Invenio tamen translationes verborum ut non temerarias ita quae periculum sui fecerint; invenio imagines, quibus si quis nos uti vetat et poetis illas solis iudicat esse concessas, neminem mihi videtur ex antiquis legisse, apud quos nondum captabatur plausibilis oratio: illi, qui simpliciter et demonstrandae rei causa eloquebantur, parabolis referti sunt, quas existimo necessarias, non ex eadem causa qua poetis, sed ut imbecillitas nostrae adminicula sint, ut et dicentem et audientem in rem praesentem adducant Sextium ecce cum maxime lego, virum acrem, Graecis verbis, Romanis moribus philosophantem Movit me imago ab illo posita: ire quadrato agmine exercitum, ubi hostis ab omni parte suspectus est, pugnae paratum |
Trovo, però metafore ardite, anche se non al punto di essere pericolose; trovo immagini che, secondo alcuni, non dovremmo usare perché lecite solo ai poeti, Costoro, credo, non hanno letto nessuno degli antichi scrittori, che non ricercavano ancora gli applausi coi loro discorsi; essi parlavano con semplicità per dimostrare un concetto e facevano largo uso di similitudini; io le ritengo necessarie non per lo stesso motivo per cui sono necessarie ai poeti, ma come sostegno alla nostra debolezza per favorire la concentrazione di chi parla e di chi ascolta sull'argomento trattato Ecco, ora sto leggendo Sestio, uomo acuto che scrive di filosofia in greco, basandosi sulla morale romana Mi ha colpito questa sua immagine: un esercito avanza a colonne affiancate, pronto al combattimento, quando si teme da ogni parte un attacco nemico |
'Idem' inquit 'sapiens facere debet: omnis virtutes suas undique expandat, ut ubicumque infesti aliquid orietur, illic parata praesidia sint et ad nutum regentis sine tumultu respondeant ' Quod in exercitibus iis quos imperatores magni ordinant fieri videmus, ut imperium ducis simul omnes copiae sentiant, sic dispositae ut signum ab uno datum peditem simul equitemque percurrat, hoc aliquanto magis necessarium esse nobis ait Illi enim saepe hostem timuere sine causa, tutissimumque illis iter quod suspectissimum fuit: nihil stultitia pacatum habet; tam superne illi metus est quam infra; utrumque trepidat latus; sequuntur pericula et occurrunt; ad omnia pavet, imparata est et ipsis terretur auxiliis |
Lo stesso, dice, deve fare il saggio: spieghi in ogni direzione tutte le sue virtù e dovunque si manifesti un pericolo, là siano pronte le difese e rispondano al cenno del comandante senza creare scompiglio Negli eserciti guidati da grandi condottieri, noi vediamo che tutte le truppe sentono nello stesso momento l'ordine del comandante e sono disposte in modo che il segnale dato da un solo uomo arrivi simultaneamente alla fanteria e alla cavalleria; Sestio afferma che questa tattica è ancora più necessaria per noi I soldati spesso temono il nemico senza motivo, ma poi la marcia che li spaventava tanto non presenta nessun pericolo: l'uomo insensato non è mai tranquillo; i motivi di paura gli vengono dall'alto e dal basso, da destra e da sinistra; i pericoli gli si parano davanti e lo seguono; Trepida di fronte a tutto, è colto sempre di sorpresa e l'atterriscono i suoi stessi soccorritori |
Sapiens autem, ad omnem incursum munitus, intentus, non si paupertas, non si luctus, non si ignominia, non si dolor impetum faciat, pedem referet: interritus et contra illa ibit et inter illa Nos multa alligant, multa debilitant Diu in istis vitiis iacuimus, elui difficile est; non enim inquinati sumus sed infecti Ne ab alia imagine ad aliam transeamus, hoc quaeram quod saepe mecum dispicio, quid ita nos stultitia tam pertinaciter teneat Primo quia non fortiter illam repellimus nec toto ad salutem impetu nitimur, deinde quia illa quae a sapientibus viris reperta sunt non satis credimus nec apertis pectoribus haurimus leviterque tam magnae rei insistimus Quemadmodum autem potest aliquis quantum satis sit adversus vitia discere, qui quantum a vitiis vacat discit |
Il saggio, invece, è premunito e pronto a ogni attacco; non indietreggerà se la povertà, i lutti, il disonore, il dolore lo assalgono: avanzerà imperterrito contro di essi e in mezzo ad essi Sono molte le cose che ci vincolano e ci indeboliscono A lungo ci siamo crogiolati nei vizi ed è difficile far piazza pulita: non ci siamo solo insozzati, ma addirittura infettati Per non passare da una similitudine all'altra, ti chiederò una cosa su cui spesso rifletto: perché la stupidità ci domina con tanta ostinazione Punto primo: non la respingiamo con forza e non tendiamo con slancio alla salvezza; punto secondo: non abbiamo sufficiente fiducia nelle verità scoperte dai saggi, non le accogliamo nel profondo del cuore e ci dedichiamo con scarso impegno a una questione tanto importante Come può imparare quanto serve per combattere i vizi chi si applica nei ritagli di tempo che i vizi gli lasciano |
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Latino: dall'autore Seneca, opera Lettere a Lucilio parte Libri 03-04 Parte 01
Nemo nostrum in altum descendit; summa tantum decerpsimus et exiguum temporis inpendisse philosophiae satis abundeque occupatis fuit Illud praecipue inpedit, quod cito nobis placemus; si invenimus qui nos bonos viros dicat, qui prudentes, qui sanctos, adgnoscimus Non sumus modica laudatione contenti: quidquid in nos adulatio sinc pudore congessit tamquam debitum prendimus Optimos nos esse, sapientissimos adfirmantibus adsentimur, cum sciamus illos saepe multa mentiri; adeoque indulgemus nobis ut laudari velimus in id cu: contraria cum maxime facimus Mitissimum ille se in ipsis suppliciis audit, in rapinis liberalissimum et in ebrietatibus ac libidinibus temperantissimum; sequitur itaque ut ideo mutari nolimus quia nos optimos esse credidimus |
Nessuno di noi va a fondo; cogliamo solo quanto è in superficie e i pochi minuti spesi per la filosofia bastano e avanzano per gente tanto affaccendata L'ostacolo maggiore è che siamo subito soddisfatti di noi stessi; se c'è qualcuno che ci definisce valenti, saggi, virtuosi, gli diamo immediatamente credito Non ci accontentiamo di lodi misurate: accogliamo come dovuto il cumulo di spudorate adulazioni che ci vengono rivolte Concordiamo con chi afferma che siamo gli uomini più virtuosi e saggi, pur sapendo che quelle persone mentono spesso e volentieri; siamo così indulgenti con noi stessi perché vogliamo essere lodati per virtù esattamente opposte al nostro modo di agire Il carnefice (proprio mentre tortura) si sente definire l'uomo più mite, chi vive di ruberie l'uomo più generoso, il libertino ubriacone l'uomo più temperante; di conseguenza non vogliamo correggerci perché ci crediamo perfetti |
Alexander cum iam in India vagaretur et gentes ne finitimis quidem satis notas bello vastaret, in obsidione cuiusdam urbis, dum circumit muros et inbecillissima moenium quaerit, sagitta ictus diu persedere et incepta agere perseveravit Deinde cum represso sanguine sicci vulneris dolor cresceret et crus suspensum equo paulatim obtorpuisset, coactus absistere 'omnes' inquit 'iurant esse me Iovis filium, sed vulnus hoc hominem esse me clamat' Idem nos faciamus Pro sua quemque portione adulatio infatuat: dicamus, 'vos quidem dicitis me prudentem esse, ego autem video quam multa inutilia concupiscam, nocitura optem Ne hoc quidem intellego quod animalibus satietas monstrat, quis cibo debeat esse, quis potioni modus; quantum capiam adhuc nescio ' Iam docebo quemadmodum intellegas te non esse sapientem |
Alessandro attraversava ormai l'India e combatteva devastando i territori di genti poco note anche agli stessi popoli confinanti, Durante l'assedio di una città, mentre faceva il giro delle mura per individuarne i punti più deboli, fu colpito da una freccia; tuttavia rimase a lungo a cavallo e continuò la sua ricognizione Ma poi il sangue, coagulatosi nella ferita, rese più acuto il dolore, e la gamba, che penzolava dal cavallo, si era a poco a poco intorpidita Costretto a desistere, disse: Tutti giurano che sono figlio di Giove, ma questa ferita grida che sono un uomo Seguiamo anche noi il suo esempio Ciascuno, in misura diversa, si lascia infatuare dall'adulazione; diciamo: Voi sostenete che sono saggio, ma io mi rendo conto di avere molti desideri inutili e dannosi Non capisco nemmeno quello che la sazietà mostra agli animali: quale misura ci debba essere nel mangiare e nel bere; non conosco ancora la capacità del mio stomaco Ti insegnerò come tu possa renderti conto di non essere saggio |
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Sapiens ille plenus est gaudio, hilaris et placidus, inconcussus; cum dis ex pari vivit Nunc ipse te consule: si numquam maestus es, nulla spes animum tuum futuri exspectatione sollicitat, si per dies noctesque par et aequalis animi tenor erecti et placentis sibi est, pervenisti ad humani boni summam; sed si appetis voluptates et undique et cmnes, scito tantum tibi ex sapientia quantum ex gaudio deesse Ad hoc cupis pervenire, sed erras, qui inter divitias illuc venturum esse te speras, inter honores, id est gaudium inter sollicitudines quaeris: ista, quae sic petis tamquam datura laetitiam ac voluptatem, causae dolorum sunt |
Il saggio è pieno di gioia, allegro e sereno, imperturbabile; la sua vita è pari a quella degli dèi E ora esamina te stesso: se non sei mai triste, se nessuna speranza ti fa trepidare in attesa del futuro, se notte e giorno il tuo spirito fiero e soddisfatto di sé mantiene un atteggiamento stabile e sempre uguale, hai toccato il culmine dell'umano bene; ma se cerchi dovunque ogni genere di piaceri, sappi che ti mancano ugualmente saggezza e gioia Vuoi raggiungerla, ma sbagli se speri di arrivarci tra le ricchezze e gli onori: cerchi cioè la gioia tra gli affanni: i falsi beni, cui aspiri convinto che ti daranno contentezza e piacere, sono causa di dolori |
Omnes, inquam, illo tendunt ad gaudium, sed unde stabile magnumque consequantur ignorant: ille ex conviviis et luxuria, ille ex ambitione et circumfusa clientium turba, ille ex amica, alius ex studiorum liberalium vana ostentatione et nihil sanantibus litteris - omnes istos oblectamenta fallacia et brevia decipiunt, sicut ebrietas, quae unius horae hilarem insaniam longi temporis taedio pensat, sicut plausus et acclamationis secundae favor, qui magna sollicitudine et partus est et expiandus Hoc ergo cogita, hunc esse sapientiae effectum, gaudii aequalitatem Talis est sapientis animus qualis mundus super lunam: semper illic serenum est Habes ergo et quare velis sapiens esse, si numquam sine gaudio est Gaudium hoc non nascitur nisi ex virtutum conscientia: non potest gaudere nisi fortis, nisi iustus, nisi temperans 'Quid ergo' inquis, 'stulti ac mali non gaudent |
Tutti, lo ribadisco, tendono alla gioia, ma ignorano dove sia possibile trovarne una duratura e intensa: c'è chi la cerca nei banchetti e nell'intemperanza, chi nell'ambizione e nella folla dei clienti che gli si accalcano intorno, chi nell'amante, chi poi nella vana ostentazione delle scienze liberali e negli studi letterari che non giovano a niente; tutti costoro si lasciano ingannare da piaceri fallaci e di breve durata, come l'ubriachezza che fa scontare l'allegra pazzia di un'ora con un lungo malessere, come gli applausi e il favore della folla acclamante che si ottiene e si paga a prezzo di gravi preoccupazioni Riflettici; questo è il risultato della saggezza: una gioia stabile L'animo del saggio è come il mondo sulla luna: là c'è sempre il sereno Hai, dunque, un valido motivo per desiderare la saggezza: una gioia perpetua Questa gioia nasce unicamente dalla coscienza delle proprie virtù: può gioire solo l'uomo forte, giusto, temperante E allora chiedi Gli stolti e i malvagi non provano gioia |
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' Non magis quam praedam nancti leones: cum fatigaverunt se vino ac libidinibus, cum illos nox inter vitia defecit, cum voluptates angusto corpori ultra quam capiebat ingestae suppurare coeperunt, tunc exclamant miseri Vergilianum illum versum: namque ut supremam falsa inter gaudia noctem egerimus nosti Omnem luxuriosi noctem inter falsa gaudia et quidem tamquam supremam agunt: illud gaudium quod deos deorumque aemulos sequitur non interrumpitur, non desinit; desineret, si sumptum esset aliunde Quia non est alieni muneris, ne arbitrii quidem alieni est: quod non dedit fortuna non eripit Vale Queror, litigo, irascor Etiam nunc optas quod tibi optavit nutrix tua aut paedagogus aut mater nondum intellegis quantum mali optaverint O quam inimica nobis sunt vota nostrorum eo quidem inimiciora quo cessere felicius |
Non più dei leoni che conquistano la preda Quando sono stanchi di vino e di orge, quando hanno passato la notte negli stravizi, quando i piaceri accumulati smisuratamente nel corpo cominciano a farlo marcire, allora, infelici, gridano quel famoso verso virgiliano: Tu sai come abbiamo trascorso l'ultima notte tra false gioie I lussuriosi passano ogni notte tra false gioie e come se fosse l'ultima: ma quella gioia che tocca agli dèi e a chi li emula è continua, senza fine; finirebbe, se derivasse da altri Ma poiché non è un dono di altri, non è soggetta all'arbitrio altrui: la sorte non può strappare ciò che non ci ha dato Stammi bene Mi rammarico, litigo, mi arrabbio Desideri ancora quello che desideravano per te la tua nutrice, il precettore, tua madre Non hai ancora capìto quanto male desideravano Come ci sono funesti i voti dei nostri cari Tanto più funesti quanto più felice è il loro esito |
Iam non admiror si omnia nos a prima pueritia mala sequuntur: inter exsecrationes parentum crevimus Exaudiant di quandoque nostram pro nobis vocem gratuitam Quousque poscemus aliquid deos [quasi] ita nondum ipsi alere nos possumus Quamdiu sationibus implebimus magnarum urbium campos quamdiu nobis populus metet quamdiu unius mensae instrumentum multa navigia et quidem non ex uno mari subvehent Taurus paucissimorum iugerum pascuo impletur; una silva elephantis pluribus sufficit: homo et terra et mari pascitur Quid ergo tam insatiabilem nobis natura alvum dedit, cum tam modica corpora dedisset, ut vastissimorum edacissimorumque animalium aviditatem vinceremus Minime; quantulum est enim quod naturae datur Parvo illa dimittitur: non fames nobis ventris nostri magno constat sed ambitio |
Ormai non mi stupisco che fin dalla prima fanciullezza ci accompagnino tutti i mali: siamo cresciuti tra le imprecazioni dei congiunti Esaudiscano un giorno o l'altro gli dèi una preghiera disinteressata che rivolgiamo loro per il nostro bene Fino a quando chiederemo un aiuto agli dèi Non siamo ancòra capaci di provvedere da soli a noi stessi Fino a quando continueremo a riempire di piantagioni le campagne destinate a grandi città Fino a quando un intero popolo mieterà per noi Fino a quando centinaia di navi provenienti da più mari trasporteranno rifornimenti per una sola mensa Il toro si sazia pascolando su un terreno di pochi metri quadri; un solo bosco basta a numerosi elefanti: per nutrire l'uomo occorrono la terra e il mare Ma come La natura ci ha dato un corpo tanto piccolo e un ventre così insaziabile da superare l'ingordigia degli animali più grossi e voraci Niente affatto; come sono minime le esigenze della natura Si sazia con poco: non è la fame del ventre che ci costa molto, ma l'ostentazione |
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Hos itaque, ut ait Sallustius, 'ventri oboedientes' animalium loco numeremus, non hominum, quosdam vero ne animalium quidem, sed mortuorum Vivit is qui multis usui est, vivit is qui se utitur; qui vero latitant et torpent sic in domo sunt quomodo in conditivo Horum licet in limine ipso nomen marmori inscribas: mortem suam antecesserunt Vale Desinamus quod voluimus velle Ego certe id ago senex eadem velim quae puer volui In hoc unum eunt dies, in hoc noctes, hoc opus meum est, haec cogitatio, imponere veteribus malis finem Id ago ut mihi instar totius vitae dies sit; nec mehercules tamquam ultimum rapio, sed sic illum aspicio tamquam esse vel ultimus possit |
Pertanto quelle persone soggette al ventre, come scrive Sallustio, consideriamole animali, non uomini; anzi, certuni neppure animali, ma morti vivo chi è utile a molti, è vivo chi fa buon uso di se stesso; quelli che si nascondono, immobili nel loro torpore, stanno in casa loro come in una tomba Ne puoi incidere il nome sul marmo della soglia: hanno anticipato la morte Stammi bene Finiamola di volere le stesse cose che in passato Per quel che mi riguarda, ora che sono vecchio, cerco di non avere gli stessi desideri che avevo da fanciullo Questo solo è lo scopo dei miei giorni e delle mie notti, la mia occupazione, il mio pensiero fisso: porre fine ai mali di un tempo Faccio in modo che un giorno corrisponda a tutta una vita; e perbacco, non lo afferro come se fosse l'ultimo, ma lo considero come se potesse anche essere l'ultimo |