Agostino, Le Confessioni: Libro 11, 16-31, pag 2

Agostino, Le Confessioni: Libro 11, 16-31

Latino: dall'autore Agostino, opera Le Confessioni parte Libro 11, 16-31
Sunt sidera et luminaria caeli in signis et in temporibus et in diebus et in annis

Sunt vero; sed nec ego dixerim circuitum illius ligneolae rotae diem esse, nec tamen ideo tempus non esse ille dixerit

[23

30] Ego scire cupio vim naturamque temporis, quo metimur corporum motus et dicimus illum motum verbi gratia tempore duplo esse diuturniorem quam istum

Nam quaero, quoniam dies dicitur non tantum mora solis super terram, secundum quod aliud est dies, aliud nox, sed etiam totius eius circuitus ab Oriente usque Orientem, secundum quod dicimus: "Tot dies transierunt" (cum suis enim noctibus dicuntur tot dies, nec extra reputantur spatia noctium) quoniam ergo dies expletur motu solis atque circuitu ab Oriente usque Orientem, quaero, utrum motus ipse sit dies an mora ipsa, quanta peragitur, an utrumque

Si enim primum dies esset, dies ergo esset, etiamsi tanto spatio temporis sol cursum illum peregisset, quantum est horae unius
Ci son le stelle e i luminari del cielo a far da segni delle stagioni e dei giorni e degli anni

Ci sono, certo: ma come io non direi che il giro di quella piccola ruota di legno sia addirittura il giorno, quello non oserà negare che sia pure un periodo di tempo

[23

30]

Il mio desiderio è di conoscere la funzione e la natura del tempo, in quanto ci serve da misura dei movimenti dei corpi e ci consente di dire, ad esempio, che quel movimento dura il doppio di questo

Ora, si dice giorno non solo il periodo di permanenza del sole sopra l'orizzonte, in opposizione alla notte, ma anche l'intero giro che esso compie da oriente a oriente, come quando diciamo: "Passarono tanti giorni", intendendo includere le relative notti
Si secundum, non ergo esset dies, si ab ortu solis usque in ortum alterum tam brevis mora esset, quam est horae unius, sed vicies et quater circuiret sol, ut expleret diem

Si utrumque, nec ille appellaretur dies, si horae spatio sol totum suum gyrum circuiret, nec ille, si sole cessante tantum temporis praeteriret, quanto peragere sol totum ambitum de mane in mane assolet

Non itaque nunc quaeram, quid sit illud, quod vocatur dies, sed quid sit tempus, quo metientes solis circuitum diceremus eum dimidio spatio temporis peractum minus quam solet, si tanto spatio temporis peractus esset, quanto peraguntur horae duodecim, et utrumque tempus comparantes diceremus illud simplum, hoc duplum, etiamsi aliquando illo simplo, aliquando isto duplo sol ab Oriente usque Orientem circuiret

Nemo ergo mihi dicat caelestium corporum motus esse tempora, quia et cuiusdam voto cum sol stetisset, ut victoriosum proelium perageret, sol stabat, sed tempus ibat
Dato dunque che un giorno si compie in una rotazione completa del sole da oriente a oriente, io mi chiedo se il giorno sia la rotazione stessa, o la sua durata, o entrambi

Nel primo caso, anche se il sole completasse il suo corso in un intervallo di tempo pari a quello di un'ora, questo sarebbe ancora un giorno

Nel secondo dato che l'intervallo di tempo fra una levata e l'altra del sole fosse di un'ora, ci vorrebbero ventiquattro rotazioni del sole perché fosse compiuto un giorno

Ma nel terzo caso non si chiamerebbe giorno né l'intero giro compiuto dal sole nello spazio di un'ora, né una pura e semplice quantità di tempo pari a quella che normalmente impiega il sole a coprire tutto il suo percorso, da un'alba alla successiva, ma trascorsa, supponiamo, a partire da un arresto del sole
Per suum quippe spatium temporis, quod ei sufficeret, illa pugna gesta atque finita est

Video igitur tempus quamdam esse distentionem

Sed video

An videre mihi videor

Tu demonstrabis, Lux, Veritas

Tempore metimur quamdiu corpora moventur

[24

31] Iubes ut approbem, si quis dicat tempus esse motum corporis

Non iubes

Nam corpus nullum nisi in tempore moveri audio: tu dicis

Ipsum autem corporis motum tempus esse non audio: non tu dicis

Cum enim movetur corpus, tempore metior, quandiu moveatur, ex quo moveri incipit, donec desinat
Ora dunque non mi chiederò più che cosa sia ciò che chiamiamo giorno, ma che cosa sia il tempo che ci consente di misurare la rotazione del sole e di dire eventualmente che l'ha compiuta nella metà del tempo impiegato normalmente, qualora l'abbia in effetti compiuta in un intervallo di tempo pari a quello di dodici ore; che cosa sia insomma il tempo che ci consentirebbe di confrontare i due intervalli di tempo e di dire che l'uno è doppio dell'altro anche se il sole impiegasse a volte quel dato tempo, a volte il doppio a completare il suo giro da oriente a oriente

Nessuno dunque mi venga a dire che sono tempi i moti dei corpi celesti, perché quando il sole si fermò su preghiera di un uomo, per consentirgli di portare vittoriosamente a compimento una battaglia, il sole stava fermo, ma il tempo passava

Per tutto il tempo necessario, ne più né meno, quella battaglia fu combattuta, fino al suo termine

Il tempo dunque è qualcosa come un pro-trarsi, ora lo vedo

Ma lo vedo veramente, o mi pare soltanto di vedere

Me lo mostrerai tu, luce, verità

[24

31]

Mi ordini di approvare chi afferma che il tempo è il movimento dei corpi

No

Sento dire piuttosto che un corpo non si muove se non nel tempo: tu lo dici

Infatti mentre il corpo si muove io misuro la durata del suo movimento, dall'inizio alla fine

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Agostino, Le Confessioni: Libro 10, 20-43

Latino: dall'autore Agostino, opera Le Confessioni parte Libro 10, 20-43

Et si non vidi, ex quo coepit, et perseverat moveri, ut non videam, cum desinit, non valeo metiri, nisi forte ex quo videre incipio, donec desinam

Quod si diu video, tantummodo longum tempus esse renuntio, non autem, quantum sit, quia et quantum cum dicimus, collatione dicimus, velut: "Tantum hoc, quantum illud", aut: "Duplum hoc ad illud", et si quid aliud isto modo

Si autem notare potuerimus locorum spatia, unde et quo veniat corpus, quod movetur, vel partes eius, si tamquam in torno movetur, possumus dicere, quantum sit temporis, ex quo ab illo loco usque ad illum locum motus corporis vel partis eius effectus est

Cum itaque aliud sit motus corporis, aliud, quo metimur quandiu sit, quis non sentiat, quid horum potius tempus dicendum sit
E se non ho visto quando è cominciato il movimento e questo continua in modo che non vedo quando finisce, non sono in grado di misurarne la durata, a meno di non calcolarla dal momento in cui io comincio a vederlo a quello in cui non lo vedo più

Se resta a lungo in vista, posso riferire soltanto che il tempo impiegato è lungo, ma non specificare quanto, perché per dire quanto noi ci serviamo di un confronto, del tipo: "Dura tanto quanto quello" oppure "il doppio di quello" e così via

Se invece abbiamo potuto determinare le distanze dei luoghi di partenza e di arrivo del corpo in moto, o qualche punto di riferimento sul corpo stesso, nel caso si muova come su un tornio, allora possiamo specificare in quanto tempo si effettua il movimento del corpo o di una sua parte da un luogo all'altro

Altro è il movimento del corpo, altro ciò che a noi consente di misurarne la durata: e chi non vede a quale delle due cose conviene il nome di tempo
Nam si et varie corpus aliquando movetur, aliquando stat, non solum motum eius, sed etiam statum tempore metimur et dicimus: "Tantum stetit, quantum motum est", aut: "Duplo vel triplo stetit ad id quod motum est" et si quid aliud nostra dimensio sive comprehenderit sive exsistimaverit, ut dici solet plus minus

Non est ergo tempus corporis motus

Lux mentis Dominus

[25

32] Et confiteor tibi, Domine, ignorare me adhuc, quid sit tempus, et rursus confiteor tibi, Domine, scire me in tempore ista dicere et diu me iam loqui de tempore atque ipsum diu non esse diu nisi mora temporis

Quomodo igitur hoc scio, quando quid sit tempus nescio

An forte nescio, quemadmodum dicam quod scio

Ei mihi, qui nescio saltem quid nesciam

Ecce, Deus meus, coram te, quia non mentior; sicut loquor, ita est cor meum

Tu illuminabis lucernam meam, Domine, Deus meus, illuminabis tenebras meas

Tempus tempore metimur
Anche se un corpo ora si muove ora sta fermo noi misuriamo quanto tempo dura non solo il movimento, ma anche la quiete, e diciamo "È stato fermo per un tempo uguale a quello che ha trascorso in moto", oppure "È stato fermo due o tre volte il tempo che ha trascorso in moto", o comunque risulti ai nostri calcoli, con precisione o, come si suol dire, più o meno

Il tempo non è dunque il movimento dei corpi

Il tempo e la voce

Il presente [25

32] E ti confesso Signore che ancora non lo so, cosa sia il tempo, e ancora ti confesso, Signore, che so di fare questo discorso nel tempo e che da molto ormai sto parlando del tempo e che questo molto non è molto se non perché dura nel tempo

E come lo so allora, se non so che cos'è il tempo

O forse non so come dirlo, ciò che so

Ah, non so più neppure che cosa non so



Vedi, mio Dio, che non mento davanti a te: così come parlo è il mio cuore

L'accenderai tu la mia lucerna, mio Dio e Signore, farai un po' di luce nel mio buio

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Agostino, Le Confessioni: Libro 08

Latino: dall'autore Agostino, opera Le Confessioni parte Libro 08

[26

33] Nonne tibi confitetur anima mea confessione veridica metiri me tempora

Itane, Deus meus, metior et quid metiar nescio

Metior motum corporis tempore

Item ipsum tempus nonne metior

An vero corporis motum metirer, quandiu sit et quandiu hinc illuc perveniat, nisi tempus, in quo movetur, metirer

Ipsum ergo tempus unde metior

An tempore breviore metimur longius sicut spatio cubiti spatium transtri

Sic enim videmur spatio brevis syllabae metiri spatium longae syllabae atque id duplum dicere
[26

33] Non è veridica la confessione in cui quest'anima lo ammette, che io misuro il tempo

Mio Dio, dunque misuro e non so cosa misuri

Misuro in termini di tempo il movimento di un corpo

Ma allora non misuro il tempo stesso

O potrei misurare quanto dura il moto del corpo e quanto questo impieghi a coprire una certa distanza, altrimenti che misurando il tempo in cui si muove

E allora il tempo stesso come lo misuro

Forse misuriamo un intervallo di tempo con uno più breve, come con la lunghezza di un cubito misuriamo quella di un asse

Sì, in questo modo a quanto pare misuriamo l'estensione temporale di una sillaba lunga con quella di una breve, e la diciamo doppia di questa
Ita metimur spatia carminum spatiis versuum, et spatia versuum spatiis pedum, et spatia pedum spatiis syllabarum, et spatia longarum spatiis brevium, non in paginis (nam eo modo loca metimur, non tempora) sed cum voces pronuntiando transeunt et dicimus: "Longum carmen est, nam tot versibus contexitur; longi versus, nam tot pedibus constant; longi pedes, nam tot syllabis tenduntur; longa syllaba est, nam dupla est ad brevem

" Sed neque ita comprehenditur certa mensura temporis, quandoquidem fieri potest, ut ampliore spatio temporis personet versus brevior, si productius pronuntietur, quam longior, si correptius

Ita carmen, ita pes, ita syllaba

Inde mihi visum est nihil esse aliud tempus quam distentionem: sed cuius rei, nescio, et mirum, si non ipsius animi
Così misuriamo l'estensione dei poemi con quella dei versi e quella dei versi con quella dei piedi, e quella dei piedi con quella delle sillabe e quella delle sillabe lunghe con quella delle sillabe brevi: non la misuriamo in pagine - perché a quel modo misureremmo l'estensione spaziale, non quella temporale - ma col passare del suono delle parole che pronunciamo, dicendo: "È un poema lungo, perché si compone del tal numero di versi; son versi lunghi perché sono costituiti da tanti piedi; piedi lunghi, perché si estendono per tante sillabe; sillaba lunga perché è doppia di una breve"

Ma neppure così si afferra una determinata misura di tempo, perché può ben darsi che un verso più breve, se lo si pronuncia protraendo il suono della voce, continui a risuonare per un intervallo di tempo maggiore di quello di un verso più lungo pronunciato più in fretta

E questo vale per un poema, per un piede, per una sillaba

Perciò mi è parso che il tempo altro non fosse che una sorta di protrazione: ma di che cosa, non lo so

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Latino: dall'autore Agostino, opera Le Confessioni parte Libro 02; 06-10

Quid enim metior, obsecro, Deus meus, et dico aut indefinite: "Longius est hoc tempus quam illud", aut etiam definite: "Duplum est hoc ad illud

"

Tempus metior, scio; sed non metior futurum, quia nondum est, non metior praesens, quia nullo spatio tenditur, non metior praeteritum, quia iam non est

Quid ergo metior

An praetereuntia tempora, non praeterita

Sic enim dixeram

Quid metimur cum tempora metimur

[27

34] Insiste, anime meus, et attende fortiter: Deus adiutor noster; ipse fecit nos, et non nos

Attende, ubi albescit veritas

Ecce puta vox corporis incipit sonare et sonat et adhuc sonat et ecce desinit, iamque silentium est, et vox illa praeterita est et non est iam vox

Futura erat, antequam sonaret, et non poterat metiri, quia nondum erat, et nunc non potest, quia iam non est
Della mente stessa forse

Sì, non può che esser così

Perché, mio Dio, che cosa misuro io di grazia, quando faccio un'affermazione o indeterminata come "Questo intervallo di tempo è più lungo di quello", o anche determinata come "È il doppio di quello"

Misuro il tempo, lo so: ma non misuro il futuro, perché non esiste ancora, non misuro il presente perché non occupa alcuna estensione, non misuro il passato perché non esiste più

Che cosa misuro allora

Non il passato ma il tempo che passa

Così infatti avevo affermato

[27

34]

Insisti mente, intensifica ancora l'attenzione: Dio è il nostro aiuto; non ci siamo fatti da noi, lui ci ha fatto

Ecco, ad esempio, una voce umana comincia a risuonare, risuona, risuona ancora e cessa, ora è silenzio e quel suono vocale è passato e non è più

Era ancora a venire prima che risuonasse e non poteva essere misurata perché ancora non era, e ora non può esserlo perché non è più
Tunc ergo poterat, cum sonabat, quia tunc erat, quae metiri posset

Sed et tunc non stabat; ibat enim et praeteribat

An ideo magis poterat

Praeteriens enim tendebatur in aliquod spatium temporis, quo metiri posset, quoniam praesens nullum habet spatium

Si ergo tunc poterat, ecce puta altera coepit sonare et adhuc sonat continuato tenore sine ulla distinctione: metiamur eam, dum sonat; cum enim sonare cessaverit, iam praeterita erit et non erit, quae possit metiri

Metiamur plane et dicamus quanta sit

Sed adhuc sonat nec metiri potest nisi ab initio sui, quo sonare coepit, usque ad finem, quo desinit

Ipsum quippe intervallum metimur ab aliquo initio usque ad aliquem finem

Quapropter vox, quae nondum finita est, metiri non potest, ut dicatur, quam longa vel brevis sit, nec dici aut aequalis alicui aut ad aliquam simpla vel dupla vel quid aliud
Dunque poteva allora, mentre risuonava, perché allora c'era qualcosa da misurare

Ma allora non restava ferma, ma andava via, passava

O forse proprio per questo si poteva misurarla

È passando infatti che occupava una certa estensione temporale misurabile, mentre invece il presente non ha estensione

Ammettiamo dunque che si poteva misurarla allora, e supponiamo che un'altra cominci a risuonare e continui a farlo, con continuità e uniformità di tono; misuriamo dunque quanto dura questo suono, finché dura, perché quando il suono sarà cessato, sarà già passato e non ci sarà più niente da misurare

Misuriamo bene questa durata

Ma la voce ancora risuona e bisogna misurarla dal momento iniziale, in cui ha preso a risuonare, fino a quello finale, in cui è cessata

Un dato intervallo si misura appunto dall'inizio alla fine

Ma il suono della voce non è ancora cessato, e dunque non si può misurare la sua durata e concludere che è breve o lunga o uguale a quella di un altro suono o doppia di quella o quant'altro

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Latino: dall'autore Agostino, opera Le Confessioni parte Libro 10, 1-19

Cum autem finita fuerit, iam non erit

Quo pacto igitur metiri poterit

Et metimur tamen tempora, nec ea, quae nondum sunt, nec ea, quae iam non sunt, nec ea, quae nulla mora extenduntur, nec ea, quae terminos non habent

Nec futura ergo nec praeterita nec praesentia nec praetereuntia tempora metimur et metimur tamen tempora

[27

35] Deus creator omnium: versus iste octo syllabarum brevibus et longis alternat syllabis; quattuor itaque breves, prima, tertia, quinta, septima, simplae sunt ad quattuor longas, secundam, quartam, sextam, octavam

Hae singulae ad illas singulas duplum habent temporis; pronuntio et renuntio, et ita est, quantum sentitur sensu manifesto

Quantum sensus manifestus est, brevi syllaba longam metior eamque sentio habere bis tantum
Ma una volta cessato, il suono non sarà più

E allora con che metro misureremo la sua durata

Eppure noi misuriamo gli intervalli di tempo: ma non quando non sono ancora in corso, né quando non lo sono già più, né quando sono privi di estensione, né quando non hanno termini

Dunque non misuriamo né il futuro né il passato né il presente né il tempo che passa: eppure misuriamo il tempo

[27

35]

Deus creator omnium: in questo verso di otto sillabe si alternano sillabe brevi e lunghe: quindi le quattro brevi - la prima, la terza, la quinta e la settima - durano la metà rispetto alle quattro lunghe - la seconda, la quarta, la sesta e l'ottava

Ciascuna di queste dura un tempo doppio rispetto a ciascuna delle prime: me ne convinco pronunciando il verso, che è così, almeno per quello che può rivelare l'orecchio

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