Livio, Ab urbe condita: Libro 24; 01-10, pag 2

Livio, Ab urbe condita: Libro 24; 01-10

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 24; 01-10
[4] In Sicilia Romanis omnia mutauerat mors Hieronis regnumque ad Hieronymum nepotem eius translatum, puerum uixdum libertatem, nedum dominationem modice laturum

eam aetatem, id ingenium tutores atque amici ad praecipitandum in omnia uitia acceperunt

quae ita futura cernens Hiero ultima senecta uoluisse dicitur liberas Syracusas relinquere, ne sub dominatu puerili per ludibrium bonis artibus partum firmatumque interiret regnum

huic consilio eius summa ope obstitere filiae, nomen regium penes puerum futurum ratae, regimen rerum omnium penes se uirosque suos Adran[odorum et Zoippum, qui tut]orum primi relinquebantur
4 In Sicilia la morte di Gerone aveva mutato la situazione per i Romani; il regno di lui, infatti, era passato a Geronimo suo nipote adolescente, che, se a stento avrebbe potuto servirsi con moderazione della libertà, meno che mai avrebbe potuto saggiamente usare della tirannia

I tutori e gli amici si valsero della sua giovane età e della sua natura per affrettare in lui l'inclinazione ad ogni forma di vizio

Gerone, prevedendo tutto ciò, si dice che nell'ultimo periodo della sua tarda età avrebbe voluto lasciar libera Siracusa, perché un dominio che era sorto e si era consolidato in virtù di giuste leggi, non si rovinasse vergognosamente sotto la signoria di un ragazzo

A siffatto proposito di Gerone, le figlie di lui si erano opposte con ogni mezzo, pensando che, qualora il potere regio fosse stato nelle mani di un fanciullo, il governo di ogni cosa sarebbe passato nelle loro mani ed in quelle dei loro mariti, Adranodoro e Zoippo, che erano considerati i primi tutori di Geronimo
non facile erat nonagesimum iam agenti annum, circumsesso dies noctesque muliebribus blanditiis, liberare animum et conuertere ad publicam [a] priuata curam

itaque tutores modo quindecim puero relinquit, quos precatus est moriens ut fidem erga populum Romanum quinquaginta annos ab se cultam inuiolatam seruarent iuuenemque suis potissimum uestigiis insistere uellent et disciplinae, in qua eductus esset

haec mandata

cum exspirasset, tutores testamento prolato pueroque in contionem producto, erat autem quindecim tum ferme annorum, paucis, qui per contionem ad excitandos clamores dispositi erant, adprobantibus testamentum, ceteris uelut patre amisso in orba ciuitate omnia timentibus

funus fit regium magis amore ciuium et caritate quam cura suorum celebre
Non era facile per Gerone ormai all'età di novant'anni, circondato giorno e notte da blandizie femminili, avere l'animo libero e volgerlo dagli affari privati al bene pubblico

Pertanto, lasciò al fanciullo quindici tutori, ai quali egli morendo rivolse la raccomandazione di conservare quella fedeltà al popolo romano che egli aveva serbato intatta per ben quindici anni; raccomandò, inoltre, di far sì che il giovane seguisse in tutto il suo esempio e la disciplina nella quale era stato educato

Queste furono le istruzioni date da Gerone

Quando egli spirò, i tutori resero pubblico il testamento e presentarono all'assemblea il ragazzo, che aveva allora quasi quindici anni; solo pochi cittadini, che ad arte erano stati distribuiti qua e là nell'adunanza per suscitare applausi, approvarono il testamento; gli altri, invece, temendo ogni male, si comportarono come se la città fosse rimasta priva di un padre

Furono celebrati i funerali del re, che apparvero grandiosi più per le vive manifestazioni di amore dei suoi concittadini che per la sollecitudine dei suoi parenti
breui deinde ceteros tutores summouet Adranodorus, iuuenem iam esse dictitans Hieronymum ac regni potentem; deponendoque tutelam ipse, quae cum pluribus communis erat, in se unum omnium uires conuertit

[5] Vix quidem uel bono moderatoque regi facilis erat fauor apud Syracusanos, succedenti tantae caritati Hieronis

uerum enimuero Hieronymus, uelut suis uitiis desiderabilem efficere uellet auum, primo statim conspectu omnia quam disparia essent ostendit

nam qui per tot annos Hieronem filiumque eius Gelonem nec uestis habitu nec alio ullo insigni differentes a ceteris ciuibus uidissent, ei conspexere purpuram ac diadema ac satellites armatos, quadrigisque etiam alborum equorum interdum ex regia procedentem more Dionysi tyranni
successivamente Adranodoro allontanò gli altri tutori, dicendo che Geronimo era ormai un giovane già atto a regnare; egli stesso poi, col rinunciare alla tutela che teneva in comune con parecchi altri, concentrò il potere di tutti soltanto nelle sue mani

5 Anche un re buono ed onesto a stento avrebbe potuto acquistare favore presso i Siracusani, per il fatto che gli era toccato succedere ad un re tanto amato come Gerone

Al contrario, infatti, Geronimo, come avesse voluto coi suoi vizi far rimpiangere il nonno, subito al primo suo apparire in pubblico dimostrò come ogni cosa fosse diversa dal passato

Infatti, coloro che per tanti anni avevano veduto Gerone e suo figlio Gelone per nulla dissimili dagli altri cittadini, né per foggia di vestire né per altro segno distintivo, videro indosso a Geronimo la porpora e il diadema e lo videro scortato da guardie del corpo armate; lo videro anche venire dalla reggia su quadrighe tirate da cavalli bianchi, secondo il costume del tiranno Dionisio

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Livio, Ab urbe condita: Libro 44; 21 - 33
Livio, Ab urbe condita: Libro 44; 21 - 33

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 44; 21 - 33

hunc tam superbum adparatum habitumque conuenientes sequebantur contemptus omnium hominum, superbae aures, contumeliosa dicta, rari aditus non alienis modo sed tutoribus etiam, libidines nouae, inhumana crudelitas

itaque tantus omnes terror inuaserat ut quidam ex tutoribus aut morte uoluntaria aut fuga praeuerterent metum suppliciorum

tres ex iis quibus solis aditus in domum familiarior erat, Adranodorus et Zoippus, generi Hieronis, et Thraso quidam, de aliis quidem rebus haud magno opere audiebantur; tendendo autem duo ad Carthaginienses, Thraso ad societatem Romanam, certamine ac studiis interdum in se conuertebant animum adulescentis, cum coniuratio in tyranni caput facta indicatur per Callonem quendam, aequalem Hieronymi et iam inde a puero in omnia familiaria iura adsuetum
Gran spregio per tutti gli uomini accompagnava un apparato ed un atteggiamento così superbi: udienze altezzose espressioni offensive, difficile accesso non solo per gli estranei, ma anche per i tutori, mostruose passioni, disumana ferocia

Un così grande terrore si era, peraltro, impadronito dell'animo di tutti, che alcuni dei tutori si sottrassero o col suicidio o con la fuga alla paura dei supplizi

Tre fra coloro che soli più familiarmente potevano entrare nella reggia, Adranodoro, Zoippo, generi di Gerone e un tale Trasone, non erano neppure essi troppo ascoltati intorno agli affari dello stato; poiché i primi due erano favorevoli ai Cartaginesi, mentre Trasone era incline all'alleanza coi Romani, essi con le loro dispute vivaci attraevano a sé talvolta l'animo del giovane Geronimo; un giorno un certo Calone, suo coetaneo che fin dall'infanzia godeva di tutti i diritti dell'intimità, rivelò al re che si ordiva una congiura contro la sua vita
index unum ex coniuratis Theodotum, a quo ipse appellatus erat, nominare potuit

qui comprensus extemplo traditusque Adranodoro torquendus, de se ipse haud cunctanter fassus conscios celabat

postremo cum omnibus intolerandis patientiae humanae cruciatibus laceraretur, uictum malis se simulans auertit ab consciis in insontes indicium, Thrasonem esse auctorem consilii mentitus, nec nisi tam potenti duce confisos rem tantam ausuros [fuisse; addit socios] ab latere tyranni quorum capita uilissima fingenti inter dolores gemitusque occurrere

maxime animo tyranni credibile indicium Thraso nominatus fecit

itaque extemplo traditur ad supplicium adiectique poenae ceteri iuxta insontes
Il delatore poté fare il nome di uno dei congiurati, un certo Teodoto, dal quale egli stesso era stato messo a parte della cosa

Costui, subito arrestato e consegnato ad Adranodoro per essere torturato, confessò senza indugio di essere partecipe della congiura, ma non rivelò i nomi degli altri complici

Alla fine straziato da tormenti intollerabili ad ogni umana sopportazione, fingendo di cedere alle torture, invece dei complici denunciò degli innocenti, indicando falsamente Trasone come sobillatore del disegno criminoso, affermando che i congiurati non avrebbero osato compiere un così grave misfatto se non avessero confidato in un capo così potente; fece, quindi, i nomi di uomini che stavano a fianco del tiranno, persone di poco conto, così come vennero in mente a lui che se li inventava fra lo strazio ed i lamenti della tortura

Il nome di Trasone rese al tiranno maggiormente credibile la delazione

Pertanto Trasone fu subito trascinato al supplizio, al quale furono condotti anche gli altri parimenti innocenti

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Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 40; 36 - 40

consciorum nemo, cum diu socius consilii torqueretur, aut latuit aut fugit; tantum illis in uirtute ac fide Theodoti fiduciae fuit tantumque ipsi Theodoto uirium ad arcana occultanda

[6] Ita, quod unum uinculum cum Romanis societatis erat, Thrasone sublato e medio extemplo haud dubie ad defectionem res spectabat, legatique ad Hannibalem missi ac remissi ab eo cum Hannibale, nobili adulescente, Hippocrates et Epicydes, nati Carthagine sed oriundi ab Syracusis exsule auo, Poeni ipsi materno genere

per hos iuncta societas Hannibali ac Syracusano tyranno nec inuito Hannibale apud tyrannum manserunt

Ap Claudius praetor, cuius Sicilia prouincia erat, ubi ea accepit, extemplo legatos ad Hieronymum misit
Nessuno dei partecipi della congiura o si nascose o fuggì, per quanto a lungo il loro complice Teodoto fosse torturato; così grande fu la loro fiducia nel coraggio e nella lealtà di lui e così grande fu la forza di Teodoto nel tener nascosto il segreto

Così, dal momento che il solo vincolo d'amicizia coi Romani, rappresentato da Trasone, era stato tolto di mezzo, la situazione divenne indubbiamente favorevole all'abbandono dell'alleanza romana da parte dei Siracusani; furono perciò mandati dei messi ad Annibale, il quale, insieme con un giovane della nobiltà cartaginese di nome Annibale, mandò a Siracusa Ippocrate ed Epicide, nati a Cartagine, ma oriundi di Siracusa, perché il loro avo era un esule siracusano; da parte di madre, tuttavia, essi erano Cartaginesi

Per mezzo di costoro fu stipulata un'alleanza fra Annibale ed il tiranno di Siracusa; quei giovani poi, con il consenso di Annibale, rimasero presso il tiranno

Il pretore Appio Claudio, che governava la provincia di Sicilia, appena fu informato di tutto ciò, spedì subito ambasciatori a Geronimo
qui cum sese ad renouandam societatem quae cum auo fuisset uenisse dicerent, per ludibrium auditi dimissique sunt ab quaerente per iocum Hieronymo quae fortuna eis pugnae ad Cannas fuisset; uix credibilia enim legatos Hannibalis narrare; uelle quid ueri sit scire, ut ex eo utram spem sequatur consilium capiat

Romani, cum serio legationes audire coepisset redituros se ad eum dicentes esse, monito magis eo quam rogato ne fidem temere mutaret proficiscuntur

Hieronymus legatos Carthaginem misit ad foedus ex societate cum Hannibale pacta faciendum
Costoro, dichiarando di essere venuti a rinnovare quel patto di alleanza che era stato con suo nonno, furono per scherno ammessi all'udienza, per essere poi congedati da Geronimo che, beffeggiandoli, si divertiva a chiedere a loro quale sorte avessero avuto nella battaglia di Canne, poiché i messi di Annibale raccontavano cose che a stento era possibile credere; egli voleva sapere che cosa ci fosse di vero per prendere poi una decisione riguardo alla parte da seguire nella speranza di ottenere un utile maggiore

I Romani se ne partirono dicendo che sarebbero ritornati quando egli avesse cominciato ad ascoltare seriamente l'ambasceria; più che pregarlo, lo ammonirono a non mancare senza riflettere alla fede data

Geronimo mandò allora ambasciatori a Cartagine per stringere i patti in base all'alleanza già conclusa con Annibale

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Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 44; 01 - 20

conuenit ut, cum Romanos Sicilia expulissent, id autem breui fore, si naues atque exercitum misissen, Himera amnis, qui ferme [mediam] diuidit, finis regni Syracusani ac Punici imperii esset

aliam deinde, inflatus adsentationibus eorum qui eum non Hieronis tantum sed Pyrrhi etiam regis, materni aui, iubebant meminisse, legationem misit, qua aequum censebat Sicilia sibi omni cedi, Italiae imperium proprium quaeri Carthaginiensi populo

hanc leuitatem ac iactationem animi neque mirabantur in iuuene furioso neque arguebant, dummodo auerterent eum ab Romanis

[7] Sed omnia in eo praecipitia ad exitium fuerunt
fu stipulato così un accordo, in base al quale si deliberò che, quando i Romani fossero stati cacciati dalla Sicilia, il che sarebbe avvenuto in breve tempo se i Cartaginesi avessero mandato navi e soldati, il fiume Imera che divide in due l'isola, sarebbe stato il confine tra il dominio di Siracusa e quello di Cartagine

Successivamente insuperbito dalle adulazioni di coloro che lo esortavano a ricordarsi non solo di Gerone, ma anche di Pirro suo nonno materno, Geronimo mandò un'altra ambasciata, con la quale affermava che gli pareva giusto che i Cartaginesi si ritirassero da tutta la Sicilia in suo favore; il dominio dell'Italia sarebbe, invece, toccato di diritto ai Cartaginesi

Questi non furono sorpresi da tanta leggerezza ed arroganza in un giovane forsennato; non lo rimproverarono neppure, paghi di staccarlo dall'alleanza coi Romani

7 Tutti questi avvenimenti, pertanto, precipitarono a rovina Geronimo
nam cum praemissis Hippocrate atque Epicyde cum binis milibus armatorum ad temptandas urbes quae praesidiis tenebantur Romanis, et ipse in Leontinos cum cetero omni exercitu, erant autem ad quindecim milia peditum equitumque, profectus esset, liberas aedes coniurati, et omnes forte militabant, imminentes uiae angustae qua descendere ad forum rex solebat sumpserunt

ibi cum instructi armatique ceteri transitum exspectantes starent, uni ex eis, Dinomeni fuit nomen, quia custos corporis erat, partes datae sunt ut, cum adpropinquaret ianuae rex, per causam aliquam in angustiis sustineret ab tergo agmen

ita ut conuenerat factum est

tamquam laxaret elatum pedem ab stricto nodo, moratus turbam Dinomenes tantum interualli fecit ut, cum in praetereuntem sine armatis regem impetus fieret, confoderetur aliquot prius uolneribus quam succurri posset
Infatti, dopo aver mandato avanti Ippocrate ed Epicide con duemila soldati ciascuno, per assalire le città che erano occupate da guarnigioni romane, egli stesso se ne partì per Leontini col resto dell'esercito che era di circa quindicimila uomini tra fanti e cavalieri; allora i congiurati, che per caso erano tutti soldati, occuparono un edificio vuoto che sovrastava una stretta via per la quale il re soleva discendere per avviarsi al foro

Quindi, mentre gli altri disposti in fila e armati stavano fermi aspettando il passaggio del re, fu incaricato uno della guardia del corpo, di nome Dinomene, di trattenere con qualche pretesto nella stretta via il seguito, nel momento in cui il re si avvicinava alla porta della casa disabitata

Fu fatto ciò che era stato convenuto

Dinomene, alzato un piede quasi per slacciare un nodo stretto, trattenne il seguito in modo da creare tanto spazio che permettesse di assalire il re mentre procedeva solo senza essere protetto dai soldati; il re fu trafitto da parecchi colpi prima di poter essere soccorso

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clamore et tumultu audito in Dinomenem iam haud dubie obstantem tela coniciuntur, inter quae tamen duobus acceptis uolneribus euasit

fuga satellitum, ut iacentem uidere regem, facta est; interfectores pars in forum ad multitudinem laetam libertate, pars Syracusas pergunt ad praeoccupanda Adranodori regiorumque aliorum consilia

incerto rerum statu Ap Claudius bellum oriens ex propinquo cum cerneret, senatum litteris certiorem fecit Siciliam Carthaginiensi populo et Hannibali conciliari

ipse aduersus Syracusana consilia [ad] prouinciae regnique fines omnia conuertit praesidia

exitu anni eius Q Fabius ex auctoritate senatus Puteolos, per bellum coeptum frequentari emporium, communiit praesidiumque imposuit
Udite le grida, i soldati alla vista del tumulto scagliarono dardi contro Dinomene che ormai apertamente impediva il passo al re; per quanto colpito da due ferite, Dinomene riuscì a fuggire in mezzo alle frecce

Le guardie del corpo, come videro il re caduto, si diedero alla fuga; gli uccisori si diressero parte al foro verso la folla lieta per la libertà riconquistata e parte si diressero a Siracusa per prevenire i piani di Adranodoro e degli altri seguaci del re

Nell'incertezza della situazione, Appio Claudio, accorgendosi che da vicino stava per scoppiare una guerra, informò con una lettera il senato che la Sicilia si metteva d'accordo con il popolo cartaginese e con Annibale

Lo stesso Appio Claudio per ostacolare i propositi dei Siracusani, fece ripiegare tutte le sue guarnigioni verso i territori della provincia confinanti col regno di Siracusa

Alla fine di quell'anno Q Fabio, con l'autorizzazione del senato, fortificò Pozzuoli, centro commerciale che in occasione della guerra aveva cominciato a divenire popoloso, e vi pose una guarnigione

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