Svetonio, Vite dei dodici cesari: Libro 02, Par 71 - 101, pag 2

Svetonio, Vite dei dodici cesari: Libro 02, Par 71 - 101

Latino: dall'autore Svetonio, opera Vite dei dodici cesari parte Libro 02, Par 71 - 101
Vultu erat vel in sermone vel tacitus adeo tranquillo serenoque, ut quidam e primoribus Galliarum confessus sit inter suos, eo se inhibitum ac remollitum quo minus, ut destinarat, in transitu Alpium per simulationem conloquii propius admissus in praecipitium propelleret Il suo viso emanava calma e serenità, sia quando conversava, sia quando taceva, tanto che un notabile dei Galli confessò ai suoi compatrioti che, quando egli attraversava le Alpi, fattosi mettere vicino a lui, con il pretesto di intrattenerlo, ma in realtà con l'intenzione di farlo cadere in un precipizio, fu incapace di agire e quasi paralizzato dalla sua vista
Oculos habuit claros ac nitidos, quibus etiam existimari volebat inesse quiddam divini vigoris, gaudebatque, si qui sibi acrius contuenti quasi ad fulgorem solis vultum summitteret; sed in senecta sinistro minus vidit; dentes raros et exiguos et scabros; capillum leviter inflexum et subflavum; supercilia coniuncta; mediocres aures; nasum et a summo eminentiorem et ab imo deductiorem; colorem inter aquilum candidumque; staturam brevem--quam tamen Iulius Marathus libertus et a memoria eius quinque pedum et dodrantis fuisse tradit,--sed quae commoditate et aequitate membrorum occuleretur, ut non nisi ex comparatione astantis alicuius procerioris intellegi posset I suoi occhi erano vivi e brillanti, nei quali voleva far credere che vi fosse una specie di divino vigore ed era contento se qualcuno, fissandolo troppo a lungo, abbassava il volto come accecato dal fulgore del sole; nella vecchiaia però il suo occhio sinistro si indebolì; aveva i denti radi, piccoli e irregolari, i capelli leggermente ondulati e biondicci, le sopracciglia unite e le orecchie normali, il naso sporgente in alto e ricurvo in basso, il colore della pelle tra il bruno e il bianco La sua statura era bassa (tuttavia, il suo liberto e storiografo imperiale Giulio Marato dice che era di cinque piedi e tre quarti), ma era talmente proporzionato nelle membra da non potersene accorgere se non paragonandolo ad una persona più alta che stesse vicino a lui
[80] Corpore traditur maculoso dispersis per pectus atque alvum genetivis notis in modum et ordinem ac numerum stellarum caelestis ursae, sed et callis quibusdam ex prurigine corporis adsiduoque et vehementi strigilis usu plurifariam concretis ad impetiginis formam

Coxendice et femore et crure sinistro non perinde valebat, ut saepe etiam in claudicaret; sed remedio harenarum atque harundinum confirmabatur

Dextrae quoque manus digitum salutarem tam imbecillum interdum sentiebat, ut torpentem contractumque frigore vix cornei circuli supplemento scripturae admoveret

Questus est et de vesica, cuius dolore calculis demum per urinam eiectis levabatur
80 Dicono che il suo corpo fosse coperto di macchie, di segni naturali disseminati sul suo petto e sul suo ventre, che riproducevano per il loro numero e per la loro disposizione la figura dell'Orsa, ma anche di callosità, consolidatesi un po' dappertutto in forma di croste provocate dal prurito del corpo e dalla sua abitudine di grattarsi vigorosamente con una spazzola

La sua anca, il suo femore e la sua gamba sinistra erano più deboli e spesso arrivava anche a zoppicare, ma vi rimediava con cinghie e assicelle

Talvolta sentiva così debole anche il dito della mano destra che, intorpidito e contratto per il freddo, a mala pena riusciva a scrivere fasciandolo con un anello di corno

Soffriva anche alla vescica e provava sollievo solo quando aveva espulso dei calcoli con l'orina

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Svetonio, Vite dei dodici cesari: Libro 03, Par 01 - 30

Latino: dall'autore Svetonio, opera Vite dei dodici cesari parte Libro 03, Par 01 - 30

[81] Graves et periculosas valitudines per omnem vitam aliquot expertus est; praecipue Cantabria domita, cum etiam destillationibus iocinere vitiato ad desperationem redactus contrariam et ancipitem rationem medendi necessario subiit; quia calida fomenta non proderant, frigidis curari coactus auctore Antonio Musa

Quasdam et anniversarias ac tempore certo recurrentes experiebatur; nam sub natalem suum plerumque languebat; et initio veris praecordiorum inflatione temptabatur, austrinis autem tempestatibus gravedine

Quare quassato corpore neque frigora neque aestus facile tolerabat

[82] Hieme quaternis cum pingui toga tunicis et subucula et thorace laneo et feminalibus et tibialibus muniebatur, aestate apertis cubiculi foribus, ac saepe in peristylo saliente aqua atque etiam ventilante aliquo cubabat
81 Per tutto il corso della sua vita fu soggetto a numerose malattie, gravi e pericolose; in particolare, dopo aver domato i Cantabri, gli eccessi di bile, di cui allora soffriva, lo portarono alla disperazione e lo costrinsero a ricorrere a metodi rischiosi di trattamenti opposti fra loro: poiché i balsami caldi non davano giovamento, dovette, su prescrizione di Antonio Musa, curarsi con lenitivi freddi

Soffriva anche di malattie annuali che ricorrevano a scadenze fisse; per lo più il giorno del suo compleanno non stava bene, mentre all'inizio della primavera veniva colpito da un'infiammazione intestinale e il vento del mezzogiorno gli dava il mal di testa

Così il suo organismo debilitato non sopportava facilmente né il freddo né il caldo

82 In inverno portava spesso, sotto una toga, quattro tuniche, una camicia, una maglia di lana e delle fasce attorno alle cosce e alle gambe; d'estate dormiva nella sua camera con le porte aperte, e spesso sotto il portico, a fianco di un getto d'acqua e con uno schiavo che gli faceva vento
Solis vero ne hiberni quidem patiens, domi quoque non nisi petasatus sub divo spatiabatur

Itinera lectica et noctibus fere, eaque lenta ac minuta faciebat, ut Praeneste vel Tibur biduo procederet; ac si quo pervenire mari posset, potius navigabat Verum tantam infirmitatem magna cura tuebatur, in primis lavandi raritate (unguebatur enim saepius)

Aut sudabat ad flammam, deinde perfundebatur egelida aqua vel sole multo tepefacta; aut quotiens nervorum causa marinis albulisque calidis utendum esset, contentus hoc erat ut insidens ligneo solio, quod ipse Hispanico verbo duretam vocabat, manus ac pedes alternis iactaret
Nemmeno d'inverno riusciva a sopportare il sole e anche nel cortile di casa passeggiava con il cappello in testa

Viaggiava in lettiga quasi sempre di notte, lentamente, a piccole tappe, impiegando due giorni per andare a Preneste o a Tivoli; se poi in qualche luogo ci si poteva andare per mare, di preferenza navigava

Tuttavia con molta attenzione riusciva a sostenere una salute così malandata, per prima cosa lavandosi poco, si faceva frizionare spesso e sudava vicino al fuoco, poi si immergeva nell'acqua tiepida o leggermente scaldata al sole Ma tutte le volte che le sue condizioni di nervi gli imponevano i bagni di mare o le cure termali di Albula si accontentava di sedersi su uno sgabello di legno, che egli, con termine spagnolo, chiamava 'dureta', e di agitare le mani e i piedi con movimenti alterni

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Svetonio, Vite dei dodici cesari: Libro 02, Par 21 - 40

Latino: dall'autore Svetonio, opera Vite dei dodici cesari parte Libro 02, Par 21 - 40

[83] Exercitationes campestres equorum et armorum statim post civilia bella omisit et ad pilam primo folliculumque transiit, mox nihil aliud quam vectabatur et deambulabat, ita ut in extremis spatiis ,ubsultim decurreret segestria vel lodicula involutus

Animi laxandi causa modo piscabatur hamo, modo talis aut ocellatis nucibusque ludebat cum pueris minutis, quos facie et garrulitate amabilis undique conquirebat, praecipue Mauros et Syros

Nam pumilos atque distortos et omnis generis eiusdem ut ludibria naturae malique ominis abhorrebat

[84] Eloquentiam studiaque liberalia ab aetate prima et cupide et laboriosissime exercuit

Mutinensi bello in tanta mole rerum et legisse et scripsisse et declamasse cotidie traditur
83 Subito dopo le guerre civili rinunciò agli esercizi militari dell'equitazione e delle armi e inizialmente si diede al gioco della palla e del pallone, poi si accontentò di passeggiate in lettiga o a piedi che concludeva correndo o saltando, avvolto in un mantello di poco prezzo o in una piccola coperta

Per divertimento qualche volta andava a pesca con la lenza, altre volte giocava ai dadi, alle pietruzze o alle noci con i bambini più piccoli, graziosi per aspetto ed allegria, che egli faceva ricercare da ogni parte, soprattutto fra i Mauri e i Siriani

Aveva orrore infatti dei nani, dei deformi e di tutti gli anomali di questo genere che considerava scherzi della natura e portatori di sventura

84 Coltivò l'eloquenza e gli studi liberali dalla prima giovinezza, con passione e con impegno

Si racconta che durante la guerra di Modena, in mezzo a così gravi occupazioni, ogni giorno scrivesse, leggesse e declamasse
Nam deinceps neque in senatu neque apud populum neque apud milites locutus est umquam nisi meditata et composita oratione, quamvis non deficeretur ad subita extemporali facultate

Ac ne periculum memoriae adiret aut in ediscendo tempus absumeret, instituit recitare omnia

Sermones quoque cum singulis atque etiam cum Livia sua graviores non nisi scriptos et e libello habebat, ne plus minusve loqueretur ex tempore

Pronuntiabat dulci et proprio quodam oris sono, dabatque assidue phonasco operam; sed non numquam, infirmatis faucibus, praeconis voce ad populum concionatus est
In seguito non prese mai la parola né in Senato, né davanti al popolo, né davanti ai soldati, senza aver prima meditato e scritto il suo discorso, sebbene non gli mancasse la facoltà di improvvisare nei casi imprevisti

Per non esporsi agli scherzi della memoria e non perdere tempo a mandare a mente, prese l'abitudine di leggere tutti i suoi discorsi

Scriveva anche le conversazioni particolari e quelle più importanti che teneva con sua moglie Livia e parlava scorrendo i suoi appunti, temendo che l'improvvisazione gli facesse dire troppo o troppo poco

Parlava con voce dolce, dal timbro particolare e lavorava spesso con un maestro di dizione; talvolta però, colpito da raucedine, parlò al popolo per mezzo di un portavoce

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Svetonio, Vite dei dodici cesari: Libro 01, Par 01 - 20

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[85] Multa varii generis prosa oratione composuit, ex quibus nonnulla in coetu familiarium velut in auditorio recitavit, sicut 'Rescripta Bruto de Catone,' quae volumina cum iam senior ex magna parte legisset, fatigatus Tiberio tradidit perlegenda; item 'Hortationes ad philosophiam,' et aliqua 'De vita sua,' quam tredecim libris Cantabrico tenus bello nec ultra exposuit

Poetica summatim attigit

Unus liber exstat scriptus ab eo hexametris versibus, cuius et argumentum et titulus est 'Sicilia'; exstat alter aeque modicus 'Epigrammatum,' quae fere tempore balinei meditabatur

Nam tragoediam magno impetu exorsus, non succedenti stilo, abolevit quaerentibusque amicis, quidnam Aiax ageret, respondit, Aiacem suum in spongeam incubuisse
85 Scrisse molte opere di vario genere; ne lesse alcune nella cerchia dei suoi amici che gli facevano da pubblico Così lesse le 'Risposte a Bruto a proposito di Catone' Fece ascoltare una gran parte di quest'opera quando era già vecchio, ma, affaticato dalla lettura, la fece continuare a Tiberio Lesse ancora le 'Esortazioni alla Filosofia' e alcune memorie 'Della sua vita' che espose in tredici libri, arrivando fino alla guerra dei Cantabri, ma senza andar oltre

Coltivò anche la poesia

Rimane un libro in esametri, il cui titolo e argomento è 'La Sicilia', e un altro molto piccolo di 'epigrammi' che componeva generalmente quando faceva il bagno

Con molto entusiasmo aveva cominciato una tragedia, ma poiché la penna non gli rispondeva, la distrusse e quando gli amici gli chiesero che cosa fosse avvenuto del suo 'Aiace' rispose che si era gettato su una spugna
[86] Genus eloquendi secutus est elegans et temperatum, vitatis sententiarum ineptiis atque concinnitate et 'reconditorum verborum,' ut ipse dicit, 'fetoribus '; praecipuamque curam duxit sensum animi quam apertissime exprimere

Quod quo facilius efficeret aut necubi lectorem vel auditorem obturbaret ac moraretur, neque praepositiones urbibus addere neque coniunctiones saepius iterare dubitavit, quae detractae afferunt aliquid obscuritatis, etsi gratiam augent

Cacozelos et antiquarios, ut diverso genere vitiosos, pari fastidio sprevit, exagitabatque nonnumquam; in primis Maecenatem suum, cuius 'myrobrechis,' ut ait, 'cincinnos' usque quaque persequitur et imitando per iocum irridet

Sed nec Tiberio parcit et exoletas interdum et reconditas voces aucupanti
86 Adottò un genere di eloquenza semplice ed elegante, evitando le sottigliezze delle frasi d'effetto, calibrate con arte e, come lui stesso diceva, i 'cattivi odori' delle parole disusate; si preoccupò per prima cosa di esprimere il suo pensiero con la maggior chiarezza possibile

Per arrivarvi più sicuramente e perché niente potesse imbarazzare o bloccare il lettore o l'uditore, non esitò ad aggiungere le preposizioni davanti ai nomi delle città e a ripetere spesso le congiunzioni, quando la soppressione poteva generare qualche confusione, anche se accresceva l'eleganza del periodo

Gratificò di uguale disprezzo gli scimmiottatori e gli arcaizzanti, sostenendo che cadevano in due eccessi contrari, e spesso li bersagliava, per primo il suo caro Mecenate, del quale criticava, come egli stesso dice, 'le ricercatezze profumate', divertendosi ad imitarle per scherzo

Ma non perdonò a Tiberio il fatto che si mettesse in cerca talvolta di vocaboli disusati e oscuri

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M quidem Antonium ut insanum increpat, quasi ea scribentem, quae mirentur potius homines quam intellegant; deinde ludens malum et inconstans in eligendo genere dicendi iudicium eius, addit haec: 'Tuque dubitas, Cimberne Annius an Veranius Flaccus imitandi sint tibi, ita ut verbis, quae Crispus Sallustius excerpsit ex Originibus Catonis, utaris an potius Asiaticorum oratorum inanis sententiis verborum volubilitas in nostrum sermonem transferenda

' Et quadam epistula Agrippinae neptis ingenium conlaudans, 'sed opus est,' inquit, 'dare te operam, ne moleste scribas et loquaris
In particolare rimprovera Antonio per la sua mania di scrivere più allo scopo di stupire la gente, che di essere compreso, quindi, scherzando sulla bizzarria e l'incostanza del suo gusto per ciò che si riferisce alla scelta dello stile, aggiunge: 'Tu dunque non sai se devi imitare Annio Cimbro e Veranio Flacco, impiegando le parole che Crispo Sallustio ha tratto dalle 'Origini' di Catone, o se piuttosto devi trasferire nella nostra lingua la vacua verbosità degli oratori asiatici

' E in un'altra lettera, felicitandosi con la nipote Agrippina per il suo spirito, egli dice: 'Ma è necessario che ti sforzi di scrivere con chiarezza

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