Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Prefazione, pag 2

Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Prefazione

Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Prefazione
[24] Inscriptionis apud Graecos mira felicitas: khrion inscripsere, quod volebant intellegi favum, alii kera Amaltheia, quod copiae cornu, ut vel lactis gallinacei sperare possis in volumine haustum; iam ia, Mousai, pandektai, egceiridia, leimon, pinax, schedion: inscriptiones, propter quas vadimonium deseri possit; at cum intraveris, di deaeque, quam nihil in medio invenies

nostri graviores Antiquitatium, Exemplorum Artiumque, facetissimi Lucubrationum, puto quia Bibaculus erat et vocabatur

paulo minus asserit Varro in satiris suis Sesculixe et Flextabula

[25] Apud Graecos desiit nugari Diodorus et bibliotheka historiam suam inscripsit; Apion quidem grammaticus

hic quem Tiberius Caesar cymbalum mundi vocabat, cum propriae famae tympanum potius videri posset
[24] Presso i Greci mirabile la fecondità dell'iscrizione: khion intitolarono, quello che volevano fosse inteso come miele, altri corno di abbondanza, o corno di Amaltea, affinché tu possa aspettarti nel volume un sorso di latte di gallina; ormai, Ia, Muse, pandette, enchiridion, limon, pinax, schedion: titoli, per i quali possa essere tralasciata la garanzia; ma quando avrai iniziato, o dei e dee, non troverai nulla dentro

I nostri più grandi, piacevolissimi delle Antichità, degli Esempi e delle Arti, delle Lucubrazioni, penso che fosse ed era chiamato Bibaculo

Poco meno sostiene Varrone nelle sue satire Sesculisse e Flextabula

[25] Presso i Greci Diodoro smise di scherzare e intitolò la sua storia biblioteca

Poi il grammatico Apione - questo che Tiberio Cesare chiamava il cembalo del mondo, mentre poteva sembrare piuttosto il tamburo della propria fama- scrisse che faceva dono dell'immortalità a coloro a cui dedicava qualcosa
immortalitate donari a se scripsit ad quos aliqua componebat; [26] me non paenitet nullum festiviorem excogitasse titulum et, ne in totum videar Graecos insectari, ex illis mox velim intellegi pingendi fingendique conditoribus, quos in libellis his invenies, absoluta opera et illa quoque, quae mirando non satiamur, pendenti titulo inscripsisse, ut APELLES FACIEBAT aut POLYCLITUS, tamquam inchoata semper arte et inperfecta, ut contra iudiciorum varietates superesset artifici regressus ad veniam velut emendaturo quicquid desideraretur, si non esset interceptus

[27] Quare plenum verecundiae illud, quod omnia opera tamquam novissima inscripsere et tamquam singulis fato adempti

tria non amplius, ut opinor, absolute traduntur inscripta ILLE FECIT, quae suis locis reddam

quo apparuit summam artis securitatem auctori placuisse, et ob id magna invidia fuere omnia ea
[26] Non mi pento di non aver immaginato nessun titolo più piacevole e, per non sembrare affatto perseguitare i Greci, fra quei compositori del dipingere e del formare, vorrei che fossero subito riconosciuti, quelli che troverai in questi libri, non opere finite ma quelle che nel guardare ancora non ci saziamo, aver intitolato con intestazione incerta, come APELLE FACEVA o POLICLETO, come se con arte sempre iniziata e imperfetta, affinché contro la varietà dei giudizi sopravviva il ritorno al perdono per l'artefice come per colui che sta per correggere qualcosa che sarebbe richiesta, se non fosse stato interrotto

[27] Perciò pieno di modestia ciò, poiché scrissero tutte le opere come se recentissime e come se strappati a ciascuna per morte

Tre non di più, come penso, sono completamente tramandate intitolate QUELLO FECE, che dirò a suo tempo

Per cui si vide che all'autore piacque la massima sicurezza dell'arte, e per ciò tutte queste furono di grande invidia
[28] Ego plane meis adici posse multa confiteor, nec his solis, sed et omnibus quos edidi, ut obiter caveam istos Homeromastigas (ita enim verius dixerim), quoniam audio et Stoicos et dialecticos Epicureosque

nam de grammaticis semper expectavi

parturire adversus libellos, quos de grammatica edidi, et subinde abortus facere iam decem annis, cum celerius etiam elephanti pariant; [29] Ceu vero nesciam adversus Theophrastum, hominem in eloquentia tantum, ut nomen divinum inde invenerit, scripsisse etiam feminam, et proverbium inde natum suspendio arborem eligendi
[28]

Sicuramente confesso che alle mie si possono aggiungere molte cose, né a queste sole, ma anche a tutte quelle che ho composto, affinché intanto mi guardi da questi biasimatori (infatti così avrò parlato più esattamente), poiché sento che sia gli Stoici sia i Dialettici e gli Epicurei- infatti dai grammatici me lo sono sempre aspettato- esordiranno contro i libri, che ho composto sulla grammatica, e fare inoltre sconcezze già da dieci anni, mentre persino gli elefanti partoriscono più velocemente

[29] Come se in verità non so che contro Teofrasto, uomo di tanta eloquenza, che poi si procurò il nome di divino, scrisse perfino una donna, e da qui il proverbio di scegliere un albero nato per l'impiccagione

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Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 04, Paragrafi 75-80
Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 04, Paragrafi 75-80

Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 04, Paragrafi 75-80

[30] Non queo mihi temperare quo minus ad hoc pertinentia ipsa censorii Catonis verba ponam, ut appareat etiam Catoni de militari disciplina commentanti, qui sub Africano, immo vero et sub Hannibale didicisset militare et ne Africanum quidem ferre potuisset, qui imperator triumphum reportasset, paratos fuisse istos, qui obtrectatione alienae scientiae famam sibi aucupantur: Quid enim

ait in eo volumine, scio ego, quae scripta sunt si palam proferantur, multos fore qui vitiligent, sed ii potissimum, qui verae laudis expertes sunt

eorum ego orationes sivi praeterfluere

[31] Nec Plancus inlepide, cum diceretur Asinius Pollio orationes in eum parare, quae ab ipso aut libertis post mortem Planci ederentur, ne respondere posset: cum mortuis non nisi larvas luctari

quo dicto sic repercussit illas, ut apud eruditos nihil impudentius iudicetur
[30] Non riesco a trattenermi quanto meno proporrò le stesse parole del censore Catone riguardanti ciò, affinché appaia anche a Catone che discute sulla disciplina militare, che aveva imparato sotto l'Africano, anzi veramente anche sotto Annibale e poiché certo non poteva sopportare l'Africano, che da comandante aveva riportato il trionfo, che erano pronti quelli,che col biasimo della scienza altrui si procurino la fama: Cosa infatti

Dice in questo libro, lo so, queste cose furono scritte se chiaramente sono espresse, che molti ci saranno che biasimeranno, ma soprattutto quelli, che fanno esperienza della vera lode

O piuttosto farò scorrere i loro ragionamenti

[31] Né Planco senza spirito, essendo riferito che Asinio Pollione preparava contro di lui le orazioni, che da lui stesso o dai figli sarebbero pubblicate dopo la morte di Planco, che non potesse rispondere: che con i morti non combattevano se non i fantasmi

Con la quale frase le ribatté così, che presso gli eruditi niente è considerato più sfacciato
[32] Ergo securi etiam contra vitilitigatores, quos Cato eleganter ex vitiis et litigatoribus composuit

quid enim illi aliud quam litigant aut litem quaerunt



, exequemur reliqua propositi; [33] Quia occupationibus tuis publico bono parcendum erat, quid singulis contineretur libris, huic epistulae subiunxi summaque cura, ne legendos eos haberes, operam dedi

tu per hoc et aliis praestabis ne perlegant, sed, ut quisque desiderabit aliquid, id tantum quaerat et sciat quo loco inveniat

hoc ante me fecit in litteris nostris Valerius Soranus in libris, quos epoptidon inscripsit

[32]

Dunque sicuri anche contro i denigratori, che Catone elegantemente mise insieme dai vizi e dai litiganti - infatti che altro quelli se non che litigano o cercano la lite

-, seguirò il resto del proposito

[33] Poiché bisognava interessarsi alle tue preoccupazioni sul bene pubblico, ciò che è contenuto nei singoli libri, aggiunsi a questa lettera e realizzai l'opera con somma cura, affinché tu non debba leggerli

Tu per questo ti mostrerai agli altri affinché non leggano tutto, ma, come ciascuno desidererà qualcosa, questa sola cercherà e saprà dove la troverà

Prima di me questo fece nella nostra letteratura Valerio Sorano nei libri, che intitolò Epoptidon

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