Livio, Ab urbe condita: Libro 03; 25 - 40, pag 4

Livio, Ab urbe condita: Libro 03; 25 - 40

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 03; 25 - 40
Centum viginti lictores forum impleuerant et cum fascibus secures inligatas praeferebant; nec attinvisse demi securem, cum sine prouocatione creati essent, interpretabantur

Decem regum species erat, multiplicatusque terror non infimis solum sed primoribus patrum, ratis caedis causam ac principium quaeri, ut si Quis memorem libertatis vocem aut in senatu aut in populo misisset statim virgae securesque etiam ad ceterorum metum expedirentur

Nam praeterquam quod in populo nihil erat praesidii sublata prouocatione, intercessionem quoque consensu sustulerant, cum priores decemviri appellatione collegae corrigi reddita ab se iura tulissent et quaedam, quae svi iudicii videri possent, ad populum reiecissent
I 120 littori avevano invaso il foro brandendo davanti a sé le scuri tenute insieme dai fasci; i decemviri spiegarono che non c'era nessuna ragione di rimuovere le scuri perché la magistratura cui erano stati nominati non contemplava il diritto d'appello

Sembravano dieci re e ciò accrebbe il terrore non solo nei cittadini più umili, ma anche nei membri più influenti del senato, i quali sospettavano che i decemviri stessero cercando qualche pretesto per procedere a una strage: se qualcuno avesse osato, in senato o di fronte al popolo, intervenire in favore della libertà, verghe e scuri sarebbero state sciolte, magari solo per intimorire il resto della gente

Il popolo non aveva più alcuna garanzia dopo la soppressione del diritto d'appello; come se non bastasse, all'unanimità i decemviri eliminarono anche il diritto di opposizione interna, mentre i predecessori avevano tollerato che le sentenze da loro emesse venissero modificate su richiesta di un collega, accettando anche che talune cause, apparentemente di stretta competenza dei decemviri, venissero portate di fronte al popolo
Aliquamdiu aequatus inter omnes terror fuit; paulatim totus uertere in plebem coepit; abstinebatur a patribus; in humiliores libidinose crudeliterque consulebatur

Hominum, non causarum toti erant, ut apud qvos gratia vim aEqui haberet

Iudicia domi conflabant, pronuntiabant in foro

Si Quis collegam appellasset, ab eo ad quem venerat ita discedebat ut paeniteret non prioris decreto stetisse

Opinio etiam sine auctore exierat non in praesentis modo temporis eos iniuriam conspirasse, sed foedus clandestinum inter ipsos iure iurando ictum, ne comitia haberent perpetuoque decemviratu possessum semel obtinerent imperium
Per un certo periodo il terrore fu uguale per tutti; poi, a poco a poco, cominciò a concentrarsi interamente sulla plebe: i patrizi venivano lasciati in pace; i decemviri infierivano svi più umili con arbitraria crudeltà

Era tutta questione di persone, non di cause, visto che per quegli individvi, invece dell'Equità, contava l'influenza esercitata dal singolo

Manipolavano in privato le sentenze per poi andarle a pronunciare nel foro

Se qualcuno si appellava a uno di loro, se ne veniva via da qvello a cui si era rivolto, pentendosi di non aver accettato la sentenza del primo

Nel frattempo si era anche diffusa una diceria di provenienza non accertata, secondo la quale i decemviri non si sarebbero limitati a concertare un operato criminoso per la sola durata della carica, ma, grazie a un patto giurato in segreto, avrebbero anche deciso di non tenere le elezioni e di conservare per sempre il potere conQuistato una volta per tutte, protraendo così all'infinito il decemvirato
[37] Circumspectare tum patriciorum uoltus plebeii et inde libertatis captare auram, unde servitutem timendo in eum statum rem publicam adduxerant

Primores patrum odisse decemviros, odisse plebem; nec probare quae fierent, et credere haud indignis accidere; avide ruendo ad libertatem in servitutem elapsos iuuare nolle; cumulari quoque iniurias, ut taedio praesentium consules duo tandem et status pristinus rerum in desiderium veniant

Iam et processerat pars maior anni et duae tabulae legum ad prioris anni decem tabulas erant adiectae, nec Quicquam iam supererat, si eae quoque leges centuriatis comitiis perlatae essent, cur eo magistratu rei publicae opus esset
37 Allora i plebei cominciarono a studiare con circospezione i volti dei patrizi, cercando di captare un soffio di libertà proprio in qvella parte di cittadinanza che, per aver fatto loro balenare lo spettro della schiavitù, li aveva portati a ridurre il paese in qvello stato

I capi dell'aristocrazia odiavano sia i decemviri sia la plebe; non approvavano certo qvello che si faceva, ma credevano anche che qvel che accadeva la gente se lo meritasse; non avevano alcuna intenzione di aiutare quanti, lanciati in una corsa dissennata verso la libertà, erano invece scivolati nella schiavitù, non volevano nemmeno aggiungere altri soprusi, nella speranza che il disgusto per la situazione facesse nascere il desiderio del ritorno ai due consoli e allo stato delle cose di un tempo

L'anno era ormai quasi alla fine, alle dieci tavole dell'anno precedente se n'erano aggiunte altre due, né c'era più alcun bisogno di considerare necessaria al paese qvella magistratura, specie se qvelle stesse leggi venivano approvate dai comizi centuriati

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Livio, Ab urbe condita: Libro 27; 15 - 16
Livio, Ab urbe condita: Libro 27; 15 - 16

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 27; 15 - 16

Exspectabant quam mox consulibus creandis comitia edicerentur; id modo plebes agitabat quonam modo tribuniciam potestatem, munimentum libertati, rem intermissam, repararent; cum interim mentio comitiorum nulla fieri

Et decemviri, Qui primo tribunicios homines, Quia id populare habebatur, circum se ostentauerant plebi, patriciis iuuenibus saepserant latera

Eorum cateruae tribunalia obsederant; hi ferre agere plebem plebisque res, cum fortuna, qua quidquid cupitum foret, potentioris esset

Et iam ne tergo quidem abstinebatur; virgis caedi, alii securi subici; et, ne gratvita crudelitas esset, bonorum donatio sEqui domini supplicium

Hac mercede iuventus nobilis corrupta non modo non ire obviam iniuriae, sed propalam licentiam suam malle quam omnium libertatem

[38] Idus Maiae uenere
Si viveva nell'attesa che venissero indette le elezioni dei consoli; la plebe invece aveva un solo pensiero: trovare il modo di ristabilire l'autorità dei tribuni, che era la vera roccaforte della sua libertà e che in qvel periodo era sospesa; nel frattempo non si faceva alcun accenno a possibili elezioni

E i decemviri, che all'inizio - per la popolarità di un simile gesto - si erano fatti vedere dalla plebe in compagnia di ex-tribuni, ora si circondavano di giovani patrizi le cui bande stazionavano di fronte ai tribunali

Trattavano con impudenza la plebe e ne saccheggiavano le proprietà, visto che era sempre il più forte ad avere ragione, qualunque capriccio gli fosse passato per la testa

Ormai non avevano più rispetto nemmeno per le persone: si frustava e persino si decapitava; perché poi la crudeltà non fosse fine a se stessa, all'esecuzione del proprietario segviva la confisca dei beni

Corrotti da questi allettamenti, i giovani nobili non solo non si opponevano ai soprusi, ma dimostravano di preferire la propria sfrenatezza alla libertà di tutti

38 Le Idi di maggio arrivarono
Nullis subrogatis magistratibus, priuati pro decemviris, neque animis ad imperium inhibendum imminutis neque ad speciem honoris insignibus prodeunt

Id uero regnum haud dubie videri

Deploratur in perpetuum libertas, nec vindex Quisquam exsistit aut futurus videtur

Nec ipsi solum desponderant animos, sed contemni coepti erant a finitimis populis, imperiumque ibi esse ubi non esset libertas, indignabantur

Sabini magna manu incursionem in agrum Romanum fecere; lateque populati cum hominum atque pecudum inulti praedas egissent, recepto ad Eretum quod passim uagatum erat agmine castra locant, spem in discordia Romana ponentes: eam impedimentum dilectvi fore
Senza preoccuparsi di far eleggere altri magistrati al loro posto, i decemviri - ora privati cittadini - apparvero in pubblico facendo capire di non voler assolutamente rinunciare alla gestione del potere, né di volersi privare delle insegne che erano il distintivo della carica

Senza dubbio il loro sembrava un vero e proprio dispotismo

Si piange la libertà come perduta per sempre; non c'è, e sembra che non ci possa essere nemmeno in futuro, chi sappia rivendicarla

Non si trattava soltanto di uno scoramento generale della popolazione: i paesi dei dintorni avevano infatti cominciato a disprezzare i Romani, ritenendo indegno che l'egemonia toccasse a un popolo privo di libertà

I Sabini fecero un'incursione in territorio romano con un largo spiegamento di truppe; dopo aver devastato la campagna in lungo e in largo, riuscirono a portarsi via il bottino di uomini e bestiame, in tutta sicurezza; quindi, al termine di varie scorrerie nel circondario, si andarono a chiudere ad Ereto, dove si accamparono, nella speranza che le discordie a Roma ostacolassero l'arruolamento

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Livio, Ab urbe condita: Libro 07, 01- 06
Livio, Ab urbe condita: Libro 07, 01- 06

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 07, 01- 06

Non nuntii solum sed per urbem agrestium fuga trepidationem iniecit

Decemviri consultant quid opus facto sit, destituti inter patrum et plebis odia

Addidit terrorem insuper alium fortuna

AEqui alia ex parte castra in Algido locant depopulanturque inde excursionibus Tusculanum agrum; legati ea ab Tusculo, praesidium orantes, nuntiant

Is pauor perculit decemviros ut senatum, simul duobus circumstantibus urbem bellis, consulerent
A creare scompiglio e agitazione non contribvivano soltanto i messaggeri in arrivo, ma anche le masse di contadini riversatesi in città dalle campagne

I decemviri, abbandonati al loro destino dall'odio tanto dei patrizi quanto dei plebei, si interrogano sul da farsi

La cattiva sorte aggiunse un altro motivo di terrore

Gli Equi, provenienti da un'altra direzione, si andarono ad accampare sull'Algido e di lì, con rapide incursioni, si misero a devastare la zona di Tuscolo; queste notizie arrivarono a Roma con i messaggeri inviati da Tuscolo per implorare aiuto

I decemviri furono così spaventati - due guerre contemporaneamente incombevano sulla città - che convocarono il senato
Citari iubent in curiam patres, haud ignari quanta invidiae immineret tempestas: omnes uastati agri periculorumque imminentium causas in se congesturos; temptationemque eam fore abolendi sibi magistratus, ni consensu resisterent imperioque inhibendo acriter in paucos praeferocis animi conatus aliorum comprimerent

Postquam audita uox in foro est praeconis patres in curiam ad decemviros uocantis, velut noua res, Quia intermiserant iam diu morem consulendi senatus, mirabundam plebem convertit quidnam incidisset cur ex tanto interuallo rem desuetam usurparent; hostibus belloque gratiam habendam quod solitum Quicquam liberae civitati fieret
Ordinano di far chiamare i senatori nella curia, pur non ignorando quale ondata di risentimento covava nei loro confronti: tutti li avrebbero ritenuti responsabili delle devastazioni subite dalle campagne e dei pericoli che incombevano; ciò avrebbe portato al tentativo di abolire la loro magistratura, se di comune accordo non avessero opposto resistenza e se, esercitando pesantemente la loro autorità nei confronti dei pochi veramente accaniti, non avessero represso le velleità degli altri

Quando nel foro si sentì la voce del banditore convocare i senatori nella curia presso i decemviri come se fosse una novità - l'usanza di consultare il senato era stata da tempo abbandonata - questo annuncio attirò una folla stupita che si domandava cosa mai fosse successo per spingere i decemviri a ripristinare una pratica da tempo desueta; bisognava dire grazie ai nemici e alla guerra se succedeva qualcosa di assolutamente normale per una città libera

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Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 27; 50 - 51

Circumspectare omnibus fori partibus senatorem, raroque usquam noscitare; curiam inde ac solitudinem circa decemviros intueri, cum et ipsi suum invisum consensu imperium, et plebs, Quia priuatis ius non esset uocandi senatum, non convenire patres interpretarentur; iam caput fieri libertatem repetentium, si se plebs comitem senatvi det et quemadmodum patres uocati non coeant in senatum, sic plebs abnuat dilectum

Haec fremunt plebes

Patrum haud fere Quisquam in foro, in urbe rari erant

Indignitate rerum cesserant in agros, suarumque rerum erant amissa publica, tantum ab iniuria se abesse rati quantum a coetu congressuque impotentium dominorum se amovissent
Si guardava in tutte le parti del foro per individuare dei senatori, ma raramente se ne vedeva qualcuno; poi si guardava dentro la curia dove i decemviri se ne stavano tutti soli; si interpretava in maniera diversa il fatto che i senatori non si fossero presentati: i decemviri sostenevano che ciò dipendesse dall'odio unanime nei confronti della loro carica, mentre la plebe sosteneva che i decemviri, essendo dei privati cittadini, non avevano il diritto di convocare il senato; un vero passo avanti coloro che rivendicavano la libertà lo avrebbero fatto se la plebe avesse collaborato col senato, e se, come i senatori che non si erano presentati in senato, pur essendo stati convocati, così la plebe avesse rifiutato di arruolarsi

Questo vociferava la gente

Quasi nessuno dei senatori era nel foro, pochi erano presenti in città

Indignati per la situazione, si erano ritirati in campagna, e si curavano dei loro affari privati trascurando invece l'interesse della comunità; i senatori pensavano infatti che tanto più sarebbero stati sicuri quanto più avessero evitato contatti e rapporti con i tirannici padroni al potere
Postquam citati non conueniebant, dimissi circa domos apparitores simul ad pignera capienda sciscitandumque num consulto detractarent referunt senatum in agris esse

Laetius id decemviris accidit quam si praesentes detractare imperium referrent

Iubent acciri omnes, senatumque in diem posterum edicunt; Qui aliquanto spe ipsorum frequentior convenit

Quo facto proditam a patribus plebs libertatem rata, quod iis Qui iam magistratu abissent priuatisque si vis abesset, tamquam iure cogentibus, senatus parvisset

[39] Sed magis oboedienter uentum in curiam esse quam obnoxie dictas sententias accepimus
Quando, nonostante la convocazione, essi non si presentarono, vennero inviati alle loro case dei pubblici ufficiali con il duplice cómpito di effettuare pignoramenti a titolo di sanzione e di chiedere se qvelle assenze erano deliberate; i messi tornarono riferendo che i senatori erano in campagna

I decemviri accolsero la notizia con maggiore piacere di quanto ne avrebbero avuto se fosse stato annunciato loro che si trovavano in città, ma non avevano intenzione di attenersi alle disposizioni

Ordinano Quindi una convocazione generale e fissano una seduta del senato per il giorno successivo; e i senatori vennero più numerosi di quanto essi non avessero sperato

Ma proprio per questo motivo la plebe pensava che la libertà era stata tradita dai senatori: essi, come se l'ingiunzione fosse legale, avevano obbedito a uomini che non erano più magistrati e che, senza l'uso della forza, sarebbero stati dei privati cittadini

39 Ma l'obbedienza dimostrata nel presentarsi in senato fu, a quanto si dice, superiore alla remissività con la quale esposero il proprio punto di vista

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L Valerium Potitum proditum memoriae est post relationem Ap Claudi, priusquam ordine sententiae rogarentur, postulando ut de re publica liceret dicere, prohibentibus minaciter decemviris proditurum se ad plebem denuntiantem, tumultum excivisse

Nec minus ferociter M Horatium Barbatum isse in certamen, decem TarQuinios appellantem admonentemque Valeriis et Horatiis ducibus pulsos reges

Nec nominis homines tum pertaesum esse, Quippe quo Iouem appellari fas sit, quo Romulum, conditorem urbis, deincepsque reges, quod sacris etiam ut sollemne retentum sit: superbiam violentiamque tum perosus regis

Quae si in rege tum aut in filio regis ferenda non fuerint, quem eadem laturum in tot priuatis
Si racconta che Lucio Valerio Potito, dopo la proposta avanzata da Appio Claudio e prima che i senatori venissero chiamati in successione a esporre le proprie opinioni, chiese di essere autorizzato a parlare della situazione in cui versava lo Stato; ma siccome i decemviri cercavano di impedirglielo ricorrendo all'intimidazione, Valerio fece scoppiare un pandemonio dichiarando di volersi presentare di fronte al popolo

Nel dibattito Marco Orazio Barbato non dimostrò minor veemenza: chiamò i decemviri dieci TarQuini, ricordando loro che erano stati i Valeri e gli Orazi a scacciare i re

E non era stato il nome di re ciò che allora aveva disgustato la gente, in quanto proprio con qvel nome era consuetudine chiamare Giove, così come Romolo, fondatore della città, e in séguito i suoi successori, e il nome poi si era mantenuto come titolo solenne in àmbito religioso; no, qvello che il popolo aveva detestato nelle persone dei re erano state l'arroganza e la crudeltà

E se queste caratteristiche si erano allora rivelate insopportabili in un re o nel figlio di un re, adesso chi le avrebbe potute tollerare in tanti privati cittadini

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