Livio, Ab urbe condita: Libro 30; 16 - 45, pag 3

Livio, Ab urbe condita: Libro 30; 16 - 45

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 30; 16 - 45
[37] Postero die revocatis legatis et cum multa castigatione perfidiae monitis ut tot cladibus edocti tandem deos et ius iurandum esse crederent, condiciones pacis dictae ut liberi legibus suis viverent: quas urbes quosque agros quibusque finibus ante bellum tenuissent tenerent, populandique finem eo die Romanus faceret: perfugas fugitivosque et captivos omnes redderent Romanis, et naves rostratas praeter decem triremes traderent elephantosque quos haberent domitos, neque domarent alios: bellum neve in Africa neve extra Africam iniussu populi Romani gererent: Masinissae res redderent foedusque cum eo facerent: frumentum stipendiumque auxiliis donec ab Roma legati redissent praestarent: decem milia talentum argenti discripta pensionibus aequis in annos quinquaginta solverent: obsides centum arbitratu Scipionis darent ne minores quattuordecim annis neu triginta maiores [37] Il giorno dopo Scipione fece richiamare gli ambasciatori cartaginesi e, dopo aver loro rivolto molti severi rimproveri per la loro malafede, affinché, ammaestrati da tante sconfitte, riconoscessero finalmente che esistono gli dei e i giuramenti, dettò queste condizioni di pace: i Cartaginesi avrebbero potuto vivere liberi con le loro leggi; conservare quelle città e quei campi che erano nei territori che possedevano prima della guerra; in quel giorno i Romani avrebbero posto fine ai saccheggi; avrebbero dovuto restituire ai Romani tutti i disertori, gli schiavi fuggitivi ed i prigionieri; consegnare le navi da guerra fuor che dieci triremi, gli elefanti ammaestrati, senza domarne altri: non avrebbero potuto fare alcuna guerra né in Africa né fuori senza essere autorizzati dal popolo romano; avrebbero dovuto rendere a Massinissa le sue proprietà e fare un trattato con lui; fornire grano e paghe alle truppe ausiliarie finché non fossero tornati da Roma gli ambasciatori: dovevano, inoltre, pagare una somma di diecimila talenti d'argento, divisa in rate eguali per cinquant'anni; consegnare, a scelta di Scipione, cento ostaggi di età non minore di quattordici anni e non maggiore di trenta
Indutias ita daturum, si per priores indutias naves onerariae captae quaeque fuissent in navibus restituerentur; aliter nec indutias nec spem pacis ullam esse

Has condiciones legati cum domum referre iussi in contione ederent et Gisgo ad dissuadendam pacem processisset audireturque a multitudine inquieta eadem et imbelli, indignatus Hannibal dici ea in tali tempore audirique arreptum Gisgonem manu sua ex superiore loco detraxit

Quae insueta liberae civitati species cum fremitum populi movisset, perturbatus militaris vir urbana libertate 'novem' inquit 'annorum a vobis profectus post sextum et tricesimum annum redii
Avrebbe concesso una tregua a condizione che fossero restituite le navi da carico catturate durante la tregua precedente; in caso contrario, non ci sarebbe stata né sospensione delle ostilità né speranza alcuna di pace

Gli ambasciatori furono invitati a riferire in patria queste condizioni mentre le esponevano nell'assemblea, Gisgone si fece avanti per sconsigliare la pace, approvato da una moltitudine agitata e nello stesso tempo timida e codarda, Annibale allora, sdegnato che in quel momento si potessero dire ed approvare tali cose, afferrò con le sue proprie mani Gisgone e lo trascinò giù dal palco

La vista di tale gesto, così inconsueto in una città libera, sollevò un fremito di reazione nel popolo; allora quel soldato, uso alla disciplina militare, fu profondamente turbato dall'atto compiuto che offendeva la libertà civile; si rivolse perciò ai suoi concittadini e così parlò: Io sono partito da voi all'età di nove anni e sono ritornato trentasei anni dopo
Militares artes, quas me a puero fortuna nunc privata nunc publica docuit, probe videor scire: urbis ac fori iura, leges, mores vos me oportet doceatis

' Excusata imprudentia de pace multis verbis disseruit quam nec iniqua et necessaria esset

Id omnium maxime difficile erat quod ex navibus per indutias captis nihil praeter ipsas comparebat naves, nec inquisitio erat facilis adversantibus paci qui arguerentur

Placuit naves reddi et homines utique inquiri: cetera quae abessent aestimanda Scipioni permitti atque ita pecunia luere Carthaginienses
Mi sembra di conoscere perfettamente l'arte della guerra, che vicende ora private ora pubbliche mi hanno insegnato fin dalla fanciullezza; ora spetta a voi insegnarmi le norme della vita pubblica, le leggi, i costumi civili

Dopo aver chiesto scusa del gesto impulsivo, prese a considerare ampiamente le condizioni di quella pace che, a suo giudizio, non era affatto iniqua, bensì necessaria

La condizione più difficile da rispettare sarebbe stata quella che riguardava le navi catturate durante la tregua, poiché nulla sussisteva più fuor che le sole navi,; né era facile ricercare quanto vi era stato sottratto poiché coloro che di ciò fossero stati accusati sarebbero divenuti avversari della pace

Si decise, comunque, di restituire le navi; si sarebbe cercato in tutti i modi di rintracciare le ciurme; per tutto il resto che mancava si sarebbe lasciato a Scipione di stimare il valore, che i Cartaginesi poi avrebbero risarcito in denaro

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Livio, Ab urbe condita: Libro 23; 01-10
Livio, Ab urbe condita: Libro 23; 01-10

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 23; 01-10

Sunt qui Hannibalem ex acie ad mare pervenisse, inde praeparata nave ad regem Antiochum extemplo profectum tradant, postulantique ante omnia Scipioni ut Hannibal sibi traderetur responsum esse Hannibalem in Africa non esse

[38] Postquam redierunt ad Scipionem legati, quae publica in navibus fuerant ex publicis descripta rationibus quaestores, quae privata, profiteri domini iussi; pro ea summa pecuniae viginti quinque milia pondo argenti praesentia exacta; indutiaeque Carthaginiensibus datae in tres menses

Additum ne per indutiarum tempus alio usquam quam Romam mitterent legatos et quicumque legati Carthaginem venissent ne ante dimitterent eos quam Romanum imperatorem qui et quae petentes venissent certiorem facerent
Alcuni storici raccontano che Annibale sia andato direttamente dal campo di battaglia al mare e di qui con una nave già pronta sia subito partito per rifugiarsi presso il re Antioco, si narra, inoltre, che a Scipione, che per prima cosa chiedeva che gli fosse consegnato Annibale, fu risposto che Annibale non era in Africa

[38] Dopo il ritorno degli ambasciatori a Scipione, i questori ricevettero l'ordine di dichiarare quali cose sulle navi erano state di proprietà dello stato, deducendolo dai pubblici inventari; i mercanti, dal canto loro dovevano notificare il valore di ciò che era stato di loro proprietà; fatta la valutazione complessiva della merce pubblica e privata furono subito incassate in contanti venticinquemila libbre d'argento; fu concesso poi ai Cartaginesi un armistizio di tre mesi

Si aggiunse che per tutto il tempo della tregua non dovevano essere inviati ambasciatori se non a Roma e nel caso venissero da altri popoli mandati messi a Cartagine, questi non dovevano essere licenziati prima che il generale romano fosse informato chi fossero e che cosa fossero venuti a chiedere
Cum legatis Carthaginiensibus Romam missi L Veturius Philo et M Marcius Ralla et L Scipio imperatoris frater

Per eos dies commeatus ex Sicilia Sardiniaque tantam vilitatem annonae fecerunt ut pro vectura frumentum nautis mercator relinqueret

Romae ad nuntium primum rebellionis Carthaginiensium trepidatum fuerat iussusque erat Ti Claudius mature classem in Siciliam ducere atque inde in Africam traicere, et alter consul M Servilius ad urbem morari donec quo statu res in Africa essent sciretur

Segniter omnia in comparanda deducendaque classe ab Ti Claudio consule facta erant quod patres de pace Scipionis potius arbitrium esse quibus legibus daretur quam consulis censuerant
Con gli ambasciatori cartaginesi furono mandati a Roma LVeturio Filone, M Marcio Ralla e L Scipione fratello del generale

In quei giorni le vettovaglie che venivano in Africa dalla Sicilia e dalla Sardegna scesero talmente di prezzo, che i commercianti lasciavano il grano agli equipaggi delle navi in cambio del costo del nolo

In Roma al primo annuncio che i Cartaginesi avevano rotto l'armistizio, si era diffuso un confuso panico, tanto che Tiberio Claudio aveva ricevuto l'ordine di accorrere subito in Sicilia con la flotta e di là passare in Africa; l'altro console M Servilio aveva avuto, invece, l'ordine di fermarsi nei pressi di Roma, finché si venisse a conoscere quale fosse la situazione in Africa

Il console Ti Claudio procedette con lentezza nel compiere tutti i preparativi per far salpare la flotta, perché i senatori avevano ritenuto che più dei console fosse piuttosto facoltà di Scipione trattare le condizioni di pace e le norme per attuarla

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Livio, Ab urbe condita: Libro 39; 11 - 15
Livio, Ab urbe condita: Libro 39; 11 - 15

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 39; 11 - 15

Prodigia quoque nuntiata sub ipsam famam rebellionis attulerant terrorem: Cumis solis orbis minui visus et pluit lapideo imbri, et in Veliterno agro terra ingentibus cavernis consedit arboresque in profundum haustae; Ariciae forum et circa tabernae, Frusinone murus aliquot locis et porta de caelo tacta; et in Palatio lapidibus pluit

Id prodigium more patrio novendiali sacro, cetera hostiis maioribus expiata

Inter quae etiam aquarum insolita magnitudo in religionem versa; nam ita abundavit Tiberis ut ludi Apollinares circo inundato extra portam Collinam ad aedem Erycinae Veneris parati sint
Giunsero, inoltre, notizie di prodigi, quasi nello stesso momento in cui si era saputo della rottura della tregua da parte dei Cartaginesi: a Cuma apparve rimpicciolito il disco solare e cadde una pioggia di pietre; nel territorio di Velitre la terra si abbassò in profondissime cavità dove furono inghiottiti degli alberi; il foro di Ariccia con le botteghe intorno, un muro a Frusinone in alcuni punti e sulla porta furono colpiti dal fulmine; sul Palatino piovvero pietre

Questo prodigio, secondo la tradizione, fu espiato con un novendiale sacro, gli altri prodigi con vittime adulte

Fra tutti questi fenomeni anche un'inondazione di insolite proporzioni fu interpretata in modo superstizioso; infatti, il Tevere straripò a tal punto che per l'inondazione del circo si dovettero organizzare fuori della porta Collina, dove ora si trova il tempio di Venere Ericina, i ludi Apollinari
Ceterum ludorum ipso die subita serenitate orta pompa duci coepta ad portam Collinam revocata deductaque in circum est cum decessisse inde aquam nuntiatum esset; laetitiamque populo et ludis celebritatem addidit sedes sua sollemni spectaculo reddita

[39] Claudium consulem profectum tandem ab urbe inter portus Cosanum Loretanumque atrox vis tempestatis adorta in metum ingentem adduxit

Populonium inde cum pervenisset stetissetque ibi dum reliquum tempestatis exsaeviret, Ilvam insulam et ab Ilva Corsicam, a Corsica in Sardiniam traiecit

Ibi superantem Insanos montes multo et saevior et infestioribus locis tempestas adorta disiecit classem

Multae quassatae armamentisque spoliatae naves, quaedam fractae; ita vexata ac lacerata classis Carales tenuit
Tuttavia, nello stesso giorno dei ludi, sorto improvvisamente il sereno, la processione che era stata avviata verso la porta Collina fu ricondotta nel circo, essendo giunta notizia che le acque si erano ritirate; così diede al popolo gioia e rese più affollati i ludi, il fatto che lo spettacolo era stato riportato nella sua sede

[39] Una violenta burrasca, scatenatasi fra i porti di Cosa e Loretano, spaventò molto il console Claudio che finalmente era partito per Roma

Dopo essere giunto a Populonia ed essersi qui fermato, in attesa che la tempesta si placasse, passò prima all'isola Ilva, poi in Corsica e di qui in Sardegna

Qui, mentre la flotta cercava di superare lacatena dei monti Insani, una burrasca molto più violenta la colpì in luoghi più infesti e la disperse

Molte navi si riempirono di falle e furono spogliate di alberi e di vele; alcune poi furono completamente sfasciate, con una flotta così colpita e distrutta il console approdò a Carali

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Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 36; 09 - 10

Ubi dum subductae reficiuntur naves, hiemps oppressit circumactumque anni tempus, et nullo prorogante imperium privatus Ti Claudius classem Romam reduxit

M Servilius, ne comitiorum causa ad urbem revocaretur dictatore dicto C Servilio Gemino, in provinciam est profectus; dictator magistrum equitum P Aelium Paetum dixit

Saepe comitia indicta perfici tempestates prohibuerunt; itaque cum pridie idus Martias veteres magistratus abissent, novi suffecti non essent, res publica sine curulibus magistratibus erat

T Manlius Torquatus pontifex eo anno mortuus; in locum eius suffectus C Sulpicius Galba

Ab L Licinio Lucullo et Q Fulvio aedilibus curulibus ludi Romani ter toti instaurati

Pecuniam ex aerario scribae viatoresque aedilicii clam egessisse per indicem damnati sunt, non sine infamia Luculli aedilis
L'inverno lo sorprese mentre faceva riparare le navi tirate in secco; intanto era scaduto l'anno, e poiché non gli era stato prorogato il comando, Ti Claudio ricondusse la flotta a Roma come privato cittadino

M Servilio, per non essere richiamato a Roma per la convocazione dei comizi, dopo aver eletto dittatore C Servilio Gemino, partì per la provincia; il dittatore elesse maestro della cavalleria P Elio Peto

Piogge e temporali impedirono che si svolgessero i comizi più volte convocati; pertanto, essendo il giorno prima delle Idi di Marzo usciti di carica gli antichi magistrati, senza che fossero ancora nominati i successori, la repubblica si trovò senza magistrati curuli

Il pontefice T Manlio Torquato morì in quell'anno: al suo posto venne eletto C Sulpicio Galba

Gli edili curuli L Licinio Lucullo e Q Fulvio celebrarono per la terza volta i ludi Romani

Si venne a sapere da un delatore che segretari e fattorini degli edili avevano di nascosto sottratto denaro alle casse pubbliche; furono condannati, non senza che da ciò traesse cattiva fama l'edile Lucullo
P Aelius Tubero et L Laetorius aediles plebis vitio creati magistratu se abdicaverunt cum ludos ludorumqve causa epulum Iovi fecissent et signa tria ex multaticio argento facta in Capitolio posuissent

Cerialia ludos dictator et magister equitum ex senatus consulto fecerunt

[40] Legati ex Africa Romani simul Carthaginiensesque cum venissent Romam, senatus ad aedem Bellonae habitus est

Ubi cum L Veturius Philo pugnatum cum Hannibale esse suprema Carthaginiensibus pugna finemque tandem lugubri bello impositum ingenti laetitia patrum exposuisset, adiecit Verminam etiam Syphacis filium, quae parva bene gestae rei accessio erat, devictum

In contionem inde prodire iussus gaudiumque id populo impertire
Gli edili della plebe P Elio Tuberone e L Letorio, la cui elezione era stata irregolare, rinunciarono alla magistratura, pur avendo già celebrato i ludi e, in occasione di questi, dato un banchetto in onore di Giove e posto in Campidoglio tre statue d'argento fabbricate col denaro ricavato dalle multe

Il dittatore ed il maestro della cavalleria per ordine del senato celebrarono i ludi in onore di Cerere

[40] Poiché giunsero a Roma dall'Africa contemporaneamente gli ambasciatori romani e i Cartaginesi, il senato tenne le riunioni nel tempio di Bellona

L Veturio Filone, dopo aver raccontato con grandissima gioia dei senatori che contro Annibale e i Cartaginesi era stata felicemente combattuta l'ultima battaglia che finalmente aveva posto fine alla guerra funesta, aggiunse anche la notizia che Vermina figlio di Siface era stato totalmente sconfitto, il che rappresentava un piccolo corollario ad una grande impresa così felicemente conclusa

Invitarono poi lo a presentarsi all'assemblea per fare partecipe il popolo del pubblico gaudio

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Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 31; 03 - 05

Tum patefacta gratulationi omnia in urbe templa supplicationesque in triduum decretae

Legatis Carthaginiensium et Philippi regisnam hi quoque venerantpetentibus ut senatus sibi daretur responsum iussu patrum ab dictatore est consules novos iis senatum daturos esse

Comitia inde abita

Creati consules Cn Cornelius Lentulus P Aelius Paetus, praetores M Iunius Pennus, cui sors urbana evenitM Valerius Falto Bruttios, M Fabius Buteo Sardiniam, P Aelius Tubero Siciliam est sortitus

De provinciis consulum nihil ante placebat agi quam legati Philippi regis et Carthaginiensium auditi essent; belli finem alterius, alterius principium prospiciebant animis
Allora ai cittadini che volevano ringraziare gli dei furono in Roma aperti tutti i templi e furono anche decretate per tre giorni pubbliche preghiere

Agli ambasciatori dei Cartaginesi e a quelli di Filippo - che pure erano arrivati - e che chiedevano che fosse loro data udienza in senato, fu risposto dal dittatore per ordine dei senatori, che essi sarebbero stati ricevuti dai nuovi consoli

Si tennero poi i comizi

Furono eletti consoli Cn Cornelio Lentulo e P Elio Peto; pretori, M Giunio Penno, al quale toccò in sorte la pretura urbana - M Valerlo Faltone, M Fabio Buteone, P Elio Tuberone, ai quali toccarono rispettivamente il Bruzzio, la Sardegna, la Sicilia

Non fu deliberato di assegnare le province ai consoli prima di aver ascoltato i messi di Filippo e quelli dei Cartaginesi; si prevedeva, infatti, che la fine di una guerra avrebbe significato il principio di un'altra

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