Laserstein fece i suoi primi tentativi artistici a Berlino, dove impiantò uno studio nel 1927, dipingendo corpi pesanti, dettagliatissimi, e quasi palpabili. Presto il suo lavoro incontrò un buon successo ed espose i suoi quadri sia in Germania che nel più vasto pubblico europeo. Abbattendo gli stereotipi di genere, adottò un look androgino con capelli corti e camicie da uomo.
Alla sua destra vediamo l'artista - forse la stessa Laserstein - assorta nel suo compito che si alterna continuamente tra lo specchio e la tela; spreme velocemente il colore sulla tavolozza per portare al termine il dipinto di fronte a lei. Al pari delle sue colleghe, Laserstein simboleggiava la nuova donna; proprio quando la sua carriera stava per decollare ogni cosa si bloccò.
Nel 1934 dopo essere stata dichiarata per tre quarti ebrea, le fu vietato di esporre in pubblico. Con l'ascesa al potere dei nazisti la sua opera, al pari di quelle di molti altri artisti dissidenti, venne relegata nell'oscurità. Emigrò in Svezia dove rimase per il resto della sua vita. L'arte modernista, che Hitler definiva degenerata perché non si conformava all'ideologia nazionalista tedesca ma, al contrario accoglieva l'espressività e la modernità, venne bandita talvolta addirittura distrutta.
I nazisti sequestrarono più di 15.000 opere e nel 1937 allestirono due mostre di "arte degenerata" a Monaco. Nonostante il fine di queste mostre fosse quello di deridere gli artisti, il risultato che raggiunsero fu invece quello di rendere visibili al pubblico alcune delle opere più rivoluzionarie della storia: opere che rendevano giustizia alla libertà e al caos dell'epoca e che raffiguravano le donne nella loro trionfante gloriosa modernità