Multi venisse tempus premendae plebis putabant reciperandique iura quae extorta secessione ac vi patribus essent In primis Marcius Coriolanus, hostis tribuniciae potestatis, 'si annonam' inquit, 'veterem volunt, ius pristinum reddant patribus Cur ego plebeios magistratus, cur Sicinium potentem video, sub iugum missus, tamquam ab latronibus redemptus Egone has indignitates diutius patiar quam necesse est Tarquinium regem qui non tulerim, Sicinium feram Secedat nunc; auocet plebem; patet via in Sacrum montem aliosque colles; rapiant frumenta ex agris nostris, quemadmodum tertio anno rapuere Fruantur annona quam furore suo fecere Audeo dicere hoc malo domitos ipsos potius cultores agrorum fore quam ut armati per secessionem coli prohibeant' |
Molti pensavano fosse arrivato il tempo di dare un giro di vite alla plebe e di recuperare i diritti che essa aveva estorto ai senatori con le violenze della secessione Uno dei più accesi, Marzio Coriolano, nemico della potestà tribunizia, disse: Se vogliono il grano al prezzo di una volta, restituiscano ai senatori i loro antichi diritti mai possibile che io debba vedere dei plebei magistrati e un Sicinio dotato di poteri, io che son passato sotto il giogo e sono stato riscattato da questa specie di delinquenti Dovrò sopportare più a lungo del necessario delle infamie del genere Io che non avrei tollerato Tarquinio come re, dovrei sopportare un Sicinio Ci vada lui ora in secessione e si porti la plebe con sé; la strada che porta al monte Sacro e agli altri colli è libera; Rubino pure il frumento dai nostri campi come due anni fa Si godano la carestia frutto della loro follia Non ho paura di affermare che, domati da questa piaga, preferiranno andare a lavorare i campi piuttosto che, come fecero durante la secessione, impedire con la violenza che gli altri lavorino |
Haud tam facile dictu est faciendumne fuerit quam potuisse arbitror fieri ut condicionibus laxandi annonam et tribuniciam potestatem et omnia invitis iura imposita patres demerent sibi [35] Et senatui nimis atrox visa sententia est et plebem ira prope armavit Fame se iam sicut hostes peti, cibo victuque fraudari; peregrinum frumentum, quae sola alimenta ex insperato fortuna dederit, ab ore rapi nisi Cn Marcio vincti dedantur tribuni, nisi de tergo plebis Romanae satisfiat; eum sibi carnificem novum exortum, qui aut mori aut servire iubeat In exeuntem e curia impetus factus esset, ni peropportune tribuni diem dixissent |
Io credo che i patrizi avrebbero potuto, mettendo delle condizioni all'abbassamento dei prezzi, liberarsi del potere dei tribuni e di tutti quei diritti concessi loro malgrado; solo che non è altrettanto facile dire se avrebbero dovuto farlo 35 Il discorso sembrò eccessivamente duro anche al senato; nei plebei suscitò una reazione così violenta da farli quasi ricorrere alle armi Sostenevano che li si stava prendendo per fame come fossero nemici, e che li si stava privando dei generi di prima necessità per la sopravvivenza: avrebbero tolto loro di bocca anche quel frumento di importazione, il solo alimento che un inatteso colpo di fortuna aveva regalato, se i tribuni non si fossero consegnati in catene a Gneo Marzio e se non gli si fosse data la possibilità di rifarsi sulla pelle della plebe; ai loro occhi era lui il nuovo boia saltato fuori a costringerli a una scelta obbligata tra la morte e la schiavitù E gli sarebbero saltati addosso fuori dell'ingresso della curia, se i tribuni, quanto mai tempestivamente, non lo avessero citato in giudizio |
Ibi ira est suppressa; se iudicem quisque, se dominum vitae necisque inimici factum videbat Contemptim primo Marcius audiebat minas tribunicias: auxilii, non poenae ius datum illi potestati, plebisque, non patrum tribunos esse Sed adeo infensa erat coorta plebs ut unius poena defungendum esset patribus Restiterunt tamen adversa invidia, usique sunt qua suis quisque, qua totius ordinis viribus Ac primo temptata res est si dispositis clientibus absterrendo singulos a coitionibus conciliisque disicere rem possent Universi deinde processere -quidquid erat patrum, reos diceres-precibus plebem exposcentes, unum sibi civem, unum senatorem, si innocentem absoluere nollent, pro nocente donarent |
Il provvedimento sedò la rabbia: ciascuno si vedeva già giudice del nemico e padrone di scegliere per lui tra la vita e la morte All'inizio Marzio stette ad ascoltare con aria sprezzante le minacce dei tribuni, sostenendo che essi erano dei magistrati di supporto e non avevano alcuna autorità penale, cioè appunto si trattava di tribuni della plebe e non di senatori Ma la plebe aveva il dente così avvelenato che i senatori dovettero sacrificare un loro membro per placarne l'ira Ciò nonostante tennero testa all'odio degli avversari facendo ricorso alle capacità dei singoli e alle risorse dell'intero ordine La prima mossa fu questa: mandarono in giro dei loro clienti col compito di prendere da parte i singoli e di dissuaderli dal partecipare alle riunioni e agli assembramenti, nella speranza che potessero mandarne all'aria i piani Poi l'intero ordine senatoriale si presentò in pubblico (tutti senza eccezioni, come se avessero dovuto rispondere di qualche reato) supplicando la plebe di restitvirgli un solo cittadino, un senatore: se poi non lo volevano assolvere, almeno gli facessero la grazia di rimandarlo indietro come colpevole |
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Ipse cum die dicta non adesset, perseveratum in ira est Damnatus absens in Volscos exsulatum abiit, minitans patriae hostilesque iam tum spiritus gerens Venientem Volsci benigne excepere, benigniusque in dies colebant, quo maior ira in suos eminebat crebraeque nunc querellae, nunc minae percipiebantur Hospitio utebatur Atti Tulli Longe is tum princeps Volsci nominis erat Romanisque semper infestus Ita cum alterum vetus odium, alterum ira recens stimularet, consilia conferunt de Romano bello Haud facile credebant plebem suam impelli posse, ut totiens infeliciter temptata arma caperent: multis saepe bellis, pestilentia postremo amissa iuventute fractos spiritus esse; arte agendum in exoleto iam vetustate odio, ut recenti aliqua ira exacerbarentur animi |
Visto che però alla data stabilita Marzio non ricomparve, la rabbia divenne incontenibile Condannato in contumacia, andò in esilio presso i Volsci lanciando minacce al suo paese, verso il quale già da allora era ostile I Volsci lo accolsero amichevolmente e la loro buona disposizione nei suoi confronti cresceva di giorno in giorno in proporzione al progressivo aumento della rabbia di Marzio verso la sua terra d'origine, alla quale riservava ora nostalgici lamenti ora minacce Era ospite di Azio Tullio All'epoca una delle personalità eminenti del popolo volsco e un anti-romano di antica data Così, spinti uno dall'odio di sempre e l'altro dal recente risentimento, studiano insieme una guerra contro Roma Sapevano che sarebbe stato difficile convincere la loro gente a riprendere le armi per combattere un avversario che già le aveva procurato tanti dispiaceri; prima la serie di guerre e poi la pestilenza ne avevano fiaccato gli entusiasmi portandosi via il meglio della gioventù; l'odio risaliva ormai al passato: bisognava ingegnarsi per trovare qualche nuovo motivo di risentimento che ravvivasse gli antichi furori |
[36] Ludi forte ex instauratione magni Romae parabantur Instaurandi haec causa fuerat Ludis mane seruum quidam pater familiae, nondum commisso spectaculo, sub furca caesum medio egerat circo; coepti inde ludi, velut ea res nihil ad religionem pertinuisset Haud ita multo post Tito Latinio, de plebe homini, somnium fuit; visus Iuppiter dicere sibi ludis praesultatorem displicuisse; nisi magnifice instaurarentur ii ludi, periculum urbi fore; iret, ea consulibus nuntiaret Quamquam haud sane liber erat religione animus, verecundia tamen maiestatis magistratuum timorque vicit, ne in ora hominum pro ludibrio abiret Magno illi ea cunctatio stetit; filium namque intra paucos dies amisit |
36 Casualmente a Roma si stavano facendo i preparativi per ricominciare da capo i Ludi Magni E li si ricominciava per questa ragione La mattina dei giochi, prima dell'inizio dello spettacolo, un padrone non meglio identificato aveva fatto passare nel mezzo del circo uno schiavo con forca al collo e lo aveva frustato; i giochi erano poi cominciati, come se quell'episodio non avesse nulla a che vedere con l'aspetto cerimoniale della manifestazione Non molto tempo dopo, un plebeo di nome Tito Latinio fece un sogno: vide Giove che gli diceva di non aver gradito il primo ballerino ai giochi e che la città sarebbe stata in pericolo se i giochi stessi non fossero stati ricominciati da capo in modo grandioso; quindi gli disse di andare a riferire la cosa ai consoli Benché il suo animo non fosse esente da scrupoli religiosi, il timore reverenziale nei confronti dell'autorità consolare ebbe in lui la meglio sulla paura di diventare lo zimbello di tutti Questa esitazione gli costò cara: nel giro di pochi giorni gli morì un figlio |
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Cuius repentinae cladis ne causa ei dubia esset, aegro animi eadem illa in somnis obversata species visa est rogitare, satin magnam spreti numinis haberet mercedem; maiorem instare ni eat propere ac nuntiet consulibus Iam praesentior res erat Cunctantem tamen ac prolatantem ingens vis morbi adorta est debilitate subita Tunc Enimuero deorum ira admonuit Fessus igitur malis praeteritis instantibusque, consilio propinquorum adhibito, cum visa atque audita et obversatum totiens somno Iovem, minas irasque caelestes repraesentatas casibus suis exposuisset, consensu inde haud dubio omnium qui aderant in forum ad consules lectica defertur |
E perché non ci fosse nessun dubbio sulla natura della disgrazia, nel pieno del lutto gli apparve di nuovo in sogno quella stessa figura che gli domandò se il suo disprezzo per la divinità era stato adeguatamente ricompensato e gli disse che era previsto un rincaro della dose se non si fosse sbrigato a riferire ai consoli La cosa incalzava ormai pericolosamente Tuttavia insistette nell'indugiare, finché lo colpì una malattia implacabile accompagnata da un'improvvisa debolezza Solo allora l'ira degli dèi lo fece ragionare Quindi, prostrato dalle disgrazie passate e presenti, convocò una riunione di famiglia durante la quale espose ai congiunti ciò che aveva visto e sentito, e cioè le diverse apparizioni di Giove in sogno e le sue disgrazie personali seguite all'ira e alle minacce della divinità; quindi, con l'approvazione di tutti i parenti convenuti, si fece trasportare su una lettiga in foro davanti ai consoli, i quali gli concessero di entrare nella curia |
Inde in curiam iussu consulum delatus, eadem illa cum patribus ingenti omnium admiratione enarrasset, ecce aliud miraculum: qui captus omnibus membris delatus in curiam esset, eum functum officio pedibus suis domum redisse traditum memoriae est [37] Ludi quam amplissimi ut fierent senatus decrevit Ad eos ludos auctore Attio Tullio vis magna Volscorum venit Priusquam committerentur ludi, Tullius, ut domi compositum cum Marcio fuerat, ad consules venit; dicit esse quae secreto agere de re publica velit Arbitris remotis, 'invitus' inquit, 'quod sequius sit, de meis civibus loquor Non tamen admissum quicquam ab iis criminatum venio, sed cautum ne admittant Nimio plus quam velim, nostrorum ingenia sunt mobilia Multis id cladibus sensimus, quippe qui non nostro merito sed vestra patientia incolumes simus |
Lì, mentre tra lo stupore dei senatori ripeteva lo stesso racconto, ci fu un nuovo prodigio: si racconta che l'uomo, completamente paralizzato e trasportato a braccia in senato, una volta compiuta la propria missione, se ne tornò a casa con le proprie gambe 37 Il senato decretò che venissero celebrati dei giochi con la maggior sontvosità possibile Su suggerimento di Azio Tullio, vi prese parte una nutrita delegazione di Volsci Prima dell'inizio della manifestazione, Tullio, seguendo il piano concertato con Marcio a casa sua, si presentò ai consoli e disse di voler discutere segretamente di una questione di pubblico interesse Una volta allontanati gli estranei, disse: Mi rincresce dover dire dei miei concittadini cose che non li mettono in buona luce Tuttavia non sono venuto a denunciarli per aver commesso qualche reato, ma per evitare che lo commettano Il carattere volubile del nostro popolo è superiore anche ai miei desideri Prova ne sia il numero delle nostre disfatte militari: se esistiamo ancora non è merito nostro ma della vostra tolleranza |
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Magna hic nunc Volscorum multitudo est; ludi sunt; spectaculo intenta civitas erit Memini quid per eandem occasionem ab Sabinorum iuventute in hac urbe commissum sit; horret animus, ne quid inconsulte ac temere fiat Haec nostra vestraque causa prius dicenda vobis, consules, ratus sum Quod ad me attinet, extemplo hinc domum abire in animo est, ne cuius facti dictive contagione praesens violer' Haec locutus abiit Consules cum ad patres rem dubiam sub auctore certo detulissent, auctor magis, ut fit, quam res ad praecavendum vel ex superuacuo movit, factoque senatus consulto ut urbe excederent Volsci, praecones dimittuntur qui omnes eos proficisci ante noctem iuberent |
Attualmente ci sono parecchi Volsci a Roma; ci sono i giochi; i cittadini saranno concentratissimi sullo spettacolo Ricordo benissimo la bravata dei giovani sabini, sempre qui a Roma e in concomitanza di un'analoga occasione; ciò che mi spaventa è la possibilità di qualche gesto imprevedibile e sconsiderato Per questo, nel nostro comune interesse, ho ritenuto opportuno, o consoli, mettervi sul chi vive riguardo a questa eventualità Quanto a me, ho intenzione di tornarmene subito a casa: non voglio, restando qui, farmi complice di quel che si fa o si dice Detto questo, se ne andò I consoli riferirono al senato l'incerta informazione (proveniente però da fonte certissima) e, come sempre succede in casi del genere, fu più l'autorità della fonte che la notizia stessa a spingerli a prendere misure precauzionali superiori alle reali necessità; un decreto del senato ingiunse ai Volsci di abbandonare Roma; tramite degli araldi venne loro ordinato di partire prima del calare della notte |
Ingens pavor primo discurrentes ad suas res tollendas in hospitia perculit; proficiscentibus deinde indignatio oborta, se ut consceleratos contaminatosque ab ludis, festis diebus, coetu quodam modo hominum deorumque abactos esse [38] Cum prope continuato agmine irent, praegressus Tullius ad caput Ferentinum, ut quisque veniret, primores eorum excipiens querendo indignandoque, et eos ipsos, sedulo audientes secunda irae verba, et per eos multitudinem aliam in subiectum viae campum deduxit Ibi in contionis modum orationem exorsus 'ut omnia' inquit, 'obliviscamini alia, veteres populi Romani iniurias cladesque gentis Volscorum, hodiernam hanc contumeliam quo tandem animo fertis, qua per nostram ignominiam ludos commisere |
La reazione immediata fu il panico: si misero a correre all'impazzata per andarsi a riprendere la loro roba nelle pensioni dov'erano alloggiati; poi, mentre erano già per strada, subentrò l'indignazione: li avevano trattati alla stregua di criminali e scellerati, cacciandoli dai giochi in quei giorni di festa e, in qualche modo, anche dal consesso degli dèi e degli uomini 38 Mentre procedevano in una fila quasi ininterrotta, Tullio, il quale li aveva preceduti alla fonte Ferentina e lì li stava aspettando, andò incontro ai concittadini più in vista man mano che arrivavano e, rivolgendo loro parole di sdegno e indignazione (ma adattissime alla loro grande rabbia per l'accaduto), grazie all'influenza che essi esercitavano sugli altri, riuscì a condurli tutti in un terreno che si trovava sotto la strada Lì, parlando come se fosse stato in un'assemblea, disse: Dimentichiamoci pure tutto il resto, gli affronti del passato e le disastrose disfatte militari inflitte ai Volsci dal popolo romano: ma com'è possibile lasciar correre lo sfregio di oggi e permettere che il nostro disonore sia sfruttato come cerimonia di apertura dei giochi |
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An non sensistis triumphatum hodie de vobis esse Vos omnibus, civibus, peregrinis, tot finitimis populis, spectaculo abeuntes fuisse Vestras coniuges, vestros liberos traductos per ora hominum Quid eos qui audivere vocem praeconis, quid, qui nos videre abeuntes, quid eos qui Huic ignominioso agmini fuere obvii, existimasse putatis nisi aliquod profecto nefas esse quo, si intersimus spectaculo, violaturi simus ludos piaculumque merituri; ideo nos ab sede piorum, coetu concilioque abigi Quid deinde Illud non succurrit, vivere nos quod maturarimus proficisci Si hoc profectio et non fuga est Et hanc urbem vos non hostium ducitis, ubi si unum diem morati essetis, moriendum omnibus fuit Bellum vobis indictum est, magno eorum malo qui indixere si viri estis' |
Oppure non vi siete accorti che per loro oggi è stato un trionfo su di voi E che la vostra espulsione ha dato spettacolo a tutti, cittadini e stranieri e a molti dei popoli con cui confiniamo Che le vostre mogli e i vostri figli sono sulla bocca di tutti E quelli che han sentito le parole degli araldi, quelli che hanno assistito alla nostra partenza, quelli che per strada si sono imbattuti in questa colonna della vergogna, cosa credete che abbiano pensato se non che dovevamo aver di certo commesso una grave colpa, per la quale, con la nostra presenza allo spettacolo, avremmo profanato i giochi e che eravamo stati espulsi onde evitare che sedessimo accanto alla gente pia e partecipassimo alla loro riunione E poi Non vi rendete conto che siamo vivi perché non ci abbiamo pensato due volte a partire Ammettendo che non si tratti di fuga E non vi sembra di dover considerare questa città una tana di nemici, dato che un solo giorno di permanenza sarebbe costato a tutti la vita Vi è stata dichiarata guerra: tanto peggio per chi l'ha dichiarata, se voi siete degli uomini |