetudine suspicionem iniciant hostibus, his locis esse castra ac de eorum adventu esse praenuntiatum; idemque postera nocte faciant Quibus imperatum erat, diligenter praeceptum curant |
A questo punto, mentre tutti esitavano e disperavano della salvezza, Eumene dice che se erano disposti a procedere con rapidità ed obbedire agli ordini, cosa che prima non avevano fatto, lui avrebbe risolto la situazione: il nemico sarebbe sì potuto arrivare in cinque giorni, ma lui avrebbe fatto in modo da ritardarlo di altrettanto tempo: si dessero perciò da fare ed ognuno radunasse le proprie truppe E per ritardare la marcia forzata di Antigono, usò il seguente espediente Invia uomini fidati alle pendici dei monti, che si trovavano di fronte alla strada dei nemici, con l'ordine di accendere, sul far della notte, grandissimi fuochi per il più ampio spazio possibile, di smorzarli al secondo turno di guardia, di ridurli al minimo al terzo e, simulando l'usanza degli accampamenti, di infondere così nei nemici il sospetto che in quei luoghi ci siano accampamenti, e che la notizia del loro arrivo li abbia preceduti; lo stesso facciano la notte successiva Quelli eseguono scrupolosamente gli ordini ricevuti |
Antigonus tenebris obortis ignis conspicatur; credit de suo adventu esse auditum et adversarios illuc suas contraxisse copias Mutat consilium et, quoniam imprudentes adoriri non posset, flectit iter suum et illum anfractum longiorem copiosae viae capit ibique diem unum opperitur ad lassitudinem sedandam militum ac reficienda iumenta, quo integriore exercitu decerneret Sic Eumenes callidum imperatorem vicit consilio celeritatemque impedivit eius, neque tamen multum profecit Nam invidia ducum, cum quibus erat, perfidiaque Macedonum veteranorum, cum superior proelio discessisset, Antigono est deditus, cum exercitus ei ter ante separatis temporibus iurasset se eum defensuram neque umquam deserturum Sed tanta fuit nonnullorum virtutis obtrectatio, ut fidem amittere mallent quam eum non perdere |
Antigono, sopraggiunta la notte, osserva i fuochi, crede che si sia venuti a conoscenza del suo arrivo e che i nemici abbiano radunato là le loro truppe Cambia il suo piano e poiché non poteva assalirli di sorpresa, piega la sua marcia e prende quella via tortuosa più lunga ma ricca di provviste e attende là un giorno, per far riposare i soldati stanchi e ristorare i cavalli, onde affrontare la battaglia con truppe più fresche Così Eumene vinse in accortezza quel comandante astuto e frenò la sua rapida marcia, ma tuttavia non ne trasse un grande vantaggio Infatti per l'ostilità dei comandanti che erano con lui e per il tradimento dei veterani macedoni, pur essendo uscito vincitore dalla battaglia, fu consegnato ad Antigono, sebbene l'esercito in precedenza per ben tre volte in circostanze diverse gli avesse giurato che lo avrebbe difeso e non lo avrebbe mai abbandonato Ma tanto grande fu l'invidia di alcuni per i suoi meriti, che preferirono venir meno al giuramento pur di mandarlo in rovina |
Atque hunc Antigonus, cum ei fuisset infestissimus conservasset, si per suos esset licitum, quod ab nullo se plus adiuvari posse intellegebat in iis rebus, quas impendere iam apparebat omnibus Imminebant enim Seleucus, Lysimachus, Ptolemaeus, opibus iam valentes, cum quibus ei de summis rebus erat dimicandum Sed non passi sunt ii, qui circa erant, quod videbant Eumene recepto omnis prae illo parvi futuros Ipse autem Antigonus adeo erat incensus, ut nisi magna spe maximarum rerum leniri non posset Itaque cum eum in custodiam dedisset et praefectus custodum quaesisset, quemadmodum servari vellet, 'Ut acerrimum' inquit 'leonem aut ferocissimum elephantum' Nondum enim statuerat, conservaret eum necne |
Ed Antigono, che pur gli era stato acerrimo nemico, gli avrebbe salvato la vita, se gli fosse stato permesso dai suoi, perché capiva che nessuno poteva essergli di maggior aiuto in quelle vicende che già, come era chiaro a tutti, sovrastavano incombevano infatti minacciosi Selèuco, Lisímaco, Tolomèo, già potenti, coi quali doveva scontrarsi per la supremazia Ma non lo permisero quelli che stavano intorno a lui, perché vedevano che, una volta accolto Eumene, di fronte a lui tutti avrebbero contato ben poco D'altronde lo stesso Antigono era così adirato, che non poteva placarsi, se non con una grande speranza di grandissimi vantaggiCosì Antigono lo imprigionò e al capo delle guardie che gli aveva chiesto come voleva che fosse trattato, rispose: 'Come un ferocissimo leone o un elefante dei più selvaggi'; non aveva infatti ancora stabilito se salvargli la vita o no |
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Latino: dall'autore Nepote, opera Liber De Excellentibus Ducibus Exterarum Gentium parte Parte 04
Veniebat autem ad Eumenem utrumque genus hominum, et qui propter odium fructum oculis ex eius casu capere vellent, et qui propter veterem amicitiam colloqui consolarique cuperent; multi etiam, qui eius formam cognoscere studebant, qualis esset, quem tam diu tamque valde timuissent, cuius in pernicie positam spem habuissent victoriae At Eumenes cum diutius in vinclis esset, ait Onomarcho, penes quem summa imperii erat custodiae, se mirari, quare iam tertium diem sic teneretur: non enim hoc convenire Antigoni prudentiae, ut sic deuteretur victo; quin aut interfici aut missum fieri iuberet Hic cum ferocius Onomarcho loqui videretur, 'Quid tu ' inquit 'animo si isto eras, cur non in proelio cecidisti potius, quam in potestatem inimici venires |
Venivano da Eumene tutte e due le categorie di persone: quelli che per l'odio volevano godere della vista della sua disgrazia e quelli che per l'antica amicizia desideravano parlargli e consolarlo; molti ancora che desideravano conoscere il suo aspetto, come cioè fosse colui che tanto a lungo e tanto fortemente avevano temuto e sulla cui rovina avevano riposto la speranza della vittoria Ma Eumene, protraendosi la sua prigionia, disse ad Onomarco che aveva la soprintendenza della sua custodia, di meravigliarsi di essere tenuto da tre giorni in quelle condizioni: non si addiceva alla saggezza di Antigono, di maltrattare così un vinto; ordinasse piuttosto che fosse ucciso o liberato Ad Onomarco sembrò che costui parlasse con troppa franchezza, per cui gli rispose: 'Che dici mai se avevi questo coraggio, perché non sei caduto in battaglia piuttosto che cadere in mano al nemico |
' Huic Eumenes 'Utinam quidem istud evenisset Sed eo non accidit, quod numquam cum fortiore sum congressus Non enim cum quoquam arma contuli, quin is mihi succubuerit; non enim virtute hostium, sed amicorum perfidia decidi' Neque id erat falsum Nam et dignitate fuit honesta et viribus ad laborem ferendum firmis neque tam magno corpore quam figura venusta De hoc Antigonus cum solus constituere non auderet, ad consilium rettulit |
' Eumene a lui: 'Magari fosse stato così Ma così non è stato per il fatto che mai mi sono scontrato con uno più forte non ho mai affrontato alcuno con le armi, senza che fosse vinto da me lo non sono caduto per il valore dei nemici, ma per il tradimento degli amici' E questo era vero Infatti e fu di nobile portamento e abbastanza forte per resistere alla fatica e di corporatura non grande, ma attraente Poiché Antigono non osava decidere da solo sulla sua sorte, ne riferì al consiglio di guerra |
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Nepote, Liber De Excellentibus Ducibus Exterarum Gentium: Parte 01
Latino: dall'autore Nepote, opera Liber De Excellentibus Ducibus Exterarum Gentium parte Parte 01
Hic eum omnes primo perturbati admirarentur non iam de eo sumptum esse supplicium, a quo tot annos adeo essent male habiti, ut saepe ad desperationem forent adducti, quique maximos duces interfecisset, denique in quo uno tantum esset, ut, quoad ille viveret, ipsi secari esse non possent, interfecto nihil habituri negotii essent, postremo, si illi redderet salutem, quaerebant, quibus amicis esset usurus: sese enim cum Eumene apud eum non futuros Hic cognita consilii voluntate tamen usque ad septimum diem deliberandi sibi spatium reliquit Tum autem, cum iam vereretur, ne qua seditio exercitus oriretur, vetuit quemquam ad eum admitti et cotidianum victum removeri iussit Nam negabat se ei vim allaturum, qui aliquando fuisset amicus |
Qui dapprima tutti, sconvolti, si meravigliarono che non fosse stato già giustiziato uno che li aveva vessati per tanti anni a tal punto da indurli spesso alla disperazione e che aveva ucciso valentissimi comandanti, uno insomma che da solo era tale che finché era in vita lui, non potevano essere sicuri loro, mentre se ucciso, non avrebbero avuto più motivo di temere; da ultimo, gli chiedevano, se, lo avesse lasciato in vita, su quali amici avrebbe potuto contare: essi infatti non sarebbero rimasti al suo fianco insieme con Eumene Antigono, conosciuta la volontà del consiglio, tuttavia si prese sette giorni di tempo per decidere Ma poi quando già temeva che l'esercito si ribellasse, vietò che alcuno gli facesse visita e comandò che gli fosse sospeso il cibo quotidiano infatti diceva che non avrebbe usato violenza contro chi un tempo gli era stato amico |
Hic tamen non amplius quam triduum fame fatigatus, cum castra moverentur, insciente Antigono iugulatus est a custodibus Sic Eumenes annorum V et XL, cum ab anno vicesimo, uti supra ostendimus, VII annos Philippo apparuisset, XIII apud Alexandrum eundem locum obtinuisset, in his unum equitum alae praefuisset, post autem Alexandri Magni mortem imperator exercitus duxisset summosque duces partim reppulisset, partim interfecisset, captus non Antigoni virtute, sed Macedonum periurio, talem habuit exitum vitae In quo quanta omnium fuerit opinio eorum, qui post Alexandrum Magnum reges sunt appellati, ex hoc facillime potest iudicari, quod nemo Eumene vivo rex appellatus est, sed praefectus |
Tuttavia Eumene soffrì la fame per non più di tre giorni: mentre si muoveva l'accampamento, all'insaputa di Antigono, fu sgozzato dai suoi custodi Così a quarantacinque anni terminò in questo modo la sua vita Eumene, dopo che dall'età di venti, come abbiamo detto sopra, per sette anni era stato al servizio di Filippo, per tredici aveva rivestito la stessa funzione sotto Alessandro e durante uno di questi era stato a capo di un'ala della cavalleria e dopo la morte di Alessandro aveva comandato in qualità di generale eserciti, e valentissimi comandanti, parte aveva respinti, parte aveva uccisi; preso non per il valore di Antigono, ma per lo spergiuro dei Macedoni Di quanta considerazione godesse da parte di tutti coloro che dopo Alessandro Magno furono chiamati re, si può valutare assai facilmente da questo fatto, che nessuno, mentre Eumene era vivo, si fece chiamare re, ma governatore |
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eidem post huius occasum statim regium ornatum nomenque sumpserunt neque, quod initio praedicarant, se Alexandri liberis regnum servare, praestare voluerunt et uno propugnatore sublato, quid sentirent, aperuerunt Huius sceleris principes fuerunt Antigonus, Ptolemaeus, Seleucus, Lysimachus, Cassandrus Antigonus autem Eumenem mortuum propinquis eius sepeliundum tradidit Hi militari honestoque funere, comitante toto exercitu, humaverunt ossaque eius in Cappadociam ad matrem atque uxorem liberosque eius deportanda curarunt HAMILCAR, Hannibalis filius, cognomine Barca, Carthaginiensis, primo Poenico bello, sed temporibus extremis, admodum adulescentulus in Sicilia praeesse coepit exercitui |
dopo la sua morte invece, quei medesimi, assunsero subito il nome e gli attributi regali e non vollero mantenere la promessa che avevano sbandierato all'inizio di serbare il regno per i figli di Alessandro e, una volta tolto di mezzo l'unico sostenitore, mostrarono apertamente i propri sentimenti Responsabili principali di questo delitto furono Antígono, Tolomeo, Selèuco, Lisímaco, Cassandro Antigono restituì agli intimi il cadavere di Eumene perché lo seppellissero Questi gli fecero un solenne funerale con gli onori militari e la partecipazione di tutto l'esercito e provvidero che le sue ossa fossero riportate in Cappadocia alla madre, alla moglie ed ai figli Amilcare, figlio di Annibale, soprannominato Barca, Cartaginese, ancora giovanissimo ebbe il comando dell'esercito in Sicilia quando la prima guerra punica volgeva al termine |
Cum ante eius adventum et mari et terra male res gererentur Carthaginiensium, ipse, ubi adfuit, numquam hosti cessit neque locum nocendi dedit saepeque e contrario occasione data lacessivit semperque superior discessit Quo facto, cum paene omnia in Sicilia Poeni amisissent, ille Erycem sic defendit, ut bellum eo loco gestum non videretur Interim Carthaginienses classe apud insulas Aegatis a C Lutatio, consule Romanorum, superati statuerunt belli facere finem eamque rem arbitrio permiserunt Hamilcaris Ille etsi flagrabat bellandi cupiditate, tamen paci serviundum putavit, quod patriam, exhaustam sumptibus, diutius calamitates belli ferre non posse intellegebat |
Mentre prima della sua venuta tutto andava a rovescio per i Cartaginesi, sia in terra che in mare, egli, non appena comparve, non arretrò mai davanti al nemico, non gli lasciò occasioni di nuocere, spesso, anzi, presentandosene l'occasione, lo provocò e lo battè sempre Così, quando già i Cartaginesi avevano perduto quasi tutta la Sicilia, egli sostenne la difesa di Erice in modo tale che non si sarebbe mai detto che quella località fosse stata teatro di guerra Quando poi i Cartaginesi, sconfitti in una battaglia navale dal console romano Caio Lutazio presso le isole Egadi, pensarono di porre fine alla guerra: lasciarono arbitro della decisione Amilcare Ed egli, pur desiderosissimo di continuare a combattere, credette bene di adoperarsi per la pace, convinto che la sua patria, esausta per le spese, non poteva sopportare oltre le conseguenze disastrose della guerra |
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sed ita, ut statim mente agitaret, si paulum modo res essent refectae, bellum renovare Romanosque armis persequi, donicum aut virtute vicissent aut victi manus dedissent Hoc consilio pacem conciliavit; in quo tanta fuit ferocia, cum Catulus negaret bellum compositurum, nisi ille cum suis, qui Erycem tenuerunt, armis relictis Sicilia decederent, ut succumbente patria ipse periturum se potius dixerit, quam cum tanto flagitio domum rediret Non enim suae esse virtutis arma a patria accepta adversus hostis adversariis tradere Huius pertinaciae cessit Catulus At ille ut Carthaginem venit, multo aliter, ac sperarat, rem publicam se habentem cognovit Namque diuturnitate externi mali tantum exarsit intestinum bellum, ut numquam in pari periculo fuerit Carthago, nisi cum deleta est |
non rinunciò, tuttavia, nello stesso tempo all'idea, non appena fossero migliorate le condizioni, di riprendere la guerra e di incalzare i Romani finchè o questi lo avessero superato in valore o, vinti, si fossero arresi Animato da un tale proposito, concluse la pace; e nelle trattative si mostrò così risoluto con Catulo (che si rifiutava di porre fine alla guerra se egli con la guarnigione di Erica non deponeva le armi e lasciava la Sicilia) che rispose di essere prontissimo a morire, quando anche la patria fosse andata in rovina, piuttosto che tornare a casa con tanta infamia non rientrava nei suoi principi consegnare all'avversario le armi che la patria gli aveva affidato contro i nemici E Catulo si piegò alla sua inflessibilità Ma quando giunse a Cartagine, Amilcare trovò lo Stato in condizioni molto diverse da quanto aveva sperato Infatti a causa della durata della guerra esterna, scoppiò una guerra civile tanto grande che Cartagine mai si trovò ad essere in pericolo simile, se non quando fu distrutta |