Quintiliano, Institutio oratoria: Liber 1, 2, pag 2

Quintiliano, Institutio oratoria: Liber 1, 2

Latino: dall'autore Quintiliano, opera Institutio oratoria parte Liber 1, 2
[27] Quod adeo verum est ut ipsius etiam magistri, si tamen ambitiosis utilia praeferet, hoc opus sit, cum adhuc rudia tractabit ingenia, non statim onerare infirmitatem discentium, sed temperare vires suas et ad intellectum audientis descendere

[28] Nam ut vascula oris angusti superfusam umoris copiam respuunt, sensim autem influentibus vel etiam instillatis complentur, sic animi puerorum quantum excipere possint videndum est: nam maiora intellectu velut parum apertos ad percipiendum animos non subibunt

[29] Utile igitur habere quos imitari primum, mox vincere velis: ita paulatim et superiorum spes erit

His adicio praeceptores ipsos non idem mentis ac spiritus in dicendo posse concipere singulis tantum praesentibus quod illa celebritate audientium instinctos
[27] Cosa che è tanto vera che anche questo è compito del maestro stesso, se preferirà però le cose utili alle ambiziose, quando forgerà intelletti ancora grezzi, non appesantire subito la debolezza degli allievi, ma dosare le loro forze e scendere al livello di chi ascolta

[28] Infatti come i vasi di apertura piccola rigettano la quantità di liquido riversata, ma s riempiono con quelli versati man mano o anche stillati, così bisogna osservare quanto le menti dei fanciulli possano assimilare: infatti le nozioni maggiori non entreranno nell'intelletto come menti poco aperte al recepire

[29] Utile quindi avere dapprima chi imitare, poi chi tu voglia vincere: così pian piano ci sarà anche la speranza dei più bravi

A queste cose aggiungo che gli stessi precettori non possono avvertire la stessa cosa della mente e dell'animo nel parlare ai singoli presenti tanto quanto ispirati da quella affluenza di ascoltatori
[30] Maxima enim pars eloquentiae constat animo: hunc adfici, hunc concipere imagines rerum et transformari quodam modo ad naturam eorum de quibus loquitur necesse est

Is porro quo generosior celsiorque est, hoc maioribus velut organis commovetur, ideoque et laude crescit et impetu augetur et aliquid magnum agere gaudet

[31] Est quaedam tacita dedignatio vim dicendi tantis comparatam laboribus ad unum auditorem demittere: pudet supra modum sermonis attolli

Et sane concipiat quis mente vel declamantis habitum vel orantis vocem incessum pronuntiationem, illum denique animi et corporis motum, sudorem, ut alia praeteream, et fatigationem audiente uno: nonne quiddam pati furori simile videatur

Non esset in rebus humanis eloquentia si tantum cum singulis loqueremur

[30] Infatti la massima parte dell'eloquenza risulta nell'animo: è necessario che questo si commuova, che questo concepisca immagini delle cose e si trasformi in qualche modo secondo la natura di quelle cose di cui si parla

Inoltre quanto più egli è nobile e insigne, questo è mosso come da maggiori strumenti, perciò sia cresce con la lode sia è ingrandito dall'entusiasmo sia gode di fare qualcosa di grande

[31] C'è un certo tacito disdegno di abbassare davanti a un solo ascoltatore la forza del parlare paragonata a tante fatiche: ci si vergogna essere alzata oltre la misura del discorso

E certo chi immagina nella mente o l'atto di chi declama o la voce di chi chiede la dichiarazione di procedimenti, tralascerò poi quell'agitarsi dell'animo e del corpo, il sudore, come altre cose, e la fatica per uno solo che ascolta: non sembra subire qualcosa simile alla pazzia

Non ci sarebbe l'eloquenza tra le realtà umane se parlassimo solo con i singoli

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