Nella mitologia, oltre che dea della caccia, Diana era incarnazione della castità. La purezza verginale, l'austerità dei costumi e il pudore violato dal voyeurismo di Atteone potevano essere resi proprio sfruttando il tema della toeletta della dea
il pittore si dimostra interessato al problema della nudità, che all'epoca iniziava a essere percepita con imbarazzo, e nel quadro condanna Il voyeurismo, al quale tuttavia paradossalmente invita lo spettatore con la sua generosa rappresentazione. Il quadro, povero di avvenimenti, appare decisamente pudico. la ninfa seminuda che vi compare è girata di spalle. Nella tela sono raffigurati pochi personaggi:
- la dea, riconoscibile dal diadema con la falce di luna, siede insieme a due compagne su una roccia per riposarsi dopo la caccia
- in un secondo piano una ninfa in abito scuro osserva attenta, quasi apatica
- un'altra ninfa è impegnata nell'atto quasi rituale di lavare i piedi a Diana
oltre al motivo della purificazione, nella tela si riscontra quasi una componente religiosa originata dal rapporto tipologico in cui Vermeer colloca la dea e Cristo. Sui volti delle donne scende L'ombra della sera. La scena vespertina è pervasa da un'atmosfera pesante, malinconica.
L'oscurità va interpretata in relazione al fatto che nella mitologia greca Diana era spesso equiparata a Selene, dea della notte. Ecco perché porto una falce di luna; inoltre, poiché era convinzione diffusa che l'umidità della Luna favorisce il parto, Diana era venerata come presenza propizia al momento della nascita. L'opera presenta molte pecche e debolezze, evidenti soprattutto nella rappresentazione di espressioni e interazioni. Non è possibile fugare dubbi sullo stile, e ci si domanda se il quadro sia stato effettivamente dipinto da Vermeer