Conosciamo qualcosa sui metodi impiegati dai romani nel crocifiggere le loro vittime. Non disponiamo solo di fonti letterarie. Nel 1968 fu scoperto lo scheletro di un giustiziato in quel modo in una tomba proprio a nord di Gerusalemme, non lontano dalla strada che conduce a Nablus. Era stato ucciso a 20 anni, il suo nome: Elioenai, era scritto nell'urna. I suoi resti ci consentono uno sguardo sorprendente su come era praticata la crocifissione nella Gerusalemme romana del I secolo
Sappiamo che i chiodi venivano conficcati non nelle mani, ma nell'osso lungo dell'avambraccio. In quel modo le braccia erano fermamente attaccate al patibulum. Le ossa radiali di Elioenai erano state segnate dalla frizione del chiodo con l'osso. I fisiologi hanno dimostrato che i chiodi conficcati nelle mani non bastano a sostenere il peso del corpo, e i chiodi ai polsi avrebbero rotto i vasi sanguigni. La "scienza" della crocifissione richiedeva che i chiodi fossero applicati in modo da non provocare il dissanguamento, altrimenti la vittima avrebbe perso i sensi rapidamente e sarebbe morta nel giro di pochi minuti, soffrendo meno.
I piedi erano inchiodati all'osso del calcagno. E' l'osso più grande del piede. Come avviene per l'avambraccio, perforare quest'osso non causa un dissanguamento diffuso. Nel caso di Elioenai il chiodo è rimasto ancora intatto all'interno del calcagno. Quando il suo corpo fu staccato dalla croce, il chiodo si era curvato nel legno, in una sorta di nodo. Chi lo rimosse, trovò più comodo spezzare il legno, lasciandone un tassello con chiodo ancora attaccato al piede
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- inevitabile shock
- sfinimento
- crampi muscolari
- disidratazione
- perdita di sangue
- soffocamento o infarto cardiaco
A seconda dell'angolazione con la quale le braccia e i piedi venivano inchiodati, la morte poteva essere resa più rapida oppure più lenta a venire. Il corpo era sostenuto da un pezzo di legno chiamato sedecula. A mano a mano che scorrevano i minuti, quando lo sfinimento prendeva il sopravvento, respirare diventava sempre più difficile. Se c'era in qualche motivo per affrontare la morte, le gambe della vittima potevano essere spezzate. Quest'ultima efferatezza provocava il cedimento del corpo e in pochi minuti il respiro diventava impossibile