Seneca, Lettere a Lucilio: Libri 05-06 Parte 02, pag 4

Seneca, Lettere a Lucilio: Libri 05-06 Parte 02

Latino: dall'autore Seneca, opera Lettere a Lucilio parte Libri 05-06 Parte 02
Invenio tamen translationes verborum ut non temerarias ita quae periculum sui fecerint; invenio imagines, quibus si quis nos uti vetat et poetis illas solis iudicat esse concessas, neminem mihi videtur ex antiquis legisse, apud quos nondum captabatur plausibilis oratio: illi, qui simpliciter et demonstrandae rei causa eloquebantur, parabolis referti sunt, quas existimo necessarias, non ex eadem causa qua poetis, sed ut imbecillitas nostrae adminicula sint, ut et dicentem et audientem in rem praesentem adducant

Sextium ecce cum maxime lego, virum acrem, Graecis verbis, Romanis moribus philosophantem

Movit me imago ab illo posita: ire quadrato agmine exercitum, ubi hostis ab omni parte suspectus est, pugnae paratum
Trovo, però metafore ardite, anche se non al punto di essere pericolose; trovo immagini che, secondo alcuni, non dovremmo usare perché lecite solo ai poeti, Costoro, credo, non hanno letto nessuno degli antichi scrittori, che non ricercavano ancora gli applausi coi loro discorsi; essi parlavano con semplicità per dimostrare un concetto e facevano largo uso di similitudini; io le ritengo necessarie non per lo stesso motivo per cui sono necessarie ai poeti, ma come sostegno alla nostra debolezza per favorire la concentrazione di chi parla e di chi ascolta sull'argomento trattato

Ecco, ora sto leggendo Sestio, uomo acuto che scrive di filosofia in greco, basandosi sulla morale romana

Mi ha colpito questa sua immagine: un esercito avanza a colonne affiancate, pronto al combattimento, quando si teme da ogni parte un attacco nemico
'Idem' inquit 'sapiens facere debet: omnis virtutes suas undique expandat, ut ubicumque infesti aliquid orietur, illic parata praesidia sint et ad nutum regentis sine tumultu respondeant

' Quod in exercitibus iis quos imperatores magni ordinant fieri videmus, ut imperium ducis simul omnes copiae sentiant, sic dispositae ut signum ab uno datum peditem simul equitemque percurrat, hoc aliquanto magis necessarium esse nobis ait

Illi enim saepe hostem timuere sine causa, tutissimumque illis iter quod suspectissimum fuit: nihil stultitia pacatum habet; tam superne illi metus est quam infra; utrumque trepidat latus; sequuntur pericula et occurrunt; ad omnia pavet, imparata est et ipsis terretur auxiliis
Lo stesso, dice, deve fare il saggio: spieghi in ogni direzione tutte le sue virtù e dovunque si manifesti un pericolo, là siano pronte le difese e rispondano al cenno del comandante senza creare scompiglio

Negli eserciti guidati da grandi condottieri, noi vediamo che tutte le truppe sentono nello stesso momento l'ordine del comandante e sono disposte in modo che il segnale dato da un solo uomo arrivi simultaneamente alla fanteria e alla cavalleria; Sestio afferma che questa tattica è ancora più necessaria per noi

I soldati spesso temono il nemico senza motivo, ma poi la marcia che li spaventava tanto non presenta nessun pericolo: l'uomo insensato non è mai tranquillo; i motivi di paura gli vengono dall'alto e dal basso, da destra e da sinistra; i pericoli gli si parano davanti e lo seguono; Trepida di fronte a tutto, è colto sempre di sorpresa e l'atterriscono i suoi stessi soccorritori
Sapiens autem, ad omnem incursum munitus, intentus, non si paupertas, non si luctus, non si ignominia, non si dolor impetum faciat, pedem referet: interritus et contra illa ibit et inter illa

Nos multa alligant, multa debilitant

Diu in istis vitiis iacuimus, elui difficile est; non enim inquinati sumus sed infecti

Ne ab alia imagine ad aliam transeamus, hoc quaeram quod saepe mecum dispicio, quid ita nos stultitia tam pertinaciter teneat

Primo quia non fortiter illam repellimus nec toto ad salutem impetu nitimur, deinde quia illa quae a sapientibus viris reperta sunt non satis credimus nec apertis pectoribus haurimus leviterque tam magnae rei insistimus

Quemadmodum autem potest aliquis quantum satis sit adversus vitia discere, qui quantum a vitiis vacat discit
Il saggio, invece, è premunito e pronto a ogni attacco; non indietreggerà se la povertà, i lutti, il disonore, il dolore lo assalgono: avanzerà imperterrito contro di essi e in mezzo ad essi

Sono molte le cose che ci vincolano e ci indeboliscono

A lungo ci siamo crogiolati nei vizi ed è difficile far piazza pulita: non ci siamo solo insozzati, ma addirittura infettati

Per non passare da una similitudine all'altra, ti chiederò una cosa su cui spesso rifletto: perché la stupidità ci domina con tanta ostinazione

Punto primo: non la respingiamo con forza e non tendiamo con slancio alla salvezza; punto secondo: non abbiamo sufficiente fiducia nelle verità scoperte dai saggi, non le accogliamo nel profondo del cuore e ci dedichiamo con scarso impegno a una questione tanto importante

Come può imparare quanto serve per combattere i vizi chi si applica nei ritagli di tempo che i vizi gli lasciano

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Nemo nostrum in altum descendit; summa tantum decerpsimus et exiguum temporis inpendisse philosophiae satis abundeque occupatis fuit

Illud praecipue inpedit, quod cito nobis placemus; si invenimus qui nos bonos viros dicat, qui prudentes, qui sanctos, adgnoscimus

Non sumus modica laudatione contenti: quidquid in nos adulatio sinc pudore congessit tamquam debitum prendimus

Optimos nos esse, sapientissimos adfirmantibus adsentimur, cum sciamus illos saepe multa mentiri; adeoque indulgemus nobis ut laudari velimus in id cu: contraria cum maxime facimus

Mitissimum ille se in ipsis suppliciis audit, in rapinis liberalissimum et in ebrietatibus ac libidinibus temperantissimum; sequitur itaque ut ideo mutari nolimus quia nos optimos esse credidimus
Nessuno di noi va a fondo; cogliamo solo quanto è in superficie e i pochi minuti spesi per la filosofia bastano e avanzano per gente tanto affaccendata

L'ostacolo maggiore è che siamo subito soddisfatti di noi stessi; se c'è qualcuno che ci definisce valenti, saggi, virtuosi, gli diamo immediatamente credito

Non ci accontentiamo di lodi misurate: accogliamo come dovuto il cumulo di spudorate adulazioni che ci vengono rivolte

Concordiamo con chi afferma che siamo gli uomini più virtuosi e saggi, pur sapendo che quelle persone mentono spesso e volentieri; siamo così indulgenti con noi stessi perché vogliamo essere lodati per virtù esattamente opposte al nostro modo di agire

Il carnefice (proprio mentre tortura) si sente definire l'uomo più mite, chi vive di ruberie l'uomo più generoso, il libertino ubriacone l'uomo più temperante; di conseguenza non vogliamo correggerci perché ci crediamo perfetti
Alexander cum iam in India vagaretur et gentes ne finitimis quidem satis notas bello vastaret, in obsidione cuiusdam urbis, dum circumit muros et inbecillissima moenium quaerit, sagitta ictus diu persedere et incepta agere perseveravit

Deinde cum represso sanguine sicci vulneris dolor cresceret et crus suspensum equo paulatim obtorpuisset, coactus absistere 'omnes' inquit 'iurant esse me Iovis filium, sed vulnus hoc hominem esse me clamat'

Idem nos faciamus

Pro sua quemque portione adulatio infatuat: dicamus, 'vos quidem dicitis me prudentem esse, ego autem video quam multa inutilia concupiscam, nocitura optem

Ne hoc quidem intellego quod animalibus satietas monstrat, quis cibo debeat esse, quis potioni modus; quantum capiam adhuc nescio

' Iam docebo quemadmodum intellegas te non esse sapientem
Alessandro attraversava ormai l'India e combatteva devastando i territori di genti poco note anche agli stessi popoli confinanti, Durante l'assedio di una città, mentre faceva il giro delle mura per individuarne i punti più deboli, fu colpito da una freccia; tuttavia rimase a lungo a cavallo e continuò la sua ricognizione

Ma poi il sangue, coagulatosi nella ferita, rese più acuto il dolore, e la gamba, che penzolava dal cavallo, si era a poco a poco intorpidita Costretto a desistere, disse: Tutti giurano che sono figlio di Giove, ma questa ferita grida che sono un uomo

Seguiamo anche noi il suo esempio

Ciascuno, in misura diversa, si lascia infatuare dall'adulazione; diciamo: Voi sostenete che sono saggio, ma io mi rendo conto di avere molti desideri inutili e dannosi

Non capisco nemmeno quello che la sazietà mostra agli animali: quale misura ci debba essere nel mangiare e nel bere; non conosco ancora la capacità del mio stomaco

Ti insegnerò come tu possa renderti conto di non essere saggio

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Sapiens ille plenus est gaudio, hilaris et placidus, inconcussus; cum dis ex pari vivit

Nunc ipse te consule: si numquam maestus es, nulla spes animum tuum futuri exspectatione sollicitat, si per dies noctesque par et aequalis animi tenor erecti et placentis sibi est, pervenisti ad humani boni summam; sed si appetis voluptates et undique et cmnes, scito tantum tibi ex sapientia quantum ex gaudio deesse

Ad hoc cupis pervenire, sed erras, qui inter divitias illuc venturum esse te speras, inter honores, id est gaudium inter sollicitudines quaeris: ista, quae sic petis tamquam datura laetitiam ac voluptatem, causae dolorum sunt
Il saggio è pieno di gioia, allegro e sereno, imperturbabile; la sua vita è pari a quella degli dèi

E ora esamina te stesso: se non sei mai triste, se nessuna speranza ti fa trepidare in attesa del futuro, se notte e giorno il tuo spirito fiero e soddisfatto di sé mantiene un atteggiamento stabile e sempre uguale, hai toccato il culmine dell'umano bene; ma se cerchi dovunque ogni genere di piaceri, sappi che ti mancano ugualmente saggezza e gioia

Vuoi raggiungerla, ma sbagli se speri di arrivarci tra le ricchezze e gli onori: cerchi cioè la gioia tra gli affanni: i falsi beni, cui aspiri convinto che ti daranno contentezza e piacere, sono causa di dolori
Omnes, inquam, illo tendunt ad gaudium, sed unde stabile magnumque consequantur ignorant: ille ex conviviis et luxuria, ille ex ambitione et circumfusa clientium turba, ille ex amica, alius ex studiorum liberalium vana ostentatione et nihil sanantibus litteris - omnes istos oblectamenta fallacia et brevia decipiunt, sicut ebrietas, quae unius horae hilarem insaniam longi temporis taedio pensat, sicut plausus et acclamationis secundae favor, qui magna sollicitudine et partus est et expiandus

Hoc ergo cogita, hunc esse sapientiae effectum, gaudii aequalitatem

Talis est sapientis animus qualis mundus super lunam: semper illic serenum est

Habes ergo et quare velis sapiens esse, si numquam sine gaudio est

Gaudium hoc non nascitur nisi ex virtutum conscientia: non potest gaudere nisi fortis, nisi iustus, nisi temperans

'Quid ergo' inquis, 'stulti ac mali non gaudent
Tutti, lo ribadisco, tendono alla gioia, ma ignorano dove sia possibile trovarne una duratura e intensa: c'è chi la cerca nei banchetti e nell'intemperanza, chi nell'ambizione e nella folla dei clienti che gli si accalcano intorno, chi nell'amante, chi poi nella vana ostentazione delle scienze liberali e negli studi letterari che non giovano a niente; tutti costoro si lasciano ingannare da piaceri fallaci e di breve durata, come l'ubriachezza che fa scontare l'allegra pazzia di un'ora con un lungo malessere, come gli applausi e il favore della folla acclamante che si ottiene e si paga a prezzo di gravi preoccupazioni

Riflettici; questo è il risultato della saggezza: una gioia stabile

L'animo del saggio è come il mondo sulla luna: là c'è sempre il sereno

Hai, dunque, un valido motivo per desiderare la saggezza: una gioia perpetua

Questa gioia nasce unicamente dalla coscienza delle proprie virtù: può gioire solo l'uomo forte, giusto, temperante

E allora chiedi Gli stolti e i malvagi non provano gioia

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' Non magis quam praedam nancti leones: cum fatigaverunt se vino ac libidinibus, cum illos nox inter vitia defecit, cum voluptates angusto corpori ultra quam capiebat ingestae suppurare coeperunt, tunc exclamant miseri Vergilianum illum versum: namque ut supremam falsa inter gaudia noctem egerimus nosti

Omnem luxuriosi noctem inter falsa gaudia et quidem tamquam supremam agunt: illud gaudium quod deos deorumque aemulos sequitur non interrumpitur, non desinit; desineret, si sumptum esset aliunde

Quia non est alieni muneris, ne arbitrii quidem alieni est: quod non dedit fortuna non eripit

Vale

Queror, litigo, irascor

Etiam nunc optas quod tibi optavit nutrix tua aut paedagogus aut mater

nondum intellegis quantum mali optaverint

O quam inimica nobis sunt vota nostrorum

eo quidem inimiciora quo cessere felicius
Non più dei leoni che conquistano la preda Quando sono stanchi di vino e di orge, quando hanno passato la notte negli stravizi, quando i piaceri accumulati smisuratamente nel corpo cominciano a farlo marcire, allora, infelici, gridano quel famoso verso virgiliano: Tu sai come abbiamo trascorso l'ultima notte tra false gioie

I lussuriosi passano ogni notte tra false gioie e come se fosse l'ultima: ma quella gioia che tocca agli dèi e a chi li emula è continua, senza fine; finirebbe, se derivasse da altri

Ma poiché non è un dono di altri, non è soggetta all'arbitrio altrui: la sorte non può strappare ciò che non ci ha dato

Stammi bene

Mi rammarico, litigo, mi arrabbio

Desideri ancora quello che desideravano per te la tua nutrice, il precettore, tua madre

Non hai ancora capìto quanto male desideravano

Come ci sono funesti i voti dei nostri cari

Tanto più funesti quanto più felice è il loro esito
Iam non admiror si omnia nos a prima pueritia mala sequuntur: inter exsecrationes parentum crevimus

Exaudiant di quandoque nostram pro nobis vocem gratuitam

Quousque poscemus aliquid deos

[quasi] ita nondum ipsi alere nos possumus

Quamdiu sationibus implebimus magnarum urbium campos

quamdiu nobis populus metet

quamdiu unius mensae instrumentum multa navigia et quidem non ex uno mari subvehent

Taurus paucissimorum iugerum pascuo impletur; una silva elephantis pluribus sufficit: homo et terra et mari pascitur

Quid ergo

tam insatiabilem nobis natura alvum dedit, cum tam modica corpora dedisset, ut vastissimorum edacissimorumque animalium aviditatem vinceremus

Minime; quantulum est enim quod naturae datur

Parvo illa dimittitur: non fames nobis ventris nostri magno constat sed ambitio
Ormai non mi stupisco che fin dalla prima fanciullezza ci accompagnino tutti i mali: siamo cresciuti tra le imprecazioni dei congiunti

Esaudiscano un giorno o l'altro gli dèi una preghiera disinteressata che rivolgiamo loro per il nostro bene

Fino a quando chiederemo un aiuto agli dèi

Non siamo ancòra capaci di provvedere da soli a noi stessi

Fino a quando continueremo a riempire di piantagioni le campagne destinate a grandi città

Fino a quando un intero popolo mieterà per noi

Fino a quando centinaia di navi provenienti da più mari trasporteranno rifornimenti per una sola mensa

Il toro si sazia pascolando su un terreno di pochi metri quadri; un solo bosco basta a numerosi elefanti: per nutrire l'uomo occorrono la terra e il mare

Ma come

La natura ci ha dato un corpo tanto piccolo e un ventre così insaziabile da superare l'ingordigia degli animali più grossi e voraci

Niente affatto; come sono minime le esigenze della natura

Si sazia con poco: non è la fame del ventre che ci costa molto, ma l'ostentazione

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Hos itaque, ut ait Sallustius, 'ventri oboedientes' animalium loco numeremus, non hominum, quosdam vero ne animalium quidem, sed mortuorum

Vivit is qui multis usui est, vivit is qui se utitur; qui vero latitant et torpent sic in domo sunt quomodo in conditivo

Horum licet in limine ipso nomen marmori inscribas: mortem suam antecesserunt

Vale

Desinamus quod voluimus velle

Ego certe id ago senex eadem velim quae puer volui

In hoc unum eunt dies, in hoc noctes, hoc opus meum est, haec cogitatio, imponere veteribus malis finem

Id ago ut mihi instar totius vitae dies sit; nec mehercules tamquam ultimum rapio, sed sic illum aspicio tamquam esse vel ultimus possit
Pertanto quelle persone soggette al ventre, come scrive Sallustio, consideriamole animali, non uomini; anzi, certuni neppure animali, ma morti

vivo chi è utile a molti, è vivo chi fa buon uso di se stesso; quelli che si nascondono, immobili nel loro torpore, stanno in casa loro come in una tomba

Ne puoi incidere il nome sul marmo della soglia: hanno anticipato la morte

Stammi bene

Finiamola di volere le stesse cose che in passato

Per quel che mi riguarda, ora che sono vecchio, cerco di non avere gli stessi desideri che avevo da fanciullo

Questo solo è lo scopo dei miei giorni e delle mie notti, la mia occupazione, il mio pensiero fisso: porre fine ai mali di un tempo

Faccio in modo che un giorno corrisponda a tutta una vita; e perbacco, non lo afferro come se fosse l'ultimo, ma lo considero come se potesse anche essere l'ultimo

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