Livio, Ab urbe condita: Libro 04, 15-20

Livio, Ab urbe condita: Libro 04, 15-20

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 04, 15-20
Tumultuantem deinde multitudinem incerta existimatione facti ad contionem vocari iussit, et Maelium iure caesum pronuntiavit etiamsi regni crimine insons fuerit, qui vocatus a magistro equitum ad dictatorem non venisset

Se ad causam cognoscendam consedisse, qua cognita habiturum fuisse Maelium similem causae fortunam; vim parantem ne iudicio se committeret, vi coercitum esse
Poi, siccome la folla era in tumulto non sapendo come interpretare l'accaduto, Cincinnato ordinò di convocare l'assemblea del popolo; lì dichiarò che l'uccisione di Melio era stata legittima perché, anche se non fosse stato colpevole del crimine di aspirare al regno, non si era presentato di fronte al dittatore quando era stato convocato dal comandante della cavalleria

Disse anche di essersi seduto in tribunale per istruire la causa: se il processo avesse avuto luogo, a Melio sarebbe toccato un verdetto conforme agli esiti del dibattito; ma siccome Melio si preparava a ricorrere alla violenza per evitare il processo, con la violenza era stato punito
Nec cum eo tamquam cum ciue agendum fuisse, qui natus in libero populo inter iura legesque, ex qua urbe reges exactos sciret eodemque anno sororis filios regis et liberos consulis, liberatoris patriae, propter pactionem indicatam recipiendorum in urbem regum a patre securi esse percussos, ex qua Collatinum Tarquinium consulem nominis odio abdicare se magistratu atque exsulare iussum, in qua de Sp Cassio post aliquot annos propter consilia inita de regno supplicium sumptum, in qua nuper decemuiros bonis, exsilio, capite multatos ob superbiam regiam, in ea Sp Maelius spem regni conceperit

Et quis homo
E non sarebbe stato giusto trattarlo come un cittadino perché, nato in un popolo libero, con diritti e leggi, in una città da cui, come lui sapeva benissimo, erano stati cacciati i re e dove, nel corso dello stesso anno, essendo stata scoperta una congiura volta a riaccogliere in città i re, erano stati fatti decapitare dal padre i figli della sorella del re e del console che aveva liberato il paese, dove al console Tarquinio Collatino, soltanto per l'odio verso il nome che portava, era stato imposto di rinunciare alla magistratura e di andare in esilio, e dove, alcuni anni dopo, a Spurio Cassio era stata comminata la pena capitale per aver ordito un complotto per diventare re, dove di recente ai decemviri era toccata la confisca dei beni, l'esilio e la pena di morte per essersi comportati con la tracotanza dei re, Spurio Melio aveva nutrito, in quella stessa città, la speranza di salire al trono

Ma che uomo era
Quamquam nullam nobilitatem, nullos honores, nulla merita cuiquam ad dominationem pandere viam; sed tamen Claudios, Cassios consulatibus, decemuiratibus, suis maiorumque honoribus, splendore familiarum sustulisse animos quo nefas fuerit

Sp Maelium, cui tribunatus plebis magis optandus quam sperandus fuerit, frumentarium divitem bilibris farris sperasse libertatem se civium suorum emisse, ciboque obiciendo ratum victorem finitimorum omnium populum in seruitutem perlici posse

Ut quem senatorem concoquere civitas vix posset regem ferret, Romuli conditoris, ab dis orti, recepti ad deos, insignia atque imperium habentem
Anche se nessuna nobiltà, nessuna carica, nessun merito può spianare ad alcuno la strada alla tirannide, almeno i Claudi e i Cassi avevano concepito ambizioni illecite spinti dai consolati e dai decemvirati, dalle cariche ricoperte da loro stessi e dai loro antenati

Spurio Melio, un ricco commerciante di grano che avrebbe dovuto desiderare il tribunato della plebe più che sperare di ottenerlo, si era illuso di aver comprato la libertà dei suoi concittadini con due libbre di farro e aveva creduto, dando un po' di cibo, di poter ridurre in schiavitù un popolo che aveva sottomesso tutti i vicini

E tutto questo nella speranza che un paese, che era riuscito a malapena a digerirlo come senatore, lo accettasse come re, investito del potere e delle insegne del fondatore Romolo, che discendeva dagli dèi e che agli dèi aveva fatto ritorno

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Livio, Ab urbe condita: Libro 08, Parte 03
Livio, Ab urbe condita: Libro 08, Parte 03

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 08, Parte 03

Non pro scelere id magis quam pro monstro habendum, nec satis esse sanguine eius expiatum, nisi tecta parietesque intra quae tantum amentiae conceptum esset dissiparentur bonaque contacta pretiis regni mercandi publicarentur

Iubere itaque quaestores vendere ea bona atque in publicum redigere

Domum deinde, ut monumento area esset oppressae nefariae spei, dirui extemplo iussit

Id Aequimaelium appellatum est

L Minucius bove aurata extra portam Trigeminam est donatus, ne plebe quidem invita, quia frumentum Maelianum assibus in modios aestimatum plebi divisit

Hunc Minucium apud quosdam auctores transisse a patribus ad plebem, undecimumque tribunum plebis cooptatum seditionem motam ex Maeliana caede sedasse invenio
Un fatto del genere doveva essere considerato, più che un delitto, una vera mostruosità: e il sangue di Melio non sarebbe bastato a espiarlo, se non venivano demoliti il tetto e le pareti all'interno delle quali era stato concepito un proposito tanto insano e se non si confiscavano quei beni contaminati dal denaro speso per comprare il regno

Cincinnato ordinò poi ai questori di vendere quei beni e di versare il ricavato nel pubblico erario

Poi il dittatore ordinò di radere súbito al suolo la casa di Melio, affinché l'area dove sorgeva ricordasse perennemente il fallimento di quel nefasto progetto

Quel luogo fu chiamato Equimelio

A Lucio Minucio venne donato fuori della porta Trigemina un bue dalle corna dorate e senza che la plebe si opponesse, visto che Minucio aveva distribuito ai plebei il frumento di Melio al prezzo di un asse per moggio

Presso alcuni autori ho trovato che questo Minucio passò dal patriziato alla plebe e che, dopo essere stato cooptato come undicesimo tribuno della plebe, placò i disordini seguiti all'uccisione di Melio
Ceterum vix credibile est numerum tribunorum patres augeri passos, idque potissimum exemplum a patricio homine introductum, nec deinde id plebem concessum semel obtinuisse aut certe temptasse

Sed ante omnia refellit falsum imaginis titulum paucis ante annis lege cautum ne tribunis collegam cooptare liceret

Q Caecilius Q Iunius Sex Titinius soli ex collegio tribunorum neque tulerant de honoribus Minuci legem et criminari nunc Minucium, nunc Seruilium apud plebem querique indignam necem Maeli non destiterant

Peruicerunt igitur ut tribunorum militum potius quam consulum comitia haberentur, haud dubii quin sex locis-tot enim iam creari licebat-et plebeii aliqui, profitendo se ultores fore Maelianae caedis, crearentur
Ma sembra poco credibile che i senatori abbiano concesso di aumentare il numero dei tribuni, che questo precedente sia stato introdotto proprio da un patrizio, e che la plebe, ottenuta tale concessione, non l'abbia conservata o almeno non abbia fatto di tutto per conservarla

Ma la prova più schiacciante contro l'autenticità dell'iscrizione posta sotto il suo ritratto è che pochi anni prima era stata emanata una legge che vietava ai tribuni di cooptare un collega

Quinto Cecilio, Quinto Giunio e Sesto Titinio furono gli unici membri del collegio dei tribuni a non sostenere la legge sulle onorificenze da tributare a Minucio, e ad accusare di fronte alla plebe ora Minucio stesso e ora Servilio, senza mai smettere di lamentarsi per l'ingiusta fine di Melio

Così riuscirono a ottenere che si tenessero i comizi per l'elezione dei tribuni militari invece che per l'elezione dei consoli, sicuri com'erano che dei sei posti disponibili - questo era già allora il numero consentito - qualcuno sarebbe toccato ai plebei, se avessero promesso di vendicare la morte di Melio

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Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 39; 26 - 30

Plebs quamquam agitata multis eo anno et variis motibus erat, nec plures quam tres tribunos consulari potestate creavit et in his L Quinctium Cincinnati filium, ex cuius dictaturae invidia tumultus quaerebatur

Praelatus suffragiis Quinctio Mamercus Aemilius, vir summae dignitatis; L Iulium tertium creant

In horum magistratu Fidenae, colonia Romana, ad Lartem Tolumnium ac Veientes defecere

Maius additum defectioni scelus: C Fulcinium Cloelium Tullum Sp Antium L Roscium legatos Romanos, causam novi consilii quaerentes, iussu Tolumni interfecerunt
La plebe, benché in quell'anno fosse stata agitata da molti e vari disordini, non elesse più di tre tribuni militari con potere consolare; tra questi c'era anche Lucio Quinzio, figlio di Cincinnato, all'odiata dittatura del quale si faceva risalire la causa dei disordini

Quinzio fu preceduto per numero di voti da Mamerco Emilio, un uomo di grande prestigio; terzo fu eletto Lucio Giulio

Durante la loro magistratura, la colonia romana di Fidene passò a Larte Tolumnio re dei Veienti

Ma alla defezione si aggiunse un delitto ancora peggiore: infatti, su ordine di Tolumnio, furono uccisi gli inviati romani Gaio Fulcino, Clelio Tullo, Spurio Aurio e Lucio Roscio, venuti a chiedere il motivo di quella strana decisione
Leuant quidam regis facinus; in tesserarum prospero iactu vocem eius ambiguam, ut occidi iussisse videretur, a Fidenatibus exceptam causam mortis legatis fuisse,-rem incredibilem, interuentu Fidenatium, novorum sociorum, consulentium de caede ruptura ius gentium, non auersum ab intentione lusus animum nec deinde in errorem versum facinus

Propius est fidem obstringi Fidenatium populum ne respicere spem ullam ab Romanis posset conscientia tanti sceleris voluisse

Legatorum qui Fidenis caesi erant statuae publice in Rostris positae sunt

Cum Veientibus Fidenatibusque, praeterquam finitimis populis, ab causa etiam tam nefanda bellum exorsis atrox dimicatio instabat
Alcuni autori cercano di attenuare la responsabilità del re, dicendo che una frase ambigua, da lui pronunciata dopo un colpo di dadi fortunato, venne interpretata dai Fidenati come l'ordine di ucciderli: questa sarebbe stata la causa della morte degli inviati; ma sembra piuttosto improbabile che all'arrivo dei Fidenati, i suoi nuovi alleati venuti a chiedergli lumi su un assassinio destinato a infrangere il diritto delle genti, il re non abbia distolto l'attenzione dal gioco, e che in séguito non abbia attribuito il delitto a un malinteso

più facile credere che Tolumnio volesse coinvolgere i Fidenati nella responsabilità di un crimine tanto atroce in modo che non avessero più alcuna speranza di riconciliazione con i Romani

In memoria degli inviati uccisi a Fidene lo Stato fece collocare a sue spese delle statue nei rostri

Con Veienti e Fidenati, non solo per la vicinanza geografica a Roma, ma anche per l'atto esecrabile con il quale avevano scatenato la guerra, si annunciava uno scontro durissimo

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Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 04, 43-47

Itaque ad curam summae rerum quieta plebe tribunisque eius, nihil controversiae fuit quin consules crearentur M Geganius Macerinus tertium et L Sergius Fidenas

A bello credo quod deinde gessit appellatum; hic enim primus cis Anienem cum rege Veientium secundo proelio conflixit, nec incruentam victoriam rettulit

Maior itaque ex civibus amissis dolor quam laetitia fusis hostibus fuit; et senatus, ut in trepidis rebus, dictatorem dici Mam Aemilium iussit

Is magistrum equitum ex collegio prioris anni, quo simul tribuni militum consulari potestate fuerant, L Quinctium Cincinnatum, dignum parente iuvenem, dixit

Ad dilectum a consulibus habitum centuriones veteres belli periti adiecti et numerus amissorum proxima pugna expletus
Di conseguenza, poiché nell'interesse generale plebe e tribuni rimasero tranquilli, non si ebbe alcuna opposizione all'elezione dei consoli Marco Geganio Macrino, al suo terzo mandato, e Lucio Sergio Fidenate

Questi fu così soprannominato, credo, dalla guerra che in séguito condusse; fu infatti lui il primo a combattere con successo, al di qua dell'Aniene, contro il re dei Veienti, ma si trattò di una vittoria cruenta

Così fu più grande il dolore per i cittadini caduti che la gioia per i nemici vinti e il senato, com'è normale in circostanze difficili, ordinò che Mamerco Emilio fosse nominato dittatore

E quest'ultimo nominò maestro della cavalleria Lucio Quinzio Cincinnato, giovane degno del padre, che l'anno precedente era stato suo collega in qualità di tribuno militare con potere consolare

Alle truppe arruolate dai consoli furono aggiunti dei centurioni che erano veterani di grande esperienza militare, e furono colmati i vuoti aperti dall'ultima battaglia
Legatos T Quinctium Capitolinum et M Fabium Vibulanum sequi se dictator iussit

Cum potestas maior tum vir quoque potestati par hostes ex agro Romano trans Anienem submovere; collesque inter Fidenas atque Anienem ceperunt referentes castra, nec ante in campos degressi sunt quam legiones Faliscorum auxilio venerunt

Tum demum castra Etruscorum pro moenibus Fidenarum posita

Et dictator Romanus haud procul inde ad confluentes consedit in utriusque ripis amnis, qua sequi munimento poterat vallo interposito

Postero die in aciem eduxit

Inter hostes variae fuere sententiae

Faliscus procul ab domo militiam aegre patiens satisque fidens sibi, poscere pugnam

Veienti Fidenatique plus spei in trahendo bello esse
Il dittatore ordinò a Tito Quinzio Capitolino e a Marco Fabio Vibulano di seguirlo in qualità di luogotenenti

Il maggiore potere e il prestigio dell'uomo che lo deteneva indussero i nemici a ritirarsi dalla campagna romana, al di là dell'Aniene; essi trasferirono il campo sulle colline tra Fidene e l'Aniene, e di lì non scesero a valle prima che arrivassero le legioni inviate in loro aiuto dai Falisci

Soltanto allora gli Etruschi si accamparono di fronte alle mura di Fidene

Anche il dittatore romano si accampò nelle immediate vicinanze, sulle rive dove i due fiumi confluiscono, in quel punto dove la modesta distanza tra i due fiumi gli permise di costruire una fortificazione tra sé e il nemico

Il giorno successivo schierò l'esercito in ordine di battaglia

Tra i nemici c'erano punti di vista molto diversi

I Falisci volevano súbito lo scontro perché avevano fiducia in se stessi e mal sopportavano di combattere lontano da casa

I Veienti e i Fidenati riponevano invece maggiori speranze in un prolungamento della guerra

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Tolumnius, quamquam suorum magis placebant consilia, ne longinquam militiam non paterentur Falisci, postero die se pugnaturum edicit

Dictatori ac Romanis, quod detractasset pugnam hostis, animi accessere

Posteroque die iam militibus castra urbemque se oppugnaturos frementibus ni copia pugnae fiat, utrimque acies inter bina castra in medium campi procedunt

Veiens multitudine abundans, qui inter dimicationem castra Romana adgrederentur post montes circummisit

Trium populorum exercitus ita stetit instructus ut dextrum cornu Veientes, sinistrum Falisci tenerent, medii Fidenates essent

Dictator dextro cornu adversus Faliscos, sinistro contra Veientem Capitolinus Quinctius intulit signa; ante mediam aciem cum equitatu magister equitum processit
Tolumnio, pur condividendo il parere dei suoi uomini, per evitare che i Falisci dovessero sobbarcarsi a operazioni destinate ad andare per le lunghe, annunciò che avrebbe affrontato il nemico il giorno successivo

Intanto era cresciuto il coraggio nel dittatore e nei Romani perché il nemico evitava lo scontro

Il giorno dopo, quando i soldati sdegnati già minacciavano di assalire l'accampamento e la città se non si offriva occasione per battersi, entrambi gli eserciti avanzarono nello spazio di terra compreso tra i due accampamenti

Siccome il capo dei Veienti disponeva di molti uomini, mandò delle truppe ad aggirare le alture perché, nel corso della lotta, prendessero alle spalle il campo romano

L'esercito dei tre popoli nemici era schierato in modo che i Veienti tenessero l'ala destra, i Falisci la sinistra e i Fidenati il centro

Il dittatore mosse sulla destra contro i Falisci, Quinzio Capitolino sulla sinistra contro i Veienti; il maestro della cavalleria si dispose con i suoi cavalieri all'attacco del centro

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