Livio, Ab urbe condita: Libro 04, 43-47

Livio, Ab urbe condita: Libro 04, 43-47

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 04, 43-47
Proximo anno Num Fabio Vibulano T Quinctio Capitolini filio Capitolino consulibus ductu Fabii, cui sorte ea prouincia euenerat, nihil dignum memoratu actum

Cum trepidam tantum ostendissent aciem Aequi, turpi fuga funduntur, haud magno consulis decore

Itaque triumphus negatus, ceterum ob Sempronianae cladis leuatam ignominiam ut ouans urbem intraret concessum est

Quemadmodum bellum minore quam timuerant dimicatione erat perfectum, sic in urbe ex tranquillo necopinata moles discordiarum inter plebem ac patres exorta est, coepta ab duplicando quaestorum numero
L'anno successivo divennero consoli Numerio Fabio Vibulano e Tito Quinzio Capitolino, figlio di Capitolino; sotto il comando di Fabio, cui erano toccate in sorte le operazioni contro gli Equi, non ci furono episodi degni di nota

Gli Equi erano appena riusciti a mettere in mostra un timido schieramento di battaglia che i Romani li sbaragliarono, senza quindi grande gloria per il console

Perciò gli venne negato il trionfo, ma per aver cancellato l'onta della disfatta subita da Sempronio, gli fu concesso di entrare in città con gli onori dell'ovazione

Mentre la guerra si era conclusa con uno scontro di dimensioni ridotte rispetto a quanto si temeva, in città la calma fu interrotta da contrasti di imprevista gravità tra plebei e patrizi, dovuti alla proposta di raddoppiare il numero dei questori
Quam rem praeter duos urbanos ut crearentur alii quaestores duo qui consulibus ad ministeria belli praesto essent-a consulibus relatam cum et patres summa ope adprobassent, tribuni plebi certamen intulerunt ut pars quaestorum nam ad id tempus patricii creati erant ex plebe fieret

Adversus quam actionem primo et consules et patres summa ope adnisi sunt concedendo deinde ut quemadmodum in tribunis consulari potestate creandis, sic in quaestoribus liberum esset arbitrium populi, cum parum proficerent, totam rem de augendo quaestorum numero omittunt
Questa proposta, che prevedeva si eleggessero, oltre ai due questori urbani, altri due destinati ad assistere i consoli nell'amministrazione bellica, era stata avanzata dai consoli, e i senatori l'avevano appoggiata con entusiasmo; ma i tribuni della plebe diedero battaglia perché una parte dei nuovi questori, che fino a quel giorno erano stati eletti solo fra i patrizi, fosse scelta tra la plebe

Sulle prime sia i consoli che i senatori fecero di tutto per opporsi a questa rivendicazione; in séguito concessero che, così come nell'elezione dei tribuni militari con potere consolare, allo stesso modo nella nomina dei questori il popolo avesse libertà assoluta di scelta; poi, vedendo gli scarsi risultati ottenuti, abbandonano del tutto la proposta di aumentare il numero dei questori
Excipiunt omissam tribuni, aliaeque subinde, inter quas et agrariae legis, seditiosae actiones exsistunt; propter quos motus cum senatus consules quam tribunos creari mallet, neque posset per intercessiones tribunicias senatus consultum fieri, res publica a consulibus ad interregnum

Neque id ipsum nam coire patricios tribuni prohibebant sine certamine ingenti, redit

Cum pars maior insequentis anni per novos tribunos plebi et aliquot interreges certaminibus extracta esset, modo prohibentibus tribunis patricios coire ad prodendum interregem, modo interregem interpellantibus ne senatus consultum de comitiis consularibus faceret
I tribuni riprendono la proposta che era stata abbandonata, e inoltre altre proposte sediziose, tra cui anche quella di una legge agraria; a causa di tali contrasti il senato preferì eleggere i consoli anziché i tribuni militari; ma dato che l'intervento dei tribuni non permise di emanare un decreto, la repubblica passò dal consolato all'interregno

Nemmeno questo fu però esente da gravi disordini, perché i tribuni impedivano ai senatori di riunirsi

La maggior parte dell'anno successivo si trascinò in scontri tra i nuovi tribuni e alcuni interré: a seconda infatti del momento, i tribuni impedivano ai senatori di riunirsi per nominare un interré, o all'interré di emanare un decreto senatoriale sull'elezione dei consoli

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Livio, Ab urbe condita: Libro 44; 01 - 20

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 44; 01 - 20

Postremo L Papirius Mugillanus proditus interrex, castigando nunc patres, nunc tribunos plebi, desertam omissamque ab hominibus rem publicam, deorum prouidentia curaque exceptam memorabat Veientibus indutiis et cunctatione Aequorum stare

Unde si quid increpet terroris, sine patricio magistratu placere rem publicam opprimi

Non exercitum, non ducem scribendo exercitui esse

An bello intestino bellum externum propulsaturos

Quae si in unum conveniant, vix deorum opibus quin obruatur Romana res resisti posse

Quin illi, remittendo de summa quisque iuris mediis consiliis copularent concordiam, patres patiendo tribunos militum pro consulibus fieri, tribuni plebi non intercedendo quo minus quattuor quaestores promisce de plebe ac patribus libero suffragio populi fierent
Alla fine fu nominato interré Lucio Papirio Mugillano il quale, stigmatizzando sia i senatori, sia i tribuni della plebe, ricordava che la repubblica, abbandonata e trascurata dagli uomini, ma sostenuta dalla provvidenza e dalla cura degli dèi, continuava a reggersi in piedi grazie alla tregua con i Veienti e alle esitazioni degli Equi

Tuttavia, se da quella parte fossero arrivati allarmanti segnali, erano contenti che la repubblica, priva di magistrati patrizi, venisse schiacciata

Che non ci fossero né un esercito né un comandante per arruolarlo

O avrebbero respinto una guerra esterna con una guerra civile

Se l'una e l'altra fossero esplose insieme, a stento con l'aiuto degli dèi si sarebbe potuto evitare che la potenza romana venisse travolta

Perché invece, rinunciando ciascuno a una parte dei propri diritti, non si sforzavano di trovare un accordo su una posizione intermedia, i senatori accettando che al posto dei consoli fossero eletti i tribuni militari, e i tribuni della plebe non opponendosi all'elezione di quattro questori scelti indistintamente tra patrizi e plebei con il libero voto del popolo
Tribunicia primum comitia sunt habita

Creati tribuni consulari potestate omnes patricii, L Quinctius Cincinnatus tertium L Furius Medullinus iterum M Manlius A Sempronius Atratinus

Hoc tribuno comitia quaestorum habente

Petentibusque inter aliquot plebeios filio A Antisti tribuni plebis et fratre alterius tribuni plebis Sex Pompili, nec potestas nec suffragatio horum valuit quin quorum patres auosque consules viderant eos nobilitate praeferrent

Furere omnes tribuni plebi, ante omnes Pompilius Antistiusque, repulsa suorum accensi

Quidnam id rei esset

Non suis beneficiis, non patrum iniuriis, non denique usurpandi libidine, cum liceat quod ante non licuerit, si non tribunum militarem, ne quaestorem quidem quemquam ex plebe factum
Si tennero prima i comizi per l'elezione dei tribuni

Furono eletti tribuni con potere consolare Lucio Quinzio Cincinnato, per la terza volta, Lucio Furio Medullino, per la seconda, Marco Manlio e Aulo Sempronio Atratino, tutti patrizi

Quest'ultimo tenne i comizi per le elezioni dei questori

Benché, tra i non pochi plebei, aspirassero alla carica il figlio del tribuno della plebe Aulo Antistio e il fratello dell'altro tribuno Sesto Pompilio, né l'autorità e né l'appoggio di costoro poterono impedire che la gente desse la sua preferenza, per la loro nobiltà, a uomini i cui padri e i cui antenati aveva visto consoli

Tutti i tribuni erano fuori di sé, e in particolare Pompilio e Antistio, indignati per lo scacco subito dai congiunti

Che cosa significava l'accaduto

Com'era possibile che i servigi da loro prestati, gli abusi compiuti dai patrizi o il piacere di esercitare un diritto che prima non era mai stato concesso, non avessero indotto il popolo a eleggere, se non un tribuno militare, almeno un solo questore plebeo

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Livio, Ab urbe condita: Libro 34; 35 - 39

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 34; 35 - 39

Non valuisse patris pro filio, fratris pro fratre preces, tribunorum plebis, potestatis sacrosanctae, ad auxilium libertatis creatae

Fraudem profecto in re esse, et A Sempronium comitiis plus artis adhibuisse quam fidei

Eius iniuria queri suos honore deiectos

Itaque cum in ipsum, et innocentia tutum et magistratu, in quo tunc erat, impetus fieri non posset, flexere iras in C Sempronium, patruelem Atratini, eique ob ignominiam Volsci belli adiutore collega M Canuleio diem dixere

Subinde ab iisdem tribunis mentio in senatu de agris dividendis inlata est, cui actioni semper acerrime C Sempronius restiterat, ratis, id quod erat, aut deposita causa leuiorem futurum apud patres reum aut perseuerantem sub iudicii tempus plebem offensurum
Non erano dunque servite a nulla le preghiere di un padre per il figlio e di un fratello per il fratello, pur essendo entrambi tribuni della plebe, rivestiti di quel sacrosanto potere creato per la salvaguardia della libertà

In tutta quella faccenda c'erano senz'altro degli imbrogli e Aulo Sempronio nei comizi si era valso più dell'astuzia che della lealtà

Sostenevano che i loro congiunti erano stati privati della carica per i raggiri di Sempronio

Siccome non potevano attaccare lui personalmente, protetto com'era dalla sua fama di onestà e dalla magistratura che in quel momento deteneva, rivolsero la loro rabbia contro Gaio Sempronio, cugino di Atratino, e, con l'appoggio del collega Marco Canuleio, lo citarono in giudizio per l'umiliazione subita nella guerra contro i Volsci

In séguito gli stessi tribuni portarono in senato la questione della distribuzione delle terre, misura alla quale Gaio Sempronio si era sempre opposto con accanimento; pensavano, e a ragione, che Sempronio o avrebbe perso credito presso i patrizi abbandonando la causa, o continuando a sostenerla fino al giorno del processo avrebbe scontentato la plebe
Adversae invidiae obici maluit et suae nocere causae quam publicae deesse, stetitque in eadem sententia ne qua largitio, cessura in trium gratiam tribunorum, fieret

Nec tum agrum plebi, sed sibi invidiam quaeri; se quoque subiturum eam tempestatem forti animo; nec senatui tanti se ciuem aut quemquam alium debere esse, ut in parcendo uni malum publicum fiat

Nihilo demissiore animo, cum dies venit causa ipse pro se dicta, nequiquam omnia expertis patribus ut mitigarent plebem, quindecim milibus aeris damnatur

Eodem anno Postumia virgo vestalis de incestu causam dixit, crimine innoxia, ab suspicione propter cultum amoeniorem ingeniumque liberius quam virginem decet parum abhorrens
Egli preferì esporsi all'odio e nuocere alla propria causa piuttosto che all'interesse del paese, e rimase fedele all'opinione che non si dovesse fare alcuna elargizione, perché ciò avrebbe solo aumentato la popolarità dei tribuni

Questi ultimi non cercavano di ottenere terra per la plebe, ma risentimento contro la sua persona; egli avrebbe affrontato anche quella tempesta con animo forte; quanto al senato, non doveva avere, nei confronti suoi o di qualsiasi altro cittadino, tanto riguardo da danneggiare la collettività per salvare un solo individuo

Con animo non meno deciso, quando venne il giorno del processo, perorò di persona la propria causa e, nonostante i molti tentativi fatti dai senatori per placare la plebe, Sempronio fu condannato a una multa di quindicimila assi

Quello stesso anno la vergine Vestale Postumia fu processata per amore sacrilego; pur essendo innocente, attirò su di sé i sospetti della gente per il suo modo di vestire troppo raffinato e per il comportamento più libero di quanto convenisse a una vergine

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Livio, Ab urbe condita: Libro 45; 01 - 22

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 45; 01 - 22

Eam ampliatam, deinde absolutam pro collegii sententia pontifex maximus abstinere iocis colique sancte potius quam scite iussit

Eodem anno a Campanis Cumae, quam Graeci tum urbem tenebant, capiuntur

Insequens annus tribunos militum consulari potestate habuit Agrippam Menenium Lanatum P Lucretium Tricipitinum Sp Nautium Rutulum

Annus, felicitate populi Romani, periculo potius ingenti quam clade insignis

Seruitia urbem ut incenderent distantibus locis coniurarunt, populoque ad opem passim ferendam tectis intento ut arcem Capitoliumque armati occuparent

Auertit nefanda consilia Iuppiter, indicioque duorum comprehensi sontes poenas dederunt

Indicibus dena milia grauis aeris, quae tum divitiae habebantur, ex aerario numerata et libertas praemium fuit
La causa fu prima rinviata, poi la donna fu assolta, ma il pontefice massimo a nome di tutto il collegio le ordinò di astenersi dalle frivolezze e di coltivare più la santità che l'eleganza

Nel corso di quello stesso anno, i Campani conquistarono Cuma, città che allora era in mano dei Greci

L'anno successivo ebbe come tribuni militari con potere consolare Agrippa Menenio Lanato, Publio Lucrezio Tricipitino e Spurio Nauzio Rutilio

Grazie alla fortuna del popolo romano, fu quello un anno memorabile più per il grande pericolo corso che per il danno subito

Gli schiavi congiurarono di appiccare fuoco alla città in punti tra loro distanti, e di occupare in armi la cittadella e il Campidoglio mentre la gente era intenta qua e là a portar soccorso alle case

Ma Giove sventò questi piani scellerati e, grazie alla delazione di due partecipanti alla congiura, i colpevoli vennero arrestati e puniti

I delatori furono ricompensati con diecimila assi pesanti pagati dall'erario - una somma allora considerata una vera fortuna - e con la concessione della libertà
Bellum inde ab Aequis reparari coeptum; et novos hostes Labicanos consilia cum veteribus iungere, haud incertis auctoribus Romam est allatum

Aequorum iam velut anniuersariis armis adsueuerat civitas

Labicos legati missi cum responsa inde rettulissent dubia, quibus nec tum bellum parari nec diuturnam pacem fore appareret, Tusculanis negotium datum adverterent animos ne quid novi tumultus Labicis oreretur

Ad insequentis anni tribunos militum consulari potestate, inito magistratu, legati ab Tusculo venerunt, L Sergium Fidenatem M Papirium Mugillanum C Seruilium Prisci filium, quo dictatore Fidenae captae fuerant

Nuntiabant legati Labicanos arma cepisse et cum Aequorum exercitu depopulatos agrum Tusculanum castra in Algido posuisse

Tum Labicanis bellum indictum
Gli Equi ricominciarono a fare preparativi di guerra e da fonti degne di fede arrivò a Roma la notizia che nuovi nemici, i Labicani, si erano alleati con quelli di un tempo

All'ostilità degli Equi la città era ormai abituata come a un anniversario

Ma, siccome la delegazione inviata a Labico era tornata con risposte ambigue, dalle quali si intuiva che non preparavano ancora la guerra, ma che la pace non sarebbe durata a lungo, i Romani affidarono ai Tuscolani il cómpito di controllare che a Labico non sorgessero nuove minacce di guerra

I tribuni militari con potere consolare per l'anno successivo, Lucio Sergio Fidenate, Marco Papirio Mugilano e Gaio Servilio, figlio di Prisco, il dittatore che aveva conquistato Fidene, súbito dopo essere entrati in carica, ricevettero la visita di ambasciatori da Tuscolo

Riferivano che i Labicani avevano impugnato le armi e si erano accampati sull'Algido, dopo aver devastato la campagna di Tuscolo insieme a contingenti di Equi

Fu allora dichiarata guerra ai Labicani

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Factoque senatus consulto ut duo ex tribunis ad bellum proficiscerentur, unus res Romae curaret, certamen subito inter tribunos exortum; se quisque belli ducem potiorem ferre, curam urbis ut ingratam ignobilemque aspernari

Cum parum decorum inter collegas certamen mirabundi patres conspicerent, Q Seruilius quando nec ordinis huius ulla inquit, nec rei publicae est verecundia, patria maiestas altercationem istam dirimet

Filius meus extra sortem urbi praeerit

Bellum utinam, qui adpetunt, consideratius concordiusque quam cupiunt gerant

Dilectum haberi non ex toto passim populo placuit; decem tribus sorte ductae sunt; ex iis scriptos iuniores duo tribuni ad bellum duxere
Avendo il senato decretato che due tribuni partissero per la guerra e che uno rimanesse invece a capo della città, súbito scoppiò un litigio fra i tribuni perché ciascuno vantava la propria superiorità in campo militare e disprezzava il governo della città, considerandolo un compito sgradito e inglorioso

Mentre i senatori assistevano sbalorditi a quell'alterco non certo decoroso tra colleghi, Quinto Servilio esclamò: Visto che non avete alcun rispetto né per questo consesso né per la repubblica, dirimerà questa contesa l'autorità paterna

Mio figlio governerà la città senza che si debba ricorrere all'estrazione a sorte

Spero soltanto che chi aspira al comando in guerra sappia usare maggiore ragionevolezza e concordia nel reggerlo che nel desiderarlo

Si decise di non organizzare una leva militare che coinvolgesse tutta la popolazione; furono estratte a sorte solo dieci tribù, all'interno delle quali i due tribuni scelsero i più giovani e li condussero a combattere

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