Livio, Ab urbe condita: Libro 04, 21-26

Livio, Ab urbe condita: Libro 04, 21-26

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 04, 21-26
M Cornelio Maluginense L Papirio Crasso consulibus exercitus in agrum Veientem ac Faliscum ducti; praedae abactae hominum pecorumque

Hostis in agris nusquam inuentus neque pugnandi copia facta; urbes tamen non oppugnatae quia pestilentia populum invasit

Et seditiones domi quaesitae sunt, nec motae tamen, ab Sp Maelio tribuno plebis, qui favore nominis moturum se aliquid ratus et Minucio diem dixerat et rogationem de publicandis bonis Seruili Ahalae tulerat, falsis criminibus a Minucio circumventum Maelium arguens, Seruilio caedem civis indemnati obiciens; quae vaniora ad populum ipso auctore fuere

Ceterum magis vis morbi ingrauescens curae erat terroresque ac prodigia, maxime quod crebris motibus terrae ruere in agris nuntiabantur tecta
Durante il consolato di Marco Cornelio Maluginense e Lucio Papirio Crasso, gli eserciti romani furono condotti nelle campagne dei Veienti e dei Falisci, riportandone un consistente bottino di uomini e di bestiame

In quelle zone non riuscirono mai a imbattersi nei nemici e non ci furono occasioni di venire alle armi; tuttavia i centri abitati non vennero assediati perché una pestilenza si abbatté sulla popolazione

E poi a Roma erano scoppiati dei disordini, privi però di conseguenze: il tribuno della plebe Spurio Melio, il quale, per la popolarità del suo nome, pensava di poter suscitare sommosse, aveva citato in giudizio Minucio e proposto la confisca dei beni di Servilio Aala, sostenendo che Melio era stato vittima delle false accuse di Minucio e incolpando Servilio dell'uccisione di un cittadino non ancora condannato; queste accuse ebbero presso il popolo minor credito dell'uomo che le lanciava

Erano motivo di ben più grande preoccupazione il progressivo aggravarsi dell'epidemia, e alcuni inquietanti prodigi, soprattutto perché circolava notizia di case crollate nelle campagne per continue scosse di terremoto
Obsecratio itaque a populo duumviris praeeuntibus est facta

Pestilentior inde annus C Iulio iterum et L Verginio consulibus tantum metus et uastitatis in urbe agrisque fecit, ut non modo praedandi causa quisquam ex agro Romano exiret belliue inferendi memoria patribus aut plebi esset, sed ultro Fidenates, qui se primo aut montibus aut muris tenuerant, populabundi descenderent in agrum Romanum

Deinde Veientium exercitu accito-nam Falisci perpelli ad instaurandum bellum neque clade Romanorum neque sociorum precibus potuere-duo populi transiere Anienem atque haud procul Collina porta signa habuere

Trepidatum itaque non in agris magis quam in urbe est

Iulius consul in aggere murisque explicat copias, a verginio senatus in aede Quirini consulitur
Per queste ragioni il popolo rivolse una supplica agli dèi secondo la formula suggerita dai duumviri

L'anno successivo, sotto il consolato di Gaio Giulio, al suo secondo mandato, e di Lucio Verginio, la pestilenza si aggravò; tanto fu il terrore dello spopolamento da essa creato a Roma e nelle campagne che nessuno usciva al di fuori del territorio romano per compiere razzie; né patrizi né plebei pensavano a muovere guerre; inoltre, come se non bastasse, i Fidenati, rimasti fino a quel momento o sulle montagne o all'interno delle loro città fortificate, scesero a saccheggiare il territorio romano

Dopo aver fatto venire un esercito da Veio - i Falisci non si lasciarono convincere a riprendere le ostilità né dalle calamità dei Romani, né dalle pressioni degli alleati -, i due popoli attraversarono l'Aniene, avanzando fin quasi sotto la porta Collina

In città non meno che nelle campagne fu súbito il panico

Mentre il console Giulio dispone i suoi uomini sulla cinta muraria e sul terrapieno, Verginio consulta il senato nel tempio di Quirino
Dictatorem dici Q Seruilium placet, cui Prisco alii, alii Structo fuisse cognomen tradunt

Verginius dum collegam consuleret moratus, permittente eo nocte dictatorem dixit; is sibi magistrum equitum Postumum Aebutium Heluam dicit

Dictator omnes luce prima extra portam Collinam adesse iubet

Quibuscumque vires suppetebant ad arma ferenda praesto fuere

Signa ex aerario prompta feruntur ad dictatorem

Quae cum agerentur, hostes in loca altiora concessere

Eo dictator agmine infesto subit; nec procul Nomento signis conlatis fudit Etruscas legiones

Compulit inde in urbem Fidenas valloque circumdedit; sed neque scalis capi poterat urbs alta et munita neque in obsidione vis ulla erat, quia frumentum non necessitati modo satis, sed copiae quoque abunde ex ante conuecto sufficiebat
Si decide di nominare dittatore Quinto Servilio, che alcuni sostengono fosse soprannominato Prisco e altri Strutto

Verginio prese tempo per consultarsi col collega, e, ottenutone il consenso, ratificò nella notte la nomina del dittatore; questi nominò maestro della cavalleria Postumio Ebuzio Elva

Il dittatore ordinò a tutti di trovarsi fuori dalla porta Collina alle prime luci del giorno

Quelli che avevano forze sufficienti per portare armi si misero tutti a disposizione

Le insegne vennero prese dall'erario e consegnate al dittatore

Mentre si svolgevano tali preparativi, i nemici si ritirarono su posizioni più elevate

Il dittatore puntò contro di loro con le truppe pronte a dare battaglia e non lontano da Nomento si scontrò con le legioni etrusche mettendole in fuga

Di lì le costrinse a riparare nella città di Fidene che circondò con un vallo; ma la città, alta e ben fortificata, non poteva essere presa nemmeno con l'uso di scale, e l'assedio non serviva a nulla perché il frumento precedentemente raccolto non solo bastava alle necessità interne, ma avanzava

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Livio, Ab urbe condita: Libro 34; 35 - 39
Livio, Ab urbe condita: Libro 34; 35 - 39

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 34; 35 - 39

Ita expugnandi pariter cogendique ad deditionem spe amissa, dictator in locis propter propinquitatem notis ab auersa parte urbis, maxime neglecta quia suapte natura tutissima erat, agere in arcem cuniculum instituit

Ipse diversissimis locis subeundo ad moenia quadrifariam diviso exercitu qui alii aliis succederent ad pugnam, continenti die ac nocte proelio ab sensu operis hostes auertebat, donec perfosso monte erecta in arcem via est, intentisque Etruscis ad uanas a certo periculo minas clamor supra caput hostilis captam urbem ostendit

Eo anno C Furius Paculus et M Geganius Macerinus censores villam publicam in campo Martio probauerunt, ibique primum census populi est actus
Perduta così ogni speranza sia di espugnare la città, sia di costringerla alla resa, il dittatore - che conosceva benissimo quella zona per la sua vicinanza a Roma - ordinò di scavare una galleria verso la cittadella, partendo dalla parte opposta della città, che risultava essere la meno vigilata essendo già ben protetta dalla sua stessa configurazione naturale

Poi, avanzando contro la città da punti diversissimi, dopo aver diviso in quattro gruppi le forze a disposizione - in maniera tale che ciascuno di essi potesse avvicendare l'altro durante la battaglia -, combattendo ininterrottamente giorno e notte il dittatore riuscì a distrarre l'attenzione dei nemici dallo scavo; finché, scavato tutto il monte, fu aperto un passaggio dal campo alla cittadella; e mentre gli Etruschi continuavano a concentrarsi su vane minacce, senza rendersi conto del vero pericolo, l'urlo dei nemici sopra le loro teste fece loro capire che la città era stata presa

Quell'anno i censori Gaio Furio Paculo e Marco Geganio Macerino collaudarono in Campo Marzio un edificio pubblico nel quale ebbe luogo per la prima volta il censimento della popolazione
Eosdem consules insequenti anno refectos, Iulium tertium, verginium iterum, apud Macrum Licinium invenio: valerius Antias et Q Tubero M Manlium et Q Sulpicium consules in eum annum edunt

Ceterum in tam discrepanti editione et Tubero et Macer libros linteos auctores profitentur; neuter tribunos militum eo anno fuisse traditum a scriptoribus antiquis dissimulat

Licinio libros haud dubie sequi linteos placet: Tubero incertus veri est

Sit inter cetera vetustate cooperta hoc quoque in incerto positum

Trepidatum in Etruria est post Fidenas captas, non Veientibus solum exterritis metu similis excidii, sed etiam Faliscis memoria initi primo cum iis belli, quamquam rebellantibus non adfuerant
Presso Licinio Macro ho trovato che l'anno successivo furono rieletti gli stessi consoli: Giulio per la terza volta, Verginio per la seconda; Valerio Anziate e Quinto Tuberone riportano invece che i consoli di quell'anno furono Marco Manlio e Quinto Sulpicio

Però, nonostante la discrepanza, sia Tuberone che Macro citano come fonte i libri lintei; inoltre nessuno di questi due autori nasconde che gli antichi scrittori parlavano per quell'anno di tribuni militari

Mentre Licinio segue, senza alcuna riserva, i libri lintei, Tuberone è incerto su quale sia la verità

Perciò, tra le tante questioni rimaste irrisolte, perché riguardano tempi lontani, mettiamoci anche questa

Dopo la presa di Fidene, l'Etruria viveva in stato d'allarme: infatti, in séguito a un tale massacro, erano terrorizzati non soltanto i Veienti, ma anche i Falisci, i quali, benché non li avessero sostenuti quando avevano ripreso le ostilità, ricordavano di essere stati al loro fianco agli inizi della guerra

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Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 36; 07 - 08

Igitur cum duae civitates legatis circa duodecim populos missis impetrassent ut ad voltumnae fanum indiceretur omni Etruriae concilium, velut magno inde tumultu imminente, senatus Mam Aemilium dictatorem iterum dici iussit

Ab eo A Postumius Tubertus magister equitum est dictus; bellumque tanto maiore quam proximo conatu apparatum est quanto plus erat ab omni Etruria periculi quam ab duobus populis fuerat

Ea res aliquanto exspectatione omnium tranquillior fuit

Itaque cum renuntiatum a mercatoribus esset negata Veientibus auxilia, iussosque suo consilio bellum initum suis viribus exsequi nec adversarum rerum quaerere socios, cum quibus spem integram communicati non sint
Così, quando questi due popoli inviarono ambasciatori alle dodici città confederate e ottennero che si convocasse un raduno di tutte le genti etrusche presso il tempio di Voltumna, il senato, presentendo gravi torbidi, ordinò di nominare per la seconda volta dittatore Mamerco Emilio

Questi scelse Aulo Postumio Tuberto come maestro della cavalleria; così si diede inizio ai preparativi di guerra con uno sforzo tanto più grande della volta precedente, in quanto maggiore era il pericolo provenendo dall'intera Etruria e non da due popoli

Ma questa faccenda finì per essere più tranquilla di quanto tutti si aspettassero

Alcuni mercanti riferirono che ai Veienti era stato negato ogni aiuto e che erano stati invitati a proseguire unicamente con le loro forze la guerra che avevano scatenato per iniziativa personale e a non cercare nelle avversità come alleati coloro con i quali non avevano voluto dividere la speranza, non ancora compromessa, di successo
Tum dictator, ne nequiquam creatus esset, materia quaerendae bello gloriae adempta, in pace aliquid operis edere quod monumentum esset dictaturae cupiens, censuram minuere parat, seu nimiam potestatem ratus seu non tam magnitudine honoris quam diuturnitate offensus

Contione itaque advocata, rem publicam foris gerendam ait tutaque omnia praestanda deos immortales suscepisse: se, quod intra muros agendum esset, libertati populi Romani consulturum

Maximam autem eius custodiam esse, si magna imperia diuturna non essent et temporis modus imponeretur, quibus iuris imponi non posset

Alios magistratus annuos esse, quinquennalem censuram; graue esse iisdem per tot annos magna parte vitae obnoxios vivere
Di conseguenza il dittatore, per dimostrare di non essere stato eletto invano, pur non avendo più la possibilità di conquistare gloria in guerra, ma desiderando compiere ugualmente in pace qualche impresa che suggellasse per sempre nel ricordo la propria dittatura, studiò il modo di indebolire la censura; e questo sia perché ne giudicava eccessivo il potere, sia perché era infastidito, più ancora che dall'importanza, dalla durata di quella carica

Così, dopo aver convocato l'assemblea, disse che gli dèi immortali si erano assunti il cómpito di provvedere all'interesse della repubblica all'esterno e di rendere tutto sicuro; quanto a lui, avrebbe fatto il necessario all'interno delle mura per salvaguardare la libertà del popolo romano

Ora, la maggiore garanzia di libertà era che le cariche più importanti non si protraessero troppo a lungo e che si ponesse un limite di tempo a quelle magistrature delle quali non si poteva limitare l'autorità

Mentre le altre cariche erano annuali, la censura era invece quinquennale; era gravoso vivere per tanti anni, per una gran parte dell'esistenza, sottoposti alle stesse persone

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Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 29; 10 - 12

Se legem laturum ne plus quam annua ac semestris censura esset

Consensu ingenti populi legem postero die pertulit et 'ut re ipsa' inquit, 'sciatis, Quirites, quam mihi diuturna non placeant imperia, dictatura me abdico'

Deposito suo magistratu, imposito fine alteri, cum gratulatione ac favore ingenti populi domum est reductus

Censores aegre passi Mamercum quod magistratum populi Romani minuisset tribu moverunt octiplicatoque censu aerarium fecerunt

Quam rem ipsum ingenti animo tulisse ferunt, causam potius ignominiae intuentem quam ignominiam
Per questo egli avrebbe presentato una legge che riduceva la durata della censura a non più di un anno e mezzo

Il giorno successivo, quando la legge venne approvata col consenso quasi unanime del popolo, il dittatore disse: Perché voi, o Quiriti, abbiate la prova di quanto mi siano sgraditi gli incarichi che durano troppo a lungo, rinuncio alla dittatura

Deposta la sua magistratura dopo aver fissato un limite a quella altrui, fu riaccompagnato a casa tra le dimostrazioni di gioia e il plauso del popolo

Ma avendo i censori sopportato di malanimo che Mamerco avesse sminuito l'importanza di una magistratura del popolo romano, lo radiarono dalla sua tribù e lo iscrissero tra gli erarii, tassandolo per un censo otto volte maggiore

Riferiscono che Mamerco abbia sopportato il colpo con grande forza d'animo, dando maggiore importanza alla causa di quella umiliazione che non all'umiliazione stessa
Primores patrum, quamquam deminutum censurae ius noluissent, exemplo acerbitatis censoriae offensos, quippe cum se quisque diutius ac saepius subiectum censoribus fore cerneret quam censuram gesturum: populi certe tanta indignatio coorta dicitur ut vis a censoribus nullius auctoritate praeterquam ipsius Mamerci deterreri quiuerit

Tribuni plebi adsiduis contentionibus prohibendo consularia comitia cum res prope ad interregnum perducta esset, euicere tandem ut tribuni militum consulari potestate crearentur

Victoriae praemium quod petebatur ut plebeius crearetur nullum fuit: omnes patricii creati sunt, M Fabius Vibulanus M Folius L Sergius Fidenas

Pestilentia eo anno aliarum rerum otium praebuit

Aedis Apollini pro valetudine populi uota est
I capi dei patrizi, benché contrari a ridurre il potere della censura, rimasero colpiti da questo esempio di durezza censoria, perché ciascuno vedeva che sarebbe stato soggetto passivo della censura più spesso e più a lungo che non soggetto attivo; sta di fatto che - almeno stando a quanto si racconta - l'indignazione del popolo arrivò a un punto tale che dovette intervenire Mamerco, con la sua autorità, per proteggere i censori dalla violenza della folla

Continuando a frapporre ostacoli, i tribuni della plebe riuscirono a impedire i comizi per le elezioni consolari; e alla fine, quando si era ormai prossimi all'interregno, ebbero la meglio ottenendo che si eleggessero i tribuni militari con potere consolare

Ma quella vittoria non fu premiata, come si sperava, dall'elezione di alcun plebeo: tutti gli eletti, Marco Fabio Vibulano, Marco Folio e Lucio Sergio Fidenate, erano patrizi

Nel corso di quell'anno una pestilenza distrasse l'attenzione da tutti gli altri problemi

Perché la popolazione potesse guarire venne fatto voto di erigere un tempio ad Apollo

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Multa duumviri ex libris placandae deum irae auertendaeque a populo pestis causa fecere

Magna tamen clades in urbe agrisque promiscua hominum pecorumque pernicie accepta

Famem quoque ex pestilentia morbo implicitis cultoribus agrorum timentes in Etruriam Pomptinumque agrum et Cumas, postremo in Siciliam quoque frumenti causa misere

Consularium comitiorum nulla mentio habita est; tribuni militum consulari potestate omnes patricii creati sunt, L Pinarius Mamercus L Furius Medullinus Sp Postumius Albus

Eo anno vis morbi leuata neque a penuria frumenti, quia ante prouisum erat, periculum fuit

Consilia ad movenda bella in Volscorum Aequorumque conciliis et in Etruria ad fanum voltumnae agitata
I duumviri, consultando i libri sibillini, tentarono molte vie per placare l'ira degli dèi e per allontanare dal popolo le cause dell'epidemia

Ciononostante le perdite furono ingentissime in città e nelle campagne, per il flagello che colpiva sia gli uomini sia il bestiame

Temendo che all'epidemia seguisse anche la fame, visto che i contadini non erano stati risparmiati dal contagio, si mandò a cercare frumento in Etruria, nell'agro Pontino, a Cuma e alla fine anche in Sicilia

Non ci furono accenni alle elezioni consolari; vennero eletti tribuni militari con potere consolare Lucio Pinario Mamerco, Lucio Furio Medullino e Spurio Postumio Albo, tutti patrizi

Quell'anno la violenza dell'epidemia diminuì e non si rischiò nemmeno di rimanere senza frumento, grazie alle precauzioni prese in anticipo

Nelle assemblee dei Volsci e degli Equi e in Etruria presso il tempio di Voltumna in Etruria si parlò di muovere guerra

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