"Scendere in una miniera e una sensazione davvero sgradevole. si scende in una specie di cesta, come un secchio in un pozzo, ma un pozzo profondo 500-700 metri, tanto che a guardare in su dal fondo si vede la luce del giorno grande circa come una stella in cielo."
La lettera è scritta da Wasmes, un piccolo villaggio belga nella provincia di Hainaut, nel Borinage, al confine con la Francia, dove il giovane Vincent si era trasferito da alcuni mesi in qualità di predicatore laico. E bene rappresenta il carattere di chi, seppur ancora in cerca di una sua strada, appare risoluto e determinato; di chi non si accontenta di una comprensione astratta del mondo e delle cose che lo circondano.
Nella sua breve ma intensa vita sono le situazioni più estreme a lasciare traccia e a coinvolgerlo emotivamente. Non gli è sufficiente infatti immaginare cosa provano uomini e donne quando si calano laggiù nelle viscere della terra, né gli basta scrutare le loro facce perennemente tristi e avvizzite, o ascoltare le loro frasi smozzicate stanche una volta tornati in superficie. Né tantomeno si accontenta di capire qualcosa della loro esistenza quando viene invitato nelle loro case: misere capanne con i tetti coperti di muschio, immersi in un paesaggio desolato, senza una traccia di colore, tra ciminiere e pozzi, montagne di scarti di carbone e distese di rovi annerite dal fumo. E' un mondo dove regnano fatiche e miseria quello che Vincent, con minuzia di particolari, descrive a Theo