Livio, Ab urbe condita: Libro 04, 15-20, pag 2

Livio, Ab urbe condita: Libro 04, 15-20

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 04, 15-20
Parumper silentium et quies fuit, nec Etruscis nisi cogerentur pugnam inituris et dictatore arcem Romanam respectante, ut ex ea ab auguribus, simul aues rite admisissent, ex composito tolleretur signum

Quod simul conspexit, primos equites clamore sublato in hostem emisit; secuta peditum acies ingenti vi conflixit

Nulla parte legiones Etruscae sustinuere impetum Romanorum; eques maxime resistebat, equitumque longe fortissimus ipse rex ab omni parte effuse sequentibus obequitans Romanis trahebat certamen

Erat tum inter equites tribunus militum A Cornelius Cossus, eximia pulchritudine corporis, animo ac viribus par memorque generis, quod amplissimum acceptum maius auctiusque reliquit posteris
Per qualche tempo vi fu silenzio e quiete perché da una parte gli Etruschi non avevano intenzione di lanciarsi nella battaglia, se non vi erano costretti, e dall'altra il dittatore romano fissava con insistenza la cittadella, da dove gli àuguri dovevano inviare il segnale convenuto, non appena i presagi fossero stati propizi

Come vide il segnale, levato il grido di guerra, lanciò contro il nemico per primi i cavalieri, seguiti dalla schiera dei fanti che combatté con grande vigore

In nessuna parte le legioni etrusche riuscirono a reggere l'urto romano: i loro cavalieri offrivano la resistenza più tenace e il re in persona - il più forte, in assoluto, di tutti i cavalieri - prolungava la lotta avventandosi contro i Romani, mentre questi ultimi si sparpagliavano nella foga dell'inseguimento

Vi era allora, tra le fila dei cavalieri, il tribuno militare Aulo Cornelio Cosso; la sua straordinaria bellezza era pari al coraggio e alla forza; orgoglioso del nome della sua stirpe, che aveva ereditato già insigne, fece in modo che diventasse per i suoi discendenti ancora più nobile e glorioso
Is cum ad impetum Tolumni, quacumque se intendisset, trepidantes Romanas videret turmas insignemque eum regio habitu volitantem tota acie cognosset, hicine est inquit, ruptor foederis humani violatorque gentium iuris

Iam ego hanc mactatam victimam, si modo sancti quicquam in terris esse di volunt, legatorum manibus dabo'

Calcaribus subditis infesta cuspide in unum fertur hostem

Quem cum ictum equo deiecisset, confestim et ipse hasta innixus se in pedes excepit

Adsurgentem ibi regem umbone resupinat, repetitumque saepius cuspide ad terram adfixit

Tum exsangui detracta spolia caputque abscisum victor spiculo gerens terrore caesi regis hostes fundit

Ita equitum quoque fusa acies, quae una fecerat anceps certamen
Essendosi reso conto che Tolumnio, dovunque si buttasse all'assalto, seminava lo scompiglio tra gli squadroni romani, e avendolo riconosciuto mentre galoppava col suo abito regale su e giù per la linea di battaglia, urlò: lui che ha violato il patto stipulato tra gli uomini e infranto il diritto delle genti

Allora, se gli dèi vogliono che su questa terra ci sia ancora qualcosa di sacro, io lo offro come vittima sacrificale ai Mani degli ambasciatori uccisi

E, spronato il cavallo, si buttò, lancia in resta, contro quel solo nemico

Dopo averlo colpito e disarcionato, facendo leva sulla lancia, scese anch'egli da cavallo

E mentre il re cercava di rialzarsi, Cosso lo gettò di nuovo a terra con lo scudo e poi, colpendolo ripetutamente, lo inchiodò al suolo con la lancia

Allora, trionfante, mostrando le armi tolte al cadavere e la testa mozzata infissa sulla punta dell'asta, volse in fuga i nemici, terrorizzati dall'uccisione del re

Così anche la cavalleria, che da sola aveva reso incerte le sorti dello scontro, fu disfatta
Dictator legionibus fugatis instat et ad castra compulsos caedit

Fidenatium plurimi locorum notitia effugere in montes

Cossus Tiberim cum equitatu transuectus ex agro Veientano ingentem detulit praedam ad urbem

Inter proelium et ad castra Romana pugnatum est adversus partem copiarum ab Tolumnio, ut ante dictum est, ad castra missam

Fabius Vibulanus corona primum vallum defendit; intentos deinde hostes in vallum, egressus dextra principali cum triariis, repente invadit

Quo pauore iniecto caedes minor, quia pauciores erant, fuga non minus trepida quam in acie fuit

Omnibus locis re bene gesta, dictator senatus consulto iussuque populi triumphans in urbem rediit
Il dittatore si buttò all'inseguimento delle legioni in fuga e, dopo averle spinte verso l'accampamento, le massacrò

La maggior parte dei Fidenati, conoscendo i luoghi, riuscì a fuggire sulle montagne

Cosso attraversò il Tevere con la cavalleria, riportando a Roma un ingente bottino razziato nel territorio di Veio

Mentre la battaglia era in pieno svolgimento, si combatté anche nei pressi dell'accampamento romano, dove ci fu lo scontro con le truppe inviate, come già detto, da Tolumnio proprio in quella direzione

Fabio Vibulano in un primo tempo difese la trincea disponendo gli uomini a semicerchio; poi, mentre i nemici erano concentrati sul vallo, fece una sortita dalla porta principale sulla destra con i triarii e assalì gli avversari all'improvviso

Il panico che s'impossessò di loro provocò una strage minore che nella battaglia vera e propria perché erano in pochi, ma la fuga non fu meno precipitosa

Siccome l'impresa aveva avuto pieno successo, per decreto del senato e per volontà del popolo, il dittatore poté tornare a Roma in trionfo

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Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 37; 01 - 05

Longe maximum triumphi spectaculum fuit Cossus, spolia opima regis interfecti gerens; in eum milites carmina incondita aequantes eum Romulo canere

Spolia in aede Iouis Feretri prope Romuli spolia quae, prima opima appellata, sola ea tempestate erant, cum sollemni dedicatione dono fixit; auerteratque in se a curru dictatoris civium ora et celebritatis eius diei fructum prope solus tulerat

Dictator coronam auream, libram pondo, ex publica pecunia populi iussu in Capitolio Ioui donum posuit
Ma nel trionfo lo spettacolo più grande fu la vista di Cosso che avanzava reggendo le spoglie opime del re ucciso; in onore di Cosso i soldati cantavano rozzi inni nei quali lo paragonavano a Romolo

Egli, con la dedica rituale, appese in dono le spoglie nel tempio di Giove Feretrio, accanto a quelle conquistate da Romolo, che erano state le prime, e fino a quel momento le uniche, ad essere chiamate opime; Cosso si attirò gli sguardi dei cittadini distogliendoli dal cocchio del dittatore, così che la gloria di quel giorno fu quasi tutta sua

Per volontà del popolo, il dittatore offrì in dono a Giove sul Campidoglio, a spese dello Stato, una corona d'oro del peso di una libbra
Omnes ante me auctores secutus, A Cornelium Cossum tribunum militum secunda spolia opima Iouis Feretri templo intulisse exposui; ceterum, praeterquam quod ea rite opima spolia habentur, quae dux duci detraxit nec ducem novimus nisi cuius auspicio bellum geritur, titulus ipse spoliis inscriptus illos meque arguit consulem ea Cossum cepisse

Hoc ego cum Augustum Caesarem, templorum omnium conditorem aut restitutorem, ingressum aedem Feretri Iouis quam vetustate dilapsam refecit, se ipsum in thorace linteo scriptum legisse audissem, prope sacrilegium ratus sum Cosso spoliorum suorum Caesarem, ipsius templi auctorem, subtrahere testem
Seguendo tutti gli scrittori che mi hanno preceduto, ho narrato come Aulo Cornelio Cosso abbia portato le seconde spoglie opime nel tempio di Giove Feretrio avendo il grado di tribuno militare; ma, al di là del fatto che opime sono per tradizione soltanto le spoglie strappate da un comandante a un altro comandante e che il solo che noi riconosciamo come comandante è quello sotto i cui auspici viene condotta una guerra, l'iscrizione stessa posta su quelle spoglie confuta la tesi degli altri e la mia, dimostrando che Cosso quando le strappò era console

Ma quando ho sentito Cesare Augusto, fondatore e restauratore di tutti i nostri templi, raccontare di essere entrato nel santuario di Giove Feretrio - da lui fatto ricostruire perché in rovina ormai con l'andar del tempo - e di aver letto questa iscrizione sulla corazza di lino, ho ritenuto quasi un sacrilegio privare Cosso della testimonianza che delle sue spoglie dà Cesare, cioè proprio colui che fece restaurare il tempio

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Qui si ea in re sit error quod tam veteres annales quodque magistratuum libri, quos linteos in aede repositos Monetae Macer Licinius citat identidem auctores, septimo post demum anno cum T Quinctio Poeno A Cornelium Cossum consulem habeant, existimatio communis omnibus est

Nam etiam illud accedit, ne tam clara pugna in eum annum transferri posset, quod imbelle triennium ferme pestilentia inopiaque frugum circa A Cornelium consulem fuit, adeo ut quidam annales velut funesti nihil praeter nomina consulum suggerant

Tertius ab consulatu Cossi annus tribunum eum militum consulari potestate habet, eodem anno magistrum equitum; quo in imperio alteram insignem edidit pugnam equestrem
Dove poi sia l'errore, per quale motivo tanto gli annali antichi quanto le liste dei magistrati (quelle che, scritte su lino e conservate nel tempio di Giunone Moneta, sono continuamente citate da Licinio Macro come fonte) riportino il consolato di Aulo Cornelio Cosso insieme a Tito Quinzio solo sei anni dopo, è una questione sulla quale è giusto che ciascuno abbia una sua opinione personale

Ma un altro valido motivo per non spostare in quell'anno una battaglia così famosa è che il consolato di Aulo Cornelio cadde in un triennio nel quale non ci fu alcuna guerra, a causa di una pestilenza e di una carestia, tanto che alcuni annali riportano solo i nomi dei consoli, catalogando l'annata come funesta

Due anni dopo il consolato, Cosso fu tribuno militare con potere consolare e nello stesso anno maestro della cavalleria, e mentre ricopriva quella carica combatté un'altra celebre battaglia equestre
Ea libera coniectura est; sed, ut ego arbitror, uana versare in omnes opiniones licet, cum auctor pugnae, recentibus spoliis in sacra sede positis, Iovem prope ipsum, cui uota erant, Romulumque intuens, haud spernendos falsi tituli testes, se A Cornelium Cossum consulem scripserit

Su questo punto è possibile fare molte congetture, anche se a mio parere inutili; ognuno può credere quello che vuole, fatto sta che il vero protagonista del combattimento, dopo aver deposto le spoglie appena conquistate nella sacra sede alla presenza di Giove, cui erano state dedicate, e di Romolo - testimoni che l'autore di un falso non può certo prendere alla leggera -, si sottoscrisse: Aulo Cornelio Cosso console

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