Livio, Ab urbe condita: Libro 04. 09-14, pag 2

Livio, Ab urbe condita: Libro 04. 09-14

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 04. 09-14
Causa seditionum nequiquam a Poetelio quaesita, qui tribunus plebis iterum ea ipsa denuntiando factus, neque ut de agris dividendis plebi referrent consules ad senatum peruincere potuit, et cum magno certamine obtinuisset ut consulerentur patres, consulum an tribunorum placeret comitia haberi, consules creari iussi sunt

Ludibrioque erant minae tribuni denuntiantis se dilectum impediturum, cum quietis finitimis neque bello neque belli apparatu opus esset

Sequitur hanc tranquillitatem rerum annus Proculo Geganio Macerino L Menenio Lanato consulibus multiplici clade ac periculo insignis, seditionibus, fame, regno prope per largitionis dulcedinem in ceruices accepto

Unum afuit bellum externum; quo si adgrauatae res essent, vix ope deorum omnium resisti potuisset
Petelio cercò invano di far scoppiare disordini: egli era stato nominato di nuovo tribuno della plebe, preannunziando quel minaccioso programma, ma non riuscì a ottenere che i consoli in senato proponessero di assegnare le terre alla plebe; e quando, dopo uno scontro accesissimo, ottenne che si consultassero i senatori per sapere se si dovevano tenere comizi per eleggere i consoli o i tribuni, fu deciso di eleggere i consoli

Erano oggetto di scherno le minacce del tribuno, di impedire la leva, perché i popoli confinanti se ne stavano quieti e non c'era bisogno né di fare la guerra, né di prepararla

A questo periodo di tranquillità seguì un anno, quello del consolato di Proculo Geganio Macerino e di Lucio Menenio Lanato, caratterizzato da molte morti e da notevoli pericoli, da rivolte, carestia; allettati da elargizioni, quasi si rischiò di finire sotto il giogo della monarchia

Mancò solo una guerra esterna: se essa fosse venuta ad aggravare la situazione, forse non sarebbe bastato l'aiuto di tutti gli dèi per resistere
Coepere a fame mala, seu adversus annus frugibus fuit, seu dulcedine contionum et urbis deserto agrorum cultu; nam utrumque traditur

Et patres plebem desidem et tribuni plebis nunc fraudem, nunc neglegentiam consulum accusabant

Postremo perpulere plebem, haud adversante senatu, ut L Minucius praefectus annonae crearetur, felicior in eo magistratu ad custodiam libertatis futurus quam ad curationem ministerii sui, quamquam postremo annonae quoque leuatae haud immeritam et gratiam et gloriam tulit
Tutti i mali cominciarono con una spaventosa carestia, dovuta o all'annata poco propizia al raccolto o all'abbandono delle campagne avvenuto per l'attrattiva esercitata dalle assemblee e dalla vita cittadina: vengono infatti riportate entrambe le cause

I patrizi accusavano la plebe d'indolenza, mentre i tribuni della plebe accusavano ora di disonestà, ora d'incuria i consoli

Infine, senza incontrare l'opposizione del senato, i tribuni spinsero la plebe a eleggere prefetto dell'annona Lucio Minucio il quale, in quella magistratura, doveva avere più successo nella salvaguardia della libertà che nell'esercizio delle sue funzioni, anche se alla fine ottenne gratitudine non immeritata e gloria per aver fatto calare il prezzo del grano
Qui cum multis circa finitimos populos legationibus terra marique nequiquam missis, nisi quod ex Etruria haud ita multum frumenti advectum est, nullum momentum annonae fecisset, et revolutus ad dispensationem inopiae, profiteri cogendo frumentum et vendere quod usui menstruo superesset

Fraudandoque parte diurni cibi seruitia, criminando inde et obiciendo irae populi frumentarios, acerba inquisitione aperiret magis quam leuaret inopiam, multi ex plebe, spe amissa, potius quam ut cruciarentur trahendo animam, capitibus obuolutis se in Tiberim praecipitauerunt

Tum Sp Maelius ex equestri ordine, ut illis temporibus praediues, rem utilem pessimo exemplo, peiore consilio est adgressus
Egli, nonostante avesse mandato per mare e per terra ambascerie ai paesi confinanti, non era riuscito a migliorare la situazione annonaria, fatta eccezione per una modesta quantità di frumento giunta dall'Etruria; perciò era tornato a distribuire lo scarso grano di cui disponeva, costringendo la gente a dichiarare le scorte di frumento e a vendere la quantità che eccedeva i bisogni di un mese

Diminuì la razione giornaliera degli schiavi, incriminò i mercanti di frumento, esponendoli alla rabbia popolare; solo che, con i suoi metodi da inquisitore, invece di contenere la carestia, la rivelò a tutti, e il risultato fu che molti plebei, perduta ogni speranza, dopo essersi coperti il capo, si buttarono nel Tevere piuttosto che soffrire continuando a vivere

Allora Spurio Melio, che apparteneva all'ordine equestre ed era molto ricco per quei tempi, prese un'iniziativa utile di per sé, ma di pessimo esempio e ispirata da un disegno ancora peggiore

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Livio, Ab urbe condita: Libro 29; 28 - 31
Livio, Ab urbe condita: Libro 29; 28 - 31

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 29; 28 - 31

Frumento namque ex Etruria privata pecunia per hospitum clientiumque ministeria coempto, quae, credo, ipsa res ad leuandam publica cura annonam impedimento fuerat, largitiones frumenti facere instituit

Plebemque hoc munere delenitam, quacumque incederet, conspectus elatusque supra modum hominis privati, secum trahere, haud dubium consulatum favore ac spe despondentem

Ipse, ut est humanus animus insatiabilis eo quod fortuna spondet, ad altiora et non concessa tendere et, quoniam consulatus quoque eripiendus invitis patribus esset, de regno agitare: id unum dignum tanto apparatu consiliorum et certamine quod ingens exsudandum esset praemium fore

Iam comitia consularia instabant; quae res eum necdum compositis maturisue satis consiliis oppressit
Infatti, avendo a sue spese comprato grano in Etruria grazie all'interessamento di amici e clienti - questa iniziativa credo che abbia ostacolato i tentativi dello Stato per alleviare la carestia - ordinò di distribuire frumento gratuitamente

Così, ammirato ed esaltato oltre il limite consentito a un privato cittadino, ovunque andasse si trascinava dietro la plebe sedotta dalla sua generosità; le aspettative e il favore della plebe erano una garanzia quasi certa per il conseguimento del consolato

Ma egli - l'animo umano non è mai sazio di ciò che la fortuna gli promette - cominciò ad aspirare a traguardi ancora più alti e irraggiungibili; siccome anche il consolato avrebbe dovuto strapparlo all'opposizione dei senatori, iniziò a pensare al regno: infatti soltanto il trono sarebbe stato una ricompensa adeguata alla grandiosità dei suoi progetti e alla dura fatica che avrebbe dovuto sostenere

I comizi per l'elezione dei consoli erano ormai alle porte e questa scadenza lo sorprese quando i suoi piani non erano ancora completi né sufficientemente perfezionati
Consul sextum creatus T Quinctius Capitolinus, minime opportunus vir novanti res; collega additur ei Agrippa Menenius cui Lanato erat cognomen

Et L Minucius praefectus annonae seu refectus seu, quoad res posceret, in incertum creatus; nihil enim constat, nisi in libros linteos utroque anno relatum inter magistratus praefecti nomen

Hic Minucius eandem publice curationem agens quam Maelius privatim agendam susceperat, cum in utraque domo genus idem hominum versaretur, rem compertam ad senatum defert: tela in domum Maeli conferri, eumque contiones domi habere, ac non dubia regni consilia esse

Tempus agendae rei nondum stare: cetera iam convenisse: et tribunos mercede emptos ad prodendam libertatem et partita ducibus multitudinis ministeria esse
Fu eletto console per la sesta volta Tito Quinzio Capitolino, un uomo davvero poco favorevole a chi aveva intenzioni rivoluzionarie; come collega gli fu assegnato Agrippa Menenio detto Lanato

Lucio Minucio fu o rieletto prefetto dell'annona, oppure gli venne affidato l'incarico per un periodo indeterminato, fino a quando la situazione lo richiedesse; nient'altro infatti risulta, se non che il suo nome è registrato nei libri lintei nella lista dei magistrati, in qualità di prefetto dell'annona per entrambi gli anni

Questo Minucio, che ufficialmente esercitava le stesse funzioni che Melio esercitava in privato (e il medesimo tipo di individui frequentava le case dell'uno e dell'altro), denunciò al senato quello che aveva scoperto: che si raccoglievano armi a casa di Melio, che egli vi teneva riunioni segrete e che sicuramente progettava di restaurare la monarchia

Il momento dell'azione non era stato ancora deciso, ma tutto il resto era già stato convenuto: col denaro erano stati corrotti i tribuni perché tradissero la libertà e cómpiti specifici erano stati assegnati ai capipopolo

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Livio, Ab urbe condita: Libro 05, 46-50

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 05, 46-50

Serius se paene quam tutum fuerit, ne cuius incerti vanique auctor esset, ea deferre

Quae postquam sunt audita, cum undique primores patrum et prioris anni consules increparent quod eas largitiones coetusque plebis in privata domo passi essent fieri, et novos consules quod exspectassent donec a praefecto annonae tanta res ad senatum deferretur, quae consulem non auctorem solum desideraret sed etiam vindicem

Tum Quinctius consules immerito increpari ait, qui constricti legibus de provocatione ad dissolvendum imperium latis, nequaquam tantum virium in magistratu ad eam rem pro atrocitate vindicandam quantum animi haberent

Opus esse non forti solum viro sed etiam libero exsolutoque legum vinclis

Itaque se dictatorem L Quinctium dicturum; ibi animum parem tantae potestati esse
Quanto a lui, aveva denunciato il complotto forse più tardi di quel che la sicurezza avrebbe richiesto, per non dare informazioni approssimative o infondate

Dopo aver sentito le parole di Minucio, i senatori più influenti rimproverarono i consoli dell'anno precedente per aver tollerato quelle elargizioni e quelle riunioni della plebe in abitazioni private; ai consoli appena eletti rimproverarono di aver aspettato che una macchinazione così preoccupante venisse denunciata al senato dal prefetto dell'annona, quando invece sarebbe stato cómpito del console non solo denunciarla, ma anche reprimerla

Allora Quinzio replicò che si rimproveravano ingiustamente i consoli, i quali, vincolati com'erano dalle leggi sul diritto di appello, approvate solo per indebolire la loro autorità, non avevano forze adeguate alla loro intenzione di punire quel crimine in ragione della sua gravità

C'era bisogno di un uomo non soltanto forte, ma anche libero e sciolto dai vincoli delle leggi

Per questo avrebbe proposto come dittatore Lucio Quinzio, uomo dotato di un temperamento consono a quell'enorme potere
Adprobantibus cunctis, primo Quinctius abnuere et quid sibi vellent rogitare qui se aetate exacta tantae dimicationi obicerent

Dein cum undique plus in illo senili animo non consilii modo sed etiam virtutis esse quam in omnibus aliis dicerent laudibusque haud immeritis onerarent, et consul nihil remitteret, precatus tandem deos immortales Cincinnatus ne senectus sua in tam trepidis rebus damno dedecoriue rei publicae esset, dictator a consule dicitur

Ipse deinde C Seruilium Ahalam magistrum equitum dicit
Nonostante tutti approvassero la proposta, Quinzio sulle prime rifiutò e chiese come potessero pensare di buttarlo, vecchio com'era, in uno scontro così aspro

Ma poi, visto che da ogni parte gli dicevano che in quella tempra di vecchio c'era non solo più saggezza, ma anche più coraggio che in tutti gli altri, e che lo coprivano di elogi non certo immeritati, siccome il console non desisteva, alla fine Cincinnato, dopo aver pregato gli dèi immortali che la sua vecchiaia non portasse danno e disonore alla repubblica in quelle delicate circostanze, fu proclamato dittatore dal console

Cincinnato poi nominò maestro della cavalleria Gaio Servilio Aala

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Postero die, dispositis praesidiis cum in forum descendisset conuersaque in eum plebs novitate rei ac miraculo esset, et Maeliani atque ipse dux eorum in se intentam vim tanti imperii cernerent, expertes consiliorum regni qui tumultus, quod bellum repens aut dictatoriam maiestatem aut Quinctium post octogesimum annum rectorem rei publicae quaesisset rogitarent

Missus ab dictatore Seruilius magister equitum ad Maelium vocat te inquit, dictator

Cum pauidus ille quid vellet quaereret, Seruiliusque causam dicendam esse proponeret crimenque a Minucio delatum ad senatum diluendum
Il giorno successivo, dopo aver disposto i presìdi, scese nel foro attirandosi gli sguardi della plebe sorpresa e stupita; i seguaci di Melio e il loro stesso capo avevano capito che l'onnipotenza di quella magistratura era diretta contro di loro, e quelli che erano all'oscuro del complotto monarchico, si chiedevano quale disordine, quale improvvisa guerra avessero resa necessaria l'autorità di un dittatore o la nomina dell'ottantenne Quinzio a reggere la repubblica

Il maestro della cavalleria Servilio, mandato dal dittatore, disse a Melio: Il dittatore ti convoca

Quando Melio, in preda al panico, chiese che cosa volesse da lui Cincinnato, Servilio gli rispose che avrebbe dovuto perorare la propria causa difendendosi da un'accusa presentata da Minucio di fronte al senato
Tunc Maelius recipere se in cateruam suorum, et primum circumspectans tergiuersari, postremo cum apparitor iussu magistri equitum duceret, ereptus a circumstantibus fugiensque fidem plebis Romanae implorare, et opprimi se consensu patrum dicere, quod plebi benigne fecisset

Orare ut opem sibi ultimo in discrimine ferrent neue ante oculos suos trucidari sinerent

Haec eum vociferantem adsecutus Ahala Seruilius obtruncat, respersusque cruore, stipatus caterua patriciorum iuvenum, dictatori renuntiat vocatum ad eum Maelium, repulso apparitore concitantem multitudinem, poenam meritam habere

Tum dictator Macte virtute inquit, C Seruili, esto liberata re publica

Allora Melio, rifugiatosi nel gruppo dei seguaci, cercò sulle prime di prendere tempo guardandosi intorno; ma poi, quando il littore inviato dal maestro della cavalleria stava per condurlo via, fu sottratto all'arresto dall'intervento dei suoi; mentre tentava di scappare, chiedeva supplice la protezione del popolo romano, sostenendo di essere vittima di una congiura dei patrizi per il bene che aveva fatto alla plebe

Implorò i presenti di aiutarlo in quel pericolo estremo e di non permettere che lo trucidassero davanti ai loro occhi

E mentre così gridava, Aala Servilio lo raggiunse e lo uccise; poi, ancora grondante di sangue e scortato da un gruppo di giovani patrizi, riferì al dittatore che Melio, convocato a comparire alla sua presenza, aveva respinto il littore e quindi aveva avuto la giusta pena mentre tentava di sobillare il popolo

Allora il dittatore gli disse: Gloria a te, Gaio Servilio, perché hai liberato la repubblica

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