In un paesaggio campestre che ricorda la vegetazione del Trianon, una giovane donna, che indossa un abito di seta azzurra con i drappeggi a sbuffo sui fianchi e ornato di merletto, tiene tra le lunghe mani una rosa sbocciata, simbolo dell'effimero.
Offre quel fiore come sembra offrire il petto voluttuoso, del quale si intravedono i contorni attraverso una leggera balza di chiffon. Il collo lungo e sinuoso, ornato da due file di perle, conferisce una grazia maestosa a quella figura elegante. La bocca carnosa del lungo ovale del volto è maliziosa, ma lo sguardo azzurro, capace di esprimere benevolenza o ostilità con notevole intensità, tradisce un tocco di melanconia.
La regina amava questa immagine. Madama Vigée-Lebrun l'aveva raffigurata come una donna desiderabile senza fare alcuna allusione alla magnificenza reale. Sebbene la pittrice avesse chiaramente abbellito la sua modella, i contemporanei erano unanimi nel ritenere il ritratto perfettamente somigliante
Nel XVIII secolo, il simbolismo della rosa raggiunge forse il suo culmine: bellezza, purezza, verginità, innocenza, fragilità, dolcezza, bontà, generosità, benevolenza, pietà, amore, passione.
Il fiore è dotato solo di virtù. Solo alle rose gialle viene attribuito talvolta un significato negativo; possono simboleggiare la menzogna o la fellonia. Nell'iconografia cristiana, la rosa rossa è spesso associata al sangue di Cristo e la rosa bianca alla verginità della Madonna. Quest'ultima si guadagnerà un posto sempre più importante tra i fiori della Vergine, tanto da rubare in qualche caso la scena al ciglio, altro fiore bianco, sul finire del Medioevo: Maria diventa così "la rosa bianca senza spine".