Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 14, Paragrafi 112-137, pag 2

Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 14, Paragrafi 112-137

Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 14, Paragrafi 112-137
ita caelum prohibent, alibi vero inpositis tectis arcent, traduntque et haec praecepta: latus cellae vinariae aut certe fenestras overti in aquilonem oportere vel utique in exortum aequinoctialem

sterculinia et arborum radices procul abesse omniaque odoris evitandi, facillimo in vina transitu, ficos utique et caprificos; [134]doliis etiam intervalla dari, ne inter sese vitia serpant atque contagione vini semper ocissima

quin et figuras referre; ventriosa ac patula minus utilia

picari oportere protinus a canis ortu, postea perfundi marina aqua aut salsa, dein cinere e sarmentis aspergi vel argilla, abstersa murra suffiri ipsasque saepius cellas

inbecilla vina demissis in terram doliis servanda, valida expositis

[135]numquam inplenda, et quod supersit passo aut defruto perunguendum admixto croco pistave iri cum sapa
Così evitano il clima, altrove invece proteggono con ripari annessi, e tramandano anche questi consigli: un lato della cella vinaria o certamente le finestre conviene che guardino verso nord o comunque verso il levante equinoziale

Che siano lontani i letamai e le radici degli alberi e tutte le cose di cattivo odore, per il facilissimo passaggio nei vini, inoltre i fichi e i fichi selvatici; [134] che siano date anche le distanze alle botti, affinché i difetti non si propaghino fra esse anche per un contagio sempre velocissimo del vino

Che anzi anche le forme incidono; le ampie e larghe meno utili

Che occorre siano impeciate subito al sorgere della canicola, poi che siano bagnate con acqua marina o salata, quindi essere cosparsa con cenere di sarmenti o argilla, essere profumate con mirra sparsa e più spesso le stesse celle

I vini deboli si devono conservare in botti messe nel terreno, quelli forti in quelle messe all'aperto

[135] Mai piene, e ciò che resta dev'essere unta con passito o vincotto misto al croco o con sapa pestata di iri
sic opercula doliorum medicanda addita mastiche aut pice Bruttia

aperiri vetant nisi sereno die, vetant austro flante lunave plena

[136]flos vini candidus probatur; rubens triste signum esse, si non is vini colos sit, item vasa incalescentia operculave sudantia

quod celeriter florere coeperit odoremque trahere, non fore diutinum

ipsa quoque defruta ac sapas, cum sit caelum sine luna, hoc est in sideris eius coitu, neque alio die coqui iubent, praeterea plumbeis vasis, non aereis, nucibusque iuglandibus additis; eas enim fumum excipere

Campaniae nobilissima exposita subdiu in cadis verberari sole, luna, imbre, ventis aptissimum videtur
Così bisogna trattare i coperchi delle botti con mastice aggiunto o pece del Bruzio

Sconsigliano che siano aperte se non in un giorno sereno, sconsigliano con l'austro che soffia o con la luna piena

[136] Il fiore del vino è apprezzato bianco; il rosso essere un brutto segno, a meno che questo non sia il colore del vino, così i recipienti che si riscaldano o i coperchi che sudano

Quello che avrà cominciato a fiorire velocemente e a prendere odore, non durerà a lungo

Consigliano che anche gli stessi vincotti e le sape, siano cotti essendoci un cielo senza luna, cioè nella congiunzione del suo astro, non in un altro giorno, inoltre in recipienti di piombo, non di rame, aggiungendo noci e alberi di noci; che infatti essi tolgono il fumo

Sembra molto vantaggioso che quelli più famosi della Campania esposti negli orci all'aria aperta siano toccati dal sole, dalla luna, dalla pioggia, dai venti
[137]Ac si quis diligentius reputet, in nulla parte operosior vita est (ceu non saluberrimum ad potus aquae liquorem natura dederit, quo cetera omnia animalia utuntur; at nos vinum bibere et iumenta cogimus) tantoque opere, tanto labore et inpendio praestat quod hominis mentem mutet ac furorem gignat, milibus scelerum ob id editis, tanta dulcedine, ut magna pars non aliud vitae praemium intellegat

[137] E se qualcuno riflette più attentamente, in nessuna attività la vita è più occupata (come se la natura non avesse dato per bere il sanissimo liquido dell'acqua, di cui fanno uso tutti gli altri animali; ma noi costringiamo anche gli animali a bere vino) e ciò che richiede tanta attività, tanto lavoro e spesa cambia la mente dell'uomo e genera furore, a causa di esso commessi mille crimini, di tanta dolcezza, che una gran parte non riconosce altra ricompensa della vita

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