Seneca, Lettere a Lucilio: Libro 02 Parte 02, pag 3

Seneca, Lettere a Lucilio: Libro 02 Parte 02

Latino: dall'autore Seneca, opera Lettere a Lucilio parte Libro 02 Parte 02
Licet illam exceptiunculam non adicias, ut rectum sit quod velis; non potest enim cuiquam idem semper placere nisi rectum

Nesciunt ergo homines quid velint nisi illo momento quo volunt; in totum nulli velle aut nolle decretum est; variatur cotidie iudicium et in contrarium vertitur ac plerisque agitur vita per lusum

Preme ergo quod coepisti, et fortasse perduceris aut ad summum aut eo quod summum nondum esse solus intellegas

'Quid fiet' inquis 'huic turbae familiarium sine re familiari

' Turba ista cum a te pasci desierit, ipsa se pascet, aut quod tu beneficio tuo non potes scire, paupertatis scies: illa veros certosque amicos retinebit, discedet quisquis non te se aliud sequebatur

Non est autem vel ob hoc unum amanda paupertas, quod a quibus ameris ostendet

O quando ille veniet dies quo nemo in honorem tuum mentiatur
Non occorre aggiungere la condizione che bisogna volere il bene: nessuno può volere sempre la stessa cosa, se non è giusta

Gli uomini non sanno che cosa vogliono, se non nel momento in cui lo vogliono; nessuno ha deciso una volta per tutte ciò che vuole o non vuole; ogni giorno cambiano opinione e se ne formano una opposta, e i più prendono la vita come un gioco

Persegui, dunque, i tuoi propositi e forse arriverai alla vetta o a un punto dove tu solo puoi capire di non essere ancòra in cima

Che cosa accadrà,chiedi, a tutti i miei servi quando non avrò più il mio patrimonio

Quando cesserai di mantenerli, si manterranno da soli, oppure, quello che tu non puoi sapere dai tuoi favori, lo saprai dalla povertà: resteranno gli amici veri e sicuri, e se ne andrà chi non cercava te, ma altro

Non si deve, allora, amare la povertà anche solo perché ti mostra chi ti ama veramente

Quando verrà quel giorno in cui nessuno mentirà più per rispetto a te
Huc ergo cogitationes tuae tendant, hoc cura, hoc opta, omnia alia vota deo remissurus, ut contentus sis temet ipso et ex te nascentibus bonis

Quae potest esse felicitas propior

Redige te ad parva ex quibus cadere non possis, idque ut libentius facias, ad hoc pertinebit tributum huius epistulae, quod statim conferam

Invideas licet, etiam nunc libenter pro me dependet Epicurus

'Magnificentior, mihi crede, sermo tuus in grabatto videbitur et in panno; non enim dicentur tantum illa sed probabuntur

' Ego certe aliter audio quae dicit Demetrius noster, cum illum vidi nudum, quanto minus quam in stramentis incubantem: non praeceptor veri sed testis est

'Quid ergo

non licet divitias in sinu positas contemnere

' Quidni liceat
I tuoi pensieri tendano a questo: ricerca e desidera solo, rimettendo a dio ogni altro desiderio, di essere pago di te stesso e dei beni che nascono da te

Quale felicità può essere più vicina

Riduciti a un modesto livello di vita, da cui non puoi precipitare; e perché tu lo faccia più volentieri, il tributo che ora ti darò in questa lettera verterà sull'argomento

Se pure non sei d'accordo, anche questa volta Epicuro pagherà volentieri al mio posto

Se dormirai in un misero letto e vestirai umili panni, le tue parole, credimi, sembreranno ancòra più nobili: non le pronuncerai soltanto, ma le proverai coi fatti

Io, certo, ascolto con spirito diverso gli insegnamenti del nostro Demetrio, da quando l'ho visto con la sola tunica, disteso su meno che un pagliericcio: non è maestro, ma testimone della verità

E allora

Non si può disprezzare la ricchezza, pur possedendola

Perché no
Et ille ingentis animi est qui illas circumfusas sibi, multum diuque miratus quod ad se venerint, ridet suasque audit magis esse quam sentit

Multum est non corrumpi divitiarum contubernio; magnus ille qui in divits pauper est

'Nescio' inquis 'quomodo paupertatem iste laturus sit, si in illam inciderit

' Nec ego, Epicure, an gulus si iste pauper contempturus sit divitias, si in illas inciderit; itaque in utroque mens aestimanda est inspiciendumque an ille paupertati indulgeat, an hic divitiis non indulgeat

Alioquin leve argumentum est bonae voluntatis grabattus aut pannus, nisi apparuit aliquem illa non necessitate pati sed malle

Ceterum magnae indolis est ad ista non properare tamquam meliora, sed praeparari tamquam ad facilia
E dimostra una straordinaria grandezza morale chi se la ride delle ricchezze che lo circondano, molto stupito di possederle, e sente dire che sono sue, ma dentro di sé non le sente tali

già molto non essere corrotti dal contatto con la ricchezza; è grande chi ci vive in mezzo da povero

Io non so, dici, come costui sopporterà la povertà, se dovesse incapparvi

E io, da parte mia, o Epicuro, non potrei dire se questo povero disprezzerà la ricchezza nel caso dovesse capitargli; bisogna, perciò esaminare in entrambi i casi la disposizione di spirito e considerare se il ricco si adatterebbe alla povertà, e se il povero non si compiacerebbe della ricchezza

Il lettuccio o i vestiti miseri non bastano a provare la buona disposizione di spirito, a meno che non sia evidente che si sopportano non per necessità, ma per libera scelta

E d'altra parte è segno di un animo grande non correre verso la povertà come se fosse la condizione migliore, ma esservi preparati come se fosse facile

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Et sunt, Lucili, facilia; cum vero multum ante meditatus accesseris, iucunda quoque; inest enim illis, sine qua nihil est iucundum, securitas

Necessarium ergo iudico id quod tibi scripsi magnos viros saepe fecisse, aliquos dies interponere quibus nos imaginaria paupertate exerceamus ad veram; quod eo magis faciendum est quod deliciis permaduimus et omnia dura ac difficilia iudicamus

Potius excitandus e somno et vellicandus est animus admonendusque naturam nobis minimum constituisse

Nemo nascitur dives; quisquis exit in lucem iussus est lacte et panno esse contentus: ab his initiis nos regna non capiunt

Vale

Cum istis tibi esse negotium iudicas de quibus scripseras

Maximum negotium tecum habes, tu tibi molestus es

Quid velis nescis, melius probas honesta quam sequeris, vides ubi sit posita felicitas sed ad illam pervenire non audes
E, in realtà, è facile, Lucilio; e anche piacevole, se ci accostiamo a essa dopo aver meditato a lungo; vi troveremo la serenità senza la quale non c'è nessuna gioia

Ritengo, dunque, necessario quello che, come ti ho scritto, hanno fatto spesso i grandi uomini: inframmezzare alcuni giorni in cui, vivendo una povertà immaginaria, ci prepariamo a quella vera; e tanto più dobbiamo farlo, in quanto viviamo immersi nei piaceri e giudichiamo tutto duro e difficile

Bisogna, invece, scuotere l'animo nostro dal sonno, stimolarlo e ricordargli che la natura ci ha dato esigenze minime

Nessuno nasce ricco; a tutti i neonati deve bastare del latte e un panno: ma, dopo questi inizi, non ci bastano i regni

Stammi bene

Credi di avere dei problemi con le persone di cui mi hai scritto

I problemi maggiori li hai invece con te stesso, sei tu gravoso a te stesso

Non sai che cosa vuoi, apprezzi la virtù, più che seguirla, vedi dove sta la felicità, ma non osi raggiungerla
Quid sit autem quod te impediat, quia parum ipse dispicis, dicam: magna esse haec existimas quae relicturus es, et cum proposuisti tibi illam securitatem ad quam transiturus es, retinet te huius vitae a qua recessurus es fulgor tamquam in sordida et obscura casurum

Erras, Lucili: ex hac vita ad illam ascenditur

Quod interest inter splendorem et lucem, cum haec certam originem habeat ac suam, ille niteat alieno, hoc inter hanc vitam et illam: haec fulgore extrinsecus veniente percussa est, crassam illi statim umbram faciet quisquis obstiterit: illa suo lumine illustris est

Studia te tua clarum et nobilem efficient

Exemplum Epicuri referam
Visto che tu non riesci a capirlo, ti dirò io che cosa ti ostacola: tieni in gran conto ciò che hai intenzione di lasciare, e quando ti poni davanti agli occhi quella serenità che vuoi conseguire, sei trattenuto dallo splendore di questa vita da cui stai per allontanarti, come se poi dovessi precipitare in una esistenza sordida e oscura

Sbagli, mio caro: da questa vita a quella si sale

E tra questa vita e quella c'è la stessa differenza che intercorre tra lo splendore e la luce, perché la luce ha una propria sicura origine, mentre lo splendore brilla di luce riflessa: questa vita è illuminata da una luce che viene dall'esterno, e chiunque si interponga vi proietta subito una densa ombra; quella, invece, splende di luce propria

Gli studi cui ti dedicherai ti renderanno illustre e celebre

Ti farò l'esempio di Epicuro

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Cum Idomeneo scriberet et illum a vita speciosa ad fidelem stabilemque gloriam revocaret, regiae tunc potentiae ministrum et magna tractantem, 'si gloria' inquit 'tangeris, notiorem te epistulae meae facient quam omnia ista quae colis et propter quae coleris'

Numquid ergo mentitus est

quis Idomenea nosset nisi Epicurus illum litteris suis incidisset

Omnes illos megistanas et satrapas et regem ipsum ex quo Idomenei titulus petebatur oblivio alta suppressit

Nomen Attici perire Ciceronis epistulae non sinunt

Nihil illi profuisset gener Agrippa et Tiberius progener et Drusus Caesar pronepos; inter tam magna nomina taceretur nisi Cicero illum applicuisset

Profunda super nos altitudo temporis veniet, pauca ingenia caput exserent et in idem quandoque silentium abitura oblivioni resistent ac se diu vindicabunt
Scrivendo a Idomeneo, allora funzionario di un potente re e ministro di affari importanti, per richiamarlo da una vita bella solo esteriormente a una gloria sicura e stabile, diceva: Se ti interessa la gloria, ti renderanno più famoso le mie lettere che tutte le faccende di cui ti occupi e per cui sei onorato

E non ha forse detto la verità

Chi conoscerebbe Idomeneo se Epicuro non ne avesse scolpito il nome con le sue lettere

Tutti quei magnati e satrapi e lo stesso re da cui derivava a Idomeneo ogni onore, sono sepolti nell'oblio

Le lettere di Cicerone fanno vivere il nome di Attico

A nulla gli sarebbe servito il genero Agrippa e Tiberio, marito della nipote, e il pronipote Druso Cesare; tra nomi tanto illustri non si parlerebbe di lui, se Cicerone non lo avesse legato a sé

Piomberà su noi la sconfinata profondità del tempo, pochi ingegni riusciranno a emergere e, anche se sono egualmente destinati a scomparire prima o poi nel silenzio, resisteranno all'oblio e rivendicheranno la loro parte di gloria per lungo tempo
Quod Epicurus amico suo potuit promittere, hoc tibi promitto, Lucili: habebo apud posteros gratiam, possum mecum duratura nomina educere

Vergilius noster duobus memoriam aeternam promisit et praestat: fortunati ambo

si quid mea carmina possunt,nulla dies umquam memori vos eximet aevo,dum domus Aeneae Capitoli immobile saxum accolet imperiumque pater Romanus habebit

Quoscumque in medium fortuna protulit, quicumque membra ac partes alienae potentiae fuerant, horum gratia viguit, domus frequentata est, dum ipsi steterunt: post ipsos cito memoria defecit

Ingeniorum crescit dignatio nec ipsis tantum honor habetur, sed quidquid illorum memoriae adhaesit excipitur

Ne gratis Idomeneus in epistulam meam venerit, ipse eam de suo redimet
La promessa che Epicuro poté fare al suo amico te la faccio anch'io, caro Lucilio: godrò del favore dei posteri e posso condurre con me fuori dalle tenebre uomini destinati a una lunga fama

Il nostro Virgilio promise a due giovani memoria eterna e ha mantenuto la promessa: Fortunati entrambi

Se i miei versi hanno qualche valore, nessun giorno mai vi sottrarrà al ricordo delle generazioni future finché la stirpe di Enea abiterà l'immota rupe del Campidoglio e il padre Romano avrà l'impero

Tutti quegli uomini che si sono messi in luce col favore della sorte e sono stati strumento e parte della potenza altrui, hanno goduto in vita di grande favore e la loro casa era frequentata: dopo la morte però ne è scomparso sùbito anche il ricordo

Il rispetto tributato agli uomini di ingegno cresce, invece, col tempo e non sono onorati solo loro, ma si conserva tutto ciò che è unito alla loro memoria

E perché Idomeneo non sia nominato gratuitamente nella mia lettera, pagherà lui di tasca sua il mio debito

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Ad hunc Epicurus illam nobilem sententiam scripsit qua hortatur ut Pythoclea locupletem non publica nec ancipiti via faciat

'Si vis' inquit 'Pythoclea divitem facere, non pecuniae adiciendum sed cupiditati detrahendum est

' Et apertior ista sententia est quam interpretanda sit, et disertior quam ut adiuvanda

Hoc unum te admoneo, ne istud tantum existimes de divits dictum: quocumque transtuleris, idem poterit

Si vis Pythoclea honestum facere, non honoribus adiciendum est sed cupiditatibus detrahendum; si vis Pythoclea esse in perpetua voluptate, non voluptatibus adiciendum est sed cupiditatibus detrahendum; si vis Pythoclea senem facere et implere vitam, non annis adiciendum est sed cupiditatibus detrahendum

Has voces non est quod Epicuri esse iudices: publicae sunt
Epicuro gli scrisse quella famosa frase con cui lo esorta a rendere ricco Pitocle non con i mezzi comuni e incerti

Se vuoi,dice, rendere ricco Pitocle, non devi aumentargli i beni, ma diminuirne i desideri

una frase troppo chiara ed eloquente per necessitare di una spiegazione o di un sostegno

Ti raccomando unicamente di non pensare che valga solo per la ricchezza: a qualunque argomento la applichi, avrà la stessa validità

Se vuoi che Pitocle abbia credito, non devi aumentargli le cariche, ma diminuirne i desideri; se vuoi che Pitocle viva nella gioia, non devi aumentargli i piaceri, ma ridurne i desideri; se vuoi che Pitocle diventi vecchio e viva pienamente la sua vita, non devi aggiungergli anni, ma ridurne i desideri

Non credere che questi insegnamenti appartengano a Epicuro; sono di tutti
Quod fieri in senatu solet faciendum ego in philosophia quoque existimo: cum censuit aliquis quod ex parte mihi placeat, iubeo illum dividere sententiam et sequor quod probo

Eo libentius Epicuri egregia dicta commemoro, ut istis qui ad illum confugiunt spe mala inducti, qui velamentum ipsos vitiorum suorum habituros existimant, probent quocumque ierint honeste esse vivendum

Cum adieris eius hortulos et inscriptum hortulis 'HOSPES HIC BENE MANEBIS, HIC SVMMVM BONVM VOLVPTAS EST' paratus erit istius domicilii custos hospitalis, humanus, et te polenta excipiet et aquam quoque large ministrabit et dicet, 'ecquid bene acceptus es

' 'Non irritant' inquit 'hi hortuli famem sed exstinguunt, nec maiorem ipsis potionibus sitim faciunt, sed naturali et gratuito remedio sedant; in hac voluptate consenui
Quello che di solito si fa in senato, penso si debba farlo anche in filosofia: quando qualcuno esprime un'opinione che io non condivido pienamente, gli chiedo di suddividere il suo pensiero e seguo solo le parti che approvo

Queste belle massime di Epicuro le cito tanto più volentieri perché dimostrino a chi ricorre a lui, sperando a torto di trovare una copertura ai propri vizi, che dovunque si volgano, devono vivere in maniera onesta

Quando andrai nei suoi giardini dove c'è questa scritta: OSPITE, QUI STARAI BENE, QUI IL PIACERE IL SOMMO BENE, ti si farà incontro il custode della casa, uomo ospitale e affabile; ti accoglierà con della polenta e ti offrirà anche acqua in abbondanza; poi chiederà: E allora, sei stato accolto bene

Questi giardini non stimolano la fame, ma la saziano, e le bevande non aumentano la sete, ma la estinguono con un rimedio naturale e gratuito; io sono diventato vecchio tra questi piaceri

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' De his tecum desideriis loquor quae consolationem non recipiunt, quibus dandum est aliquid ut desinant

Nam de illis extraordinariis quae licet differre, licet castigare et opprimere, hoc unum commonefaciam: ista voluptas naturalis est, non necessaria

Huic nihil debes; si quid impendis, voluntarium est

Venter praecepta non audit: poscit, appellat

Non est tamen molestus creditor: parvo dimittitur, si modo das illi quod debes, non quod potes

Vale

Ti parlo di quei desideri che non vengono appagati a parole, ma devono ricevere qualcosa per estinguersi

Per i desideri particolari che è possibile rinviare, reprimere e frenare, ti raccomando, invece, una sola cosa: sono piaceri naturali, non necessari

Ad essi non sei debitore di nulla: se paghi qualcosa, è un tributo volontario

Lo stomaco non ascolta insegnamenti: chiede, reclama

Non è, però un creditore molesto: si soddisfa con poco, se soltanto gli dai ciò che devi, non ciò che puoi

Stammi bene

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