Livio, Ab urbe condita: Libro 24; 31-40

Livio, Ab urbe condita: Libro 24; 31-40

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 24; 31-40
[31] Enimuero conclamant bonum ut animum haberent; omnem se cum illis fortunam subituros

inter hoc conloquium signa constiterant tenebaturque agmen, necdum quae morae causa foret peruenerat ad duces

postquam Hippocraten atque Epicyden peruasit rumor fremitusque toto agmine erat haud dubie approbantium aduentum eorum, extemplo praetores citatis equis ad prima signa perrexerunt

qui mos ille, quae licentia Cretensium esset rogitantes, conloquia serendi cum hoste iniussuque praetorum miscendi eos agmini suo, comprehendi inicique catenas iusserunt Hippocrati

ad quam uocem tantus extemplo primum a Cretensibus clamor est ortus, deinde exceptus ab aliis, ut facile, si ultra tenderent, appareret eis timendum esse
31 I Cretesi, allora, gridarono in coro di stare di buon animo, poiché essi avrebbero affrontato ogni sorte insieme con loro

mentre si svolgeva questo colloquio le insegne si erano arrestate e la schiera aveva sospeso la sua marcia, senza che i comandanti fossero informati della causa di tale indugio

Dopo che si diffuse la notizia che Ippocrate ed Epicide stavano per venire e si sparse per tutto l'esercito un fremito di contentezza per il loro arrivo, i pretori a di fretta si diressero alle prime file

chiedendo energicamente in virtù di quale costume i Cretesi si erano presa la libertà di intraprendere colloqui coi nemici e di mescolarli alle loro file, senza l'ordine dei pretori; fu quindi comandato di arrestare Ippocrate e di gettarlo in catene

Questo provvedimento fu accolto subito da parte dei Cretesi con tali proteste, condivise anche dagli altri, che i pretori facilmente si avvidero che per loro vi sarebbe stata ragione di temere se avessero spinto più oltre le cose
solliciti incertique rerum suarum Megara, unde profecti erant, referri signa iubent nuntiosque de statu praesenti Syracusas mittunt

fraudem quoque Hippocrates addit inclinatis ad omnem suspicionem animis et Cretensium quibusdam ad itinera insidenda missis uelut interceptas litteras quas ipse composuerat, recitat

praetores Syracusani consuli Marcello; secundum salutem, ut adsolet, scriptum erat recte eum atque ordine fecisse quod in Leontinis nulli pepercisset; sed omnium mercennariorum militum eandem esse causam nec unquam Syracusas quieturas donec quicquam externorum auxiliorum aut in urbe aut in exercitu suo esset

itaque daret operam, ut eos qui cum suis praetoribus castra ad Megara haberent in suam potestatem redigeret ac supplicio eorum liberaret tandem Syracusas
inquieti ed incerti sul da farsi, comandarono di riportare le insegne a Megara donde erano partiti e mandarono messi ai Siracusani per informarli della situazione

Ippocrate, approfittando del fatto che gli animi erano già disposti al sospetto, ricorse anche ad un atto di frode; dopo aver mandato avanti alcuni Cretesi ad occupare le strade, lesse ad alta voce una lettera, che, fingendo di averla intercettata, egli stesso, invece, aveva scritto e che cominciava così

I pretori siracusani al console Marcello salute; dopo i saluti, come è la consuetudine, la lettera diceva che egli aveva agito giustamente ed opportunamente quando non aveva risparmiato nessuno dei cittadini di Leontini; si dovevano però trattare allo stesso modo tutti i soldati mercenari, perché Siracusa non sarebbe mai stata tranquilla finché rimanesse nella città o nell'esercito alcuno delle milizie ausiliarie straniere

Pertanto, si adoperasse per ridurre in suo potere quelli che coi loro pretori avevano posto l'accampamento presso Megara e col loro supplizio liberasse finalmente Siracusa
haec cum recitata essent, cum tanto clamore ad arma discursum est ut praetores inter tumultum pauidi abequitauerint Syracusas

et ne fuga quidem eorum seditio compressa est impetusque in Syracusanos milites fiebant nec ab ullo temperatum foret, ni Epicydes atque Hippocrates irae multitudinis obuiam issent, non a misericordia aut humano consilio sed ne spem reditus praeciderent sibi

et cum ipsos simul milites fidos haberent simul obsides, tum cognatos quoque eorum atque amicos tanto merito primum, dein pignore sibi conciliarent
Udite queste cose, i soldati afferrarono le armi con tali grida, che i pretori spaventati, in mezzo al tumulto, spinsero di corsa i cavalli verso Siracusa

Neppure la loro fuga placò la sollevazione di coloro che assalivano anche i soldati siracusani né si sarebbe risparmiato alcuno, se Ippocrate ed Epicide non si fossero opposti al furore della moltitudine, non certo mossi da pietà o da umana considerazione, ma solo per non precludere a sé la speranza del ritorno

Avrebbero così avuto quelli come soldati fedeli e nello stesso tempo come ostaggi, per potersi conciliare anche i loro parenti ed amici, prima col grande merito di aver salvata la vita dei loro cari, poi col considerarli compagni

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Livio, Ab urbe condita: Libro 01, 01-15

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 01, 01-15

expertique quam uana aut leui aura mobile uolgus esset, militem nancti ex eo numero qui in Leontinis circumsessi erant, subornant, ut Syracusas perferret nuntium conuenientem eis quae ad Mylas falso nuntiata erant, auctoremque se exhibendo ac uelut uisa quae dubia erant narrando concitaret iras hominum

[32] Huic non apud uolgum modo fides fuit sed senatum quoque in curiam introductus mouit

haud uani quidam homines palam ferre perbene detectam in Leontinis esse auaritiam et crudelitatem Romanorum; eadem, si intrassent Syracusas, aut foediora etiam, quo maius ibi auaritiae praemium esset, facturos fuisse

itaque claudendas cuncti portas et custodiendam urbem censere

sed non ab iisdem omnes timere nec eosdem odisse
Poiché ben sapevano per esperienza quanto mutino le passioni del volgo ad ogni vano e leggero soffio di vento, Ippocrate ed Epicide scelsero un soldato fra quelli che erano stati assediati a Leontini e lo corruppero perché portasse a Siracusa una notizia conforme a quelle che falsamente erano state date presso il Mila; così, facendosi garante di quel che diceva e narrando le cose come se egli stesso avesse realmente visto ciò che invece era dubbio, avrebbe potuto eccitare l'ira dei cittadini

32 Non solo il volgo gli credette, ma quando il soldato fu introdotto nella curia, suscitò lo sdegno anche dei senatori

Alcuni cittadini, uomini non certo superficiali, dichiararono apertamente che in Leontini si era rivelato molto bene quali fossero la cupidigia e la ferocia dei Romani che, se fossero potuti entrare in Siracusa, avrebbero certo compiuto le stesse azioni tanto più atroci, quanto maggiore sarebbe stato in Siracusa il frutto offerto alla loro avidità

Pertanto, tutti ritennero opportuno chiudere le porte e sorvegliare la città

Tuttavia, non tutti erano presi da paura dei Romani né li odiavano
ad militare genus omne partemque magnam plebis inuisum esse nomen Romanum

praetores optimatiumque pauci, quamquam inflati uano nuntio erant, tamen ad propius praesentiusque malum cautiores esse ; et iam ad Hexapylum erant Hippocrates atque Epicydes serebanturque conloquia per propinquos popularium qui in exercitu erant, ut portas aperirent sinerentque communem patriam defendi ab impetu Romanorum

iam unis foribus Hexapyli apertis coepti erant recipi cum praetores interuenerunt

et primo imperio minisque, deinde auctoritate deterrendo, postremo, ut omnia uana erant, obliti maiestatis precibus agebant ne proderent patriam tyranni ante satellitibus et tum corruptoribus exercitus
il nome romano era inviso, soprattutto, alla casta militare e a gran parte della plebe

I pretori e ben pochi degli ottimati, invece, per quanto esaltati dalle false notizie, pure erano più cauti di fronte ad un male più vicino e più incombente, come quello rappresentato da Ippocrate ed Epicide che erano ormai nei pressi dell'Esapilo ed intrecciavano colloqui attraverso i parenti dei cittadini che erano nell'esercito, perché aprissero le porte e permettessero di difendere la strada comune contro l'assalto dei Romani

Già una delle sei porte dell'Esapilo era aperta e si era già cominciato ad accoglierli in città, quando intervennero i pretori

Dapprima ricorsero ai comandi ed alle minacce; Poi cercarono di tenerli lontani con la loro autorità; infine, visto che tutto era vano, dimenticando la maestà dellacarica, ricorsero alle preghiere perché la patria non fosse consegnata a coloro che prima erano stati servi del tiranno e che ora erano corruttori dell'esercito

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Livio, Ab urbe condita: Libro 34; 01 - 04

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 34; 01 - 04

sed surdae ad omnia aures concitatae multitudinis erant nec minore intus ui quam foris portae effringebantur, effractisque omnibus toto Hexapylo agmen receptum est

praetores in Achradinam cum iuuentute popularium confugiunt

mercennarii milites perfugaeque et quidquid regiorum militum Syracusis erat agmen hostium augent

ita Achradina quoque primo impetu capitur, praetorumque nisi qui inter tumultum effugerunt omnes interficiuntur

nox caedibus finem fecit

postero die serui ad pilleum uocati et carcere uincti emissi; confusaque haec omnis multitudo Hippocraten atque Epicyden creant praetores; Syracusaeque, cum breue tempus libertas adfulsisset, in antiquam seruitutem recciderant

[33] Haec nuntiata cum essent Romanis, ex Leontinis mota sunt extemplo castra ad Syracusas
A tutte queste esortazioni erano tuttavia sorde le orecchie della moltitudine eccitata; le porte furono forzate dall'interno con non minore violenza che dall'esterno; alla fine furono abbattute e l'esercito fu accolto attraverso tutte le aperture dell'Esapilo

I pretori si rifugiarono sull'Acradina insieme con la gioventù nemica dei re

i soldati mercenari e i disertori e tutti coloro che in Siracusa erano stati soldati del re andarono ad accrescere l'esercito avversario

Così al primo assalto fu presa anche l'Acradina e tutti i pretori furono uccisi, esclusi quelli che riuscirono a scampare in mezzo al tumulto

La notte pose fine alle stragi

Il giorno dopo gli schiavi furono liberati e i prigionieri fatti uscire dal carcere; tutta questa folla tumultuosa elesse pretori Ippocrate ed Epicide; così Siracusa ricadde nell'antica schiavitù, dopo un breve periodo di fulgida libertà

33 Dopo che ai Romani furono annunziati tali avvenimenti, subito gli accampamenti furono spostati nei pressi di Siracusa
et ab Appio legati per portum missi forte in quinqueremi erant

praemissa quadriremis cum intrasset fauces portus, capitur; legati aegre effugerunt

et iam non modo pacis sed ne belli quidem iura relicta erant, cum Romanus exercitus ad Olympium, Iouis id templum est, mille et quingentos passus ab urbe castra posuit

inde quoque legatos praemitti placuit; quibus, ne intrarent urbem, extra portam Hippocrates atque Epicydes obuiam cum suis processerunt

Romanus orator non bellum se Syracusanis sed opem auxiliumque adferre ait, et eis qui ex media caede elapsi perfugerint ad se, et eis qui metu oppressi foediorem non exsilio solum sed etiam morte seruitutem patiantur

nec caedem nefandam sociorum inultam Romanos passuros
I messi, mandati da Appio per mare, erano per caso sopra una quinquereme

La quadrireme, che era andata innanzi fu catturata appena entrò nel porto; gli ambasciatori scamparono a fatica

Ormai non erano stati più rispettati non solo i diritti della pace, ma neppure le leggi della guerra, quando l'esercito romano pose il campo alla distanza di millecinquecento passi dalla città presso il tempio di Giove chiamato Olimpio

I Romani decisero allora di inviare di nuovo gli ambasciatori; fuori della porta Ippocrate ed Epicide coi loro seguaci andarono incontro ai messi per impedire a loro di entrare in città

L'oratore romano dichiarò che egli non portava guerra ai Siracusani, ma soccorso e protezione a coloro che, scampati alla strage, si erano rifugiati presso i Romani ed a quelli che, sopraffatti dalla paura, soffrivano in una condizione di schiavitù più orribile non solo dell'esilio, ma anche della morte

I Romani non avrebbero mai tollerato che rimanesse invendicata la nefanda strage dei loro alleati

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Livio, Ab urbe condita: Libro 03; 41 - 55

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 03; 41 - 55

itaque si eis qui ad se perfugerint tutus in patriam reditus pateat et caedis auctores dedantur et libertas legesque [suae] Syracusanis restituantur, nihil armis opus esse

si ea non fiant, quicumque in mora sit bello persecuturos

ad ea Epicydes, si qua ad se mandata haberent, responsum eis ait se daturos fuisse; cum in eorum ad quos uenerint manu res Syracusana esset, tum reuerterentur

si bello lacesserent, ipsa re intellecturos nequaquam idem esse Syracusas ac Leontinos oppugnare

ita legatis relictis portas clausit
Pertanto, se si aprisse sicuro il ritorno in patria per quelli che si erano rifugiati presso di loro e si consegnassero gli autori della strage e fossero ristabilite in Siracusa la libertà e le leggi, non sarebbe stato necessario il ricorso alle armi

Se tutto questo non si realizzasse, i Romani avrebbero perseguitato con la guerra chiunque si fosse opposto

Epicide, a sua volta, replicò che egli ed Ippocrate avrebbero risposto ai Romani se questi avessero avuto da comunicare qualche cosa che li riguardasse; ritornassero perciò quando la città di Siracusa fosse in mano di coloro a cui essi erano stati mandati

Se poi avevano l'intenzione di provocarli con la guerra, dai fatti stessi avrebbero potuto comprendere che non era affatto la stessa cosa assalire Siracusa ed assalire Leontini

Detto questo, Epicide chiuse le porte, lasciando gli ambasciatori
inde terra marique simul coeptae oppugnari Syracusae, terra ab Hexapylo, mari ab Achradina, cuius murus fluctu adluitur; et quia, sicut Leontinos terrore ac primo impetu ceperant, non diffidebant uastam disiectamque spatio urbem parte aliqua se inuasuros, omnem apparatum oppugnandarum urbium muris admouerunt

[34] Et habuisset tanto impetu coepta res fortunam, nisi unus homo Syracusis ea tempestate fuisset

Archimedes is erat, unicus spectator caeli siderumque, mirabilior tamen inuentor ac machinator bellicorum tormentorum operumque quibus [si quid] hostes ingenti mole agerent ipse perleui momento ludificaretur
Dopo di ciò si cominciò l'assedio di Siracusa dalla terra e dal mare: per terra dall'Esapilo, per mare dall'Acradina, il cui muro è lambito dalle onde; come avevano preso al primo assalto Leontini col terrore, così i Romani non disperavano di potere da qualche parte penetrare in Siracusa, città vasta e sparsa su grande spazio; perciò, avvicinarono tutte le macchine da guerra alle mura per dare l'assalto alla città

34 L'impresa iniziata con tanto slancio avrebbe avuto successo se in quel momento un solo uomo non si fosse trovato a Siracusa

Costui era Archimede, sublime osservatore del cielo e delle stelle, ma ancor più mirabile inventore e costruttore di macchine da getto e di opere di guerra con le quali rendeva vano con lievissimo sforzo tutto ciò che i nemici a gran fatica costruivano

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Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 21; 41-50

murum per inaequales ductum colles, pleraque alta et difficilia aditu, summissa quaedam et quae planis uallibus adiri possent, ut cuique aptum uisum est loco, ita genere omni tormentorum instruxit

Achradinae murum, qui, ut ante dictum est, mari adluitur, sexaginta quinqueremibus Marcellus oppugnabat

ex ceteris nauibus sagittarii funditoresque et uelites etiam, quorum telum ad remittendum inhabile imperitis est, uix quemquam sine uolnere consistere in muro patiebantur; hi, quia spatio missilibus opus est, procul muro tenebant naues

iunctae aliae binae quinqueremes demptis interioribus remis ut latus lateri applicaretur, cum exteriore ordine remorum uelut una nauis agerentur, turres contabulatas machinamentaque alia quatiendis muris portabant
Un muro che si stendeva lungo colline di varia altitudine, luoghi dei quali parecchi erano alti e di difficile accesso, altri bassi ai quali si poteva arrivare attraverso valli senza dislivelli nel terreno, furono da lui difesi con ogni tipo di macchine, secondo l'adattabilità del suolo

Il muro di Acradina che, come abbiamo detto, è bagnata dal mare, era assalito da Marcello con sessanta quinqueremi

Dalle altre navi arcieri e frombolieri ed anche soldati armati alla leggera, i dardi dei quali gli inesperti non sanno adoperare in modo che siano di nuovo scagliati indietro, permettevano a stento che qualcuno si fermasse sulle mura senza colpirlo; i veliti tenevano le navi lontane dal muro, poiché, per scagliare le aste, si richiedeva una certa distanza

Altre quinqueremi unite a due a due, sopprimendo l'ordine dei remi nella parte che aderiva all'altra nave, spinte dal solo ordine di remi che rimaneva nella parte esterna come se fossero una nave sola, reggevano torri a parecchi piani ed altri strumenti da guerra destinati a far crollare i muri

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