Livio, Ab urbe condita: Libro 02; 25 - 38, pag 3

Livio, Ab urbe condita: Libro 02; 25 - 38

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 02; 25 - 38
Ita trifariam re bello bene gesta, de domesticarum rerum euentu nec patribus nec plebi cura decesserat: tanta cum gratia tum arte praeparaverant feneratores quae non modo plebem, sed ipsum etiam dictatorem frustrarentur

Namque Valerius post Vetusi consulis reditum omnium actionum in senatu primam habuit pro victore populo, rettulitque quid de nexis fieri placeret

Quae cum reiecta relatio esset, 'non placeo' inquit, 'concordiae auctor

Optabitis, mediusfidius, propediem, ut mei similes Romana plebis patronos habeat

Quod ad me attinet, neque frustrabor ultra cives meos neque ipse frustra dictator ero
Malgrado questo triplice successo militare, plebe e senato non avevano smesso di preoccuparsi della soluzione dei problemi interni; e gli usurai, con un assiduo lavorio da veri esperti, si erano dotati degli strumenti per frustrare le iniziative non solo della plebe ma anche del dittatore stesso

Infatti Valerio, dopo il rientro del console Vetusio, diede precedenza assoluta alla causa del popolo vincitore, portandola all'attenzione del senato e chiedendo un pronunciamento definitivo sugli insolventi per debiti

Visto che la richiesta non fu approvata, disse: Io non vi vado a genio perché cerco di ricomporre la frattura

Tra pochi giorni, ve lo garantisco, desidererete che la plebe abbia dei difensori come me

Per quel che mi riguarda, non ho intenzione di prendere ulteriormente in giro i miei concittadini né di continuare a fare il dittatore solo in teoria
Discordiae intestinae, bellum externum fecere ut hoc magistratu egeret res publica: pax foris parta est, domi impeditur; privatus potius quam dictator seditioni interero'

Ita curia egressus dictatura se abdicavit

Apparvit causa plebi, suam vicem indignantem magistratu abisse; itaque velut persoluta fide, quoniam per eum non stetisset quin praestaretur, decedentem domum cum favore ac laudibus prosecuti sunt

[32] Timor inde patres incessit ne, si dimissus exercitus foret, rursus coetus occulti coniurationesque fierent

Itaque quamquam per dictatorem dilectus habitus esset, tamen quoniam in consulum verba iurassent sacramento teneri militem rati, per causam renovati ab Aequis belli educi ex urbe legiones iussere

Quo facto maturata est seditio
Questa magistratura era l'unica soluzione per uno Stato diviso tra urti interni e una guerra da combattere all'esterno: fuori è tornata la pace, mentre in città si fa di tutto per ostacolarla; Interverrò nei disordini da privato cittadino piuttosto che da dittatore

Uscì quindi dalla curia e rassegnò le dimissioni

La plebe capì benissimo che un gesto simile era stato dettato dal risentimento per i torti che essa subiva; e così, come se egli avesse mantenuto la parola - non era colpa sua se l'impegno non era stato onorato -, lo seguirono mentre rientrava a casa e gli manifestarono la loro gratitudine con un lungo applauso

32 Allora i senatori cominciarono a temere che, congedando l'esercito, si sarebbe tornati alle riunioni segrete e alle cospirazioni

Così, pur essendo stati arruolati per ordine del dittatore, tuttavia, siccome avevano giurato nelle mani dei consoli, si pensava che i soldati fossero ancora legati a quel giuramento; quindi, col pretesto di una ripresa di ostilità da parte degli Equi, ordinarono che le legioni venissero condotte fuori città

Ma questo provvedimento accelerò la rivolta
Et primo agitatum dicitur de consulum caede, ut soluerentur sacramento; doctos deinde nullam scelere religionem exsolui, Sicinio quodam auctore iniussu consulum in Sacrum montem secessisse

Trans Anienem amnem est, tria ab urbe milia passuum

Ea frequentior fama est quam cuius Piso auctor est, in Aventinum secessionem factam esse

Ibi sine ullo duce vallo fossaque communitis castris quieti, rem nullam nisi necessariam ad victum sumendo, per aliquot dies neque lacessiti neque lacessentes sese tenuere

Pavor ingens in urbe, metuque mutuo suspensa erant omnia

Timere relicta ab suis plebis violentiam patrum; timere patres residem in urbe plebem, incerti manere eam an abire mallent: quamdiu autem tranquillam quae secesserit multitudinem fore
Sulle prime pare si fosse parlato di assassinare i consoli per suincolarsi dagli obblighi del giuramento; quando però fu spiegato loro che non c'era delitto che potesse liberare da un vincolo sacro, allora le truppe, su proposta di un certo Sicinio, si ammutinarono all'autorità dei consoli e si ritirarono sul monte Sacro

Sulla riva destra dell'Aniene, a tre miglia da Roma

Questa è la versione più accreditata; stando invece a quella adottata da Pisone, la secessione sarebbe avvenuta sull'Aventino

Lì, senza nessuno che li guidasse, fortificarono in tutta calma il campo con fossati e palizzate limitandosi ad andare in cerca di cibo e, per alcuni giorni, non subirono attacchi né attaccarono a loro volta

Roma era nel panico più totale e il clima di mutua apprensione teneva tutto in sospeso

La plebe, abbandonata al suo destino, temeva un'azione di forza organizzata dal senato; i senatori temevano la parte di plebe rimasta in città, ed erano incerti se fosse preferibile che essa rimanesse o se ne andasse; e poi, quanto sarebbe durata la calma dei secessionisti

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Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 38; 51 - 55

Quid futurum deinde si quod externum interim bellum exsistat

Nullam profecto nisi in concordia civium spem reliquam ducere; eam per aequa, per iniqua reconciliandam civitati esse

Placuit igitur oratorem ad plebem mitti Menenium Agrippam, facundum virum et quod inde oriundus erat plebi carum

Is intromissus in castra prisco illo dicendi et horrido modo nihil aliud quam hoc narrasse fertur: tempore quo in homine non ut nunc omnia in unum consentiant, sed singulis membris suum cuique consilium, suus sermo fuerit, indignatas reliquas partes sua cura, suo labore ac ministerio ventri omnia quaeri, ventrem in medio quietum nihil aliud quam datis voluptatibus frui; conspirasse inde ne manus ad os cibum ferrent, nec os acciperet datum, nec dentes quae acciperent conficerent
Che cosa sarebbe successo se nel frattempo fosse scoppiata una guerra con qualche paese straniero

La sola speranza era rappresentata dalla concordia interna: per il bene dello Stato andava restaurata e a qualunque costo

Si decise allora di mandare alla plebe come portavoce Menenio Agrippa, uomo dotato di straordinaria dialettica e ben visto per le sue origini popolari

Una volta introdotto nel campo, pare che raccontò questo apologo con lo stile un po' rozzo tipico degli antichi: quando le membra del corpo umano non costitvivano ancora un tutt'uno armonico, ma ciascuna di esse aveva un suo linguaggio e un suo modo di pensare autonomi, tutte le altre parti erano indignate di dover sgobbare a destra e a sinistra per provvedere a ogni necessità dello stomaco, mentre questo se ne stava zitto zitto lì nel mezzo a godersi il bendidio che gli veniva dato; allora, decisero di accordarsi così: le mani non avrebbero più portato il cibo alla bocca, la bocca non si sarebbe più aperta per prenderlo, né i denti lo avrebbero più masticato
Hac ira, dum ventrem fame domare vellent, ipsa una membra totumque corpus ad extremam tabem venisse

Inde apparvisse ventris quoque haud segne ministerium esse, nec magis ali quam alere eum, reddentem in omnes corporis partes hunc quo vivimus vigemusque, divisum pariter in venas maturum confecto cibo sanguinem

Comparando hinc quam intestina corporis seditio similis esset irae plebis in patres, flexisse mentes hominum

[33] Agi deinde de concordia coeptum, concessumque in condiciones ut plebi sui magistratus essent sacrosancti quibus auxilii latio adversus consules esset, neve cui patrum capere eum magistratum liceret

Ita tribuni plebei creati duo, C Licinius et L Albinus

Ii tres collegas sibi creaverunt

In his Sicinium fuisse, seditionis auctorem: de duobus, qui fuerint minus convenit
Mentre, arrabbiate, credevano di far morire di fame lo stomaco, le membra stesse e il corpo tutto eran ridotti pelle e ossa

In quel momento capirono che anche lo stomaco aveva una sua funzione e non se ne stava inoperoso: nutriva tanto quanto era nutrito e a tutte le parti del corpo restituiva, distribuito equamente per le vene e arricchito dal cibo digerito, il sangue che ci dà vita e forza

Mettendo in parallelo la ribellione interna delle parti del corpo e la rabbia della plebe nei confronti del senato, Menenio riuscì a farli ragionare

33 Venne allora affrontato il tema della riconciliazione e si giunse al seguente compromesso: la plebe avrebbe avuto dei magistrati sacri e inviolabili il cui compito sarebbe stato quello di prendere le sue difese contro i consoli, e nessun patrizio avrebbe potuto avere quest'incarico

Quindi furono eletti due tribuni della plebe, Caio Licinio e Lucio Albino

A loro volta essi si scelsero tre colleghi

Uno dei quali era Sicinio, il promotore della rivolta; sui nomi degli altri due ci sono parecchie incertezze

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Sunt qui duos tantum in Sacro monte creatos tribunos esse dicant, ibique sacratam legem latam

Per secessionem plebis Sp Cassius et Postumius Cominius consulatum inierunt

Iis consulibus cum Latinis populis ictum foedus

Ad id feriendum consul alter Romae mansit: alter ad Volscum bellum missus Antiates Volscos fundit fugatque; compulsos in oppidum Longulam persecutus moenibus potitur

Inde protinus Poluscam, item Volscorum, cepit; tum magna vi adortus est Coriolos

Erat tum in castris inter primores iuvenum Cn Marcius, adulescens et consilio et manu promptus, cui cognomen postea Coriolano fuit
Alcuni autori sostengono che sul monte Sacro vennero eletti soltanto due tribuni e che lì fu proposta la legge sull'inviolabilità

Durante la secessione della plebe, Spurio Cassio e Postumio Cominio erano diventati consoli

Nel corso del loro mandato fu stipulato un trattato di alleanza con le popolazioni latine

Per concluderlo, uno dei consoli rimase a Roma; Il suo collega, invece, incaricato di una campagna contro i Volsci, sbaragliò e disperse i Volsci di Anzio; quindi, costringendoli a rifugiarsi a Longula, li inseguì ed espugnò la città

Subito dopo conquistò Polusca, altra città dei Volsci; poi attaccò con estrema decisione Corioli

Tra i giovani nobili c'era allora arruolato Gneo Marzio, tipo sveglio e risoluto, che in séguito fu soprannominato Coriolano
Cum subito exercitum Romanum Coriolos obsidentem atque in oppidanos, quos intus clausos habebat, intentum, sine ullo metu extrinsecus imminentis belli, Volscae legiones profectae ab Antio inuasissent, eodemque tempore ex oppido erupissent hostes, forte in statione Marcius fuit

Is cum delecta militum manu non modo impetum erumpentium rettudit, sed per patentem portam ferox inrupit in proxima urbis, caedeque facta ignem temere arreptum imminentibus muro aedificiis iniecit

Clamor inde oppidanorum mixtus muliebri puerilique ploratu ad terrorem, ut solet, primum orto et Romanis auxit animum et turbavit Volscos utpote capta urbe cui ad ferendam opem venerant
Mentre l'esercito romano era intento all'assedio di Corioli e teneva gli occhi puntati sugli abitanti compressi all'interno delle mura, senza alcuna preoccupazione di un eventuale attacco dall'esterno, fu all'improvviso assalito da un contingente di Volsci partiti da Anzio e contemporaneamente sorpreso da una sortita degli assediati; per caso Marzio era di guardia

Con un pugno di soldati scelti non solo tamponò la sortita, ma ebbe anche il coraggio di buttarsi oltre la porta dove compì un massacro nei quartieri più vicini e, trovandosi del fuoco per le mani, incendiò gli edifici che sovrastavano il muro

Il panico dei cittadini che, come sempre succede, seguì, misto ai pianti delle donne e dei bambini, la prima reazione degli assediati, tonificò i Romani e demoralizzò i Volsci, ovviamente sconsolati dalla resa della città cui eran venuti in soccorso

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Ita fusi Volsci Antiates, Corioli oppidum captum; tantumque sua laude obstitit famae consulis Marcius ut, nisi foedus cum Latinis in columna aenea insculptum monumento esset ab Sp Cassio uno, quia collega afuerat, ictum, Postumum Cominium bellum gessisse cum Volscis memoria cessisset

Eodem anno Agrippa Menenius moritur, vir omni in vita pariter patribus ac plebi carus, post secessionem carior plebi factus

Huic interpreti arbitroque concordiae civium, legato patrum ad plebem, reductori plebis Romanae in urbem sumptus funeri defuit; extulit eum plebs sextantibus conlatis in capita

[34] Consules deinde T Geganius P Minucius facti
Così furono sbaragliati i Volsci di Anzio e conquistata la città di Corioli; l'impresa di Marzio eclissò la gloria del console al punto che, se il trattato coi Latini, concluso dal solo Spurio Cassio in assenza del collega, non fosse rimasto inciso a perenne memoria su una colonna di bronzo, nessuno si ricorderebbe che Postumio Cominio combatté contro i Volsci

Quello stesso anno morì Menenio Agrippa, l'uomo che in vita era stato ugualmente caro alla plebe e ai senatori e che dopo la secessione sul monte Sacro fu più caro alla plebe

L'uomo che aveva fatto da mediatore e da interprete della riconciliazione tra i cittadini, che era stato l'ambasciatore del senato presso la plebe e colui che l'aveva ricondotta a Roma, non lasciò il denaro sufficiente per pagarsi il funerale: ci pensò così la plebe, con una sottoscrizione di un sesto di asse a testa

34 I consoli successivi furono Tito Geganio e Publio Minucio
Eo anno cum et foris quieta omnia a bello essent et domi sanata discordia, aliud multo gravius malum civitatem invasit, caritas primum annonae ex incultis per secessionem plebis agris, fames deinde, qualis clausis solet

Ventumque ad interitum servitiorum utique et plebis esset, ni consules providissent dimissis passim ad frumentum coemendum, non in Etruriam modo dextris ab Ostia litoribus laeuoque per Volscos mari usque ad Cumas, sed quaesitum in Sicilia quoque; adeo finitimorum odia longinquis coegerant indigere auxiliis
Quell'anno, non essendoci più nessuna preoccupazione militare ed essendo stato composto ogni motivo di urto all'interno, una calamità di ben altra portata si abbatté su Roma: la mancanza di generi alimentari, dovuta al fatto che i campi erano rimasti incolti durante la secessione della plebe, poi la fame, come succede alle città in stato d'assedio

Per gli schiavi e soprattutto per la plebe avrebbe voluto dire morte se i consoli non avessero provveduto mandando degli emissari a racimolare frumento dovunque, non solo lungo la costa etrusca a nord di Ostia e a sud superando via mare le terre dei Volsci fino giù a Cuma, ma addirittura in Sicilia, tanto lontano li aveva costretti a cercare aiuto l'odio dei popoli confinanti

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Frumentum Cumis cum coemptum esset, naues pro bonis Tarquiniorum ab Aristodemo tyranno, qui heres erat, retentae sunt; in Volscis Pomptinoque ne emi quidem potuit; periculum quoque ab impetu hominum ipsis frumentatoribus fuit; ex Tuscis frumentum Tiberi venit; eo sustentata est plebs

Incommodo bello in tam artis commeatibus vexati forent, ni Volscos iam moventes arma pestilentia ingens invasisset

Ea clade conterritis hostium animis, ut etiam ubi ea remisisset terrore aliquo tenerentur, et Velitris auxere numerum colonorum Romani, et Norbam in montes novam coloniam, quae arx in Pomptino esset, miserunt

M Minucio deinde et A Sempronio consulibus magna vis frumenti ex Sicilia aduecta, agitatumque in senatu quanti plebi daretur
A Cuma, una volta acquistato il grano, le navi furono trattenute dal tiranno Aristodemo come indennizzo delle proprietà dei Tarquini di cui egli era l'erede; presso i Volsci e nel Pontino non si riuscì nemmeno ad acquistarne: i compratori di grano rischiarono addirittura di esser assaliti dai locali; dall'Etruria ne arrivò invece via fiume, lungo il Tevere, e bastò per sfamare la plebe

In quel disastro generale si sarebbe venuta ad aggiungere una quanto mai intempestiva guerra, se sui Volsci, già pronti a scendere in campo, non si fosse abbattuta una tremenda pestilenza

Vedendo il terrore che una simile decimazione aveva seminato, i Romani, per far sì che il nemico non riuscisse a liberarsi completamente della paura anche una volta uscito dall'epidemia, potenziarono con nuovi invii la colonia di Velitra e ne fondarono una nuova a Norba, sulle montagne, per avere una roccaforte nel Pontino

Sotto il consolato di Marco Minucio e di Aulo Sempronio ci fu una massiccia importazione di grano dalla Sicilia e il senato discusse il prezzo a cui avrebbe dovuto esser venduto alla plebe

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