Coepta inter eos in urbe certamina cupiditate eadem imperii multo impensius in castris accendi; nihil sentire idem, pro sententia pugnare; sua consilia velle, sua imperia sola rata esse; contemnere in vicem et contemni, donec castigantibus legatis tandem ita comparatum est ut alternis diebus summam imperii haberent Quae cum allata Romam essent, dicitur Q Seruilius, aetate et usu doctus, precatus ab dis immortalibus ne discordia tribunorum damnosior rei publicae esset quam ad Veios fuisset, et velut haud dubia clade imminente, institisse filio ut milites scriberet et arma pararet Nec falsus uates fuit |
Gli attriti sorti in città tra i tribuni si riaccesero nell'accampamento per la stessa, insaziabile sete di comando; non erano d'accordo su nulla; lottavano per far prevalere la propria opinione; ciascuno esigeva che solo i suoi piani e i suoi ordini fossero approvati; si disprezzavano a vicenda; finché, dopo una reprimenda dei loro luogotenenti, decisero di esercitare il supremo comando a giorni alterni Quando queste notizie arrivarono a Roma, si dice che Quinto Servilio, ammaestrato dall'età e dall'esperienza, abbia implorato gli dèi immortali perché la discordia dei tribuni non fosse tanto dannosa per la repubblica quanto lo era stata a Veio; e come se una disfatta imminente fosse ormai certa, insistette con il figlio perché arruolasse dei soldati e preparasse le armi Non fu cattivo profeta |
Nam ductu L Sergi, cuius dies imperii erat, loco iniquo sub hostium castris, cum quia simulato metu receperat se hostis ad vallum, spes uana expugnandi castra eo traxisset, repentino impetu Aequorum per supinam vallem fusi sunt, multique in ruina maiore quam fuga oppressi obtruncatique; castraque eo die aegre retenta, postero die circumfusis iam magna ex parte hostibus per auersam portam fuga turpi deseruntur Duces legatique et quod circa signa roboris de exercitu fuit Tusculum petiere: palati alii per agros passim multis itineribus maioris quam accepta erat cladis nuntii Romam contenderunt |
Infatti, quando i Romani agli ordini di Lucio Sergio, a cui quel giorno toccava il comando, si vennero a trovare in una posizione svantaggiosa sotto l'accampamento nemico, dove li aveva trascinati la speranza infondata di espugnarlo - visto che gli avversari si erano ritirati al di là della palizzata di protezione fingendo di essere in preda al panico -, un attacco improvviso degli Equi li ricacciò giù lungo il pendio di una valle; molti furono raggiunti e massacrati mentre, più che fuggire, ruzzolavano verso il basso; quel giorno riuscirono a stento a difendere l'accampamento, mentre quello successivo, ormai quasi circondati dai nemici, lo abbandonarono fuggendo vergognosamente attraverso la porta sul lato opposto I comandanti con i luogotenenti e le forze rimaste abbarbicate alle insegne si diressero a Tuscolo; altri, dopo essersi dispersi per le campagne, per vie diverse raggiunsero Roma, portando la notizia di una sconfitta maggiore di quella subita |
Minus trepidationis fuit, quod euentus timori hominum congruens fuerat, et quod subsidia quae respicerent in re trepida praeparata erant ab tribuno militum Iussuque eiusdem per minores magistratus sedato in urbe tumultu, speculatores propere missi nuntiavere Tusculi duces exercitumque esse, hostem castra loco non movisse Et quod plurimum animorum fecit, dictator ex senatus consulto dictus Q Seruilius Priscus, vir cuius prouidentiam in re publica cum multis aliis tempestatibus ante experta civitas erat, tum euentu eius belli, quod uni certamen tribunorum suspectum ante rem male gestam fuerat |
La reazione fu però più contenuta del previsto, giacché tutti erano preparati al disastro e le riserve su cui contare in una situazione di emergenza erano già state preparate dal tribuno militare Per disposizione di quest'ultimo, i magistrati di rango inferiore riportarono l'ordine in città, e gli osservatori mandati in gran fretta tornarono con la notizia che i comandanti e l'esercito erano a Tuscolo e che il nemico non aveva spostato l'accampamento Quello che però più di ogni altra cosa riuscì a infondere coraggio, fu la nomina a dittatore, per decreto del senato, di Quinto Servilio Prisco, uomo di cui il paese aveva potuto apprezzare la lungimiranza già in molte altre passate circostanze, ma anche in occasione di quella guerra, perché soltanto lui aveva previsto in anticipo i pessimi risultati della rivalità tra i tribuni |
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Magistro equitum creato, a quo ipse tribuno militum dictator erat dictus, filio suo-ut tradidere quidam; nam alii Ahalam Seruilium magistrum equitum eo anno fuisse scribunt,-nouo exercitu profectus ad bellum, accitis qui Tusculi erant, duo milia passuum ab hoste locum castris cepit Transierat ex re bene gesta superbia neglegentiaque ad Aequos, quae in Romanis ducibus fuerat Itaque primo statim proelio cum dictator equitatu immisso antesignanos hostium turbasset, legionum inde signa inferri propere iussit signiferumque ex suis unum cunctantem occidit Tantus ardor ad dimicandum fuit ut impetum Aequi non tulerint; victique acie cum fuga effusa petissent castra, breuior tempore et certamine minor castrorum oppugnatio fuit quam proelium fuerat |
Dopo aver nominato maestro della cavalleria il figlio, dal quale - quando questi era tribuno militare - era stato proclamato dittatore (è questa la tesi di alcuni storici, altri scrivono che quell'anno fu Servilio Aala maestro della cavalleria) Quinto Servilio partì per la guerra con un nuovo esercito e, fatti venire gli uomini che si trovavano a Tuscolo, pose il campo a due miglia dal nemico In séguito al successo ottenuto, erano passati agli Equi l'arroganza e la negligenza già dei comandanti romani Così il dittatore, buttatosi all'assalto con la cavalleria e avendo scompigliato sin da súbito le prime linee dei nemici, ordinò alle legioni di avanzare rapidamente e uccise uno dei suoi vessilliferi che esitava Le truppe si gettarono nella mischia con tale accanimento che gli Equi non riuscirono a reggere l'urto, e, sconfitti sul campo, si diressero con una fuga disordinata verso l'accampamento; questo fu espugnato dai Romani in meno tempo e lotta che nella battaglia |
Captis direptisque castris cum praedam dictator militi concessisset, secutique fugientem ex castris hostem equites renuntiassent omnes Labicanos victos, magnam partem Aequorum Labicos confugisse Postero die ad Labicos ductus exercitus oppidumque corona circumdata scalis captum ac direptum est Dictator exercitu victore Romam reducto, die octauo quam creatus erat, magistratu se abdicavit; et opportune senatus priusquam ab tribunis plebi agrariae seditiones mentione inlata de agro Labicano dividendo fierent, censuit frequens coloniam Labicos deducendam Coloni ab urbe mille et quingenti missi bina iugera acceperunt |
Preso e saccheggiato l'accampamento, il dittatore concesse il bottino ai soldati; i cavalieri, che avevano inseguito i nemici fuggiti dal campo, riferirono che tutti i Labicani vinti e buona parte degli Equi si erano rifugiati a Labico Il giorno dopo l'esercito giunse a Labico; la città, circondata, fu presa facendo uso di scale e saccheggiata Il dittatore riportò a Roma l'esercito vincitore e rinunciò alla carica otto giorni dopo essere stato eletto; poi, opportunamente, prima che i tribuni della plebe fomentassero disordini per la legge agraria proponendo la distribuzione del territorio labicano, il senato, a grande maggioranza, stabilì di fondare una colonia a Labico Mille e cinquecento coloni furono inviati da Roma e ciascuno di loro ricevette duemila iugeri di terra |
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Captis Labicis, ac deinde tribunis militum consulari potestate Agrippa Menenio Lanato et C Seruilio Structo et P Lucretio Tricipitino, iterum omnibus his, et Sp Rutilio Crasso, et insequente anno A Sempronio Atratino tertium, et duobus iterum, M Papirio Mugillano et Sp Nautio Rutulo, biennium tranquillae externae res, discordia domi ex agrariis legibus fuit |
Dopo la conquista di Labico si ebbero come tribuni militari con potere consolare Agrippa Menenio Lanato, Gaio Servilio Strutto e Publio Lucrezio Tricipitino, tutti per la seconda volta, e Spurio Rutilio Crasso; l'anno successivo Aulo Sempronio Atratino, per la terza volta, Marco Papirio Mugillano e Spurio Nauzio Rutilio, entrambi per la seconda volta; per due anni vi furono rapporti tranquilli con l'esterno e disordini interni dovuti alle leggi agrarie |