in quo oppido cum Fuluius Flaccus Campanam perfidiam principes ciuitatis ante tribunal suum capitali supplicio adficiendo uindicaret litterisque a senatu acceptis finem poenae eorum statuere cogeretur, ultro se ei T Iubellius Taurea Campanus obtulit et quam potuit clara uoce quoniam inquit, Fului, tanta cupiditate hauriendi sanguinis nostri teneris, quid cessas in me cruentam securem destringere, ut gloriari possis fortiorem aliquanto uirum quam ipse es tuo iussu esse interemptum eo deinde dicente libenter id se fuisse facturum, nisi senatus uoluntate inpediretur, adfirmante, at me inquit, cui nihil patres conscripti praeceperunt, aspice, oculis quidem tuis gratum, animo uero tuo maius opus edentem, protinusque interfecta coniuge ac liberis gladio incubuit |
Il fatto avvenne a Cales, dové Fulvio Fiacco stava presenziando, davanti al suo tribunale, allesecuzione capitale dei maggiorenti di quella città, ché così pagavano il fio della slealtà dei Campani; ma quando, giunto lordine del senato, egli fu costretto a porvi fine, Tito Iubellio Taurea campano si presentò spontaneamente e con la voce più chiara ché gli fu possibile disse: a Dal momento ché tanto ardi, o Fulvio, dal desiderio di versare il nostro sangue, per quale ragione smetti dimpugnare contro di me la scure insanguinata, onde possa gloriarti di aver fatto uccidere un uomo un po più coraggioso di te E quando Fiacco dichiarò che lavrebbe fatto volentieri, se non ne fosse impedito dalla volontà del senato, rispose: Guarda piuttosto me, che nessun ordine ho ricevuto dai Padri coscritti, mentre compio unazione certo gradita ai tuoi occhi, ma che tu mai avresti il coraggio di fare a, é lì per lì, uccisi moglie é figli, si trafisse con la spada |
quem illum uirum putemus fuisse, qui suorum ac sua caede testari uoluit se Fuluii crudelitatem suggillare quam senatus misericordia uti maluisse Ext Age, Darei quantus ardor animi qui, cum sordida et crudeli magorum tyrannide Persas liberaret unumque ex his obscuro loco abiectum corporis pondere urgueret, praeclari operis socio plagam ei inferre dubitanti, ne, dum magum petit, ipsum uulneraret, tu uero inquit nihil est quod respectu mei timidius gladio utaris: uel per utrumque illum agas licet, dum hic quam celerrime pereat |
Quale uomo dovremo pensare che fosse colui ché, uccidendo sé stesso é i suoi cari, volle provare di aver preferito suggellare la crudeltà di Fulvio che profittare della misericordia del senato () Suvvia, quanto grande non fu la forza danimo di Dario Questo, liberando i Persiani dallavara é crudele tirannide dei Magi e mentre col peso del suo corpo stava sopra uno di questi che aveva cacciato fuori da un nascondiglio, a un suo compagno nellimpresa ché era incerto se colpirlo per timore di ferire, nellassalto allusurpatore, proprio lui: Non cè davvero motivo , gli disse, che usi la spada con prudenza per paura di colpirmi: trafiggi pur me e lui dun sol colpo, purché costui sia ucciso al più presto |
ex Hoc loci Leonidas nobilis Spartanus occurrit, cuius proposito, opere, exitu nihil fortius: nam cum ccc ciuibus apud Thermopylas toti Asiae obiectus grauem illum et mari et terrae Xerxen, nec hominibus tantum terribilem, sed Neptuno quoque conpedes et caelo tenebras minitantem, pertinacia uirtutis ad ultimam desperationem redegit ceterum perfidia et scelere incolarum eius regionis et loci opportunitate, qua plurimum adiuuabatur, spoliatus occidere dimicans quam adsignatam sibi a patria stationem deserere maluit adeoque alacri animo suos ad id proelium, quo perituri erant, cohortatus est, ut diceret sic prandete, conmilitones, tamquam apud inferos cenaturi mors erat denuntiata: Lacedaemonii, perinde ac uictoria esset promissa, dicto intrepidi paruerunt |
() A questo punto ci viene incontro il ricordo dellinsigne spartano Leonida, la cui determinazione, impresa e morte non hanno luguale; infatti, oppostosi alle Termopili con trecento concittadini a tutta lAsia, col suo pertinace coraggio ridusse a disperare della riuscita quel Serse, odioso al mare e alla terra, che non solo incuteva terrore agli uomini, ma minacciava ceppi al mare e tenebre al cielo Leonida, tuttavia, privato dal delittuoso tradimento degli indigeni della posizione favorevole e assai vantaggiosa, preferì morire che abbandonare il posto al quale era stato assegnato dalla patria ed esortò i commilitoni con sì alacre animo ad affrontare quello scontro, donde non sarebbero usciti vivi, da dire: Pranzate così, o compagni, come se doveste cenare agli Inferi La morte era stata, dunque, loro preannunziata con chiarezza, ma gli Spartani obbedirono intrepidamente allordine, come se fosse stata garantita loro la vittoria |
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ext Othryadae quoque pugna pariter ac morte speciosa Thyreatium laude quam spatio latius solum cernitur qui sanguine suo scriptis litteris dereptam hostibus uictoriam tantum non post fata sua in sinum patriae cruento tropaei titulo retulit ext Excellentissimos Spartanae uirtutis prouentus miserabilis lapsus sequitur Epaminondas, maxima Thebarum felicitas idemque Lacedaemonis prima clades, cum uetustam eius urbis gloriam inuictamque ad id tempus publicam uirtutem apud Leuctram et Mantineam secundis proeliis contudisset, traiectus hasta, sanguine et spiritu deficiens recreare se cocantes primum an clypeus suus saluus esset, deinde an penitus fusi hostes forent interrogauit |
() Il territorio di Tirea è famoso, più di quanto non sia geograficamente importante, per la battaglia che vi si svolse e, insieme, per la morte che vi trovò laltro valoroso spartano, Otriade il quale, scrivendo alcune lettere col proprio sangue, rapì la vittoria ai nemici e quasi morto la consegnò in grembo alla patria col sangue tracciato su un trofeo Agli eccellenti effetti del valore spartano segue, ora, il racconto di un fatto pertinente alla loro tragica decadenza Epaminonda, che per aver fiaccato la gloria antica e il valore fino a quel tempo invitto di Sparta con le vittoriose battaglie di Leuttra e di Mantinea sidentifica col massimo splendore di Tebe e insieme con la prima disfatta spartana, trafitto da unasta, mentre perdeva sangue e il respiro gli veniva meno, a coloro che tentavano di soccorrerlo, chiese come prima cosa se il suo scudo fosse salvo, poi se i nemici fossero stati sbaragliati |
quae postquam ex animi sententia conperit, non finis inquit, conmilitones, uitae meae, sed melius et athius initium aduenit: nunc enim uester Epaminondas nascitur, quia sic moritur Thebas ductu et auspiciis meis caput Graeciae factas uideo, et fortis et animosa ciuitas Spartana iacet armis nostris abiecta: amara dominatione Graecia liberata est orbus quoque, non tamen sine liberis morior, quoniam mirificas filias Leuctram et Mantineam relinquo e corpore deinde suo hastam educi iussit eoque uultu expirauit, quo, si eum di inmortales uictoriis suis perfrui passi essent, sospes patriae moenia intrasset |
E saputo che tutto era andato come desiderava, Ciò, disse, non segna la fine della mia vita, ma un inizio migliore e più: il vostro Epaminonda nasce ora, perché così muore Vedo che Tebe sotto la mia guida è diventata la città egemone della Grecia, mentre la potente e coraggiosa Sparta giace umiliata dalle nostre armi; la Grecia è ormai libera dalla sua odiosa tirannide pur non avendone generati, non muoio senza figli, perché lascio, quali splendide mie figlie, le vittorie di Leuttra e di Mantinea Quindi ordinò che gli estraessero dal corpo lasta e si spense con la stessa espressione sul viso, con cui sarebbe entrato vincitore in Tebe, se gli dèi gli avessero concesso di godersi le sue vittorie |
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ext Ac ne Theramenis quidem Atheniensis in publica custodia mori coacti parua mentis constantia, in qua xxx tyrannorum iussu porrectam ueneni potionem non dubitanter hausit quodque ex ea superfuerat iocabundus inlisum humo clarum edere sonum coegit renidensque seruo publico, qui eam tradiderat, Critiae inquit propino: uide igitur ut hoc poculum ad eum continuo perferas erat autem is ex xxx tyrannis crudelissimus profecto supplicio est se liberare tam facile supplicium perpeti itaque Theramenes perinde atque in domestico lectulo moriens uita excessit, inimicorum existimatione punitus, suo iudicio finitus |
() Non piccola fu anche la determinazione dellateniese Teramene costretto a morire in carcere, con la quale bevve senza esitare il veleno portogli per ordine dei Trenta tiranni: versando a terra la parte di liquido rimasta, le fece mandare un suono chiaro e quindi, sorridendo, disse al secondino che gli aveva consegnato la pozione: Bevo alla salute di Crizia: vedi, dunque, di portargli al più presto questa tazza a Crizia era il più crudele dei Trenta Indubbiamente sopportare con tanta tranquillità e fino in fondo un supplizio significa liberarsene e così Teramene mori né più né meno che sul suo letto, a parere dei suoi nemici punito, a suo giudizio perché era giunta lasua ora |
ext Sed Theramenes a litteris et doctrina uirilitatem traxit, Numantino uero Rhoetogeni ad consimilem uirtutem capessendam quasi magistra gentis suae ferocitas extitit: perditis namque et adflictis rebus Numantinorum, cum omnes ciues nobilitate, pecunia, honoribus praestaret, uicum suum, qui in ea urbe speciosissimus erat, contractis undique nutrimentis ignis incendit protinusque strictum gladium in medio posuit ac binos inter se dimicare iussit, ut uictus incisa ceruice ardentibus tectis superiaceretur; qui, cum tam forti lege mortis omnis absumpsisset, ad ultimum se ipse flammis inmersit | Ma se a Teramene il coraggio fu suggerito dalla sua superiore cultura ed educazione, a Protogene di Numanzia invece fu, per così dire, maestra nel raggiungere simile valore la fierezza, ispiratrice della sua gente; difatti, essendo la situazione dei Numantini disperata, egli, superiore ai suoi concittadini in nobiltà, censo ed onori, accatastando materiale incendiario di ogni specie diede fuoco al complesso del suo quartiere, chera il più bello della città, e fece porre in mezzo una spada sguainata, obbligando i suoi concittadini a battersi tra loro in singolar tenzone due alla volta, in maniera che il vinto, decapitato, venisse gettato nel rogo delle case che ardevano: e uccisi tutti con una legge di morte così coraggiosa, alfine si gettò lui stesso tra le fiamme |
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ext Verum ut aeque populo Romano inimicae urbis excidium referam, Karthagine capta uxor Hasdrubalis exprobrata ei impietate, quod a Scipione soli sibi impetrare uitam contentus fuisset, dextra laeuaque communes filios mortem non recusantis trahens incendio se flagrantis patriae obiecit ext Mulieris fortitudinis exemplo aeque fortem duarum puellarum casum adiciam cum pestifera seditione Syracusarum tota regis Gelonis stirps euidentissimis exhausta cladibus ad unicam filiam Harmoniam uirginem esset redacta et in eam certatim ab inimicis impetus fieret, nutrix eius aequalem illi puellam regio cultu ornatam hostilibus gladiis subiecit, quae, ne cum ferro quidem trucidaretur, cuius esset condicionis ediceret proclamauit |
() Ora, per passare al racconto delleccidio di una città ugualmente nemica a Roma, la moglie di Asdrubale, allorché Cartagine fu presa, rimproverata al marito la sua empietà per essersi contentato di chiedere a Scipione la vita solo per sé, tenendo per le mani i comuni figli ben lieti di seguirla, si gettò tra le fiamme dellincendio, nelle quali la sua patria ardeva A questo esempio di forza danimo muliebre congiungerò anche il caso analogo, toccato a due fanciulle Quando a Siracusa scoppiò una cruenta sommossa che ridusse tutta la famiglia di Gelone, trucidata in pubbliche stragi, alla sola giovinetta Armonia e gli avversari della casa reale irruppero per toglierla violentemente di mezzo, la sua nutrice offrì alle loro spade una giovinetta coetanea di Armonia, cui aveva fatto indossare labbigliamento regale |
admirata illius animum Harmonia et tantae fidei superesse non sustinuit reuocatosque interfectores professa quaenam esset in caedem suam conuertit ita alteri tectum mendacium, alteri ueritas aperta finis uitae fuit init Egregiis uirorum pariter ac feminarum operibus fortitudo se oculis hominum subiecit patientiamque in medium procedere hortata est, non sane infirmioribus radicibus stabilitam aut minus generoso spiritu abundantem, sed ita similitudine iunctam, ut cum ea uel ex ea nata uideri possit quid enim his, quae supra retuli, facto Mucii conuenientius cum a Porsenna rege Etruscorum urbem nostram graui ac diutino bello urgueri aegre ferret, castra eius clam ferro cinctus intrauit immolantemque ante altaria conatus occidere est |
Costei, neppure mentre veniva assassinata, rivelò la sua vera condizione Ammirata dal suo coraggio, Armonia non seppe sopravvivere a tanta fedeltà, chiamò indietro i sicari e, proclamando la sua vera identità, attirò su di sé la strage In tal modo luna morì per una bugia non scoperta, laltra per essersi scoperta la verità () Con le imprese eccezionali di uomini insieme e di donne la fortezza danimo si è offerta allocchio umano ed ha invitato a mettersi in vista anche la sopportazione, consolidata da radici certamente non più deboli o non meno ricca di spiriti generosi, anzi a quella così somigliante da poterne sembrare, oserei dire, la sorella o la figlia Che cè, infatti, di più congruente con quel che sopra ho detto dellazione di Muzio Egli, mal sopportando che Porsenna, re degli Etruschi, angustiasse la nostra città con una guerra lunga ed onerosa, armatosi di spada entrò furtivamente nel suo campo e tentò di ucciderlo mentre sacrificava davanti agli altari |
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ceterum inter molitionem pii pariter ac fortis propositi oppressus nec causam aduentus texit et tormenta quantopere contemneret mira patientia ostendit: perosus enim, credo, dexteram suam, quod eius ministerio in caede regis uti nequisset, iniectam foculo exuri passus est nullum profecto di inmortales admotum aris cultum adtentioribus oculis uiderunt ipsum quoque Porsennam oblitum periculi sui ultionem suam uertere in admirationem coegit: nam reuertere inquit ad tuos, Muci, et eis refer te, cum uitam meam petieris, a me uita donatum cuius clementiam non adulatus Mucius tristior Porsennae salute quam sua laetior urbi se cum aeternae gloriae cognomine Scaeuolae reddidit |
Ma, sorpreso nel momento in cui stava per mettere in atto il suo patriottico e a un tempo coraggioso progetto, non tenne celato il motivo della sua intrusione e con una tolleranza meravigliosa dimostrò quanto disprezzasse i tormenti: ché in odio, credo, alla sua destra per non essersene potuto servire ad uccidere il re, la tese su un braciere e ve la fece bruciare Certo gli dèi immortali non assisterono mai con occhi più attenti di allora ad un rito che si celebrasse presso le are Muzio costrinse lo stesso Porsenna a dimenticare il rischio corso e a passare dalla vendetta allammirazione dicendogli: Torna ai tuoi, o Muzio, e riferisci loro che, pur se da te aggredito, ho voluto farti dono della vita E il Romano, senza averne adulato la clemenza, se ne tornò a Roma più addolorato perché Porsenna si era salvato, che lieto per aver avuta lui salva la vita, e si ebbe a titolo di gloria immortale lappellativo di Scevola |