Il debito dello stato cresceva sempre di più e l'unico modo, senza tassare ulteriormente i contadini, era quello di riformare il sistema fiscale.
La debolezza della monarchia emerse nel duro conflitto con i parlamentari. Lo scontro tra i due diventò sempre più grande di fronte al debito pubblico. Per dimostrare la necessità d una riforma fiscale il sovrano Luigi XVI decise di pubblicare il bilancio dello stato e, di fronte al rischio della bancarotta, introdusse un'imposta fondiaria unica, ma il parlamento si rifiutò di pubblicare l'editto.
Nel 1788 ci fu una rivolta nobiliare, guidata dalla nobiltà di spada e di toga e poi seguita dalla borghesia e dai ceti popolari. Il re allora, accettò la richiesta del parlamento per convocare gli Stati Generali, l'antica assemblea dei tre ordini (clero, nobiltà e terzo stato) non più riunita dal 1614. I deputati dovevano essere eletti in ogni regione francese attraverso apposite assemblee.
Gli stati generali si incontrarono a Versailles il 5 maggio 1789 ma tutti i partecipanti volevano cose diverse:
• Il sovrano voleva imporre ai privilegiati la sua volontà in campo fiscale;
• L'aristocrazia mirava alla fine dell'assolutismo;
• I borghesi del terzo stato volevano trasformare la monarchia in senso costituzionale.
Si creò anche la questione del voto: si sarebbe dovuto votare per ordine o per testa.
Il terzo stato proponeva il voto per testa e, avendo capito che molta gente era dalla sua parte, si autoproclamò Assemblea nazionale, iniziando così la vera e propria rivoluzione. Il sovrano reagì facendo chiudere il locale dove si riunivano e l'assemblea si trasferì nella sala della "pallacorda" facendo il famoso Giuramento della Pallacorda, dove si giurarono di non separarsi finché la Costituzione non fosse stata stabilita.
Nella notte dell'11 luglio scoppiò l'insurrezione e una folla di popolani incendiò i caselli daziari, poi i borghesi presero la guida della rivolta, il cui comando venne affidato al marchese La Fayette. Il 14 luglio 1789 la folla occupò la Bastiglia, il carcere in cui venivano rinchiusi i detenuti politici.