La religiosità di Eugenio Montale

La religiosità di Eugenio Montale

Le riflessioni di Montale sul mondo sono caratterizzate da un dubbio radicale

"Tante cose non so Le riflessioni di Montale sul mondo sono caratterizzate da un dubbio radicale: "Tante cose non so. Non sono sicuro nemmeno che il mondo esista". Ma questo scetticismo così radicato si accompagna all' altrettanto ostinata ricerca di una fede, nella convinzione che, nonostante tutto, "la vita deve, in qualche modo, avere un significato". Montale poeta ermetico è considerato l' "intellettuale" del primo `900 che meglio esprime il cosiddetto "male del vivere", la tipica crisi spirituale dell' uomo moderno, l' isolamento dell' uomo e la sua incapacità di raggiungere delle certezze, di conoscere se stesso e la realtà, l' impotenza dell' artista e della cultura di rintracciare e di proporre sicuri punti di riferimento. Domina infatti nella poesia di Montale il senso angoscioso di una chiusura e di una costrizione esistenziale (il muro che compare in molte delle sue poesie, la "rete che ci stringe", la "ferrea catena delle necessità", la "catena che ci lega", la "giostra d' ore troppo uguale della ripetizione banale") che costituiscono l' immaginario delle prime opere di questo poeta che " sconvolge il panorama letterario italiano quando nel 1925" pubblica "Ossi di seppia". In questa opera dichiara l' impotenza del "poeta, veggente ma non vate" a dare soluzioni valide per se stesso, come per gli altri, in un' epoca in cui distrutti i vecchi schemi della cultura positivistica e i miti dell' `800 romantico e sentimentale, l' uomo appare immerso in un mondo sfiduciato nelle prospettive della scienza e della vita politica e sociale e vive una profonda e - spesso - insanabile frattura con la realtà e il mondo. Posto di fronte all' ascesa "vertiginosa" della borghesia capitalistica che impone un modello di società basato sulla logica del capitale e del profitto, l' uomo "moderno" vive, infatti, una profonda crisi di identità avverte la fine di un' epoca e dei valori che l' hanno caratterizzata e si sente disorientato, incapace di comunicare. Montale interpreta questa crisi esistenziale, morale, culturale che investe la società del suo tempo e - come molti intellettuali e artisti della sua generazione - tenta di testimoniare ( "Spesso il male di vivere ho incontrato) un malessere profondo, lo scacco e l' impotenza dell' uomo che sa di aver perso certezze e riferimenti e che non sa contrapporre a questa assenza un' alternativa storica e culturale credibile.