[1] Sed nobis iam paulatim adcrescere puer et exire de gremio et discere serio incipiat Hoc igitur potissimum loco tractanda quaestio est, utiliusne sit domi atque intra privatos parietes studentem continere, an frequentiae scholarum et velut publicatis praeceptoribus tradere [2] Quod quidem cum iis a quibus clarissimarum civitatium mores sunt instituti, tum eminentissimis auctoribus video placuisse Non est tamen dissimulandum esse nonnullos qui ab hoc prope publico more privata quadam persuasione dissentiant Hi duas praecipue rationes sequi videntur: unam, quod moribus magis consulant fugiendo turbam hominum eius aetatis quae sit ad vitia maxime prona, unde causas turpium factorum saepe extitisse utinam falso iactaretur: alteram, quod, quisquis futurus est ille praeceptor, liberalius tempora sua inpensurus uni videtur quam si eadem in pluris partiatur |
[1] Ma per noi ormai il bambino crescere un po' per volta e uscire dal grembo e comincia ad imparare seriamente Dunque in questa parte bisogna trattare principalmente la questione, se sia più utile tenere in casa e fra le pareti private lo studente, o affidarlo alla frequenza delle scuole e per così dire ai precettori pubblici [2] Vedo che ciò s'accordava certo con quelli da cui furono istituiti i costumi di famosissime città, anche famosissimi autori Non bisogna però fingere che ci sono alcuni che dissentono quasi da questa pubblica usanza per una certa convinzione personale Essi sembrano considerare principalmente due motivi: uno, che contribuiscono di più alla morale con l'evitare la schiera degli uomini di quest'età che è soprattutto incline ai vizi, da qui spesso, magari si dicesse falsamente, che erano derivate le cause di turpi eventi: l'altra, che chiunque sia quel futuro precettore, sembra poter dedicare più ampiamente il suo tempo a uno solo che se dividerà lo stesso fra molti |
[3] Prior causa prorsus gravis: nam si studiis quidem scholas prodesse, moribus autem nocere constaret, potior mihi ratio vivendi honeste quam vel optime dicendi videretur Sed mea quidem sententia iuncta ista atque indiscreta sunt: neque enim esse oratorem nisi bonum virum iudico et fieri, etiam si potest, nolo De hac igitur prius [4] Corrumpi mores in scholis putant: nam et corrumpuntur interim, sed domi quoque, et sunt multa eius rei exempla, tam hercule quam conservatae sanctissime utrubique opinionis Natura cuiusque totum curaque distat Da mentem ad peiora facilem, da neglegentiam formandi custodiendique in aetate prima pudoris, non minorem flagitiis occasionem secreta praebuerint Nam et potest turpis esse domesticus ille praeceptor, nec tutior inter servos malos quam ingenuos parum modestos conversatio est |
[3] Indubbiamente serio il primo motivo: infatti se risultasse che le scuole certo giovano con gli studi, ma nuocciono ai costumi, sembrerebbe preferibile per me il motivo di vivere onestamente che del parlare ottimamente Ma certo a mio parere queste cose sono unite e indivisibili: infatti ritengo che non è oratore se non un uomo onesto e anche seè possibile, non voglio accadere Dunque per prima cosa su quest'argomento [4] Pensano che i costumi vengano corrotti nelle scuole: e infatti sono corrotti talvolta, ma anche in casa, e sono molti gli esempi di questo tipo, tanti per Ercole quanti della considerazione rispettata molto religiosamente da entrambe le parti La natura e la sollecitudine di ciascuno differenzia il tutto Prendi un animo incline alle cose peggiori, prendi la negligenza di formare e tutelare il pudore nella prima età, i luoghi appartati non offriranno minore occasione alle infamie Infatti anche quel precettore domestico può essere malvagio, né fra i servi disonesti la convivenza è più sicura che fra i liberi poco onesti |
[5] At si bona ipsius indoles, si non caeca ac sopita parentium socordia est, et praeceptorem eligere sanctissimum quemque, cuius rei praecipua prudentibus cura est, et disciplinam quae maxime severa fuerit licet, et nihilo minus amicum gravem virum aut fidelem libertum lateri filii sui adiungere, cuius adsiduus comitatus etiam illos meliores faciat qui timebantur [6] Facile erat huius metus remedium Vtinam liberorum nostrorum mores non ipsi perderemus Infantiam statim deliciis solvimus Mollis illa educatio, quam indulgentiam vocamus, nervos omnis mentis et corporis frangit Quid non adultus concupiscet qui in purpuris repit Nondum prima verba exprimit, iam coccum intellegit, iam conchylium poscit [7] Ante palatum eorum quam os instituimus In lecticis crescunt: si terram attigerunt, e manibus utrimque sustinentium pendent |
[5] Ma se è buona l'indole dello stesso, se non è cieca e debole la premura dei genitori, ed è lecito scegliere qualche precettore molto rispettabile, della quale cosa la cura particolare spetta ai responsabili, e una disciplina che sia stata quanto più severa, e non di meno accostare al fianco del proprio figlio come amico un uomo serio o un liberto fedele, la cui assidua compagnia renda migliori anche quelli che erano temuti [6] Era facile il rimedio di questo timore Magari non rovinassimo noi stessi le abitudini dei nostri figli Soddisfiamo subito l'infanzia con le delicatezze Quella debole educazione, che chiamiamo indulgenza, spezza i nervi di tutta la mente e del corpo Cosa non desidererà da adulto chi striscia sulle porpore Non ha ancora espresso le prime parole, già conosce il colore scarlatto, già chiede l'ostrica [7] Educhiamo prima il loro palato che il linguaggio Crescono sulle lettighe: se hanno toccato terra, pendono dalle mani di quelli che sorreggono da entrambi i lati |
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Quintiliano, Institutio oratoria: Liber 1, 10, 1-16
Latino: dall'autore Quintiliano, opera Institutio oratoria parte Liber 1, 10, 1-16
Gaudemus si quid licentius dixerint: verba ne Alexandrinis quidem permittenda deliciis risu et osculo excipimus Nec mirum: nos docuimus, ex nobis audierunt; [8] nostras amicas, nostros concubinos vident; omne convivium obscenis canticis strepit, pudenda dictu spectantur Fit ex his consuetudo, inde natura Discunt haec miseri antequam sciant vitia esse: inde soluti ac fluentes non accipiunt ex scholis mala ista, sed in scholas adferunt [9] "Verum in studiis magis vacabit unus uni " Ante omnia nihil prohibet esse illum nescio quem unum etiam cum eo qui in scholis eruditur Sed etiamsi iungi utrumque non posset, lumen tamen illud conventus honestissimi tenebris ac solitudini praetulissem: nam optimus quisque praeceptor frequentia gaudet ac maiore se theatro dignum putat |
Godiamo se hanno detto qualcosa troppo sfacciatamente: accogliamo con sorriso e bacio parole da non permettersi neppure alle volgarità alessandrine Né strano: noi insegnamo, da noi ascoltarono; [8] vedono le nostre amiche, i nostri concubini; ogni banchetto risuona di canti osceni, sono mostrate cose vergognose a dirsi Da queste deriva l'abitudine, poi l'indole I meschini imparano queste cose prima che sappiano che sono vizi: poi deboli e fiacchi non ricevono dalle scuole questi mali, ma li portano nelle scuole [9] "Certo negli studi uno si dedicherà di più a uno solo" Prima di tutto nulla impedisce che quel solo non so chi stia anche con quello che è istruito nelle scuole Ma pure se non possa essere unita l'una e l'altra cosa, tuttavia avrei preferito quella luce di un'onestissima compagnia alle oscurità e alla solitudine: infatti ogni ottimo precettore gioisce della folla e si ritiene degno di un maggiore pubblico |
[10] At fere minores ex conscientia suae infirmitatis haerere singulis et officio fungi quodam modo paedagogorum non indignantur [11] Sed praestet alicui vel gratia vel pecunia vel amicitia ut doctissimum atque incomparabilem magistrum domi habeat, num tamen ille totum in uno diem consumpturus est aut potest esse ulla tam perpetua discentis intentio quae non ut visus oculorum optutu continuo fatigetur, cum praesertim multo plus secreti temporis studia desiderent [12] Neque enim scribenti ediscenti cogitanti praeceptor adsistit: quorum aliquid agentibus cuiuscumque interventus impedimento est Lectio quoque non omnis nec semper praeeunte vel interpretante eget: quando enim tot auctorum notitia contingeret [13] Modicum ergo tempus est quo in totum diem velut opus ordinetur,ideoque per plures ire possunt etiam quae singulis tradenda sunt |
[10] Ma generalmente più modesti per la consapevolezza del proprio limite non disdegnano di dedicarsi ai singoli e adempiere in qualche modo al compito dei pedagoghi [11] Ma o il favore o il denaro o l'amicizia permetta a qualcuno che abbia in casa un maestro coltissimo e impareggiabile, forse quello dedicherà tuttavia tutta la giornata a uno o può esserci qualche interesse così costante dell'allievo che come la vista degli occhi non venga affaticato da una visione continua, richiedendo gli studi particolarmente tanto più tempo solitario [12] Infatti il precettore non sta accanto a chi scrive a chi impara a chi pensa: a quelli che fanno qualcuna di queste azioni l'intervento di chiunque è d'impedimento Anche la lettura non richiede del tutto né sempre chi suggerisce o spiega: infatti quando apprenderebbe le notizie di tanti autori [13] Dunque è poco il tempo affinché in tutta la giornata sia organizzato come attività, pertanto possono passare attraverso molti anche quelle cose che bisogna trasmettere ai singoli |
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Latino: dall'autore Quintiliano, opera Institutio oratoria parte Liber 1, capitoli 10-12
Pleraque vero hanc condicionem habent, ut eadem voce ad omnis simul perferantur Taceo de partitionibus et declamationibus rhetorum, quibus certe quantuscumque numerus adhibeatur, tamen unusquisque totum feret [14] (non enim vox illa praeceptoris ut cena minus pluribus sufficit, sed ut sol universis idem lucis calorisque largitur): grammaticus quoque si de loquendi ratione disserat, si quaestiones explicet, historias exponat, poemata enarret, tot illa discent quot audient [15] "At enim emendationi praelectionique numerus obstat " Sit incommodum (nam quid fere undique placet ): mox illud comparabimus commodis "Nec ego tamen eo mitti puerum volo ubi neglegatur |
In verità la maggior parte anno questa prerogativa, cosicché siano riferite contemporaneamente con la stessa voce a tutti Taccio delle partizioni e delle declamazioni dei retori, da cui certo per quanta frequenza sia offerta, tuttavia ognuno ricaverà l'essenziale [14] (infatti quella voce basta ai precettori non come una cena insufficientemente per molti, ma come il sole elargisce a tutti lo stesso effetto di luce e di calore): anche il grammatico se discute sul metodo del parlare, se spiega i problemi, espone storie, narra poemi, impareranno quelle cose tanti quanti ascolteranno [15] "Ma il numero è d'ostacolo alla correzione e alla spiegazione" Sia pure dannoso: (infatti cosa generalmente piace dappertutto ): lo confronteremo poi con i vantaggi "Non voglio però che il fanciullo sia mandato là dove è trascurato" |
" Sed neque praeceptor bonus maiore se turba quam ut sustinere eam possit oneraverit, et in primis ea habenda cura est ut is omni modo fiat nobis familiariter amicus, nec officium in docendo spectet sed adfectum Ita numquam erimus in turba [16] Nec sane quisquam litteris saltem leviter inbutus eum in quo studium ingeniumque perspexerit non in suam quoque gloriam peculiariter fovebit Et ut fugiendae sint magnae scholae (cui ne ipsi quidem rei adsentior, si ad aliquem merito concurritur), non tamen hoc eo valet ut fugiendae sint omnino scholae Aliud est enim vitare eas, aliud eligere [17] Et si refutavimus quae contra dicuntur, iam explicemus quid ipsi sequamur |
Ma il buon precettore non si sarà caricato di una schiera maggiore di quella che possa controllare, e ci dev'essere dapprima questa cura affinché egli in ogni modo diventi per noi familiarmente amico, e nell'insegnare non consideri l'incarico ma l'affetto Così non saremo mai nella massa [16] Certo chiunque anche leggermente imbevuto di letteratura non favorirà colui nel quale ha visto interesse e ingegno, anche in riguardo particolarmente alla sua gloria E pur essendo da evitarsi le grandi scuole (alla quale stessa cosa certo non aderisco, se si accorre presso qualcuno per merito), tuttavia ciò non vale tanto che si debbano evitare del tutto le scuole Altro è infatti evitarle, altro scegliere [17] E se abbiamo confutato le cose che sono dette contro, spiegheremo ora cosa noi stessi ricerchiamo |
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Latino: dall'autore Quintiliano, opera Institutio oratoria parte Liber 1, 1, 23-37
[18] Ante omnia futurus orator, cui in maxima celebritate et in media rei publicae luce vivendum est, adsuescat iam a tenero non reformidare homines neque illa solitaria et velut umbratica vita pavescere Excitanda mens et attollenda semper est, quae in eius modi secretis aut languescit et quendam velut in opaco situm ducit, aut contra tumescit inani persuasione: necesse est enim nimium tribuat sibi qui se nemini comparat [19] Deinde cum proferenda sunt studia, caligat in sole et omnia nova offendit, ut qui solus didicerit quod inter multos faciendum est [20] Mitto amicitias, quae ad senectutem usque firmissime durant religiosa quadam necessitudine inbutae: neque enim est sanctius sacris isdem quam studiis initiari Sensum ipsum, qui communis dicitur, ubi discet, cum se a congressu, qui non hominibus solum sed mutis quoque animalibus naturalis est, segregarit |
[18] Prima di tutto il futuro oratore, a cui tocca vivere fra la massima folla e al cospetto della condizione pubblica, si abitui già da piccolo a non temere le persone né ad impaurirsi per quella vita solitaria e quasi umbratile Va sempre sollecitata e spronata la mente, che negli isolamenti di questo tipo o langue e crea come un certo rifugio nell'ombra, o al contrario si gonfia d'inutile orgoglio: è naturale infatti conceda troppo a sé chi non si paragona a nessuno [19] Poi quando devono essere dimostrati gli studi, s'offusca al sole e urta cose nuove, come chi abbia imparato da solo ciò che bisogna fare tra molti [20] Tralascio le amicizie, che imbevute di un certo sacro vincolo durano molto saldamente fino alla vecchiaia: infatti non è piu sacro essere avviati agli stessi riti sacri che agli studi Dove apprenderà lo stesso senso, che è detto comune, quando si sarà isolato dalla comunità, che è naturale non solo per gli uomini ma anche per gli animali muti |
[21] Adde quod domi ea sola discere potest quae ipsi praecipientur, in schola etiam quae aliis Audiet multa cotidie probari, multa corrigi, proderit alicuius obiurgata desidia, proderit laudata industria, [22] excitabitur laude aemulatio, turpe ducet cedere pari, pulchrum superasse maiores Accendunt omnia haec animos, et licet ipsa vitium sit ambitio, frequenter tamen causa virtutum est [23] Non inutilem scio servatum esse a praeceptoribus meis morem, qui, cum pueros in classis distribuerant, ordinem dicendi secundum vires ingenii dabant, et ita superiore loco quisque declamabat ut praecedere profectu videbatur: huius rei iudicia praebebantur [24] Ea nobis ingens palma, ducere vero classem multo pulcherrimum Nec de hoc semel decretum erat: tricesimus dies reddebat victo certaminis potestatem |
[21] Aggiungi che in casa può imparare quelle sole cose che gli sono insegnate, nella scuola anche quelle che (sono insegnate) agli altri Sentirà ogni giorno che molte cose sono confermate, molte corrette, gioverà la pigrizia di qualcuno rimproverata, gioverà l'operosità lodata, [22] l'emulazione sarà sollecitata con la lode, riterrà vergognoso cedere a un suo pari, bello aver superato i più grandi Tutte queste cose infiammano gli animi, e la stessa ambizione è lecito sia un difetto, ma spesso è motivo di virtù [23] So esser stata conservata un'abitudine non inutile dai miei precettori, che, quando avevano diviso i ragazzi in classi, davano l'ordine di parlare secondo le capacità dell'ingegno, e ognuno declamava da un posto più alto così, che sembrava precedere per profitto: di tale valutazione erano espressi i giudizi [24] Un grande premio questo per noi, ma la cosa di molto più bella guidare la classe Su questo la decisione non avveniva una volta: il trentesimo giorno restituiva al vinto la possibilità della gara |
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Quintiliano, Institutio oratoria: 10; 01, 93-95
Latino: dall'autore Quintiliano, opera Institutio oratoria parte 10; 01, 93-95
Ita nec superior successu curam remittebat et dolor victum ad deponendam ignominiam concitabat [25] Id nobis acriores ad studia dicendi faces subdidisse quam exhortationem docentium, paedagogorum custodiam, vota parentium, quantum animi mei coniectura colligere possum, contenderim [26] Sed sicut firmiores in litteris profectus alit aemulatio, ita incipientibus atque adhuc teneris condiscipulorum quam praeceptoris iucundior hoc ipso quod facilior imitatio est Vix enim se prima elementa ad spem tollere effingendae quam summam putant eloquentiae audebunt: proxima amplectentur magis, ut vites arboribus adplicita e inferiores prius adprendendo ramos in cacumina evadunt |
Così il vincitore non abbandonava l'impegno per il successo e la delusione spingeva il vinto a dover dimenticare l'insuccesso [25] Affermerei che questo ci aveva inculcato verso gli studi d'eloquenza spinte più forti che l'esortazione degli insegnanti, la sorveglianza dei pedagoghi, le preghiere dei genitori, per quanto posso rievocare le congetture della mia mente [26] Ma come nelle lettere l'emulazione alimenta profitti più sicuri, così ai principianti ancora giovani è più gradita l'imitazione dei compagni che del precettore per questo stesso motivo che è più facile Infatti a stento i primi rudimenti oseranno spingersi fino alla speranza che ritengono massima di un'eloquenza da completare: i successivi includeranno di più, come le viti addossate agli alberi con l'abbracciare di più i rami inferiori salgono sulle cime |