La ristrutturazione della Cappella Sistina come programma politico all’avanzare di Maometto II

La ristrutturazione della Cappella Sistina come programma politico all’avanzare di Maometto II

Occorreva un'alleanza per difendere i confini territoriali dell'Italia dai turchi. Il papa doveva rivendicare la sua legittimità spirituale poichè Maometto II, cultore della storia antica e animato da un'ansia di conquista che lo spingeva a identificarsi con Cesare e Alessandro Magno, rivendicava a sé non solo il governo temporale ma anche quello spirituale dopo la conquista di Costantinopoli

Maometto II rivendicava l'eredità spirituale e culturale di Roma che doveva legittimare il suo sogno di un impero universale. Un autorevole tradizione culturale riteneva fondate le richieste di Maometto II dal momento che chi conquistava la seconda Roma poteva dirsi erede dei Cesari. Dunque per il papa di Roma Sisto IV, che rivendicava a se quella tradizione, la questione era molto seria; se le minacce territoriali inpensierivano tutti i principi d'Europa, che organizzavano la difesa dei propri confini con gli eserciti, lui doveva rispondere a una minaccia più insidiosa: quella di illegittimità della sua guida spirituale. 

A questa minaccia Sisto IV decise di rispondere con un impresa artistica che si trasformò in una sorta di manifesto universale della teologia Cristiana e della legittimità papale: la decorazione della Cappella Sistina, la più importante Cappella della cristianità che aveva fatto appena ricostruire è che a partire dall'anno successivo, il 1481, affidò alla decorazione dei migliori pittori d'Italia 

Se la difesa dell'integrità territoriale italiana ed europea riguardava gli eserciti e le finanze dei cinque stati principali che si affrontavano da quasi un secolo in Italia ( Roma, Venezia, Firenze, Milano e Napoli), dopo l'assedio di Otranto, si impegnarono per reagire all'espansione di Maometto. La difesa della legittimità del Cristianesimo come erede della civiltà e quindi della legalità romana, era un affare da svolgere tutto a Roma, sede del Vicario di Cristo. il papa regnante, Sisto IV, era l'uomo giusto per affrontare questa impresa.

Il papa aveva avviato un importante programma di ristrutturazione e di imponenti costruzioni per restituire a Roma il decoro e il prestigio dopo gli anni di abbandono seguiti al trasferimento della sede papale ad Avignone 

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Una delle imprese principali era la ristrutturazione della Cappella Magna. Per avviare questa impresa servivano pittori eccellenti che in quel periodo si trovavano quasi tutti a Firenze. fu solo dopo la tregua stabilità con Firenze che Lorenzo dei medici consentì la partenza per Roma dei migliori pittori della città: Sandro Botticelli, Domenico Ghirlandaio, Cosimo Rosselli, che si unirono a Pietro Perugino, Umbro di nascita e di formazione ma che aveva bottega a Firenze ed era già stato apprezzato a Roma dal Papa. Questi pittori dovevano contribuire con la loro arte alla crociata contro i turchi che il papa voleva avviare.

Nella cappella del palazzo papale Vaticano, Il luogo più santo della cristianità, doveva essere realizzato un ciclo decorativo per mostrare al mondo che c'era un solo erede dell'Impero Romano: il papa. Maometto, con le sue aspettative universalistiche, doveva essere respinto è combattuto con tutte le armi possibili anche della propaganda. L'urgenza dei tempi imponeva un esecuzione rapida: trovare un pittore capace di portare a termine un'impresa così complessa in poco tempo, non era facile . Il papa aveva molta fretta di realizzare l'intera decorazione della parete inferiore della nuova cappella per affermare il suo programma politico. Così tanta fretta che decise di affidare il lavoro non ha un solo artista e neppure a 2, ma un vero e proprio consorzio di artisti, in modo da avere tutto pronto nel giro di appena un anno

Come detto, gli artisti si chiamavano Cosimo Rosselli, Domenico Di Tommaso curradi detto il Ghirlandaio, Alessandro di Mariano detto Botticelli e Pietro di Cristoforo della Pieve detto Perugino. La distribuzione del lavoro non fu omogenea, Anche perché le 14 storie non erano divisibili per 4 e a tutt'oggi persiste il dubbio sugli autori delle singole scene non concordemente identificati.

A rendere difficile l'identificazione concorrono poi altri due fattori. Due delle scene dipinte, quelle dietro l'altare, la natività di Cristo e il ritrovamento di Mosè, furono distrutte nel 1534 per far posto al Giudizio Universale di Michelangelo e non è possibile identificarne gli autori solo sulla base dei documenti sopravvissuti

  • al Perugino, secondo il parere di molti studiosi, sarebbero stati assegnati ben 5 riquadri, i due sull'altare poi distrutti per far posto ai dipinti di Michelangelo,  e tre scene della vita di Cristo: il battesimo di Cristo, la consegna delle chiavi a San Pietro e la circoncisione del figlio di Mosè
  • al Botticelli 3: punizione di Core, tentazioni di Mosè, tentazione di Cristo
  • tre al Ghirlandaio, la chiamata degli Apostoli, testamento e morte di Mosè, il passaggio del Mar Rosso
  • tre al Rosselli, adorazione del Vitello d'Oro, discorso della montagna, ultima cena

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Cosimo Rosselli era un pittore molto mediocre, o almeno era ritenuto tale a Firenze, avendo avuto una formazione di miniatore più che di pittore. Coinvolto nell'impresa della Sistina, capì ben presto che il confronto con gli altri maestri poteva essere impietoso per la sua scarsa abilità nel disegno e nella prospettiva.

Il Perugino, dalle origini contadine, era come luogo di provenienza sociale, la più bassa di tutto il gruppo di artisti attivi nella Sistina. Nato poverissimo da un contadino di città della Pieve, Aveva voluto a tutti i costi intraprendere la carriera di pittore e quando capì, dopo essersi recato a Perugia per un apprendistato presso un mediocre pittore, che Firenze era la città dove l'arte italiana toccava nuove vertiginose altezze, vi si recò pur senza averne i mezzi. Per mesi dormì in una cassa non avendo una casa dove rifugiarsi, e infine entro nella Bottega di Andrea del Verrocchio, dove apprese gli strumenti fondamentali delle tecniche dello stile corrente.

Il Perugino è l'unico ad apporre la sua firma sotto un dipinto della Cappella, sotto il battesimo di Cristo. Il programma iconografico della decorazione era incentrato sulla rappresentazione parallela, sulle due pareti opposte, delle storie di Cristo e delle storie di Mosè. Questa rappresentazione era una chiara rivendicazione della legittimità della dottrina cattolica quale unica religione universale ed erede del Vecchio Testamento da cui anche l'Islam discendeva. La religione di Maometto era considerata dai teologi medievali e poi rinascimentali niente di più che una forma di eresia come ce ne erano state tante 

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In capo all'altare furono dipinte le due scene iniziali, Il ritrovamento di Mosè nelle acque e la natività di Cristo. Queste due scene, che davano inizio alla narrazione, furono poi distrutte da Michelangelo 50 anni dopo per fare spazio alla pittura del giudizio universale alle spalle dell'altare.

Come propaganda, c'è un riquadro tra gli altri che sembra aver raggiunto pienamente L'obiettivo della commissione papale: la consegna delle chiavi a San Pietro. Questa era una delle rappresentazioni più importanti della decorazione poiché la consegna delle chiavi a San Pietro da parte di Gesù costituiva il fondamento legittimo del potere papale, tanto spirituale che temporale

Cristo giovane bellissimo Affida a San Pietro inginocchiato davanti a lui il mazzo di chiavi. Quasi tutto il senso della decorazione della Cappella Sistina era racchiuso in quella scena dove l'artista mette a frutto il meglio della sua ricerca stilistica, il contrappunto dei personaggi, La grazia dei gesti e la dolcezza delle espressioni

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