Livio, Ab urbe condita: Libro 24; 31-40, pag 2

Livio, Ab urbe condita: Libro 24; 31-40

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 24; 31-40
aduersus hunc naualem apparatum Archimedes uariae magnitudinis tormenta in muris disposuit

in eas quae procul erant naues saxa ingenti pondere emittebat; propiores leuioribus eoque magis crebris petebat telis; postremo, ut sui uolnere intacti tela in hostem ingererent, murum ab imo ad summum crebris cubitalibus fere cauis aperuit, per quae caua pars sagittis, pars scorpionibus modicis ex occulto petebant hostem

[quae] propius quaedam subibant naues quo interiores ictibus tormentorum essent; in eas tollenone super murum eminente ferrea manus firmae catenae inligata cum iniecta prorae esset grauique libramento plumbum recelleret ad solum, suspensa prora nauem in puppim statuebat; dein remissa subito uelut ex muro cadentem nauem cum ingenti trepidatione nautarum ita undae adfligebant ut etiamsi recta recciderat, aliquantum aquae acciperet
Contro tutto questo insieme di macchine per il combattimento navale, Archimede dispose sulle mura strumenti di guerra di diversa grandezza

Contro quelle navi che stavano lontane, egli scagliava massi molto pesanti; contro quelle più vicine mirava con proiettili più leggeri e perciò più frequenti; alla fine, perché i suoi soldati potessero scagliare dardi senza essere a loro volta colpiti, fece aprire nel muro dal basso all'alto delle cavità dell'altezza di un cubito, attraverso le quali parte coi dardi, parte con piccole balestre i soldati, stando nascosti, colpivano i nemici

Quelle navi che riuscivano a giungere sotto le mura fuori della portata dei colpi, erano afferrate da una grossa altalena che sporgeva dal muro e che afferrava la propria con una mano ferrea munita di un contrappeso nell'altra estremità, che faceva sollevare da prora a poppa la nave, la quale, abbandonata all'improvviso, precipitava in mare con grande spavento dei marinai, in modo che, se fosse anche ricaduta a piombo, avrebbe imbarcato parecchia acqua
ita maritima oppugnatio est elusa omnisque spes eo uersa ut totis uiribus terra adgrederentur

sed ea quoque pars eodem omni apparatu tormentorum instructa erat Hieronis impensis curaque per multos annos, Archimedis unica arte

natura etiam adiuuabat loci, quod saxum, cui imposita muri fundamenta sunt, magna parte ita procliue est ut non solum missa tormento sed etiam quae pondere suo prouoluta essent, grauiter in hostem inciderent

eadem causa ad subeundum arduum aditum instabilemque ingressum praebebat

ita consilio habito, quando omnis conatus ludibrio esset, absistere oppugnatione atque obsidendo tantum arcere terra marique commeatibus hostem placuit
Così fallì l'assalto per mare ed ogni attività fu diretta ad assediare la città dalla parte di terra

Tuttavia, anche questa parte era stata rinforzata con ogni genere di macchine da guerra per cura di Gerone, durante molti anni, e per l'eccezionale genialità di Archimede

II luogo era anche avvantaggiato dalla natura, poiché la roccia sulla quale si basano le fondamenta della città è quasi tutta inclinata in modo che, non solo ciò che si scagliava con ordigni bellici, ma anche i sassi, che rotolavano giù per il proprio peso, precipitavano con violenza sopra il nemico

Per la stessa ragione era difficile l'accesso per giungere alla base del muro e difficile il fermare il piede

Così i Romani, tenuto consiglio, deliberarono di rinunciare all'assalto, dal momento che ogni tentativo era oggetto di scherno e decisero di limitarsi a precludere al nemico i rifornimenti, assediandolo per terra e per mare
[35] interim Marcellus cum tertia fere parte exercitus ad recipiendas urbes profectus quae in motu rerum ad Carthaginienses defecerant, Helorum atque Herbesum dedentibus ipsis recipit, Megara ui capta diruit ac diripuit ad reliquorum ac maxime Syracusanorum terrorem 35 Frattanto Marcello, partito con quasi la terza parte dell'esercito per ridurre in suo potere le città che in quel turbinio di avvenimenti erano passate ai Cartaginesi, ritornò in possesso di Eloro e di Erbesso, che spontaneamente si arresero; distrusse e saccheggiò Megara, occupata con la forza per terrorizzare le altre città e soprattutto Siracusa

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Livio, Ab urbe condita: Libro 01, 01-15
Livio, Ab urbe condita: Libro 01, 01-15

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 01, 01-15

per idem fere tempus et Himilco, qui ad Pachyni promunturium classem diu tenuerat, ad Heracleam, quam vocant Minoam, quinque et uiginti milia peditum, tria equitum, duodecim elephantos exposuit, nequaquam cum quantis copiis ante tenuerat ad Pachynum classem; sed, postquam ab Hippocrate occupatae Syracusae erant, profectus Carthaginem adiutusque ibi et ab legatis Hippocratis et litteris Hannibalis, qui uenisse tempus aiebat Siciliae per summum decus repetendae, et ipse haud uanus praesens monitor facile perpulerat ut quantae maxime possent peditum equitumque copiae in Siciliam traicerentur Pressappoco nello stesso tempo, anche Imilcone, che aveva a lungo tenuto all'ancora la flotta presso il promontorio Pachino, sbarcò ad Eraclea, chiamata Minoa, venticinquemila fanti, tremila cavalieri e dodici elefanti, una quantità di soldati superiore a quella con la quale aveva precedentemente tenuto la flotta al promontorio Pachino; infatti, dopo che Siracusa era stata occupata da Ippocrate, Imilcone partì per Cartagine dove fu aiutato dagli ambasciatori di Ippocrate e da una lettera di Annibale che lo avvertiva che era venuto il momento di rioccupare la Sicilia con somma gloria; gli diceva, inoltre, che egli stesso con la sua autorità aveva consigliato l'impresa, per la quale aveva facilmente ottenuto che si trasferisse in Sicilia il maggior numero possibile di fanti e di cavalieri
adueniens Heracleam, intra paucos inde dies Agrigentum recepit; aliarumque ciuitatium quae partis Carthaginiensium erant adeo accensae sunt spes ad pellendos Sicilia Romanos ut postremo etiam qui obsidebantur Syracusis animos sustulerint; et, parte copiarum satis defendi urbem posse rati, ita inter se munera belli partiti sunt ut Epicydes praeesset custodiae urbis, Hippocrates Himilconi coniunctus bellum aduersus consulem Romanum gereret

cum decem milibus peditum, quingentis equitibus nocte per intermissa custodiis loca profectus castra circa Acrillas urbem ponebat

munientibus superuenit Marcellus ab Agrigento iam occupato, cum frustra eo praeuenire hostem festinans tetendisset, rediens, nihil minus ratus quam illo tempore ac loco Syracusanum sibi exercitum obuium fore
Come giunse ad Eraclea pochi giorni dopo, Imilcone ricevette la resa di Agrigento; nelle altre città che avevano parteggiato per Cartagine si accesero talmente le speranze di respingere i Romani, che alla fine ne furono incoraggiati anche coloro che erano assediati in Siracusa; costoro, pensando di poter abbastanza difendere la città con una parte delle truppe, si divisero tra loro i compiti della guerra in modo che Epicide stette alla guardia della città, mentre Ippocrate, congiuntosi con Imilcone, condusse la lotta contro il console romano

Partito di notte, attraverso gli intervalli dei luoghi non custoditi, con diecimila fanti e cinquecento cavalieri pose gli accampamenti intorno ad Acrile

mentre si procedeva alle opere di fortificazione, sopravvenne Marcello che tornava da Agrigento già occupata e che si era invano sforzato ad affrettarsi per prevenire il nemico, aspettandosi tutt'altro che di trovarsi di fronte in quel tempo ed in quel luogo un esercito siracusano

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Livio, Ab urbe condita: Libro 34; 01 - 04

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 34; 01 - 04

sed tamen metu Himilconis Poenorumque, ut quibus nequaquam eis copiis quas habebat par esset, quam poterat maxime intentus atque agmine ad omnes casus composito ibat

[36] forte ea cura [q] aduersus Poenos praeparata aduersus Siculos usui fuit ; castris ponendis incompositos ac dispersos nanctus eos et plerosque inermes quod peditum fuit circumuenit; eques leui certamine inito cum Hippocrate Acras perfugit

ea pugna deficientes ab Romanis cum cohibuisset Siculos, Marcellus Syracusas redit

et post paucos dies Himilco adiuncto Hippocrate ad flumen Anapum octo ferme inde milia castra posuit
Tuttavia, per paura di Imilcone e dei Cartaginesi, le cui forze erano superiori alle sue, marciò il più cautamente possibile con l'esercito disposto in modo da poter fronteggiare ogni situazione improvvisa

36 Per caso quella cautela che era stata predisposta contro i Cartaginesi servì poi contro i siciliani, Marcello, infatti, li sorprese disordinati e dispersi mentre si preparavano a disporre gli accampamenti; assalì tutta la loro fanteria, per la maggior parte inerme, mentre la cavalleria corse a rifugiarsi con Ippocrate ad Acre, dopo brevi scontri

Poiché questa battaglia allontanò i Siciliani da un eventuale proposito di abbandonare i Romani, Marcello ritornò a Siracusa

Dopo pochi giorni Imilcone, essendosi congiunto con Ippocrate, pose gli accampamenti nei pressi del fiume Anapo, alla distanza di circa otto miglia dalla città
sub idem fere tempus et naues longae quinque et quinquaginta Carthaginiensium cum Bomilcare in magnum portum Syracusas ex alto decurrere, et Romana item classis, triginta quinqueremes, legionem primam Panormi exposuere

uersumque ab Italia bellum, adeo uterque populus in Siciliam intentus, fuisse uideri poterat

legionem Romanam quae exposita Panormi erat uenientem Syracusas praedae haud dubie sibi futuram Himilco ratus uia decipitur

mediterraneo namque Poenus itinere duxit; legio maritimis locis classe prosequente ad Ap Claudium Pachynum cum parte copiarum obuiam progressum peruenit
Intorno allo stesso tempo, cinquantacinque navi da guerra cartaginesi con Bomilcare, ammiraglio della flotta, dall'alto mare vennero a schierarsi di fronte al gran porto di Siracusa; nello stesso momento trenta quinqueremi romane sbarcarono a Panormo la prima legione

Poteva così sembrare che la guerra si fosse distolta dall'Italia, tanto ambedue i popoli, il romano ed il cartaginese, erano tutti intenti alla Sicilia

Imilcone, pensando che la legione romana che era sbarcata a Panormo sarebbe stata senza dubbio catturata da lui, sbagliò direzione

Infatti, il Cartaginese seguì la strada dell'entroterra, mentre la legione romana, percorrendo la via litoranea con la scorta delle navi, raggiunse Appio Claudio che le era venuto incontro al Pachino con parte delle forze

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Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 03; 41 - 55

nec diutius Poeni ad Syracusas morati sunt: et Bomilcar, simul parum fidens nauibus suis duplici facile numero classem habentibus Romanis simul inutili mora cernens nihil aliud ab suis quam inopiam adgrauari sociorum, uelis in altum datis in Africam transmisit, et Himilco, secutus nequiquam Marcellum Syracusas, si qua priusquam maioribus copiis iungeretur occasio pugnandi esset

postquam ea nulla contigerat tutumque ad Syracusas et munimento et uiribus hostem cernebat, ne frustra adsidendo spectandoque obsidionem sociorum tempus tereret, castra inde mouit, ut quocumque uocasset defectionis ab Romano spes admoueret exercitum ac praesens suas res fouentibus adderet animos
I Cartaginesi, a loro volta, non si trattennero troppo a lungo nei pressi di Siracusa; Bomilcare, spiegate le vele verso l'alto mare, passò in Africa, sia perché si fidava poco delle sue navi che erano la metà di quelle di cui disponevano i Romani, sia perché si accorgeva che un inutile indugio non avrebbe fatto altro che rendere più grave la carestia degli alleati; Imilcone, poi, inseguì invano Marcello fino a Siracusa, per vedere se si presentava qualche occasione di combattere prima che quello si congiungesse col nerbo dell'esercito

Dopo che nessuna opportunità di battaglia si fu offerta, Imilcone, vedendo che Marcello se ne stava sicuro protetto dalle fortificazioni e dalle truppe al suo comando, mosse di là gli accampamenti per non consumare inutilmente il tempo stando a guardare l'assedio degli alleati; egli riteneva opportuno di tenere l'esercito vicino, pronto per l'eventualità che si accendesse la speranza di qualche defezione dai Romani, in modo da poter incoraggiare con la sua presenza coloro che erano favorevoli al suo partito
Murgantiam primum prodito ab ipsis praesidio Romano recipit, ubi frumenti magna uis commeatusque omnis generis conuecti erant Romanis

[37] ad hanc defectionem erecti sunt et aliarum ciuitatium animi praesidiaque Romana aut pellebantur arcibus aut prodita per fraudem opprimebantur

Henna, excelso loco ac praerupto undique sita, cum loco inexpugnabilis erat, tum praesidium in arce ualidum praefectumque praesidii haud sane opportunum insidiantibus habebat

L Pinarius erat, uir acer et qui plus in eo ne posset decipi quam in fide Siculorum reponeret; et tum intenderant eum ad cauendi omnia curam tot auditae proditiones defectionesque urbium et clades praesidiorum
Per prima cosa ricevette la resa di Morganzia, i cui cittadini consegnarono a lui il presidio romano; in questa città i Romani avevano ammassato una grande quantità di grano e rifornimenti di ogni specie

37 Come giunse la notizia di questa defezione, anche i cittadini di altre città ripresero coraggio, tanto che i presidi romani o furono scacciati dalle fortezze o furono sopraffatti dopo essere stati proditoriamente consegnati

Enna,collocata sopra un monte altissimo e da ogni parte scosceso, non solo per la sua posizione era inespugnabile, ma aveva anche sulla rocca un forte presidio con un comandante non facile a lasciarsi sorprendere da insidie

Costui era Lucio Pinario, uomo energico, che faceva più assegnamento sulla sua abilità di non farsi trarre in inganno, che sulla lealtà dei Siciliani; lo avevano fatto più attento nell'esercitare con ogni cura la vigilanza, le notizie di tanti tradimenti e ribellioni di città e distruzioni di presidi

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itaque nocte dieque iuxta parata instructaque omnia custodiis ac uigiliis erant nec ab armis aut loco suo miles abscedebat

quod ubi Hennensium principes, iam pacti cum Himilcone de proditione praesidii, animaduerterunt, nulli occasioni fraudis Romanum patere, palam erat agendum: urbem arcemque suae potestatis aiunt debere esse, si liberi in societatem, non serui in custodiam traditi essent Romanis

itaque claues portarum reddi sibi aequum censent: bonis sociis fidem suam maximum uinculum esse et ita sibi populum Romanum senatumque gratias habiturum, si uolentes ac non coacti mansissent in amicitia
Pertanto, giorno e notte tutti i punti di difesa erano pronti e provvisti di reparti di truppe e di guardie, mentre nessun soldato si allontanava mai dal suo posto, né abbandonava le armi

Allorché i principali cittadini di Enna, che avevano già patteggiato con Imilcone il tradimento del presidio romano, si accorsero che non era in alcun modo possibile trarre in un'insidia Lucio Pinario, decisero di agire allo scoperto; affermavano, infatti, che sia la città che la rocca dovevano essere in loro potere, dal momento che essi si erano consegnati ai Romani in libera alleanza e non come schiavi sotto custodia

pertanto essi ritenevano giusto che a loro fossero restituite le chiavi delle porte; la loro lealtà era il massimo reciproco vincolo fra buoni alleati e perciò il senato ed il popolo romano sarebbero stati a loro riconoscenti se avessero conservato l'amicizia non costretti, ma di loro propria volontà

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