Cicerone, De divinationes: Libro 01 - Parte 03, pag 7

Cicerone, De divinationes: Libro 01 - Parte 03

Latino: dall'autore Cicerone, opera De divinationes parte Libro 01 - Parte 03
Non enim illa quae futura sunt subito exsistunt, sed est quasi rudentis explicatio sic traductio temporis nihil novi efficientis et primum quidque replicantis

Quod et ii vident, quibus naturalis divinatio data est, et ii, quibus cursus rerum observando notatus est

Qui etsi causas ipsas non cernunt, signa tamen causarum et notas cernunt; ad quas adhibita memoria et diligentia et monumentis superiorum efficitur ea divinatio, quae artificiosa dicitur, extorum, fulgorum, ostentorum signorumque caelestium

Non est igitur ut mirandum sit ea praesentiri a divinantibus quac nusquam sint; sunt enim omnia, sed tempore absunt
Il futuro non sorge all'improvviso: come lo sdipanarsi di una gomena, tale è lo scorrere del tempo che non produce nulla di nuovo e ritorna sempre al punto da cui mosse

Questo lo vedono sia coloro che hanno avuto in dote la divinazione naturale, sia coloro che con l'osservazione hanno compreso il corso degli eventi

Costoro, anche se non scorgono le cause vere e proprie, scorgono però i segni e gli indizi delle cause; per di più, con l'aiuto della memoria, dell'attenzione e di ciò che ci è stato tramandato dagli scritti dei nostri antenati, ecco che si forma quella divinazione che è chiamata artificiale, basata sull'esame delle viscere, dei fulmini, dei prodigi e dei segni provenienti dal cielo

Non c'è dunque motivo di meravigliarsi del fatto che gli indovini prevedano ciò che non vi è ancora in nessun luogo; tutte queste cose vi sono, ma sono ancora lontane nel tempo
Atque ut in seminibus vis inest earum rerum, quae ex iis progignuntur, sic in causis conditae sunt res futurae, quas esse futuras aut concitata mens aut soluta somno cernit aut ratio aut coniectura praesentit

Atque ut ii qui solis et lunae reliquorumque siderum ortus, obitus motusque cognorunt, quo quidque tempore eorum futurum sit multo ante praedicunt, sic, qui cursum rerum eventorumque consequentiam diuturnitate pertractata notaverunt, aut semper aut, si id difficile est, plerumque, quodsi ne id quidem conceditur, non numquam certe quid futurum sit intellegunt

Atque haec quidem et quaedam eiusdem modi argumenta, cur sit divinatio, ducuntur a fato
E come nei semi è ìnsita la potenza generativa delle future piante, così nelle cause sono racchiusi gli eventi futuri; il loro avvento, lo prevede la mente invasata o immersa nel sonno, o anche il ragionamento e l'interpretazione

E come quelli che conoscono il sorgere, il tramontare, i moti del sole, della luna e degli altri astri sono in grado di predire con molto anticipo in quale tempo ciascuno di quei fenomeni avverrà, così quelli che con lunghe osservazioni hanno notato lo svolgersi dei fatti e il rapporto tra segni ed eventi comprendono il futuro, o sempre, o, se ciò può sembrare arrischiato, nella maggior parte dei casi, o, se neppur questo mi si vuol concedere, almeno parecchie volte

Questi argomenti, dunque, e altri dello stesso genere a favore della divinazione, sono tratti dall'esistenza del fato
A natura autem alia quaedam ratio est, quae docet, quanta sit animi vis seiuncta a corporis sensibus, quod maxime contingit aut dormientibus aut mente permotis

Ut enim deorum animi sine oculis, sine auribus, sine lingua sentiunt inter se quid quisque sentiat (ex quo fit ut homines, etiam cum taciti optent quid aut voveant, non dubitent quin di illud exaudiant), sic animi hominum, cum aut somno soluti vacant corpore aut mente permoti per se ipsi liberi incitati moventur, cernunt ea quae permixti cum corpore [animi] videre non possunt

Atque hanc quidem rationem naturae difficile est fortasse traducere ad id genus divinationis, quod ex arte profectum dicimus; sed tamen id quoque rimatur, quantum potest, Posidonius

Esse censet in natura signa quaedam rerum futurarum
Un altro argomento, poi, si desume dalla natura che ci insegna quanto sia grande il potere dell'anima separato dalle sensazioni corporee; e ciò avviene soprattutto a chi dorme o a chi è invasato

Difatti, come le anime degli dèi, senza bisogno di avere occhi, né orecchi, né lingua, intendono reciprocamente ciò che ciascuno intende (cosicché gli uomini, anche quando esprimono tacitamente un desiderio o un voto, possono essere sicuri che gli dèi li odono), così le anime umane, quando, immerse nel sonno, sono sciolte dal corpo oppure, essendo invasate, si muovono da sé, libere, con tutto il loro vigore, vedono ciò che non possono vedere quando sono commiste al corpo

Questo argomento tratto dalla natura , forse, non è facile riferirlo a quel genere di divinazione che, come si è detto, deriva dall'arte; e tuttavia Posidonio, per quanto può, scruta anche questo campo

Egli ritiene che vi siano in natura dei segni premonitori del futuro

Maybe you might be interested

Cicerone, De divinationes: Libro 02 - Parte 05

Latino: dall'autore Cicerone, opera De divinationes parte Libro 02 - Parte 05

Etenim Ceos accepirnus ortum Caniculae diligenter quotannis solere servare coniecturamque capere, ut scribit Ponticus Heraclides, salubrisne an pestilens annus futurus sit: nam si obscurior quasi caligit nosa stella exstiterit, pingue et concretum esse caelum, ut eius adspiratio gravis et pestilens futura sit; sin inlustris et perlucida stella apparuerit, significari caelum esse tenue purumque et propterea salubre

Democritus autem censet sapienter instituisse veteres ut hostiarum immolatarum inspicerentur exta; quorum ex habitu atque ex colore tum salubritatis, tum pestilentiae signa percipi, non numquam etiam quae sit vel sterilitas agrorum vel fertilitas futura
Sappiamo, ad esempio, che gli abitanti di Ceo sono soliti, ogni anno, osservare attentamente il sorgere della Canicola e da ciò prevedere se l'annata sarà salubre o malsana, come riferisce Eraclìde Pontico: se l'astro sorgerà alquanto velato e quasi caliginoso, l'aria sarà densa e piena di vapori, sicché la respirazione risulterà penosa e nociva; se invece la costellazione apparirà chiara e lucente, vorrà dire che l'aria sarà sottile e pura, e quindi salubre

Democrito, a sua volta, ritiene che gli antichi saggiamente prescrissero di osservare le viscere delle vittime immolate: dalla loro forma e dal loro colore, egli dice, si possono trarre indizi sia di salubrità dell'aria sia di pestilenza, qualche volta anche di sterilità o di fertilità dei campi
Quae si a natura profecta observatio atque usus agnovit, multa adferre potuit dies, quae animadvertendo notarentur, ut ille Pacuvianus, qui in Chryse physicus inducitur, minime naturam rerum cognosse videatur: nam isti qui linguam avium intelleguntplusque ex alieno iecore sapiunt quam ex suomagis audiendum quam auscultandum censeo

Cur, quaeso, cum ipse paucis interpositis versibus dicas satis luculente: Quidquid est hoc, omnia animat, format, alit, auget creat,sepelit recipitque in sese omnia omniumque idemst pater,indidemque eadem aeque oriuntur de integro atque eodem occidunt
E se l'osservazione e la pratica dei fenomeni naturali è in grado di prevedere queste cose, molte altre si possono, col lungo trascorrere del tempo, scrutare e annotare; sicché non sembra che conosca affatto la natura quello scienziato che nel Crise di Pacuvio viene introdotto a dire: Costoro che intendono il linguaggio degli uccelli e traggono la loro sapienza più dal fegato degli animali che dal proprio, io ritengo che sia meglio starli a sentire che dar loro retta

Perché, dimmi un poco, parli così, dal momento che tu stesso, pochi versi dopo, dici in modo eccellente: Qualunque sia questo essere, esso anima, forma, nutre, accresce, crea; seppellisce e accoglie in sé tutto, e di tutto, al tempo stesso, è padre; e le medesime cose sorgono da esso di nuovo e in esso si dissolvono

Maybe you might be interested

Cicerone, De divinationes: Libro 01 - Parte 02

Latino: dall'autore Cicerone, opera De divinationes parte Libro 01 - Parte 02

Quid est igitur cur, cum domus sit omnium una, eaque communis, cumque animi hominum semper fuerint futurique sint, cur ii, quid ex quoque eveniat, et quid quamque rem significet, perspicere non possint

Haec babui, inquit, de divinatione quae dicerem

Nunc illa testabor, non me sortilegos neque eos, qui quaestus causa hariolentur, ne psychomantia quidem, quibus Appius, amicus tuus, uti solebat, agnoscere

Non habeo denique nauci Marsum augurem, non vicanos haruspices, non de circo astrologos, non Isiacos coniectores, non interpretes somniorum
Perché, dunque, se la sede di tutti gli esseri è unica e a tutti comune, e se le anime umane sono sempre esistite e sempre esisteranno, perché, dico, non dovrebbero essere in grado di intendere quale effetto risulti da ogni singola causa e quale segno preannunci ciascun evento

Questo, concluse Quinto, è ciò che avevo da dire sulla divinazione

Ora, però, dichiarerò solennemente che io non do credito ai volgari estrattori di sorti, né a quelli che fanno gl'indovini per trarne guadagno, né alle evocazioni delle anime dei morti, alle quali ricorreva il tuo amico Appio

Non stimo un bel nulla gli àuguri marsi, né gli arùspici di strada, né gli astrologi che fan quattrini presso il Circo, né i profeti d'Iside, né i ciarlatani interpreti di sogni
Non enim sunt ii aut scientia aut arte divini, sedsuperstitiosi vates impudentesque harioliaut inertes aut insani aut quibus egestas imperat,qui sibi semitam non sapiunt, alteri monstrant viam;quibus divitias pollicentur, ab iis dracumam ipsi petunt

De his divitiis sibi deducant dracumam, reddant cetera

Atque haec quidem Ennius, qui paucis ante versibus esse deos censet, sed eos non curare opinatur quid agat humanum genus

Ego autem, qui et curare arbitror et monere etiam ac multa praedicere, levitate, vanitate, malitia exclusa divinationem probo

Quae cum dixisset Quintus, Praeclare tu quidem, inquam, paratus

Essi non sono indovini per scienza ed esperienza, ma sono vati superstiziosi e impudenti spacciatori di frottole, incapaci o pazzi o schiavi del bisogno: gente che non sa andare per il proprio sentieruccio e pretenderebbe d'indicare la strada al prossimo;da quelli a cui promettono ricchezze, chiedono un soldo

Da quelle ricchezze prendano per sé un soldo di ricompensa, e ci dìano, come è dovuto, tutto il resto

E questo lo dice Ennio, che pochi versi prima afferma che gli dèi esistono, ma ritiene che non si curino delle cose umane

Io invece, che ritengo che gli dèi non solo se ne curino ma anche ci ammoniscano e ci predicano molte cose, credo nella divinazione, quando se ne siano escluse le forme sciocche, mendaci, fraudolente

Dopo che Quinto ebbe così finito di parlare, io dissi: Tu hai davvero sostenuto con bellissimi argomenti la tua tesi

Maybe you might be interested

Cicerone, De divinationes: Libro 02 - Parte 03

Latino: dall'autore Cicerone, opera De divinationes parte Libro 02 - Parte 03

Cicerone, De divinationes: Libro 01 - Parte 01

Latino: dall'autore Cicerone, opera De divinationes parte Libro 01 - Parte 01

Cicerone, De divinationes: Libro 02 - Parte 02

Latino: dall'autore Cicerone, opera De divinationes parte Libro 02 - Parte 02

Cicerone, De divinationes: Libro 02 - Parte 01

Latino: dall'autore Cicerone, opera De divinationes parte Libro 02 - Parte 01

Tags: #cicero