Hinc satis elucet maiorem habere vim ad discenda ista liberam curiositatem quam meticulosam necessitatem Sed illius fluxum haec restringit legibus tuis, Deus, legibus tuis A magistrorum ferulis usque ad tentationes martyrum, valentibus legibus tuis miscere salubres amaritudines revocantes nos ad te a iucunditate pestifera, qua recessimus a te Omnia Deo serviant [15] Exaudi, Domine, deprecationem meam, ne deficiat anima mea sub disciplina tua neque deficiam in confitendo tibi miserationes tuas, quibus eruisti me ab omnibus uiis meis pessimis, ut dulcescas mihi super omnes seductiones, quas sequebar, et amem te validissime et amplexer manum tuam totis praecordiis meis et ervas me ab omni temptatione usque in finem |
Ne emerge in modo abbastanza chiaro che per imparare queste nozioni vale più la libera curiosità che la pedante costrizione Ma il flusso della prima è contenuto dall'altra secondo le tue leggi, o Dio, le tue leggi Dalle verghe dei maestri fino alle torture dei martiri le tue leggi sanno combinare amari salubri, che ci richiamano a te dopo le dolcezze pestifere che da te ci hanno allontanato Tutto al servizio di Dio [15] Ascolta, Signore, la mia implorazione: non venga meno la mia anima sotto la tua disciplina, non venga meno io nel confessarti gli atti della tua commiserazione, con cui mi togliesti dalle mie pessime strade, che tu mi riesca più dolce di tutte le attrazioni dietro a cui correvo; che io ti ami fortissimamente e stringa con tutto il mio intimo essere la tua mano; che tu mi scampi da ogni tentazione fino alla fine |
Ecce enim tu, Domine, rex meus et Deus meus, tibi seruiat quidquid utile puer dildici, tibi serviat quod loquor et scribo et lego et numero, quoniam cum vana discerem, tu disciplinam dabas mihi et in eis vanis peccata delectationum mearum dimisisti mihi Didici enim in eis multa verba utilia; sed et in rebus non vanis disci possunt, et ea via tuta est, in qua pueri ambularent Turpes poetae male pueros instituunt [16] Sed vae tibi, flumen moris humani Quis resistet tibi Quandiu non siccaberis Quousque volves Evae filios in mare magnum et formidulosum, quod vix transeunt qui lignum conscenderint Nonne ego in te legi et tonantem Iovem et adulterantem Et utique non posset haec duo, sed actum est, ut haberet auctoritatem imitandum verum adulterium lenocinante falso tonitru |
Ecco, non sei tu, Signore, il mio re e il mio Dio, al tuo servizio sia rivolto quanto di utile imparai da fanciullo, sia rivolta la mia capacità di parlare e scrivere e leggere e computare, mentre io imparavo delle vanità, tu mi davi una disciplina, e i diletti peccaminosi che in quella vanità io trovai, tu me li hai perdonati Sì, se appresi per loro mezzo molti vocaboli utili, è possibile apprenderli anche attraverso materie meno vane, e questa è la via sicura, per cui i fanciulli dovrebbero camminare La poesia corrotta e corruttrice [16] Ma guai a te, fiumana delle consuetudini umane Chi ti resisterà Fino a quando non ti seccherai Fino a quando travolgerai i figli di Eva nel vasto e terribile mare, che appena riescono a traversare coloro che si sono imbarcati sul legno Non ho letto fra le tue onde di un Giove tonante e adultero Due atti che non poteva davvero compiere simultaneamente, eppure glieli fecero compiere, perché ottenesse credito il modello di un adulterio vero col lenocinio di un tuono falso |
Quis autem paenulatorum magistrorum audit aure sobria ex eodem pulvere hominem clamantem et dicentem: Fingebat haec Homerus et humana ad deos transferebat; divina mallem ad nos Sed verius dicitur, quod fingebat haec quidem ille, sed hominibus flagitiosis divina tribuendo, ne flagitia flagitia putarentur et ut quisquis ea fecisset, non homines perditos, sed caelestes deos videretur imitatus Et tamen, o flumen Tartareum, iactantur in te fili hominum cum mercedibus, ut haec discant, et magna res agitur, cum hoc agitur publice in foro, in conspectu legum supra mercedem salaria decernentium, et saxa tua percutis et sonas dicens: "Hinc verba discuntur, hinc adquiritur eloquentia rebus persuadendis sententiisque explicandis maxime necessaria" |
Chi però fra i maestri paludati ascolta senza alterarsi un uomo che dalla sua stessa lizza proclama ad alta voce: "Queste sono invenzioni di Omero, il quale trasferiva qualità umane agli dèi, Io preferirei avesse trasferito qualità divine a noi" Più esattamente si potrebbe però dire: Omero nell'immaginare queste vicende attribuiva qualità divine a uomini viziosi, per ottenere che i vizi non fossero ritenuti vizi, e chiunque vi si abbandonasse, sembrasse imitare non già la corruzione umana, ma la celestialità divina Ciò nonostante i figli degli uomini sono gettati nelle tue onde, o fiumana tartarea, e si paga perché apprendano queste nozioni; e si tratta di cosa seria, se viene compiuta ufficialmente, sulla piazza principale della città, sotto gli occhi delle leggi, che assegnano ai maestri un salario pubblico in aggiunta alla mercede dei privati, battendo contro le tue rocce, sembri dire col tuo fragore: "Qui dentro s'imparano le parole, di qui si attinge l'eloquenza, assolutamente necessaria per convincere e spiegare il proprio pensiero" |
Maybe you might be interested
Agostino, Le Confessioni: Libro 03
Latino: dall'autore Agostino, opera Le Confessioni parte Libro 03
Ita vero non cognosceremus verba haec, imbrem et aureum et gremium et fucum et templa caeli et alia verba, quae in eo loco scripta sunt, nisi Terentius induceret nequam adulescentem proponentem sibi Iovem ad exemplum stupri, dum spectat tabulam quandam pictam in pariete, ubi inerat pictura haec, Iovem quo pacto Danaae misisse aiunt in gremium quondam imbrem aureum, fucum factum mulieri Et vide, quemadmodum se concitat ad libidinem quasi caelesti magisterio: At quem Deum Inquit Qui templa caeli summo sonitu concutit Ego homuncio id non facerem Ego illud vero feci ac libens Non omnino per hanc turpitudinem verba ista commodius discuntur, sed per haec verba turpitudo ista confidentius perpetratur |
Certo noi non conosceremmo parole quali "pioggia aurea", "grembo", "trucco", "templi celesti", e le altre che si trovano nel passo seguente di Terenzio, se il poeta non avesse portato in scena un giovinastro, che si propone per il proprio stupro l'esempio di Giove, mentre osserva sopra la parete un dipinto, ove era raffigurata questa scena: Giove che, come si narra, fa cadere una pioggia aurea in grembo a Danae, truccato per una donna Guarda poi come, dietro il magistero celeste, diremmo, egli si ecciti al piacere: "E qual dio Dice Quello che i templi celesti con immenso fragor sconquassa Ed io, un povero mortal, non lo farei Ma io l'ho fatto, e molto volentieri" Non è affatto vero, non è affatto vero che sconcezze simili agevolino l'apprendimento delle parole; piuttosto, grazie alle parole si eseguono più leggermente le sconcezze |
Non accuso verba quasi vasa electa atque pretiosa, sed vinum erroris, quod in eis nobis propinabatur ab ebriis doctoribus, et nisi biberemus, caedebamur nec appellare ad aliquem iudicem sobrium licebat Et tamen ego, Deus meus, in cuius conspectu iam secura est recordatio mea, libenter haec didici et eis delectabar miser et ob hoc bonae spei puer appellabar Egregium Augustini ingenium poetarum deliramentis atterebatur [17] Sine me, Deus meus, dicere aliquid et de ingenio meo, munere tuo, in quibus a me deliramentis atterebatur Proponebatur enim mihi negotium animae meae satis inquietum praemio laudis et dedecoris vel plagarum metu, ut dicerem verba Iunonis irascentis et dolentis, quod non posset Italia Teucrorum avertere regem, quae numquam Iunonem dixisse audieram |
Io non accuso le parole, che direi vasi eletti e preziosi, ma il vino del peccato, che in esse ci veniva propinato da maestri ebbri, e che dovevamo sorbire, pena le busse, senza possibilità di appellarci a un giudice sobrio Eppure io, Dio mio, davanti a cui evoco ormai pacatamente questi ricordi, imparai volentieri quelle nozioni, esse costituivano per me, sventurato, un diletto, e perciò venivo definito un fanciullo di belle speranze Impiego vano di un'intelligenza eccellente [17] Permettimi, Dio mio, di spendere qualche parola anche sul mio intelletto, tuo dono; di dire in quali vaneggiamenti si logorava Mi veniva assegnato il compito, piuttosto inquietante al mio spirito per l'allettamento degli elogi e il timore delle mortificazioni e delle busse, di riferire le parole di Giunone adirata e crucciata perché non può stornare dall'Italia il re dei teucri, parole che da Giunone non avevo mai sentito pronunciare |
Maybe you might be interested
Agostino, Le Confessioni: Libro 04
Latino: dall'autore Agostino, opera Le Confessioni parte Libro 04
Sed figmentorum poeticorum vestigia errantes sequi cogebamur et tale aliquid dicere solutis verbis, quale poeta dixisset versibus; et ille dicebat laudabilius, in quo pro dignitate adumbratae personae irae ac doloris similior affectus eminebat verbis sententias congruenter vestientibus Ut quid mihi illud, o vera vita, Deus meus, quod mihi recitanti acclamabatur prae multis coaetaneis et collectoribus meis Nonne ecce illa omnia fumus et ventus Itane aliud non erat, ubi exerceretur ingenium et lingua mea Laudes tuae, Domine, laudes tuae per Scripturas tuas suspenderent palmitem cordis mei, et non raperetur per inania nugarum turpis praeda volatilibus Non enim uno modo sacrificatur transgressoribus angelis Homines, dum observant grammaticorum praecepta, legem Dei neglegunt |
Eppure eravamo costretti a perderci sulle orme di queste invenzioni poetiche, riferendo in prosa quanto il poeta aveva riferito in versi; e i maggiori elogi nella dizione toccavano a chi esprimeva sentimenti d'ira e cruccio più adeguati al rango del personaggio rappresentato, e rivestiva i concetti di parole più convenienti Quale vantaggio mi recavano, o vera vita, Dio mio, gli applausi tributati alla mia recitazione più che a quella dei miei molti coetanei e condiscepoli Non era, ecco, tutto fumo e vento Non esisteva nessun'altra materia, ove esercitare il mio intelletto e la mia lingua Le tue lodi, Signore, le tue lodi disseminate nelle tue Scritture avrebbero ben potuto reggere il tralcio del mio cuore, così non sarebbe stato travolto nei vuoti delle frivolezze, né sconciato da uccelli rapaci In molti modi si sacrifica agli angeli ribelli Vanità degli uomini |
[18] Quid autem mirum, quod in vanitates ita ferebar et a te, Deus meus, ibam foras, quando mihi imitandi proponebantur homines, qui aliqua facta sva non mala si cum barbarismo aut soloecismo enuntiarent, reprehensi confundebantur, si autem libidines suas integris et rite consequentibus verbis copiose ornateque narrarent, laudati gloriabantur Vides haec, Domine, et taces longanimis et multum misericors et verax Numquid semper tacebis Et nunc eruis de hoc immanissimo profundo quaerentem te animam et sitientem delectationes tuas, et cuius cor dicit tibi: Quaesivi vultum tuum; vultum tuum, Domine, requiram; nam longe a vultu tuo in affectu tenebroso |
[18] Ma che c'è di strano, se mi lasciavo attrarre fra le vanità e mi sviavo lontano da te, Dio mio, quando mi venivano proposti a modello certi uomini, i quali, rimproverati di essere caduti, nell'esporre alcune loro azioni non malvagie, in un barbarismo o solecismo, si turbavano; mentre, lodati per aver narrato le proprie sregolatezze con facondia ed eleganza, facendo uso di vocaboli puri e armonizzandoli a dovere, se ne gloriavano Tu vedi queste cose, Signore, e longanime, misericordiosissimo, veritiero Taci: ma sempre tacerai Ed ora trai da questo baratro spaventoso l'anima che ti cerca, assetata delle tue gioie, il cuore che ti dice: "Ho cercato il tuo volto; il tuo volto, Signore, ricercherò", perché lontani dal tuo volto si è nelle tenebre della passione |
Maybe you might be interested
Agostino, Le Confessioni: Libro 01; 01-10
Latino: dall'autore Agostino, opera Le Confessioni parte Libro 01; 01-10
Non enim pedibus aut spatiis locorum itur abs te aut reditur ad te, aut vero filius ille tuus minor equos vel currus vel naves quaesivit aut avolavit pinna visibili aut moto poplite iter egit, ut in longinqua regione vivens prodige dissiparet quod dederas proficiscenti dulcis pater, quia dederas, et egeno redeunti dulcior; in affectu ergo libidinoso, id enim est tenebroso atque id est longe a vultu tuo | Da te ci allontaniamo e a te torniamo senza muovere i piedi, senza attraversare spazio di luoghi; oppure bisogna intendere che il tuo figlio secondogenito, di cui parla la parabola, dovette procacciarsi davvero un cavallo, un carro, una nave, o s'involò con ali visibili, o percorse la strada col moto delle gambe per dissipare da prodigo, vivendo in un paese lontano, ciò che alla partenza gli avevi dato, padre amabile per i tuoi doni, più amabile al suo desolato ritorno; no, gli bastò vivere nella sregolatezza della passione, perché questo è davvero un vivere tenebroso, ed è vivere lontano dal tuo volto |
Vide Domine Deus, et patienter, ut vides, vide, quomodo diligenter observent filii hominum pacta litterarum et syllabarum accepta a prioribus locutoribus et a te accepta aeterna pacta perpetuae salutis neglegant, ut qui illa sonorum vetera placita teneat aut doceat, si contra disciplinam grammaticam sine aspiratione primae syllabae hominem dixerit, magis displiceat hominibus, quam si contra tua praecepta hominem oderit, cum sit homo Quasi vero quemlibet inimicum hominem perniciosius sentiat quam ipsum odium, quo in eum irritatur, aut vastet quisquam persequendo alium gravius, quam cor suum vastat inimicando Et certe non est interior litterarum scientia quam scripta conscientia, id se alteri facere quod nolit pati |
Guarda, Signore Dio, e pazientemente, come guardi, guarda il rigore con cui da un lato i figli degli uomini osservano le leggi delle lettere e delle sillabe, ricevute da chi prima di loro usò le parole; e la noncuranza che dall'altro dimostrano verso le leggi eterne della salvezza perpetua, ricevute da te, così se uno di coloro che conoscono e insegnano le antiche convenzioni dei suoni, pronuncia homo senza aspirare la prima sillaba a dispetto delle regole grammaticali, gli uomini ne sono urtati più che se, uomo, odia un altro uomo a dispetto dei tuoi precetti Quasi che il peggiore dei nemici potesse danneggiarlo più dell'odio stesso che lo eccita contro di lui, o si potesse rovinare un estraneo perseguitandolo, più di quanto si rovini il proprio cuore inasprendolo Certo la scienza delle lettere non è impressa più addentro in noi di ciò che sta scritto nella nostra coscienza, cioè che agli altri facciamo quanto non vorremmo subire |
Maybe you might be interested
Agostino, Le Confessioni: Libro 11, 1-15
Latino: dall'autore Agostino, opera Le Confessioni parte Libro 11, 1-15
Quam tu secretus es, habitans in excelsis in silentio, Deus solus magnus, lege infatigabili spargens poenales caecitates supra illicitas cupiditates, cum homo eloquentiae famam quaeritans ante hominem iudicem circumstante hominum multitudine inimicum suum odio immanissimo insectans vigilantissime cavet, ne per linguae errorem dicat; inter hominibus, et ne per mentis furorem hominem auferat ex hominibus, non cavet Augustini pueri peccata [19] Horum ego puer morum in limine iacebam miser, et huius harenae palaestra erat illa, ubi magis timebam barbarismum facere quam cavebam, si facerem, non facientibus invidere Dico haec et confiteor tibi, Deus meus, in quibus laudabar ab eis, quibus placere tunc mihi erat honeste vivere |
Come sei nascosto tu, che abiti tacito nei cieli più alti, Dio solo grande, che con legge instancabile spargi tenebre punitrici sulle passioni illecite, mentre un uomo in cerca di gloria nell'eloquenza, innanzi a un altro uomo in veste di giudice e in mezzo a una moltitudine di uomini che lo attorniano, si accanisce con odio bestiale contro un suo nemico ed evita con la massima circospezione di cadere in un fallo di pronuncia, dicendo "inter omines", ma non evita di sottrarre al consorzio umano un uomo per i furori della propria mente I peccati del fanciullo [19] Sulla soglia di una simile scuola di moralità io, povero fanciullo, ero disteso; e in una tale arena si svolgeva il mio addestramento, ov'ero più timoroso di cadere in un'improprietà di linguaggio, che attento a evitare, nel cadervi, l'invidia verso chi non vi cadeva Dico questo, Dio mio, e ti confesso di che mi lodavano le persone, il cui compiacimento costituiva allora per me l'onore della vita |