Un'anima parla con Dante, Marco Lombardo, un cortigiano del 200 che si distinse per nobiltà d'animo. Dante allora gli chiede se nel mondo la cortesia sia morta e se regni la corruzione, egli risponde che è colpa degli uomini e non p legato alla volontà divina, poiché alla nascita hanno libero arbitrio. Fa il nome di pochi che si salvano dall'immoralità: Corrado da Palazzo, Gherardo da Camino e Guido da Castello. La colpa viene soprattutto inflitta alla chiesa che ha usurpato l'autorità politica dell'imperatore e vuole esercitarla senza averne diritto né capacità.
1, 15: La terza cornice è quella degli iracondi. L'ira è un peccato che rende incalzanti tutte le azioni, vengono compiute una dopo l'altra senza attenzione a ciò che si fa. Dante parla del fumo e del buio presenti nella cornice. Il fumo genera una fatica agli occhi e assomiglia ai peli ruvidi e dure di una pelliccia grossolana.
Quando chiude gli occhi le tenebre sono totali poiché l'ira fa perdere il senno della ragione. Il buio è percepito con tutti i sensi, è buio totale della mente, non solamente della vista. Perciò Dante ha la sensazione di essere precipitato di nuovo nell'Inferno, sensazione aumentata dal fatto che il paesaggio è cupo. Torna la metafora dei ciechi.