[1] Ventum est ad summa naturae exemplorumque per rerum ordinem, et ipsum sua sponte occurrit inmensum potentiae occultae documentum, ut prorsus neque aliud ultra quaeri debeat nec par ac simile possit inveniri, ipsa se vincente natura, et quidem numerosis modis quid enim violentius mari ventisve et turbinibus ac procellis quo maiore hominum ingenio in ulla sui parte adiuta est quam velis remisque addatur his et reciproci aestus inenarrabilis vis versumque totum mare in flumen [2] tamen omnia haec pariterque eodem inpellentia unus ac parvus admodum pisciculus, echenais appellatus, in se tenet ruant venti licet, saeviant procellae: imperat furori viresque tantas compescit et cogit stare navigia, quod non vincula ulla, non ancorae pondere inrevocabili iactae |
[1] Si è giunti alla sommità della natura e degli esempi attraverso l'ordine delle cose, e si fa incontro spontaneamente la stessa immensa testimonianza della potenza nascosta, cosicché non debba proprio essere cercato nientre altro oltre né possa essere trovata uguale e simile, poiché la natura stessa vince da sé, e certo in molti modi Infatti cosa più violento del mare o dei venti e dei turbini e delle tempeste Da quale maggiore invenzione degli uomini fu aiutata in qualche suo campo che con le vele e i remi Si aggiunga a queste cose anche la forza indicibile dell'alterna marea e tutto il mare riversato in un fiume [2] Eppure un solo e alquanto piccolo pesciolino, detto remora, trattiene verso di sè tutti questi elementi che spingono contemporaneamente e verso lo stesso luogo Imperversino pure i venti, si scatenino la tempeste: comanda al furore e doma tali forze e costringe a fermare le navi, la qual cosa con nessun freno, neppure col peso implacabile di un'ancora gettata |
infrenat impetus et domat mundi rabiem nullo suo labore, non renitendo aut alio modo quam adhaerendo [3] hoc tantulo satis est, contra tot impetus ut vetet ire navigia sed armatae classes inponunt sibi turrium propugnacula, ut in mari quoque pugnetur velut e muris heu vanitas humana, cum rostra illa aere ferroque ad ictus armata semipedalis inhibere possit ac tenere devincta pisciculus fertur Actiaco Marte tenuisse praetoriam navem Antoni properantis circumire et exhortari suos, donec transiret in aliam, ideoque Caesariana classis impetu maiore protinus venit |
Frena l'impeto e doma la furia del mondo senza alcuna sua fatica, non col resistere o non in altro modo che con l'attaccarsi [3] E' sufficiente questo essere di tanto piccolo, contro tante forze per impedire che le navi proseguano Ma le flotte armate si costruiscono i baluardi delle torri, cosicché anche nel mare si combatta come dalle mura Ah vanità umana, potendo un pesciolino di mezzo piede frenare e tenere bloccati quei rostri armati di bronzo e ferro per i colpi Si dice avere trattenuto nella battaglia di Azio la nave pretoria di Antonio che si affrettava a girare intorno ed esortare i suoi, finché non passava su un'altra, e perciò la flotta di Cesare attaccò subito con maggiore impeto |
[4] tenuit et nostra memoria Gai principis ab Astura Antium renavigantis, ut res est, etiam auspicalis pisciculus, siquidem novissime tum in urbem reversus ille imperator suis telis confossus est, nec longa fuit illius morae admiratio, statim causa intellecta, cum e tota classe quinqueremis sola non proficeret, exilientibus protinus qui quaererent circa navem invenere adhaerentem gubernaculo ostendeturque Gaio indignanti hoc fuisse, quod se revocaret quadringentorumque remigum obsequio contra se intercederet [5] constabat peculiariter miratum, quomodo adhaerens tenuisset nec idem polleret in navigium receptus qui tunc posteaque videre eum, limaci magnae similem esse dicunt |
[4] Al nostro tempo trattenne anche (quella) del principe Gaio che tornava da Astura ad Anzio, come appare la cosa, anche fautore di auspici il pesciolino, se poi quell'imperatore tornato allora in città molto presto fu trafitto dalle sue armi, e non fu lungo lo stupore di quell'immobilità, capita subito la causa, poiché di tutta la flotta la sola quinqueremi non partiva, tuffandosi subito quelli che cercavano intorno alla nave Trovarono quello che era attaccato al timone ed è mostrato a Gaio indignato che fosse questo, ciò che lo tratteneva e s'intrometteva nel lavoro di quattrocento rematori [5] Risultava particolarmente strano, in che modo aggrappandosi avesse bloccato e lo stesso tirato sulla nave non avesse forza Quelli che lo videro allora e dopo, dicono che è simile a una grande lumaca |
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Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 07, Paragrafi 01 - 16
Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 07, Paragrafi 01 - 16
nos plurium opiniones posuimus in natura aquatilium, cum de eo diceremus, nec dubitamus idem valere omnia ea genera, cum celebri et consecrato etiam exemplo apud Cnidiam Venerem conchas quoque esse eiusdem potentiae credi necesse sit [6] e nostris quidam Latine moram appellavere eum, mirumque, e Graecis alii lubricos partus atque procidentes continere ad maturitatem adalligatum, ut diximus, prodiderunt, alii sale adservatum adalligatumque gravidis partus solvere, ob id alio nomine odinolyten appellari quocumque modo ista se habent, quis ab hoc tenendi navigia exemplo de ulla potentia naturae vique et effectu in remediis sponte nascentium rerum dubitet [7] Quid non et sine hoc exemplo per se satis esset ex eodem mari torpedo |
Abbiamo riportato i pareri di molti sulla natura degli esseri acquatici, parlando di questo, e non dubitiamo che tutti questi generi possiedano la stessa capacità, poiché per il celebre ed anche consacrato esempio presso il tempio di Venere Cnidia sia necessario che anche le conchiglie siano ritenute dello stesso potere [6] Alcuni fra i nostri l'hanno chiamato in lingua latina mora, e cosa strana, altri fra i Greci tramandarono che quello che è messo addosso, come abbiamo detto, trattiene fino alla conclusione i parti rischiosi e che cedono, altri che conservato col sale e messo addosso alle gravide agevola i parti, per questo essere definito odinolytes con altro nome In qualunque modo si presentino queste cose, chi dubita dopo questo esempio del trattenere le navi di qualche potere della natura e della forza e dell'effetto fra i rimedi delle cose che si producono spontaneamente [7] E poi Anche senza questo esempio non sarebbe sufficiente di per sé la torpedine del mare stesso |
etiam procul et e longinquo, vel si hasta virgave attingatur, quamvis praevalidos lacertos torpescere, quamlibet ad cursum veloces alligari pedes quod si necesse habemus fateri hoc exemplo esse vim aliquam, quae odore tantum et quadam aura corporis sui adficiat membra, quid non de remediorum omnium momentis sperandum est [8] Non sunt minus mira quae de lepore marino traduntur venenum est aliis in potu aut cibo datus, aliis etiam visu, siquidem gravidae, si omnino adspexerint feminam ex eo genere dumtaxat, statim nausiant et redundatione stomachi vitium fatentur ac deinde abortum faciunt remedio est mas ob id induratus sale, ut in bracchialibus habeant eadem res in mari ne tactu quidem nocet vescitur eo unum tantum animalium, ut non intereat, mullus piscis; tenerescit tantum et inertior viliorque fit |
Anche a distanza e da lontano, o se sia toccata con un bastone o una verga, intorpidire le braccia sebbene molto forti, essere bloccati i piedi quantunque veloci per la corsa Che se riteniamo necessario ammettere con questo esempio che c'è una certa forza, che soltanto con l'odore e una certa esalazione del suo corpo danneggia le membra, cosa non si deve sperare sulle opportunità di tutti i rimedi [8] Non sono meno strane quelle cose che sono riferite sulla lepre marina Per alcuni è velenosa data in bevanda o per cibo, per altri anche a vedersi, poiché le gravide, se hanno solo guardato la femmina di quella specie, subito hanno nausea e col rigetto di stomaco manifestano il male e poi fanno l'aborto A rimedio c'è il maschio indurito per questo nel sale, affinché lo tengano nei bracciali Lo stesso essere poi non nuoce nel mare al tatto Solo un animali si nutre di esso, così che non muoia, la triglia; soltanto diventa tenera e diventa più molle e meno apprezzata |
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Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 31, Paragrafi 08-41
Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 31, Paragrafi 08-41
[9] homines, quibus inpactus est, piscem olent; hoc primo argumento veneficium id deprehenditur cetero moriuntur totidem in diebus, quot vixerit lepus, incertique temporis veneficium id esse auctor est Licinius Macer in India addfirmant non capi viventem invicemque ibi hominem illi pro veneno esse ac vel digito omnino in mari tactum mori, esse autem multo ampliorem, sicuti reliqua animalia [10] Iuba in iis voluminibus, quae scripsit ad C Caesarem Aug F de Arabia, tradit mitulos ternas heminas capere, cetos sescentorum pedum longitudinis et trecentorum sexaginta latitudinis in flumen Arabiae intrasse, pinguique eius mercatores negotiatos, et omnium piscium adipe camelos perungui in eo situ, ut asilos ab iis fugent odore |
[9] Gli uomini, con cui c'è il contatto, odorano di pesce; da questo primo indizio si riconosce questo avvelenamento Per il resto muoiono in altrettanti giorni, quanti è vissuta la lepre, e Licinio Macro testimonia che questo avvelenamento è d'incerta durata Dicono che in India quella viva non viene presa e che lì a sua volta per quella l'uomo è al posto del veleno e che nel mare il tocco col dito uccidere del tutto, che è poi di molto più grande, come i restanti animali [10] Giuba in quei libri, sull'Arabia che scrisse a C Cesare figlio di Augusto, tramanda che i mitili contengono tre emine, che un cetaceo di seicento piedi di lunghezza e trecentosessanta di larghezza era entrato in un fiume d'Arabia, e che i mercanti avevano guadagnato col suo grasso, e che i cammelli in questo luogo sono unti col grasso di tutti i pesci, affinché i tafani per l'odore fuggano da essi |
[11] Mihi videntur mira et quae Ovidius prodidit piscium ingenia in eo volumine, quod halieuticon inscribitur: scarum inclusum nassis non fronte erumpere nec infestis viminibus caput inserere, sed aversum caudae ictibus crebris laxare fores atque ita retrorsum repere, quem luctatum eius si forte alius scarus extrinsecus videat, adprehensa mordicus cauda adiuvare nisus erumpentis; lupum rete circumdatum harenas arare cauda atque ita condi, dum transeat rete; [12] murenam maculas adpetere ipsas consciam teretis ac lubrici tergi, tum multiplici flexu laxare, donec evadat; polypum hamos adpetere bracchiisque complecti, non morsu, nec prius dimittere, quam escam circumroserit, aut harundine levatum extra aquam scit et mugil esse in esca hamum insidiasque non ignorat, aviditas tanta est, ut cauda verberando excutiat cibum |
[11] Mi sembrano meraviglie anche quegli istinti dei pesci che Ovidio ha tramandato in quel libro, che è intitolato alieutica: che lo scaro chiuso nelle nasse non prorompe davanti né inserisce il capo nei vimini pericolosi, ma giratosi con frequenti colpi di coda allarga i fori e così scivola all'indietro, se per caso un altro scaro all'esterno vede quel suo dibattere, presa la coda aiutare col mordere lo sforzo di quello che erompe; che il pesce lupo, circondato dalla rete scava con la coda le sabbie e così si nasconde, finché la rete non sia passata; [12] che la murena s'attacca alle maglie stesse consapevole del dorso rotondo e viscido, dunque allargarle con flessione continua, finché scappa; che il polipo s'attacca agli ami e avvinghiarsi con i tentacoli, non col morso, e non mollare prima che abbia rosicchiato l'esca, o tirato con una canna fuori dall'acqua Anche il cefalo sa che nell'esca c'è l'amo e non ignora le insidie, è tanta la voracità, che nel colpire con la coda stacca il cibo |
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Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 09, Paragrafi 171 - 175
[13] minus in providendo lupus sollertiae habet, sed magnum robur in paenitendo nam is, ut haesit in hamo, tumultuoso discursu laxat volnera, donec excidant insidiae murenae amplius devorant quam hamum, admovent dentibus lineas atque ita erodunt anthias tradit idem infixo hamo inveretere se, quoniam sit in dorso cultellata spina, eaque liniam praesecare [14] Licinius Macer murenas feminini tantum sexus esse tradit et concipere a serpentibus, ut diximus, ob id sibilo a piscatoribus tamquam a serpentibus evocari et capi, et pinguescere, iactato fusti non interemi, easdem ferula protinus animam in cauda habere certum est eaque icta celerrime exanimari, ad capitis ictum difficulter novacula pisce qui attacti sunt, ferrum olent |
[13] Il pesce lupo ha meno abilità nell'inture, ma una grande forza nel pentirsi Infatti esso, appena ha aderito all'amo, allarga le ferite col continuo movimento, finché le insidie cedono Le murene divorano più intensamente dell'amo, attaccano le lenze con i denti e così erodono Lo stesso (Ovidio) tramanda che le anthie con l'amo conficcato si rigirano, poiché sul dorso c'è una spina a forma di coltello, e con essa tagliano la lenza [14] Licinio Macro tramanda che le murene sono solo di sesso femminile e concepiscono dai serpenti, come abbiamo detto, per questo essere attirate e prese dai pescatori con un sibilo come quello dei serpenti, e ingrassano, non essere uccise con un colpo di bastone, ma le stesse subito con una sferza E' certo avere lo spirito vitale nella coda e colpita questa, morire molto velocemente difficilmente per una ferita della testa Quelli che sono stati toccati dal pesce novacula, odorano di ferro |
durissimum esse piscium constat qui orbis vocetur; rotundus est, sine squamis totusque capite constat (Lolligo quotiens cernatur extra aquam volitans, tempestates nuntiari) [15] Trebius Niger xiphian, id est gladium, rostro mucronato esse, ab hoc naves perfossas mergi; in oceano ad locum Mauretaniae, qui Cottae vocetur, non procul Lixo flumine idem lolligines evolare ex aqua tradit tanta multitudine, ut navigia demergant [16] E manu vescuntur pisces in pluribus quidem Caesaris villis, sed, quae veteres prodidere in stagnis, non piscinis, admirati, in Heloro Siciliae castello non procul Syracusis, item in Labrayndi Iovis fonte anguillae et inaures additas gerunt, similiter in Chio iuxta Senum delubrum, in Mesopotamiae quoque fonte Chabura, de quo diximus, pisces |
Risulta che il più uro dei pesci è quello che è detto disco; è rotondo, senza squame e risulta tutto testa (Ogni volta che si vede il calamaro che vola fuori dell'acqua, essere annunciate tempeste) [15] Trebio Nigro (dice) che lo xiphias, cioè il pesce spada, è col muso appuntito, che per questo le navi colpite vengono affondate; lo stesso tramanda che nell'oceano presso un luogo della Mauritania, che è detto Cotta, non lontano dal fiume Lisso i calamari volano dall'acqua in tanta quantità, che le imbarcazioni affondano [16] In diverse ville dell'imperatore poi pesci mangiano dalla mano, ma, cosa che gli antichi hanno tramandato vedere negli stagni, non nelle piscine, nella fortezza di Eloro in Sicilia non lontano da Siracusa, anche nella fonte di Giove Labraindo le anguille portano anche orecchini aggiunti, ugualmente a Chio vicino al tempio dei Vecchi, anche i pesci nella fonte Chabura della Mesopotamia, di cui abbiamo parlato |
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Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 10, Paragrafi 52 - 53
Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 10, Paragrafi 52 - 53
[17] nam in Lycia Myris in fonte Apollinis, quem Curium appellant, ter fistula vocati veniunt ad augurium diripere eos carnes abiectas laetum est consultantibus, caudis abigere dirum Hieropoli Syriae in lacu Veneris aedituorum vocibus parent, vocati veniunt exornati auro, adulantes scalpuntur, ora hiantia manibus inserendis praebent in Stabiano Campaniae ad Herculis petram melanuri in mari panem abiectum rapiunt, iidem ad nullum cibum, in quo hamus sit, accedunt [18] Nec illa in novissimis mira, amaros esse pisces ad Pelen insulam et ad Clazomenas, contra scopulum Siciliae ac Leptim Africae et Euboeam et Durrachium, rursus ita salsos, ut possint salsamenta existumari, circa Cephallaniam et Ampelon, Paron et Deli petras, in portu eiusdem insulae dulces quam differentiam pabulo constare non est dubium |
[17] Infatti a Myres in Licia nella fonte di Apollo, che chiamano Curio, chiamati tre volta con uno zufolo vengono per il presagio Per chi consulta è favorevole che essi disputino le carni gettate, sfavorevole che le allontanino con le code A Ieropoli di Siria nel lago di Venere obbediscono ai richiami dei custodi, chiamati vengono adorni d'oro, strusciandosi sono accarezzati, offrono le bocche aperte per inserire le mani Nel territorio di Stabia della Campania accanto alla roccia di Ercole i melanuri afferrano il pane gettato in mare, gli stessi non si avvicinano a nessun cibo, in cui ci sia l'amo [18] E pure quella cosa strana fra le più recenti, che i pesci sono amari presso l'isola di Pele e vicino Clazomene, di fronte allo scoglio della Sicilia e a Leptis dell'Africa e ad Eubea e Durazzo, invece così salati, che possono essere considerati salamoie, intorno a Cefalonia e Ampelo, Paro e gli scogli di Delo, dolci nel porto della stessa isola Non c'è dubbio che tale differenza dipende dall'alimentazione |